martedì 27 febbraio 2018

E' DECRETO DI DIO CHE IL CUORE IMMACOLATO DI MARIA TRIONFERA', E CHE LA SANTA CHIESA RICONOSCA CHE MARIA E' DIVINA e Così Sia. (cfr M. a C. 24.5.'06)

AVE MARIA PURISSIMA!
Immagine di "Maria Mediatrice", molto cara a Marta Robin che ideò un laicato
cattolico tutto orientato verso una forma di vita comunitaria "nuova", 
movimento religioso conosciuto col nome: i Focolari di Carità,
 adatti alla diffusione del Regno in un mondo ateo e senza speranza.

Il sottoindicato link è la traduzione italiana della biografia di Marta Robin, 
La gioia della croce scritta da Raymond Peyret.



http://www.preghiereagesuemaria.it/santiebeati/marta%20robin.htm



AMDG et DVM

IO SON VENUTO A RIPARARE LA CHIESA E NON A DISTRUGGERLA

DIRECTORIO FRANCISCANO
J. Joergensen:
San Francisco de Asís

SAN FRANCISCO DE ASÍS
SU VIDA Y SU OBRA
por Juan Joergensen
Traducción del
R. P. Antonio Pavez, O.F.M.
Editorial Difusión
Buenos Aires, 1945, segunda edición

T. de Wyzewa y F. Gamissans, o.f.m., Johannes Joergensen, historiador y poeta de San Francisco.
Libro primero
EL RESTAURADOR DE IGLESIAS
I. El joven convaleciente
II. Infancia y juventud
III. La prisión de Perusa
IV. La visión de Espoleto
V. El beso al leproso
VI. El crucifijo de San Damián
VII. Francisco renuncia a su padre
Libro segundo
EL EVANGELISTA
I. Los primeros discípulos
II. El derecho de predicar
III. Rivo-Torto
IV. La Porciúncula y los nuevos discípulos
V. Santa Clara
Libro tercero
EL CANTOR DE DIOS
I. Sermón a los pájaros
II. Las misiones de Italia
III. La indulgencia de la Porciúncula
IV. Los capítulos de Pentecostés
V. El Cardenal Hugolino
VI. Las misiones extranjeras
VII. La cruzada de San Francisco
VIII. Los primeros disgustos. Capítulo de las Esteras
IX. Las Admoniciones y las Reglas
X. La lucha por la Pobreza
XI. La Tercera Orden
XII. La Regla de 1223
XIII. El Pesebre de Greccio
Libro cuarto
EL SOLITARIO
I. Las cartas de Francisco
II. El ejemplo cristiano
III. Las lecciones cristianas
IV. El gran milagro
V. La bendición a Fray León y el adiós al Alverna
VI. El Cántico del Sol
VII. El Testamento y la muerte
VIII. Las lágrimas de Fray Jacoba

      


AMDG et DVM 

ASSURDE PROPOSTE in questa chiesa peccatrice

... ... ...
Anche una assurda proposta che arriva dalla diocesi di San Miniato va purtroppo presa sul serio se da Roma si propone come modello il vescovo che dà il via libera all'educatore gay e civilunito, mentre si tiene in punizione un sacerdote che ha avuto il solo torto di difendere la famiglia e ricordare l'insegnamento di san Paolo sull'omosessualità.
Prima pagina del giornale di San Miniato
Prendendo atto che separazioni e divorzi riguardano un numero sempre crescente di persone che pure frequentano la chiesa, «non si potrebbe pensare all’esistenza di una nuova “vocazione” allo stato di “separato”? (…) La croce, come redime e sublima l’amore umano fino a portarlo alla dignità di segno sacramentale dell’Amore del Padre, non può dare dignità e valore redentivo all’amore ferito, tradito, ucciso?».

