mercoledì 14 marzo 2018

Segno della vera Fede




Scrive San Louis Maria Grignion de Montfort:



[29] Dio Padre vuol avere figli per mezzo di Maria sino alla fine del mondo e le dice: «Fissa la tua tenda in Giacobbe», e cioè fissa la tua dimora e residenza tra i miei figli e predestinati, simboleggiati da Giacobbe, e non tra i figli del demonio e i riprovati, raffigurati da Esaù. 

[30] Come nella generazione naturale e fisica c'è un padre ed una madre, così nella generazione soprannaturale e spirituale c'è un padre che è Dio e una madre che è Maria.

Tutti i veri figli di Dio e predestinati hanno Dio per padre e Maria per madre; e chi non ha Maria per madre non ha Dio per padre. 

Per questo i reprobi, come gli eretici, gli scismatici, ecc., che odiano o considerano con disprezzo o indifferenza la santissima Vergine, non hanno Dio per padre - anche se se ne vantano -, appunto perché non hanno Maria per madre.

Se l'avessero per madre, l'amerebbero e onorerebbero come un autentico figlio ama naturalmente ed onora la madre che gli ha dato la vita. 

Il segno infallibile e inequivocabile per distinguere un eretico, un uomo di cattiva dottrina, un reprobo da un predestinato, è che l'eretico e il reprobo hanno solo disprezzo o indifferenza per la santissima Vergine e si studiano con le loro parole ed esempi di diminuirne il culto e l'amore, apertamente o di nascosto, talvolta sotto speciosi pretesti. 

Ahimè! Dio Padre non disse a Maria di fissare la sua tenda fra loro, perché sono degli Esaù.

AMDG et DVM

De Vita S. Joseph


Capitolo VII - 

Travagli di S. Giuseppe per opera del demonio e sua pazienza nelle tribolazioni

Insidie del demonio e sua pazienza - Il comune nemico fremeva di rabbia nel vedere le virtù mirabili che risplendevano nel nostro Giuseppe, e che con il suo esempio eccitava molti alla pratica delle virtù. Perciò, acceso di furore contro il santo Giovane, e non sapendo come fare per farlo cadere in atti di sdegno e d'impazienza, e per distoglierlo dal suo fervore nel servizio e nell'amore al suo Dio, si mise ad istigare alcuni malevoli mettendo nel loro cuore una grande avversione ed odio verso il Santo, perchè le sue azioni virtuose servivano loro di grande rimprovero e confusione. Si accordarono perciò insieme che, quando si sarebbero incontrati con lui, l'avrebbero preso in giro e deriso, dicendogli anche delle parole ingiuriose, come infatti fecero. Il nostro Giuseppe si incontrò con questi giovani immorali, che andavano appositamente sulle sue tracce, e incominciarono a prenderlo in giro e a deriderlo. 
Essendo solo, il Santo chinò la testa e rivolto col cuore a Dio incominciò a supplicarlo perchè avesse dato a lui la grazia di soffrire, e agli altri la luce per conoscere i loro errori. Questi, vedendo che Giuseppe non teneva conto dei loro scherni, si misero a maltrattarlo con le parole, chiamandolo sciocco, senza spirito, vile e pauroso, e che neppure sapeva parlare. Giuseppe continuava il suo viaggio con tutta tranquillità e quelli lo seguivano con grande spavalderia, dicendogli sempre delle parole pungenti ed offensive. 
Il Santo Giovane trovandosi nella perplessità se doveva rispondere perchè si calmassero, oppure tacere e soffrire tutto con pazienza, si sentì suggerire interiormente di soffrire e tacere perchè così avrebbe dato molto gusto al suo Dio. Tanto bastò perchè si decidesse di soffrire, anche con allegrezza, quella persecuzione, senza mai parlare; di questo quei giovani restarono confusi ed il demonio abbattuto. Non si quietarono perciò i cattivi giovani, ma continuarono per molto tempo a maltrattarlo, finchè alla fine, stanchi di continuare ad offenderlo, lo lasciarono. 
Questa persecuzione, però, durò molto tempo, in modo tale che, quando Giuseppe usciva di casa per qualche affare, che suo padre gli ordinava, era sempre pronto a soffrire i cattivi incontri. Il Santo di questo non si dolse mai con nessuno, nemmeno con i suoi genitori, stando sempre con il volto sereno e gioviale. Suo padre fu però avvisato della persecuzione che il figlio soffriva, e ricercò se questo fosse vero, volendone fare il dovuto risentimento; Giuseppe gli rispose con tutta serenità , che lui piuttosto godeva in queste cose e lo pregava di tacere perchè era sicuro che, soffrendo questo con pazienza, dava gusto al suo Dio, e poi soggiungeva: «Tu sai, padre mio, come hanno sofferto volentieri le ingiurie i nostri Patriarchi e Profeti; come il Re Davide soffrì di essere perseguitato ed ingiuriato; e noi sappiamo che questi erano gli amici e i favoriti del nostro Dio, dunque dobbiamo imitarli poichè Dio ce ne manda l'occasione». Suo padre rimaneva molto edificato di questo, e compiaceva il figlio lasciandogli soffrire i travagli senza farne alcun risentimento.

