| A.D.2018 - Terzo Millennio dopo C. L'INNO AKATHISTOS | |
È uno tra i più famosi inni che la Chiesa Ortodossa dedica alla Theotokos (Genitrice di Dio). Akathistos si chiama per antonomasia quest'inno liturgico del secolo V, che fu e resta il modello di molte composizioni innografiche e litaniche, antiche e recenti."Akathistos" non è il titolo originario, ma una rubrica:"a-kathistos" in greco significa "non-seduti", perché la Chiesa ingiunge di cantarlo o recitarlo "stando in piedi", come si ascolta il Vangelo, in segno di riverente ossequio alla Madre di Dio. La struttura metrica e sillabica dell'Akathistos si ispira alla celeste Gerusalemme descritta dal cap. 21 dell'Apocalisse, da cui desume immagini e numeri: Maria è cantata come identificazione della Chiesa, quale "Sposa" senza sposo terreno, Sposa vergine dell'Agnello, in tutto il suo splendore e la sua perfezione.L'inno consta di 24 stanze (in greco: oikoi), quante sono le lettere dell'alfabeto greco con le quali progressivamente ogni stanza comincia. Ma fu sapientemente progettato in due parti distinte, su due piani congiunti e sovrapposti - quello della storia e quello della fede -, e con due prospettive intrecciate e complementari - una cristologica, l'altra ecclesiale -, nelle quali è calato e s'illumina il mistero della Madre di Dio. Le due parti dell'inno a loro volta sono impercettibilmente suddivise ciascuna in due sezioni di 6 stanze: tale suddivisione è presente in modo manifesto nell'attuale celebrazione liturgica. L'inno tuttavia procede in maniera binaria, in modo che ogni stanza dispari trova il suo complemento - metrico e concettuale - in quella pari che segue. Le stanze dispari si ampliano con 12 salutazioni mariane, raccolte attorno a un loro fulcro narrativo o dommatico, e terminano con l'efimnio o ritornello di chiusa: "Gioisci, sposa senza nozze!". Le stanze pari invece, dopol'enunciazione del tema quasi sempre a sfondo cristologico, terminano con l'acclamazione a Cristo: "Alleluia!". Così l'inno si presenta cristologico insieme e mariano, subordinando la Madre al Figlio, la missione materna di Maria all'opera universale di salvezza dell'unico Salvatore. La prima parte dell'Akathistos (stanze 1-12) segue il ciclo del Natale, ispirato ai Vangeli dell'Infanzia (Lc 1-2; Mt 1-2). Essa propone e canta il mistero dell'incarnazione (stanze 1-4), l'effusione della grazia su Elisabetta e Giovanni (stanza 5),la rivelazione a Giuseppe (stanza 6), l'adorazione dei pastori(stanza 7), l'arrivo e l'adorazione dei magi (stanze 8-10), la fuga in Egitto (stanza 11), l'incontro con Simeone (stanza 12): eventi che superano il dato storico e diventano lettura simbolica della grazia che si effonde, della creatura che l'accoglie, dei pastori che annunciano il Vangelo, dei lontani che giungono alla fede, del popolo di Dio che uscendo dal fonte battesimale percorre il suo luminoso cammino verso la Terra promessa e giunge alla conoscenza profonda del Cristo.La seconda parte (stanze 13-24) propone e canta ciò che la Chiesa al tempo di Efeso e di Calcedonia professava di Maria, nel mistero del Figlio Salvatore e della Chiesa dei salvati. Maria è la Nuova Eva, vergine di corpo e di spirito, che col Frutto del suo grembo riconduce i mortali al paradiso perduto (stanza 13); è la Madre di Dio, che diventando sede e trono dell'Infinito, apre le porte del cielo e vi introduce gli uomini (stanza 15); è la Vergine partoriente, che richiama la mente umana a chinarsi davanti al mistero di un parto divino e ad illuminarsi di fede (stanza 17); è la Sempre-vergine, inizio della verginità della Chiesa consacrata a Cristo, sua perenne custode e amorosa tutela (stanza 19); è la Madre dei Sacramenti pasquali, che purificano e divinizzano l'uomo e lo nutrono del Cibo celeste (stanza 21); è l'Arca Santa e il Tempio vivente di Dio, che precede e protegge il peregrinare della Chiesa e dei fedeli verso l'ultima Pasqua (stanza 23); è l'Avvocata di misericordia nell'ultimo giorno (stanza 24).L'Akathistos è una composizione davvero ispirata. Conserva un valore immenso: — a motivo del suo respiro storico-salvifico, che abbraccia tutto il progetto di Dio coinvolgendo la creazione e le