A questa proposta, scaturita da una riflessione – dice lui – sulla Amoris Laetitia, è arrivato un anziano prete della diocesi di San Miniato, don Angiolo Falchi, che ha pensato bene di ricordare i suoi 50 anni di sacerdozio con questa bella trovata. «Lo stato di separato/a e divorziato/a considerato una vera e propria nuova vocazione nella Chiesa, da curare con tanto amore e dedizione come si fa con le altre vocazioni»: ve l’immaginate la prossima Giornata di preghiera per le vocazioni chiedere a Dio che mandi più separati e divorziati “santi” per testimoniare il Vangelo? In altri tempi ce la saremmo cavata con un sorriso e un invito a togliere il fiasco al reverendo. 
Ma oggi uscite di questo genere vanno purtroppo prese molto sul serio. Non solo perché nel caso specifico si tratta dell’editoriale dell’ultimo numero del settimanale della diocesi di San Miniato (La Domenica, allegato a Toscana Oggi), quindi si può pensare che quanto meno non dispiaccia al suo vescovo. Ma soprattutto perché teorizzazioni di questo genere sono ormai all’ordine del giorno, e a promuoverle sono anche ambienti autorevoli vicini a Santa Marta.

Ieri, ad esempio, il sito para-vaticano Il Sismografo pubblicava un editoriale dal titolo “Discernimento e vita pastorale del popolo di Dio”. Una lunga disquisizione - che vi risparmiamo -per poi arrivare a proporre come modello di discernimento il vescovo di Gorizia, monsignor Radaelli, per la nota vicenda del paesino di Staranzano. Come si ricorderà un capo scout che ha un ruolo di educatore in parrocchia è omosessuale “praticante” e tutti lo sanno da tempo: il parroco aveva segnalato diverse volte la questione al vescovo, che non ha mai risposto. Poi con l’approvazione della legge Cirinnà, ecco che il capo scout decide di convolare a unione civile con il suo compagno: cerimonia in municipio a cui partecipa anche il vice-parroco, assistente dell’Agesci e grande sostenitore della nuova unione. Il parroco a questo punto scrive pubblicamente che è il caso almeno che il capo scout si ritiri dal ruolo di educatore. Silenzio del vescovo. Nel frattempo, come testimonia una nostra lettrice scandalizzata, grande festa per la nuova coppia civilunita e comunione alla prima messa. Passano ancora diversi giorni e finalmente il vescovo decide di farsi vivo con una «illuminante, pacata e riflessiva lettera» in cui sostiene che «di fronte a simili vicende il discernimento comunitario deve prevalere senza cedere alle tentazioni del giudizio o della superficialità». Parroco smentito, la sua richiesta respinta con perdite. Applausi dal Sismografo, che seguono quelli già tributati da Avvenire.
È la nuova Chiesa, che pensa così di attuare il Concilio Vaticano II. Stesso ragionamento del vescovo di Biella a proposito del parroco che ha pensato bene di far parlare in chiesa Emma Bonino. Magari non sarà stata la cosa più opportuna, ha ragionato il vescovo, ma non va bene intervenire di forza, invocando delle regole. 
“Discernimento” è la parolina magica che mette a posto tutto. Discernimento è ciò che chiede la Amoris Laetitia e i vescovi pensano di ubbidire non giudicando più nulla. Il bene e il male svaniscono; un’azione, uno stato di vita è un male, ma qualche volta anche un bene. In ogni caso bisogna parlarne, dialogare senza rifugiarsi in regole già scritte (come se le regole cui si fa riferimento non fossero in realtà Parola di Dio), far maturare convinzioni. 
Peccato che questa sia una caricatura del discernimento, concetto la cui paternità viene fatta risalire a Sant’Ignazio di Loyola. Come ricordava tempo fa su queste colonne il gesuita padre Enrico Cattaneo, per Sant’Ignazio il discernimento è solo fra due beni possibili, non certo fra un bene e un male: «Per Ignazio – scriveva padre Cattaneo -  il discernimento va fatto su cose “indifferenti o buone in sé”, cioè “in tutto quello che è permesso al nostro libero arbitrio e non gli è proibito”. Così non ha senso fare discernimento sui dieci comandamenti. Non posso fare discernimento se mi conviene o no abortire, se mi conviene o no intraprendere una nuova relazione coniugale, se mi conviene o no assecondare un impulso omosessuale, e via dicendo. Discernimento è invece vedere se devo seguire la vita religiosa oppure la via del matrimonio, se devo (anzi “dobbiamo” in questo caso) avere uno, due, tre o più figli; se devo condividere maggiormente le mie risorse economiche, se devo regolarmi nel cibo, nei divertimenti, ecc., facendo però in modo che l’amore che mi nuove e mi fa scegliere tale cosa “discenda dall’alto, dall’amore di Dio”, “mirando unicamente al fine per cui sono stato creato, cioè per la lode di Dio nostro Signore e per la salvezza dell’anima mia”. Solo così le mie scelte saranno “pure, limpide” e non “disordinate e oblique”».
Quel concetto di discernimento che oggi va di moda è dunque falso, un alibi per fare ognuno quel che vuole. Eppure da Roma nessuno interviene per chiarire, anzi Avvenire e Osservatore Romano fanno a gara a chi spinge di più nella direzione della menzogna e della dottrina fai da te.