Prova penosa - Il demonio, vedendo come, non solo non poteva acquistare nessuna cosa con il Santo Giovane, ma che ne restava sempre confuso e svergognato, tentòaltre vie per turbargli la pace del cuore e per farlo cadere nell'impazienza. Istigòuna donna che, per la sua vita poco buona, vedeva malvolentieri il Santo e andava spesso dalla madre di Giuseppe a parlare male del figlio, cioè che era biasimato e deriso da tutti, che non era buono a niente, che con il tempo avrebbe consumato tutto il suo avere, essendo molto facile nel dare l'elemosina a chiunque gliela domandava, e che molti poveri, essendosi accorti di questo, lo seguivano quando usciva di casa. 

Sebbene la madre del Santo fosse molto saggia e prudente e conoscesse bene di che tempra fosse il figlio, per il continuo parlare della donna e per divina permissione, si turbò e molte volte fece delle aspre riprensioni al figlio, che le soffriva con grande pazienza senza scusarsi, e nonostante sapesse da dove veniva il tutto, non se ne risentì mai; solo una volta disse alla madre con tutta sottomissione, che si informasse bene di quello che le veniva riferito, perchè avrebbe appurato che non era vero ma che erano tutte opere del comune nemico per inquietarla e turbare la loro pace. La madre si prevalse delle parole del figlio, ed avvedutasi della frode del nemico, cacciò dalla sua casa quella donna, che in vari modi tentava di introdurvi la guerra.

Tentazioni e vittorie - Il demonio, vedendosi confuso, non desistette dall'impresa, ma trovò un altro stratagemma per inquietare e turbare il Santo, e, con il permesso di Dio, incominciò a tentarlo di vanagloria con varie suggestioni circa la vita che conduceva, del tutto irreprensibile, così agli occhi di Dio come a quelli degli uomini. 
Il Santo inorridiva a queste suggestioni e si raccomandava a Dio umiliandosi molto al suo cospetto, chiamandosi creatura miserabile e peccatore. Mosse anche alcuni a lodarlo in sua presenza e a magnificare le sue virtù, ma il nostro Giuseppe ne sentiva una grande confusione, dicendo sempre: «Io sono una creatura miserabile: lodiamo il nostro Dio, perchè Egli è degno di lode. Egli è perfettissimo in tutte le sue opere divine. Egli solo è degno di essere lodato ed esaltato». 
Fu tentato dal nemico in tutti i modi, solo contro la purezza non gli fu mai permesso di poterlo fare e di questo il demonio ne fremeva, e non mancava di trovare il modo perchè il Santo avesse almeno inteso dire qualche parola contraria a questa nobile virtù, ma siccome il Santo aveva una somma innocenza e semplicità non fu mai da lui nè capita, nè appresa.

Trovandosi il santo Giovane in questi conflitti di tentazioni e suggestioni, si raccomandava al suo Dio con più ferventi orazioni; e una volta fu ammonito nel sonno dall'Angelo, perchè all'orazione aggiungesse anche il digiuno, e lo fece con grande vigore digiunando spesso ed affliggendo la carne, che non trovò mai ribelle allo spirito e con questo fracassava la testa al nemico infernale, restando sempre, lui vittorioso, ed il nemico scornato; ma nonostante per breve tempo desistesse di travagliarlo, non lasciò però, di tanto in tanto, di molestarlo con i suoi inganni.

Biasimi e sua mansuetudine - La vita ritirata e solitaria che il Santo conduceva era poi molto biasimata da alcuni, e molte volte andavano a casa sua alcuni giovani come lui per condurlo a divertirsi, ma il nostro Giuseppe si scusava sempre con belle maniere dicendo che il suo divertimento era studiare e leggere la Sacra Scrittura e la vita dei Patriarchi e dei Profeti per poterli poi imitare nelle loro virtù,poichè essi erano stati graditi al suo Dio e da Lui molto amati e favoriti, ed esortava anche loro a fare così. 
Non mancò chi prendesse in considerazione le sue parole e procurasse di imitarlo, perchè Giuseppe glielo suggeriva con tanto modo e grazia che le sue parole penetravano i loro cuori e dopo che aveva dato questi salutari consigli e queste buone esortazioni, si ritirava a supplicare e pregare Dio affinchè essi non avessero mancato di fare quel tanto che lui aveva loro suggerito, e lo pregava di dare loro all'istante i suoi aiuti particolari e la grazia per poterlo fare. 