creature, dalle origini all'ultimo termine, in vista della loro pienezza in Cristo; — a motivo delle fonti, le più pure: la Parola di Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento, sempre presente in modo esplicito o implicito; la dottrina definita dai Concili di Nicea (325), di Efeso (431) e di Calcedonia (451), dai quali direttamente dipende; le esposizioni dottrinali dei più grandi Padri orientali del IV e del V secolo, dai quali desume concetti e lapidarie asserzioni; — a motivo di una sapiente metodologia mistagogica, con la quale — assumendo le immagini più eloquenti dalla creazione e dalle Scritture — eleva passo passo la mente e la porta alle soglie del mistero contemplato e celebrato: quel mistero del Verbo incarnato e salvatore che — come afferma il Vaticano II — fa di Maria il luogo d'incontro e di riverbero dei massimi dati della fede (cf Lumen Gentium 65). Circa l'Autore, quasi tutta la tradizione manoscritta trasmette anonimo l'inno Akathistos. La versione latina redatta dal Vescovo Cristoforo di Venezia intorno all'anno 800, che tanto influsso esercitò sulla pietà del medioevo occidentale, porta il nome di Germano di Costantinopoli ( 733). Oggi però la critica scientifica propende ad attribuirne la composizione ad uno dei Padri di Calcedonia: in tal modo, questo testo venerando sarebbe il frutto maturo della tradizione più antica della Chiesa ancora indivisa delle origini, degno di essere assunto e cantato da tutte le Chiese e comunità ecclesiali. | |
INNO PARTE NARRATIVA 1. Il più eccelso degli Angeli fu mandato dal Cielo per dir "Ave" alla Madre di Dio. Al suo incorporeo saluto vedendoti in Lei fatto uomo, Signore, in estasi stette, acclamando la Madre così:Ave, per Te la gioia risplende; Ave, per Te il dolore s'estingue. Ave, salvezza di Adamo caduto; Ave, riscatto del pianto di Eva. Ave, Tu vetta sublime a umano intelletto; Ave, Tu abisso profondo agli occhi degli Angeli. Ave, in Te fu elevato il trono del Re; Ave, Tu porti Colui che il tutto sostiene. Ave, o stella che il Sole precorri; Ave, o grembo del Dio che s'incarna. Ave, per Te si rinnova il creato; Ave, per Te il Creatore è bambino. Ave, Sposa non sposata! 2. Ben sapeva Maria d'esser Vergine sacra e così a Gabriele diceva: «Il tuo singolare messaggio all'anima mia incomprensibile appare: da grembo di vergine un parto predici, esclamando:Alleluia!» 3. Desiderava la Vergine di capire il mistero e al nunzio divino chiedeva: «Potrà il verginale mio seno mai dare alla luce un bambino? Dimmelo!» E Quegli riverente acclamandola disse così:Ave, Tu guida al superno consiglio; Ave, Tu prova d'arcano mistero. Ave, Tu il primo prodigio di Cristo; Ave, compendio di sue verità. Ave, o scala celeste che scese l'Eterno; Ave, o ponte che porti gli uomini al cielo. Ave, dai cori degli Angeli cantato portento; Ave, dall'orde dei dèmoni esecrato flagello. Ave, la Luce ineffabile hai dato; Ave, Tu il «modo» a nessuno hai svelato. Ave, la scienza dei dotti trascendi; Ave, al cuor dei credenti risplendi. Ave, Sposa non sposata! 4. La Virtù dell'Altissimo adombrò e rese Madre la Vergine ignara di nozze: quel seno, fecondo dall'alto, divenne qual campo ubertoso per tutti, che vogliono coglier salvezza cantando così:Alleluia! 5. Con in grembo il Signore premurosa Maria ascese e parlò a Elisabetta. Il piccolo in seno alla madre sentì il verginale saluto, esultò, e balzando di gioia cantava alla Madre di Dio:Ave, o tralcio di santo Germoglio; Ave, o ramo di Frutto illibato. Ave, coltivi il divino Cultore; Ave, dai vita all'Autor della vita. Ave, Tu campo che frutti ricchissime grazie; Ave, Tu mensa che porti pienezza di doni. Ave, un pascolo ameno Tu fai germogliare; Ave, un pronto rifugio prepari ai fedeli. Ave, di suppliche incenso gradito; Ave, perdono soave del mondo. Ave, clemenza di Dio verso l'uomo; Ave, fiducia dell'uomo con Dio. Ave, Sposa non sposata! 6. Con il cuore in tumulto fra pensieri contrari il savio Giuseppe ondeggiava: tutt'ora mirandoti intatta sospetta segreti sponsali, o illibata! Quando Madre ti seppe da Spirito Santo, esclamò:Alleluia! 