E ad essere puniti sono i preti e i vescovi che non si rassegnano, che pongono domande, che restano fedeli al Catechismo. Sono troppo rigidi, i preti oggi «devono essere flessibili», ci spiegava ieri Avvenire. Si può facilmente capire come andrà a finire a Staranzano, come la misericordia si abbatterà sul parroco che non si rassegna a un educatore orgogliosamente gay e civilunito.

Abbiamo già visto come è finita con don Massimiliano Pusceddu, a Cagliari: in una omelia aveva difeso e invitato a difendere la famiglia secondo il disegno creatore di Dio, aveva citato un passo di san Paolo molto duro nei confronti degli omosessuali. Era stato sospeso seduta stante da tutti gli incarichi diocesani: è passato più di un anno e don Massimiliano è ancora nella stessa situazione, senza parrocchia e senza poter tenere incontri pubblici. Chissà perché, su chi è fedele alla tradizione della Chiesa non c’è alcun problema a intervenire con il pugno di ferro. Invece il capo scout militante gay e il vice parroco che benedice le unioni civili sono al loro posto, difesi dall’establishment ecclesiastico. Così anche la “vocazione al divorzio”, da idiozia quale è si trasforma in una proposta seria. E magari tra un po’ di tempo la vedremo spuntare sui giornali di regime.

DMDG et DVM

L'eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio (Giovanni Paolo II)