Dio non mancava di esaudire le sue preghiere, e quando il Santo Giovane sentiva dire che coloro per i quali pregava mettevano in pratica i suoi consigli, si rallegrava molto e ne rendeva affettuose grazie al suo Dio. Non mancò però chi lo biasimasse e prendesse i suoi consigli in malo modo; si doleva di questo, incolpando se stesso, pensando che questo avveniva perchè lui era un peccatore e che non meritava che altri si prevalessero delle sue esortazioni. In tal caso si ritirava a piangere e pregava il suo Dio di usare la sua misericordia verso chi si faceva beffe dei suoi consigli e che non guardasse i suoi demeriti, ma il merito grande che Egli aveva di essere lodato e servito fedelmente. Lo pregava di illuminarli e far loro conoscere le verità da Lui manifestate: Dio si compiaceva molto di questo e non lasciava che le sue suppliche andassero a vuoto, mentre il piùdelle volte costoro si ravvedevano e tornavano dal nostro Giuseppe per ascoltare di nuovo le sue esortazioni che poi eseguivano fedelmente, e Giuseppe ne rendeva affettuose grazie al suo Dio.


Capitolo VIII - Affetto e particolare compassione di S. Giuseppe verso i moribondi

Sua compassione per i moribondi - Oltre ai molti doni che Dio si compiacque di dare al nostro Giuseppe, uno singolare fu quello verso i poveri moribondi. Era tanta la compassione che egli ne aveva, che aveva quiete quando sapeva che qualcuno si trovava in questo stato, perché il Santo capiva bene quanto grandi siano i pericoli che si incontrano in quegli ultimi momenti di vita e come i demoni allora fanno ogni sforzo per guadagnare e condurre le anime alle pene eterne. Una volta fu avvisato nel sonno dal suo angelo, che gli manifestò il pericolo grande in cui si trovano i moribondi, e la necessità che hanno di essere aiutati in quell'ultimo conflitto; e mentre l'Angelo gli manifestava tutto questo, Dio infuse nel suo cuore una compassione ed una carità ben grande verso i moribondi. Fece questo con somma provvidenza, perché, avendolo Dio destinato come avvocato dei moribondi, volle che anche in vita si esercitasse in quest'opera di tanta carità, e gli diede un grande amore e una grande compassione verso gli agonizzanti, facendogli anche intendere i grandi bisogni che essi hanno in quegli ultimi momenti, dai quali dipende un'eternità, o di eterna beatitudine, o di eterna infelicità e miseria. Per questo, il nostro Giuseppe, acceso di un vivo desiderio di giovare ai moribondi, si struggeva tutto quando sapeva che qualcuno si trovava in agonia, e stava ore intere in ginocchio a supplicare il suo Dio per il felice passaggio di quell'anima, perché andasse a riposarsi nel seno di Abramo.

Sua assistenza - Quando sapeva questo, non c'era per lui né cibo, né riposo, ma era tutto applicato a supplicare Dio per i bisogni del moribondo, e quando aveva la fortuna di trovarsi presente, non lo lasciava mai fin quando non era giunto al termine della vita, animandolo a confidare nella divina misericordia e a superare gli assalti dei nemici infernali. I moribondi provavano un grande conforto per l'assistenza del Santo e i demoni restavano molto abbattuti per le preghiere che faceva; e Dio gli concesse questa grazia che tutti coloro a cui il Santo si trovava presente alla loro morte non perissero, ma andassero, in parte al Limbo e in parte in Purgatorio. Il Santo lo conosceva con grande chiarezza, e di questo si consolava molto e ne rendeva grazie a Dio.

Sforzi del demonio - Il demonio si infuriò molto per quest'ufficio di grande carità che il Santo praticava, ed una notte, fra le altre, che aveva perso un'anima per l'assistenza del Santo, gli apparve con un aspetto spaventoso e orribile e lo minacciò di volerlo precipitare, se non avesse desistito da un tale ufficio. Il Santo si intimorì nel vedere quell'orribilissimo mostro e fece ricorso a Dio domandandogli il suo aiuto; per questa preghiera il dragone infernale scomparve e il nostro Giuseppe restò in orazione, dove udì la voce del suo Dio che l'animava a non temere, ma a continuare a fare la carità ai moribondi, di cui egli ne aveva un sommo compiacimento. Il Santo, animato e tutto consolato dalla voce interiore, si infiammò molto di più di carità verso i moribondi, e continuava ad aiutarli con le sue ferventi orazioni, e si stimava felice colui che poteva averlo presente alla sua morte. Infatti era felice non solo perché era liberato dagli assalti furiosi dei nemici infernali, ma perché la sua anima, per le preghiere del Santo, andava in un luogo di salvezza.