7. I pastori sentirono i concerti degli Angeli al Cristo disceso tra noi. Correndo a vedere il Pastore, lo mirano come agnellino innocente nutrirsi alla Vergine in seno, cui innalzano il canto: Ave, o Madre all'Agnello Pastore, Ave, o recinto di gregge fedele. Ave, difendi da fiere maligne, Ave, Tu apri le porte del cielo. Ave, per Te con la terra esultano i cieli, Ave, per Te con i cieli tripudia la terra. Ave, Tu sei degli Apostoli la voce perenne, Ave, dei Martiri sei l'indomito ardire. Ave, sostegno possente di fede, Ave, vessillo splendente di grazia. Ave, per Te fu spogliato l'inferno, Ave, per Te ci vestimmo di gloria. Ave, Vergine e Sposa! 8. Osservando la stella che guidava all'Eterno, ne seguirono i Magi il fulgore. Fu loro sicura lucerna andando a cercare il Possente, il Signore. Al Dio irraggiungibile giunti, l'acclaman beati: Alleluia! 9. Contemplarono i Magi sulle braccia materne l'Artefice sommo dell'uomo. Sapendo ch'Egli era il Signore pur sotto l'aspetto di servo, premurosi gli porsero i doni, dicendo alla Madre beata: Ave, o Madre dell'Astro perenne, Ave, o aurora di mistico giorno. Ave, fucine d'errori Tu spegni, Ave, splendendo conduci al Dio vero. Ave, l'odioso tiranno sbalzasti dal trono, Ave, Tu il Cristo ci doni clemente Signore. Ave, sei Tu che riscatti dai riti crudeli, Ave, sei Tu che ci salvi dall'opre di fuoco. Ave, Tu il culto distruggi del fuoco, Ave, Tu estingui la fiamma dei vizi. Ave, Tu guida di scienza ai credenti, Ave, Tu gioia di tutte le genti. Ave, Vergine e Sposa! 10. Banditori di Dio diventarono i Magi sulla via del ritorno. Compirono il tuo vaticinio e Te predicavano, o Cristo, a tutti, noncuranti d'Erode, lo stolto, incapace a cantare: Alleluia! 11. Irradiando all'Egitto lo splendore del vero, dell'errore scacciasti la tenebra: ché gli idoli allora, o Signore, fiaccati da forza divina caddero; e gli uomini, salvi, acclamavan la Madre di Dio:Ave, riscossa del genere umano, Ave, disfatta del regno d'inferno. Ave, Tu inganno ed errore calpesti, Ave, degl'idoli sveli la frode. Ave, Tu mare che inghiotti il gran Faraone, Ave, Tu roccia che effondi le Acque di Vita. Ave, colonna di fuoco che guidi nel buio, Ave, riparo del mondo più ampio che nube. Ave, datrice di manna celeste, Ave, ministra di sante delizie. Ave, Tu mistica terra promessa, Ave, sorgente di latte e di miele. Ave, Vergine e Sposa! 12. Stava già per lasciare questo mondo fallace Simeone, ispirato vegliardo. Qual pargolo a lui fosti dato, ma in Te riconobbe il Signore perfetto, e ammirando stupito l'eterna sapienza esclamò: Alleluia!PARTE TEMATICA 13. Di natura le leggi innovò il Creatore, apparendo tra noi, suoi figlioli: fiorito da grembo di Vergine, lo serba qual era da sempre, inviolato: e noi che ammiriamo il prodigio cantiamo alla Santa:Ave, o fiore di vita illibata, Ave, corona di casto contegno. Ave, Tu mostri la sorte futura, Ave, Tu sveli la vita degli Angeli. Ave, magnifica pianta che nutri i fedeli, Ave, bell'albero ombroso che tutti ripari. Ave, Tu in grembo portasti la Guida agli erranti, Ave, Tu desti alla luce Chi affranca gli schiavi. Ave, Tu supplica al Giudice giusto, Ave, perdono per tutti i traviati. Ave, Tu veste ai nudati di grazia, Ave, Amore che vinci ogni brama. Ave, Vergine e Sposa! 14. Tale parto ammirando, ci stacchiamo dal mondo e al cielo volgiamo la mente. Apparve per questo fra noi, in umili umane sembianze l'Altissimo, per condurre alla vetta coloro che lieti lo acclamano: Alleluia! 15. Era tutto qui in terra, e di sé tutti i cieli riempiva il Dio Verbo infinito: non già uno scambio di luoghi, ma un dolce abbassarsi di Dio verso l'uomo fu nascer da Vergine, Madre che tutti acclamiamo:Ave, Tu sede di Dio, l'Infinito, Ave, Tu porta di sacro mistero. Ave, dottrina insicura per gli empi, Ave, dei pii certissimo vanto. Ave, o trono più santo del trono cherubico, Ave, o seggio più bello del seggio serafico. Ave, o tu che congiungi opposte grandezze, Ave, Tu che sei in una e Vergine e Madre. Ave, per Te fu rimessa la colpa, Ave, per Te il paradiso fu aperto. Ave, o chiave del regno di Cristo, Ave, speranza di eterni tesori. Ave, Vergine e Sposa! 16. Si stupirono gli Angeli per l'evento sublime della tua Incarnazione divina: ché il Dio inaccessibile a tutti vedevano fatto accessibile, uomo, dimorare fra noi e da ognuno sentirsi acclamare:Alleluia! 