CASO ALFIE: GIUDICE INGLESE UTILIZZA NELLA SENTENZA PASSI DI UNA LETTERA DI PF A MONS. PAGLIA

Il giudice Hayden, che ha accolto la richiesta dell’ospedale di staccare il respiratore al piccolo Alfie (qui un video del bambino), per lasciarlo morire poiché affetto da rarissima malattia, nella sua sentenza (qui), al punto 52 ha ripreso un passo della lettera (qui) che PF scrisse a mons. Vincenzo Papa,  presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il 7 novembre scorso, a margine di un convegno internazionale, il Meeting Regionale Europeo della “WORLD MEDICAL ASSOCIATION”,  che si tenne in Vaticano proprio sul fine vita il 16 e 17 novembre 2017. Di questo ci informa Michael Hichborn, in un articolo pubblicato ieri su LifeSitesNews (qui).
Il giudice ha riconosciuto la fede cattolica dei genitori di Alfie, e a tal proposito ha detto che “è importante che queste credenze siano considerate nell’ampia gamma di fattori rilevanti” in relazione agli “interessi superiori” di Alfie.
Per questo il giudice Hayden ha consentito che nella documentazione del procedimento fosse inserito anche il passo riportato dal sig. Mylonas (che rappresenta la posizione dell’ospedale) che fa riferimento alla lettera del Papa a mons. Paglia. Il giudice la riporta perché, a suo parere, “La posizione della Chiesa cattolica romana è talvolta rappresentata in modo imprecisa nei casi relativi a queste difficili questioni etiche”. Ed è a questo punto che il giudice riporta un lungo passaggio della lettera, del quale riporto la parte saliente ai nostri fini:
“Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona.
Il Papa Pio XII, in un memorabile discorso rivolto 60 anni fa ad anestesisti e rianimatori, affermò che non c’è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene (cfr Acta Apostolicae Sedis XLIX [1957],1027-1033). È dunque moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito “proporzionalità delle cure” (cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia, 5 maggio 1980, IV: Acta Apostolicae Sedis LXXII [1980], 542-552). L’aspetto peculiare di tale criterio è che prende in considerazione «il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali» (ibid.). Consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all’“accanimento terapeutico”.
È una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare. «Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire», come specifica il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2278). Questa differenza di prospettiva restituisce umanità all’accompagnamento del morire, senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere. Vediamo bene, infatti, che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso, equivale a evitare l’accanimento terapeutico, cioè compiere un’azione che ha un significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte.
Certo, quando ci immergiamo nella concretezza delle congiunture drammatiche e nella pratica clinica, i fattori che entrano in gioco sono spesso difficili da valutare. Per stabilire se un intervento medico clinicamente appropriato sia effettivamente proporzionato non è sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale. Occorre un attento discernimento, che consideri l’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e relazionale della vita – e del morire stesso, che è pur sempre un momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità dell’essere umano”. (grassetto aggiunto, ndr)
Il giudice, nelle sue conclusione, tra l’altro, afferma: “Il  supporto continuo della ventilazione, in circostanze che sono convinto sia inutile, ora compromette la dignità futura di Alfie e non rispetta la sua autonomia. Sono soddisfatto del fatto che il supporto ventilatorio continuo non sia più nell’interesse di Alfie”. (grassetto aggiunto, ndr)
A questo punto, per meglio definire il concetto di eutanasia, il giornalista Michael Hichborn riprende un passo, il n. 65 (qui) della enciclica del 1995, Evanelium Vitae, di Giovanni Paolo II:
“Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. «L’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati».
Da essa va distinta la decisione di rinunciare al cosiddetto «accanimento terapeutico», ossia a certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza «rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all’ammalato in simili casi».” (grassetto aggiunto, ndr)
E’ per questo che il papa santo Giovanni Paolo II, sempre allo stesso n.65 della enciclica Evangelium Vitae, scrive: “Fatte queste distinzioni, in conformità con il Magistero dei miei Predecessori e in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umanaTale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale” (grassetto aggiunto, ndr).
Michael Hichborn, riferisce poi che, nel 2004, Papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi a un gruppo di medici riunitisi a Roma, disse:
“Vorrei sottolineare in particolare come la somministrazione di acqua e cibo, anche se fornita con mezzi artificiali, rappresenti sempre un mezzo naturale per preservare la vita, non un atto medico. Il suo uso, inoltre, dovrebbe essere considerato, in linea di principio, ordinario e proporzionato, e come tale moralmente obbligatorio, nella misura in cui e fino a quando non si dimostri che esso ha raggiunto la sua giusta finalitàche nel caso di specie consiste nel fornire nutrimento al paziente e nell’alleviare la sua sofferenza. (enfasi aggiunta)
E’ di tutta evidenza come il supporto ventilatorio non possa essere considerato più invasivo della somministrazione di acqua e cibo quando fornita con mezzi artificiali. Infatti, il Dr.Paul Byrne, ex presidente dell’Associazione Medica Cattolica e co-inventore dei primi ventilatori neonatali,  interpellato a tal proposito da LifeSiteNews, ha affermato:
“Un ventilatore muove l’aria nella trachea e nei vie aere più grandi. Supporta la respirazione solo in una persona vivente. (…) La respirazione avviene solo quando la vita è presente”.  Il Dr. Byrne ha aggiunto: “Il ventilatore per la respirazione è analogo ad un tubo di alimentazione. Questi tubi sono di supporto alla vita solo in una persona vivente. Togliere il ventilatore da Alfie significherebbe infliggere la morte”. (grassetto aggiunto, ndr)
Infine, Michael Hichborn riprende un passo del Catechismo della Chiesa Cattolica, quello riportato al n. 2235“Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale”.
I genitori  di Alfie, Tom Evans e Kate Jones, entrambi ventenni, hanno tentato in tutti i modi di prolungare la vita del proprio piccolo proponendo di sottoporlo a un trattamento presso l’ospedale Bambino Gesù di Roma. Questa proposta, però, è stata respinta. Inoltre, il ventilatore non è una apparecchiatura particolarmente complicata o onerosa da potersi permettere. Per questo, i genitori di Alfie hanno ricevuto tutto il sostegno finanziario che consentirebbe loro di portare a casa il piccolo Alfie assistito da un ventilatore e da una cura medica adeguata.  Eppure, il giudice Hayden, anche in questo caso, ha deciso che al piccolo Alfie debba essere soppressa la ventilazione.
Ritroviamo nuovamente nel caso di Alfie gli stessi connotati della situazione del piccolo Charlie, il quale fu lasciato morire mediante il distacco del ventilatore contro la volontà dei genitori. Stessa infanzia negata, stessa nazione ( il Regno Unito), stesso sistema ospedaliero, stessa “giustizia”, stessa motivazione:  “nel suo miglior interesse”.
AMDG et DVM