Persecuzioni dei malvagi - Anche per questa carità, che il nostro Giuseppe esercitava, passò molti travagli e persecuzioni da parte di gente malvagia e istigata dal demonio, ma non per questo desistette mai dal fare quest'ufficio tanto gradito a Dio e tanto utile al prossimo, e spesso il suo Angelo gli parlava per animarlo. Una volta, fra le altre, quando il Santo Giovane era molto afflitto per le persecuzioni,l'Angelo gli parlò nel sonno e gli disse da parte del suo Dio che stesse di buon animo e che continuasse a fare quell'opera di grande carità, perché Lui gli prometteva di fargli una grazia grande e specialissima alla sua morte. Non gli manifestò che grazia fosse, ma fu ben grande, perché ebbe la sorte di morire in mezzo a Gesù e Maria, con la loro amorosa assistenza. Giuseppe, animato dall'avviso dell'Angelo, continuò l'opera di carità, e non desistette mai, per quanto gli fosse impedito o per una parte o per l'altra, perché il demonio si affaticava molto per distoglierlo, ma non gli riuscì mai poiché il Santo Giovane era animato e fortificato dalla grazia divina e quando si trattava di fare qualcosa che fosse gradita al suo Dio, si impegnava tutto e non c'era chi lo potesse distogliere dall'opera intrapresa per gloria di Dio e profitto del suo prossimo.

Preghiere e lacrime per i moribondi - Alle volte veniva avvisato dal suo Angelo della necessità che qualche moribondo aveva delle sue orazioni, e il Santo si svegliava e si metteva subito in orazione, pregando Dio perché si degnasse di assistere con la sua grazia quel povero agonizzante, e non si levava dalla preghiera fino a quando Dio non lo assicurava del suo aiuto. Molte volle gli veniva manifestato dall'Angelo come fosse molto grande il numero di coloro che perivano eternamente; di questo il Santo Giovane si rattristava tanto che passava tutto quel giorno in amarissimo pianto e si addolorava che non potesse trovarsi presente alla morte di tutti per poterli aiutare a morire bene. Rivolto al suo Dio con caldi sospiri, lo pregava di mandare presto il Messia promesso, perché liberasse le anime dalla dura schiavitù di Lucifero e le riscattasse per mezzo della Redenzione. Quando poi era così afflitto e piangente, e i suoi genitori gli chiedevano qual era la causa del suo pianto, rispondeva con tutta franchezza e con grande umiltà:«Piango la perdita irreparabile di tante anime che il nostro Dio ha creato per condurle all'eterno riposo, ma esse, per loro colpa, si perdono. Il demonio ha un grande dominio sul genere umano e perciò preghiamo Dio perché si degni di mandare presto il Messia, affinché gli tolga il dominio e le forze, e le anime siano libere dalla tirannia di questo superbo dragone». Diceva questo con grande sentimento e compassione in modo tale che anche i suoi genitori piangevano in sua compagnia e si applicavano a porgere calde suppliche a Dio perché si fosse degnato di mandare presto il Messia promesso. Molte volte ancora impetrò da Dio la salvezza dei peccatori ostinati, che erano in procinto di perdersi, e il Santo si poneva in orazione supplicando Dio di restituire loro la salute affinché si fossero ravveduti dai loro errori e si fossero poi salvati. Per ottenere questa grazia impiegava giorni interi nella preghiera, accompagnandola anche con il digiuno. Perciò capitava rare volte che il Santo non ottenesse la grazia che domandava, e tutto quello che faceva era nascosto agli occhi degli uomini e manifesto solo al suo Dio.
Premiato da Dio - Quanto poi fossero gradite a Dio le preghiere del nostro Giuseppe e la carità che esercitava verso i moribondi, lui stesso ne era testimone mentre Dio non tralasciava di esaudirlo e molto spesso di consolarlo con le divine consolazioni, facendo godere al suo spirito, molto spesso, la soavità e la sua dolcezza in modo tale, che alle volte ne restava tutto assorto, e diceva con il santo Re Davide: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre», (Salmo 72, 25). E ripieno della consolazione divina stava giorni interi senza cibarsi, sentendo una sazietà mirabile, e tutto ripieno dello spirito di Dio, non sapeva né parlare, né pensare ad altro che al suo Dio, l'amore del quale tutto lo riempiva ed occupava.

Profezie



i

Dice Gesù:

Se si osservasse per bene quanto da qualche tempo avviene, e specie dagli inizi di questo secolo che precede il secondo mille, si dovrebbe pensare che i sette sigilli sono stati aperti.
Mai come ora Io mi sono agitato per tornare fra voi con la mia Parola a radunare le schiere dei miei eletti per partire con essi e coi miei angeli a dare battaglia alle forze occulte che lavorano per scavare all’umanità le porte dell’abisso.

Guerra, fame, pestilenze, strumenti di omicidio bellico – che sono più che le bestie feroci menzionate dal Prediletto – terremoti, segni del cielo, eruzioni dalle viscere del suolo e chiamate miracolose a vie mistiche di piccole anime mosse dall’Amore, persecuzioni contro i miei seguaci, altezze d’anime e bassezze di corpi, nulla manca dei segni per cui può parervi prossimo il momento della mia Ira e della mia Giustizia.