17. Gli oratori brillanti come pesci son muti per Te, Genitrice di Dio: del tutto incapaci di dire il modo in cui Vergine e Madre Tu sei. Ma noi che ammiriamo il mistero cantiamo con fede: Ave, sacrario d'eterna Sapienza, Ave, tesoro di sua Provvidenza. Ave, Tu i dotti riveli ignoranti, Ave, Tu ai retori imponi il silenzio. Ave, per Te sono stolti sottili dottori, Ave, per Te vengon meno autori di miti. Ave, di tutti i sofisti disgreghi le trame, Ave, Tu dei Pescatori riempi le reti. Ave, ci innalzi da fonda ignoranza, Ave, per tutti sei faro di scienza. Ave, Tu barca di chi ama salvarsi, Ave, Tu porto a chi salpa alla Vita. Ave, Vergine e Sposa! 18. Per salvare il creato, il Signore del mondo, volentieri discese quaggiù. Qual Dio era nostro Pastore, ma volle apparire tra noi come Agnello: con l'umano attraeva gli umani, qual Dio l'acclamiamo: Alleluia! 19. Tu difesa di vergini, Madre Vergine sei, e di quanti ricorrono a Te: che tale ti fece il Signore di tutta la terra e del cielo, o illibata, abitando il tuo grembo e invitando noi tutti a cantare: Ave, colonna di sacra purezza, Ave, Tu porta d'eterna salvezza. Ave, inizio di nuova progenie, Ave, datrice di beni divini. Ave, Tu vita hai ridato ai nati nell'onta, Ave, hai reso saggezza ai privi di senno. Ave, o Tu che annientasti il gran seduttore, Ave, o Tu che dei casti ci doni l'autore. Ave, Tu grembo di nozze divine, Ave, che unisci i fedeli al Signore. Ave, di vergini alma nutrice, Ave, che l'anime porti allo Sposo. Ave, Vergine e Sposa!
20. Cede invero ogni canto
che presuma eguagliare le tue innumerevoli grazie. Se pure ti offrissimo inni per quanti granelli di sabbia, Signore, mai pari saremmo ai tuoi doni che desti a chi canta: Alleluia! 21. Come fiaccola ardente per che giace nell'ombre contempliamo la Vergine santa, che accese la luce divina e guida alla scienza di Dio tutti, splendendo alle menti e da ognuno è lodata col canto:Ave, o raggio di Sole divino, Ave, o fascio di Luce perenne. Ave, rischiari qual lampo le menti, Ave, qual tuono i nemici spaventi. Ave, per noi sei la fonte dei sacri Misteri, Ave, Tu sei la sorgente dell'Acque abbondanti. Ave, in Te raffiguri l'antica piscina, Ave, le macchie detergi dei nostri peccati. Ave, o fonte che l'anime mondi, Ave, o coppa che versi letizia. Ave, o fragranza del crisma di Cristo, Ave, Tu vita del sacro banchetto. Ave, Vergine e Sposa! 22. Condonare volendo ogni debito antico, fra noi, il Redentore dell'uomo discese e abitò di persona: fra noi che avevamo perduto la grazia. Distrusse lo scritto del debito, e tutti l'acclamano: Alleluia! 23. Inneggiando al tuo parto l'universo ti canta qual tempio vivente, o Regina! Ponendo in tuo grembo dimora Chi tutto in sua mano contiene, il Signore, tutta santa ti fece e gloriosa e ci insegna a lodarti: Ave, o «tenda» del Verbo di Dio, Ave, più grande del «Santo dei Santi». Ave, Tu «Arca» da Spirito aurata, Ave, «tesoro» inesausto di vita. Ave, diadema prezioso dei santi sovrani, Ave, dei pii sacerdoti Tu nobile vanto. Ave, Tu sei per la Chiesa qual torre possente, Ave, Tu sei per l'Impero qual forte muraglia. Ave, per Te innalziamo trofei, Ave, per Te cadon vinti i nemici. Ave, Tu farmaco delle mie membra, Ave, salvezza dell'anima mia. Ave, Vergine e Sposa! 24. Grande ed inclita Madre, Genitrice del sommo fra i Santi, Santissimo Verbo, or degnati accogliere il canto! Preservaci da ogni sventura, tutti! Dal castigo che incombe Tu libera noi che gridiamo: Alleluia! ************* Con il Decreto Mater Christi...: http://www.paginecattoliche.it/Indulgenza-plenaria-a-chi-recita-linno-Acathistos/ |
"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
lunedì 1 gennaio 2018
Conserva un valore immenso
domenica 31 dicembre 2017
TE DEUM LAUDAMUS - Le voci dei profeti si uniscono nella tua lode
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
che hai redento col tuo sangue prezioso.
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La Divina Madre ci offre il sicuro rifugio del Suo Cuore Immacolato.
A.D. 2018 - Terzo Millennio dopo Conchiglia
Milano , 1 gennaio 1996
Festa di Maria Santissima Madre di Dio.