lunedì 26 febbraio 2018

Il passaggio dalla vita alla morte del piccolo Charlie è stato frutto di un crimine. E questo segna uno spartiacque nella storia del declino della civiltà europea perché rappresenta il precedente giuridico che legittima l'eutanasia di Stato.

Il piccolo Charlie Gard era vivo ed è stato ucciso. La Chiesa ha legittimato l'eutanasia di Stato
(Il Giornale, 30 luglio 2017) - Charlie Gard era già morto o era vivo? Staccargli la spina che gli consentiva di respirare e di nutrirsi, provocandogli la morte per soffocamento, sul piano strettamente giuridico e su quello più ampiamente morale, può configurarsi come «morte naturale» o invece corrisponde all'uccisione di una persona?
Pur in un contesto diverso, oggi si ripropone la domanda cardine sul tema della vita sin dal suo concepimento: il feto è vita o non è vita? Ebbene mentre la Chiesa si è schierata a favore della sacralità della vita del feto, scontrandosi frontalmente con lo Stato che ha legittimato l'aborto, quindi l'uccisione della vita del feto, il caso della vita e della morte del piccolo Charlie vede convergere la posizione dello Stato e quella della Chiesa. Di fatto la Chiesa ha avallato l'eutanasia di Stato, legittimando il diritto del giudice di decidere se e quando staccare la spina che tiene in vita una persona fisicamente menomata.
Papa Francesco non è proprio entrato nel merito della vicenda e l'ha affrontata come se si trattasse di una morte qualsiasi: «Affido il piccolo Charlie al Padreterno, prego per i suoi genitori e per tutti coloro che l'hanno amato», ha scritto in un tweet, la nuova frontiera dell'evangelizzazione mordi e fuggi.
Più significativa è la posizione assunta dalla Conferenza Episcopale Italiana attraverso il suo organo ufficiale. «Il piccolo Charlie Gard è morto», titolava ieri avvenire.it, il sito della Cei. «È morto», sottintende «morte naturale». Una tesi avallata dal commento del direttore Marco Tarquinio: «Charlie è stato ucciso da un male inesorabile, e né la scienza né la legge hanno saputo e potuto e forse voluto aiutarlo». La responsabilità della morte è del «male inesorabile», anche se si denunciano le lacune della scienza e le colpe della legge. Eppure sempre avvenire.it condanna la «atroce operazione» del distaccare Charlie dai macchinari che lo tenevano in vita. Si riconosce che il passaggio dalla vita alla morte del piccolo Charlie è stato frutto di un crimine, che la Chiesa ha scelto di non condannare pur violando la stessa sacralità della vita incarnata dal feto o da qualsiasi persona a prescindere dalle sue condizioni fisiche.
La vicenda del piccolo Charlie Gard segna uno spartiacque nella storia del declino della civiltà europea perché rappresenta il precedente giuridico che legittima l'eutanasia di Stato. Il giudice Nicholas Francis dell’Alta Corte di Londra ha affermato il principio che è la Magistratura che decide sulla vita e sulla morte della persona: «Decido io», perché «devo considerare gli interessi di Charlie».
Il giudice del «decido io» s'impone sul Papa del «chi sono io per giudicare?». Al tempo stesso attua la convergenza tra lo Stato e la Chiesa sul tema del fine vita. E infligge il colpo di grazia alla nostra civiltà decadente. Perché una società che sceglie di uccidere i suoi membri più fragili è destinata al suicidio. Se si legittima l'eutanasia verrà meno la sacralità della vita di tutti.
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