Nell’orrore che provate, esclamate: ‘Il tempo è giunto; e più tremendo di così non può divenire!’. E chiamate a gran voce la fine che ve ne liberi.
La chiamano i colpevoli, irridendo e maledicendo come sempre; la chiamano i buoni che non possono più oltre vedere il Male trionfare sul Bene.

Pace miei eletti! Ancora un poco e poi verrò. 

La somma di sacrificio necessaria a giustificare la creazione dell’uomo e il Sacrificio del Figlio di Dio non è ancora compiuta.

Ancora non è terminato lo schieramento delle mie coorti e gli Angeli del Segno non hanno ancora posto il sigillo glorioso su tutte le fronti di coloro che hanno meritato d’essere eletti alla gloria.

L’obbrobrio della terra è tale che il suo fumo, di poco dissimile da quello che scaturisce dalla dimora di Satana, sale sino ai piedi del trono di Dio con sacrilego impeto.

Prima della apparizione della mia Gloria occorre che oriente e occidente siano purificati per essere degni dell’apparire del mio Volto.

Incenso che purifica e olio che consacra il grande, sconfinato altare - dove l’ultima Messa sarà celebrata da Me, Pontefice eterno, servito all’altare da tutti i santi che cielo e terra avranno in quell’ora - sono le preghiere dei miei santi, dei diletti al mio Cuore, dei già segnati del mio Segno: della Croce benedetta, prima che gli angeli del Segno li abbiano contrassegnati.

E’ sulla terra che il segno si incide ed è la vostra volontà che lo incide. 

Poi gli angeli lo empiono di un oro incandescente che non si cancella e che fa splendere come sole la vostra fronte nel mio Paradiso.

Grande è l’orrore di ora, diletti miei; ma quanto, quanto, quanto ha ancora da aumentare per essere l’Orrore dei Tempi ultimi!

E se veramente pare che assenzio sia mescolato al pane, al vino, al sonno dell’uomo, molto, molto, molto altro assenzio deve ancora gocciare nelle vostre acque, sulle vostre tavole, sui vostri giacigli prima che abbiate raggiunto l’amarezza totale che sarà la compagnia degli ultimi giorni di questa razza creata dall’Amore, salvata dall’Amore e che si è venduta all’Odio.

Che se Caino andò ramigando sulla terra per avere ucciso un sangue, innocente, ma sempre sangue inquinato dalla colpa d’origine, e non trovò chi lo levasse dal tormento del ricordo perché il segno di Dio era su di lui per suo castigo – e generò nell’amarezza e nell’amarezza visse e vide vivere e nell’amarezza morì – che non deve soffrire la razza dell’uomo che uccise di fatto e uccide, col desiderio, il Sangue innocentissimo che lo ha salvato?

Dunque pensate pure che questi sono i prodromi, ma non è ancora l’ora.

Vi sono i precursori di colui che ho detto potersi chiamare: ‘Negazione’, ‘Male fatto carne’, ‘Orrore’, ‘Sacrilegio’, ‘Figlio di Satana’, ‘Vendetta’, ‘Distruzione’, e potrei continuare a dargli nomi di chiara e paurosa indicazione.

Ma egli non vi è ancora.
Sarà persona molto in alto, in alto come un astro umano che brilli in un cielo umano. Ma un astro di sfera soprannaturale, il quale, cedendo alla lusinga del Nemico, conoscerà la superbia dopo l’umiltà, l’ateismo dopo la fede, la lussuria dopo la castità, la fame dell’oro dopo l’evangelica povertà, la sete degli onori dopo il nascondimento.
Meno pauroso il vedere piombare una stella dal firmamento che non vedere precipitare nelle spire di Satana questa creatura già eletta, la quale del suo padre di elezione copierà il peccato.

Lucifero, per superbia, divenne il Maledetto e l’Oscuro.
L’Anticristo, per superbia di un‘ora, diverrà il maledetto e l’oscuro dopo essere stato un astro del mio esercito.

A premio della sua abiura, che scrollerà i cieli sotto un brivido di orrore e farà tremare le colonne della mia Chiesa nello sgomento che susciterà il suo precipitare, otterrà l’aiuto completo di Satana, il quale darà ad esso le chiavi del pozzo dell’abisso perché lo apra. Ma lo spalanchi del tutto perché ne escano gli strumenti d’orrore che nei millenni Satana ha fabbricato per portare gli uomini alla totale disperazione, di modo che da loro stessi invochino Satana Re, e corrano al seguito dell’Anticristo, l’unico che potrà spalancare le porte d’abisso per farne uscire il Re dell’abisso, così come il Cristo ha aperto le porte dei Cieli per farne uscire la grazia e il perdono, che fanno degli uomini dei simili a Dio e re di un Regno eterno in cui il Re dei re sono Io.