Nel mio sicuro rifugio.
«Oggi celebrate con gioia la festa della mia divina Maternità e guardate a Me, con filiale fiducia, invocando il grande dono della pace per la Chiesa e per tutta l'umanità.
Io sono la Regina della pace.
Sono stata scelta dal Padre Celeste a diventare la Madre del suo Figlio Unigenito, nato per portare a tutta l'umanità il bene prezioso della pace.

Il mio divino Bambino, che nasce nella povertà di una grotta e viene deposto in una mangiatoia, è Lui stesso la Pace.
Pace fra Dio e l'umanità, da Lui redenta e portata ad una nuova comunione di amore e di vita con il suo Signore.
Pace fra gli uomini, diventati tutti fratelli, perché figli di Dio, partecipi dei suoi doni e membri di una stessa famiglia.
Mio figlio Gesù mi ha voluto anche vostra Madre.
Così sono diventata Madre della umanità, da Lui redenta e salvata.
Mio compito è quello di seguire come Mamma, durante il corso della storia, le vicende di tutti i miei figli.
In maniera particolare sono Mamma di coloro che, attraverso il sacramento del Battesimo ed il dono della fede e della Grazia, vengono inseriti intimamente nella stessa vita di Gesù, compongono il suo mistico Corpo e fanno parte della sua Chiesa.
Sono Madre della Chiesa.
Mio compito materno è di seguire, durante il corso della sua storia, tutte le vicende terrene della Chiesa.
Ed, in ogni circostanza del suo doloroso cammino, ho sempre offerto alla Chiesa, il sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato.
Il mio Cuore Immacolato racchiude tutto il mio verginale e materno amore per voi.
Il mio Cuore Immacolato si apre per darvi aiuto, conforto e protezione.
Il mio Cuore Immacolato diventa, per ciascuno di voi, il più sicuro rifugio e la strada che vi porta al Dio della salvezza e della pace.
All'inizio di questo nuovo anno, denso di avvenimenti significativi e dolorosi per questa povera umanità, ormai in balia delle forze del male che si sono scatenate, ancora una volta invito tutti ad entrare nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato.
- Nel mio sicuro rifugio entrano coloro che sono chiamati a dare una cruenta testimonianza al Signore.
Dal primo martire Stefano, che ho raccolto fra le mie braccia materne dopo la sua uccisione, a coloro che ancora oggi danno la propria vita, la grande schiera dei martiri entra nel rifugio del mio Cuore Immacolato, per ricevere nuova forza e coraggio, nell'ora della loro immolazione.
- Nel mio sicuro rifugio si raccoglie la innumerevole schiera dei confessori della fede, per ottenere Luce e Spirito di Sapienza che li conduce a comprendere, a vivere e ad annunciare a tutti il Vangelo.
- Nel mio sicuro rifugio si forma la candida falange dei vergini, per apprendere, dalla mia verginale maternità, a vivere solo per Gesù, scelto come unico Sposo della propria vita e, rivestiti della sua Luce immacolata, seguono l'Agnello ovunque vada.
- Nel mio sicuro rifugio cercano riparo e protezione coloro che sono chiamati ad offrirsi al Signore, seguendolo sul cammino dei consigli evangelici. Io stessa coltivo questi fiori profumati e preziosi, cresciuti nel giardino del mio Cuore Immacolato.
- Nel mio sicuro rifugio coltivo, con cura e premura, tutti i Sacerdoti, che da Gesù mi sono stati affidati e che amo di particolarissimo amore. Qui sono da Me confortati, incoraggiati e formati a seguire, a imitare e a rivivere Gesù fino alla sua pienezza.

- Nel mio sicuro rifugio si riparano le famiglie cristiane, per essere difese da tanti pericoli e protette dai terribili mali che le minacciano.

- Nel mio sicuro rifugio chiamo i bambini, perché respirino l'atmosfera della purezza e della preghiera; i giovani, perché siano aiutati a crescere nella Grazia, nell'amore e nella santità; i peccatori, perché trovino misericordia e perdono; gli ammalati, perché abbiano la salute; i
moribondi, perché possano passare dalla terra al Paradiso, attraverso la porta celeste del mio Cuore Immacolato.
- Nel mio sicuro rifugio soprattutto dovete entrare tutti voi, miei figli, per essere da Me difesi e protetti, ora che entrate nel periodo conclusivo della purificazione e della grande tribolazione.
Ormai gli avvenimenti si succederanno, in maniera rapida, verso il loro completo svolgimento.
I miei segreti vi saranno svelati dalle stesse vicende che siete chiamati a vivere.
Per questo, vedendo con materna preoccupazione tutto quanto ormai vi attende, ancora una volta invito la Chiesa e tutta l'umanità ad entrare nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato.
Solo qui sarete da Me stessa protetti e consolati.