Come il Padre ha dato a Me ogni potere, così Satana ha dato ad esso ogni potere, e specie ogni potere di seduzione, per trascinare al suo seguito i deboli e i corrosi dalle febbri delle ambizioni come lo è esso, loro capo. Ma nella sua sfrenata ambizione troverà ancora troppo scarsi gli aiuti soprannaturali di Satana e cercherà altri aiuti nei nemici del Cristo, i quali, armati di armi sempre più micidiali, quali la loro libidine verso il Male li poteva indurre a creare per seminare disperazione nelle folle, lo aiuteranno sinchè Dio non dirà il suo ‘Basta’ e li incenerirà col fulgore del suo aspetto.

Molto, troppo – e non per sete buona e per onesto desiderio di porre riparo al male incalzante, ma sibbene soltanto per curiosità inutile – molto, troppo si è arzigogolato, nei secoli, su quanto Giovanni dice nel Cap. 10 dell’Apocalisse. Ma sappi, Maria, che Io permetto si sappia quanto può essere utile sapere e velo quanto trovo utile che voi non sappiate.

Troppo deboli siete, poveri figli miei, per conoscere il nome d’onore dei ‘sette tuoni’ apocalittici. 

Il mio Angelo ha detto a Giovanni: “Sigilla quello che han detto i sette tuoni e non lo scrivere”.
Io dico che ciò che è sigillato non è ancora ora che sia aperto e se Giovanni non lo ha scritto Io non lo dirò.

Del resto non tocca a voi gustare quell’orrore e perciò…
Non vi resta che pregare per coloro che lo dovranno subire, perché la forza non naufraghi in essi e non passino a far parte della turba di coloro che sotto la sferza del flagello non conosceranno penitenza e bestemmieranno Iddio in luogo di chiamarlo in loro aiuto.
Molti di questi sono già sulla terra e il loro seme sette volte sette più demoniaco di essi.

Io, non il mio angelo, Io stesso giuro che quando sarà finito il tuono della settima tromba e compito l’orrore del settimo flagello, senza che la razza di Adamo riconosca il Cristo Re, Signore, Redentore e Dio, e invocata la sua Misericordia, il suo Nome nel quale è la salvezza, Io, per il mio Nome e per la mia Natura, giuro che fermerò l’attimo dell’eternità. Cesserà il tempo e comincerà il Giudizio. Il Giudizio che divide in eterno il Bene dal Male dopo millenni di convivenza sulla terra.

Il Bene tornerà alla sorgente da cui è venuto. Il Male precipiterà dove è già stato precipitato dal momento della ribellione di Lucifero e da dove è uscito per turbare la debolezza di Adamo nella seduzione del senso e dell’orgoglio.

Allora il Mistero di Dio si compirà. Allora conoscerete Iddio. Tutti, tutti gli uomini della terra, da Adamo all’ultimo nato, radunati come granelli di rena sulla duna del lido eterno, vedranno Iddio Signore, Creatore, Giudice, Re.




AMDG et DVM

martedì 13 marzo 2018

E la Gioia sarà l'inviata di Dio ...


Città e paesi nasceranno
*******
2 novembre 2006

JNSR:   Mio Dio, giorno per giorno voglio fare la Tua Santa Volontà. Non lasciarmi vacillare! Io voglio seguirTi fino in fondo, Ti seguirò dovunque. Parla, Signore, io Ti ascolto.

GESÙ:   Hai appena scritto queste prime pagine, ringrazierai per Me colui che ti aiuta. Scelto dal Padre Mio, egli è sostenuto dai Miei Santi Angeli ed Io l'ho nel Mio Santo Cuore. I Miei figli sono attaccati alla Mia Santa Volontà e il Mio Santo Spirito è la loro ancora. Il vostro Dio vi benedice.

 Non date nessuna importanza a ciò che si dirà intorno a voi: NIENTE deve venire ad oscurare la Mia informazione. Seguite i Miei passi, Se vi si presenta un altro lavoro ed Io vi chiedo di interromperlo per compiere ciò che aspetto da voi, non esitate, lo solo posso giudicare dell'urgenza, Io vi guiderò.

Dopo la tua conferenza a Marsiglia, quanto Io ti chiederò dovrà guidarti verso ciò che annuncerai tu stessa in quella riunione. È urgente, è necessario che coloro che sono coinvolti si affrettino a intervenire prima di un secondo inverno che arriverà peggio di questo: devastazione di certe città a causa delle acque e del fuoco, slittamenti e cedimenti di terreni a causa del fango, aggravamento della situazione monetaria in tutti i paesi.

I paesi che sono già toccati dalla carestia devono riprendere il loro posto nella società, devono essere aiutati per ricostruire tutto ciò che è stato distrutto, per riorganizzare l'esistenza nel paese, ridargli i mezzi per esistere e per fare vivere i suoi abitanti con nuove attività adatte alla sua terra, al suo clima, alla sua situazione geografica.

Non sono più i poveri che devono espatriare per poter sopravvivere e nutrirsi altrove. Quelli che sono stati colmati di tutto nella vita, sono proprio coloro che porteranno l'aiuto della loro intelligenza, della loro abilità e del denaro necessario. Nessun paese dovrà più chiamarsi “povero”, perché Io non permetterò più una tale differenza tra gli uni e gli altri. E quelli che scateneranno una guerra, saranno annientati dalle loro stesse armi!

Così avranno fine le lotte fratricide: la spada si rivolterà contro la spada e l'arma nucleare scoppierà in mano di colui che l’attiverà per primo. Chi avrà voluto il male sarà colpito dal male; e chi cercherà la Pace, avrà per secoli la Pace in casa sua, nel suo paese, nella sua famiglia e intorno a lui.

L'albero che produrrà, sarà centenario, il figlio che amerà, sarà la guida di tutti i suoi fratelli, là dove vivrà. L'adulto che aiuterà, sarà il Pilastro della sua città. Lo straniero che porterà soccorso, sarà rispettato come un padre tra la popolazione. L'anziano che darà un saggio consiglio, sarà ascoltato e obbedito. La madre che darà ricovero a un orfano, sarà chiamata Madre da una moltitudine che verrà a lei. Il pane che si condivide, poco o tanto, sfamerà tutti ed ognuno. Il lavoro non mancherà.

E la Gioia sarà l'inviata di Dio in quelle città e in quei paesi che nasceranno. La Mia Santa Croce sarà nella Chiesa. La chiesa sarà in ogni città o villaggio. Le città e i paesi circonderanno la Mia Chiesa, che proteggerà la Mia Santissima Legge con il Mio Santo Nome.
GESÙ Cristo

AMDG et DVM

La storia ci dimostra che a Gesù si giunge normalmente passando attraverso la Chiesa!

San Paolo e il suo primo incontro "burrascoso" con la Chiesa nella catechesi di Benedetto XVI (YouTube)



Il 22 novembre 2006, in occasione dell'udienza generale, Benedetto XVI si soffermò sul rapporto fra San Paolo e la Chiesa. Il testo della catechesi si trova qui.
Grazie come sempre a Gemma :-)

Paolo - La vita nella Chiesa

Cari fratelli e sorelle,

oggi completiamo i nostri incontri con l'apostolo Paolo, dedicandogli un'ultima riflessione. Non possiamo infatti congedarci da lui, senza prendere in considerazione una delle componenti decisive della sua attività e uno dei temi più importanti del suo pensiero: la realtà della Chiesa. Dobbiamo anzitutto constatare che il suo primo contatto con la persona di Gesù avvenne attraverso la testimonianza della comunità cristiana di Gerusalemme. Fu un contatto burrascoso
Conosciuto il nuovo gruppo di credenti, egli ne divenne immediatamente un fiero persecutore. Lo riconosce lui stesso per ben tre volte in altrettante Lettere: «Ho perseguitato la Chiesa di Dio» scrive (1 Cor 15,9; Gal 1,13; Fil 3,6), quasi a presentare questo suo comportamento come il peggiore crimine.

La storia ci dimostra che a Gesù si giunge normalmente passando attraverso la Chiesa! In un certo senso, questo si avverò, dicevamo, anche per Paolo, il quale incontrò la Chiesa prima di incontrare Gesù. Questo contatto, però, nel suo caso, fu controproducente, non provocò l’adesione, ma una violenta repulsione. Per Paolo, l’adesione alla Chiesa fu propiziata da un diretto intervento di Cristo, il quale, rivelandoglisi sulla via di Damasco, si immedesimò con la Chiesa e gli fece capire che perseguitare la Chiesa era perseguitare Lui, il Signore. Infatti, il Risorto disse a Paolo, il persecutore della Chiesa: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? (At 9,4).  Perseguitando la Chiesa, perseguitava Cristo. Paolo, allora, si convertì, nel contempo, a Cristo e alla Chiesa. Di qui si comprende perché la Chiesa sia stata poi così presente nei pensieri, nel cuore e nell’attività di Paolo

In primo luogo, lo fu in quanto egli letteralmente fondò parecchie Chiese nelle varie città in cui si recò come evangelizzatore. Quando parla della sua «sollecitudine per tutte le Chiese» (2 Cor 11,28), egli pensa alle varie comunità cristiane suscitate di volta in volta nella Galazia, nella Ionia, nella Macedonia e nell'Acaia. Alcune di quelle Chiese gli diedero anche preoccupazioni e dispiaceri, come avvenne per esempio nelle Chiese della Galazia, che egli vide “passare a un altro vangelo” (Gal 1,6), cosa a cui si oppose con vivace determinazione. Eppure egli si sentiva legato alle Comunità da lui fondate in maniera non fredda e burocratica, ma intensa e appassionata. Così, ad esempio, definisce i Filippesi «fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona» (4,1). Altre volte paragona le varie Comunità ad una lettera di raccomandazione unica nel suo genere: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini» (2 Cor 3,2). Altre volte ancora dimostra nei loro confronti un vero e proprio sentimento non solo di paternità ma addirittura di maternità, come quando si rivolge ai suoi destinatari interpellandoli come «figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi» (Gal 4,19; cfr anche l Cor 4,14-15; 1 Ts 2,7-8).