Solo qui troverete la pace e varcherete con gioia la soglia luminosa della speranza.
Perché nel sicuro rifugio del Mio Cuore Immacolato, che la Santissima Trinità vi offre come arca di salvezza, in questi ultimi tempi, attenderete, nella fiducia e nella preghiera, il ritorno nella gloria di Gesù, che porterà il suo Regno nel mondo e farà nuove tutte le cose.
In attesa che si compia la beata speranza e la venuta gloriosa di mio Figlio Gesù, all'inizio di questo nuovo anno, tutti vi benedico nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

AMDG et DVM
L'incontro con la Bellezza attraverso i Sacramenti
L'INACCETTABILE PROFANAZIONE
DELLE NOSTRE CHIESE
Lo zelo per la Tua Casa mi divorerà
Grande compostezza davanti a Gesù Eucaristico
L'Eucarestia è un entrare nella liturgia celeste
Vogliono distruggere lo spirito cattolico
"Io ti ho scelto. Datti da fare"
Sono solo un povero prete. Ma non ho paura
Anche le sfilate di moda! 10 modelle! Oltre ai comizi!
La falsa chiesa e il suo destino.
Apriamo i ponti e abbattiamo i muri
Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat!
*
La Dottrina Cattolica basata sugli insegnamenti dei Papi
«Mi dispiace per gli altri, ma Dio è cattolico» (Jean Guitton).
AMDG et DVM
La pastorale deve... favorire l’incontro dell’uomo con la bellezza della fede.
La corrispondenza del cuore nell’incontro con la Bellezza
del cardinale Joseph Ratzinger
Cristo pantocrator, un particolare del mosaico della cupola di Fethiye Djami (XIV secolo), Istanbul
Ogni anno, nella liturgia delle ore del tempo di Quaresima, torna a colpirmi un paradosso che si trova nei vespri del lunedì della seconda settimana del Salterio. Qui, l’una accanto all’altra, ci sono due antifone, una per il tempo di Quaresima, l’altra per la settimana santa. Entrambe introducono il salmo 44, ma ne anticipano una chiave interpretativa del tutto contrapposta. È il salmo che descrive le nozze del re, la sua bellezza, le sue virtù, la sua missione, e poi si trasforma in un’esaltazione della sposa. Nel tempo di Quaresima il salmo ha per cornice la stessa antifona che viene utilizzata per tutto il restante periodo dell’anno. È il terzo verso del salmo che recita: «Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia».
È chiaro che la Chiesa legge questo salmo come rappresentazione poetico-profetica del rapporto sponsale di Cristo con la Chiesa. Riconosce Cristo come il più bello tra gli uomini; la grazia diffusa sulle sue labbra indica la bellezza interiore della Sua parola, la gloria del Suo annuncio. Così, non è semplicemente la bellezza esteriore dell’apparizione del Redentore ad essere glorificata: in Lui appare piuttosto la bellezza della Verità, la bellezza di Dio stesso che ci attira a sé e allo stesso tempo ci procura la ferita dell’Amore, la santa passione (eros) che ci fa andare incontro, insieme alla e nella Chiesa Sposa, all’Amore che ci chiama. Ma il lunedì della settimana santa la Chiesa cambia l’antifona e ci invita a leggere il salmo alla luce di Is 53,2: «Non ha bellezza né apparenza; l’abbiamo veduto: un volto sfigurato dal dolore». Come si concilia ciò? Il «più bello tra gli uomini» è misero d’aspetto tanto che non lo si vuol guardare. Pilato lo presenta alla folla dicendo «Ecce homo» onde suscitare pietà per l’Uomo sconvolto e percosso al quale non è rimasta alcuna bellezza esteriore. Agostino, che nella sua giovinezza scrisse un libro sul bello e sul conveniente e che apprezzava la bellezza nelle parole, nella musica, nelle arti figurative, percepì assai fortemente questo paradosso e si rese conto che in questo passo la grande filosofia greca del bello non veniva semplicemente rigettata, ma piuttosto messa drammaticamente in discussione: che cosa sia bello, che cosa la bellezza significhi avrebbe dovuto essere nuovamente discusso e sperimentato.
Riferendosi al paradosso contenuto in questi testi egli parlava di «due trombe» che suonano in contrapposizione e pur tuttavia ricevono i loro suoni dal medesimo soffio, dallo stesso Spirito. Egli sapeva che il paradosso è una contrapposizione, ma non una contraddizione. Entrambe le citazioni provengono dallo stesso Spirito che ispira tutta la Scrittura, il quale però suona in essa con note differenti e, proprio in questo modo, ci pone di fronte alla totalità della vera Bellezza, della Verità stessa. Dal testo di Isaia scaturisce innanzitutto la questione, di cui si sono occupati i Padri della Chiesa, se Cristo fosse dunque bello oppure no. Qui si cela la questione più radicale se la bellezza sia vera, oppure se non sia piuttosto la bruttezza a condurci alla profonda verità del reale. Chi crede in Dio, nel Dio che si è manifestato proprio nelle sembianze alterate di Cristo crocifisso come amore «sino alla fine» (Gv13,1) sa che la bellezza è verità e che la verità è bellezza, ma nel Cristo sofferente egli apprende anche che la bellezza della verità comprende offesa, dolore e, sì, anche l’oscuro mistero della morte, e che essa può essere trovata solo nell’accettazione del dolore, e non nell’ignorarlo.
Una prima consapevolezza del fatto che la bellezza abbia a che fare anche con il dolore è senz’altro presente anche nel mondo greco. Pensiamo, per esempio, al Fedro di Platone. Platone considera l’incontro con la bellezza come quella scossa emotiva salutare che fa uscire l’uomo da se stesso, lo «entusiasma» attirandolo verso altro da sé. L’uomo, così dice Platone, ha perso la per lui concepita perfezione dell’Origine. Ora egli è perennemente alla ricerca della forma primigenia risanatrice. Ricordo e nostalgia lo inducono alla ricerca, e la bellezza lo strappa fuori dall’accomodamento del quotidiano. Lo fa soffrire. Noi potremmo dire, in senso platonico, che lo strale della nostalgia colpisce l’uomo, lo ferisce e proprio in tal modo gli mette le ali, lo innalza verso l’alto. Nel discorso di Aristofane del Simposio si afferma che gli amanti non sanno ciò che veramente vogliono l’uno dall’altro. È al contrario evidente che le anime di entrambi sono assetate di qualcos’altro che non sia il piacere amoroso. Questo “altro” però l’anima non riesce a esprimerlo, «ha solamente una vaga percezione di ciò che veramente essa vuole e ne parla a se stessa come un enigma». Nel XIV secolo, nel libro sulla vita di Cristo del teologo bizantino Nicolas Kabasilas si ritrova questa esperienza di Platone, nella quale l’oggetto ultimo della nostalgia continua a rimanere senza nome, trasformato dalla nuova esperienza cristiana.
Kabasilas afferma: «Uomini che hanno in sé un desiderio così possente che supera la loro natura, ed essi bramano e desiderano più di quanto all’uomo sia consono aspirare, questi uomini sono stati colpiti dallo Sposo stesso; Egli stesso ha inviato ai loro occhi un raggio ardente della sua bellezza. L’ampiezza della ferita rivela già quale sia lo strale e l’intensità del desiderio lascia intuire Chi sia colui che ha scoccato il dardo».
La bellezza ferisce, ma proprio così essa richiama l’uomo al suo Destino ultimo. Ciò che afferma Platone e, più di 1500 anni dopo, Kabasilas non ha nulla a che fare con l’estetismo superficiale e con l’irrazionalismo, con la fuga dalla chiarezza e dall’importanza della ragione. Bellezza è conoscenza, certamente, una forma superiore di conoscenza poiché colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità. In ciò Kabasilas è rimasto interamente greco, in quanto egli pone la conoscenza all’inizio. «Origine dell’amore è la conoscenza», egli afferma, «la conoscenza genera l’amore». «Occasionalmente» così prosegue «la conoscenza potrebbe essere talmente forte da sortire allo stesso tempo l’effetto di un filtro d’amore». Egli non lascia questa affermazione in termini generali. Com’è caratteristico del suo pensiero rigoroso, egli distingue due tipi di conoscenza: la conoscenza attraverso l’istruzione che rimane conoscenza, per così dire, «di seconda mano» e non implica alcun contatto diretto con la realtà stessa. Il secondo tipo, al contrario, è conoscenza attraverso la propria esperienza, attraverso il rapporto con le cose. «Quindi, fintanto che noi non abbiamo fatto esperienza di un essere concreto, non amiamo l’oggetto così come esso dovrebbe essere amato».
La vera conoscenza è essere colpiti dal dardo della Bellezza che ferisce l’uomo, essere toccati dalla realtà, «dalla personale Presenza di Cristo stesso» come egli dice. L’essere colpiti e conquistati attraverso la bellezza di Cristo è conoscenza più reale e più profonda della mera deduzione razionale. Non dobbiamo certo sottovalutare il significato della riflessione teologica, del pensiero teologico esatto e rigoroso: esso rimane assolutamente necessario. Ma da qui, disdegnare o respingere il colpo provocato dalla corrispondenza del cuore nell’incontro con la Bellezza come vera forma della conoscenza, ci impoverisce e inaridisce la fede, così come la teologia. Noi dobbiamo ritrovare questa forma di conoscenza, è un’esigenza pressante del nostro tempo.