Nelle sue Lettere Paolo ci illustra anche la sua dottrina sulla Chiesa in quanto tale. Così è ben nota la sua originale definizione della Chiesa come «corpo di Cristo», che non troviamo in altri autori cristiani del I° secolo (cfr 1 Cor 12,27; Ef 4,12; 5,30; Col 1,24). La radice più profonda di questa sorprendente designazione della Chiesa la troviamo nel Sacramento del corpo di Cristo. Dice san Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo” (1 Cor 10,17). Nella stessa Eucaristia Cristo ci dà il suo Corpo e ci fa suo Corpo. In questo senso san Paolo dice ai Galati: “Tutti voi siete uno in Cristo” (Gal 3,28). Con tutto ciò Paolo ci fa capire che esiste non solo un'appartenenza della Chiesa a Cristo, ma anche una certa forma di equiparazione e di immedesimazione della Chiesa con Cristo stesso. E’ da qui, dunque, che deriva la grandezza e la nobiltà della Chiesa, cioè di tutti noi che ne facciamo parte: dall'essere noi membra di Cristo, quasi una estensione della sua personale presenza nel mondo. E da qui segue, naturalmente, il nostro dovere di vivere realmente in conformità con Cristo. Da qui derivano anche le esortazioni di Paolo a proposito dei vari carismi che animano e strutturano la comunità cristiana. Essi sono tutti riconducibili ad una sorgente unica, che è lo Spirito del Padre e del Figlio, sapendo bene che nella Chiesa non c’è nessuno che ne sia sprovvisto, poiché, come scrive l'Apostolo, «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità» (1 Cor 12,7). Importante, però, è che tutti i carismi cooperino insieme per l'edificazione della comunità e non diventino invece motivo di lacerazione. A questo proposito, Paolo si chiede retoricamente: «E' forse diviso il Cristo?» (1 Cor 1,13). Egli sa bene e ci insegna che è necessario «conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace: un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati» (Ef 4,3-4).

Ovviamente, sottolineare l'esigenza dell'unità non significa sostenere che si debba uniformare o appiattire la vita ecclesiale secondo un unico modo di operare. Altrove Paolo insegna a «non spegnere lo Spirito» (1 Ts 5,19), cioè a fare generosamente spazio al dinamismo imprevedibile delle manifestazioni carismatiche dello Spirito, il quale è fonte di energia e di vitalità sempre nuova. Ma se c'è un criterio a cui Paolo tiene molto è la mutua edificazione: “Tutto si faccia per l’edificazione” (1 Cor 14,26). Tutto deve concorrere a costruire ordinatamente il tessuto ecclesiale, non solo senza ristagni, ma anche senza fughe e senza strappi. C'è poi anche una Lettera paolina che giunge a presentare la Chiesa come sposa di Cristo (cfr Ef 5,21-33). Con ciò si riprende un’antica metafora profetica, che faceva del popolo d'Israele la sposa del Dio dell'alleanza (cfr Os 2,4.21; Is 54,5-8): questo per dire quanto intimi siano i rapporti tra Cristo e la sua Chiesa, sia nel senso che essa è oggetto del più tenero amore da parte del suo Signore, sia anche nel senso che l'amore dev'essere scambievole e che quindi noi pure, in quanto membra della Chiesa, dobbiamo dimostrare appassionata fedeltà nei confronti di Lui.

In definitiva, dunque, è in gioco un rapporto di comunione: quello per così dire verticale tra Gesù Cristo e tutti noi, ma anche quello orizzontale tra tutti coloro che si distinguono nel mondo per il fatto di «invocare il nome del Signore nostro Gesù Cristo» (1 Cor 1,2). Questa è la nostra definizione: noi facciamo parte di quelli che invocano il nome del Signore Gesù Cristo. Si capisce bene perciò quanto sia auspicabile che si realizzi ciò che Paolo stesso si augura scrivendo ai Corinzi: «Se invece tutti profetassero e sopraggiungesse qualche non credente o un non iniziato, verrebbe convinto del suo errore da tutti, giudicato da tutti; sarebbero manifestati i segreti del suo cuore, e così prostrandosi a terra adorerebbe Dio, proclamando che veramente Dio è fra voi» (1 Cor 14,24-25). 
Così dovrebbero essere i nostri incontri liturgici. Un non cristiano che entra in una nostra assemblea alla fine dovrebbe poter dire: “Veramente Dio è con voi”. Preghiamo il Signore di essere così, in comunione con Cristo e in comunione tra noi.

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana

AMDG et DVM