La vera conoscenza è essere colpiti dal dardo della Bellezza che ferisce l’uomo, essere toccati dalla realtà, «dalla personale Presenza di Cristo stesso» come dice Nicolas Kabasilas. L’essere colpiti e conquistati attraverso la bellezza di Cristo è conoscenza più reale e più profonda della mera deduzione razionale. Non dobbiamo certo sottovalutare il significato della riflessione teologica, del pensiero teologico esatto e rigoroso: esso rimane assolutamente necessario. Ma da qui, disdegnare o respingere il colpo provocato dalla corrispondenza del cuore nell’incontro con la Bellezza come vera forma della conoscenza, ci impoverisce e inaridisce la fede, così come la teologia. Noi dobbiamo ritrovare questa forma di conoscenza, è un’esigenza pressante del nostro tempo
A partire da questa concezione Hans Urs von Balthasar ha edificato il suo opus magnum dell’estetica teologica, della quale molti dettagli sono stati recepiti nel lavoro teologico, mentre la sua impostazione di fondo, che costituisce veramente l’elemento essenziale del tutto, non è stata affatto accolta. Questo non è, beninteso, semplicemente solo, o meglio, non è principalmente un problema della teologia, ma anche della pastorale che deve nuovamente favorire l’incontro dell’uomo con la bellezza della fede. Gli argomenti cadono così spesso nel vuoto perché nel nostro mondo troppe argomentazioni contrapposte concorrono le une con le altre, tanto che all’uomo viene spontaneo il pensiero, che i teologi medievali avevano così formulato: la ragione «ha un naso di cera», ossia la si può indirizzare, se solo si è abbastanza abili, nelle più svariate direzioni. Tutto è così assennato, così convincente, di chi dobbiamo fidarci? L’incontro con la bellezza può diventare il colpo del dardo che ferisce l’anima ed in questo modo le apre gli occhi, tanto che ora l’anima, a partire dall’esperienza, ha dei criteri di giudizio ed è anche in grado di valutare correttamente gli argomenti. Resta per me un’esperienza indimenticabile il concerto di Bach diretto da Leonard Bernstein a Monaco di Baviera dopo la precoce scomparsa di Karl Richter. Ero seduto accanto al vescovo evangelico Hanselmann. Quando l’ultima nota di una delle grandi Thomas-Kantor-Kantaten si spense trionfalmente, volgemmo lo sguardo spontaneamente l’uno all’altro e altrettanto spontaneamente ci dicemmo: «Chi ha ascoltato questo, sa che la fede è vera». In quella musica era percepibile una forza talmente straordinaria di Realtà presente da rendersi conto, non più attraverso deduzioni, bensì attraverso l’urto del cuore, che ciò non poteva avere origine dal nulla, ma poteva nascere solo grazie alla forza della Verità che si attualizza nell’ispirazione del compositore. E la stessa cosa non è forse evidente quando ci lasciamo commuovere dall’Icona della Trinitàdi Rublëv? Nell’arte delle icone, come pure nelle grandi opere pittoriche occidentali del romanico e del gotico, l’esperienza descritta da Kabasilas, partendo dall’interiorità, si è resa visibile e partecipabile. Pavel Evdokimov ha indicato in maniera così pregnante quale percorso interiore l’icona presupponga. L’icona non è semplicemente la riproduzione di quanto è percepibile con i sensi, ma piuttosto presuppone, come egli afferma, un «digiuno della vista». La percezione interiore deve liberarsi dalla mera impressione dei sensi ed in preghiera ed ascesi acquisire una nuova, più profonda capacità di vedere, compiere il passaggio da ciò che è meramente esteriore verso la profondità della realtà, in modo che l’artista veda ciò che i sensi in quanto tali non vedono e ciò che tuttavia nel sensibile appare: lo splendore della gloria di Dio, la «gloria di Dio sul volto di Cristo» (2Cor 4,6). Ammirare le icone, e in generale i grandi quadri dell’arte cristiana, ci conduce per una via interiore, una via del superamento di sé e quindi, in questa purificazione dello sguardo, che è una purificazione del cuore, ci rivela la Bellezza, o almeno un raggio di essa.
Proprio così essa ci pone in rapporto con la forza della verità. Io ho spesso già affermato essere mia convinzione che la vera apologia della fede cristiana, la dimostrazione più convincente della sua verità, contro ogni negazione, sono da un lato i santi, dall’altro la bellezza che la fede ha generato. Affinché oggi la fede possa crescere dobbiamo condurre noi stessi e gli uomini in cui ci imbattiamo a incontrare i santi, a entrare in contatto con il Bello.
Ora però dobbiamo rispondere ancora ad un’obiezione. Abbiamo già respinto l’affermazione secondo cui quanto finora sostenuto sarebbe una fuga nell’irrazionale, nel mero estetismo. È vero piuttosto l’opposto: proprio così la ragione viene liberata dal suo torpore e resa capace di azione. Maggior peso ha oggi un’altra obiezione: il messaggio della bellezza viene messo completamente in dubbio attraverso il potere della menzogna, della seduzione, della violenza, del male. Può la bellezza essere autentica, oppure, alla fine, non è che un’illusione? La realtà non è forse in fondo malvagia? La paura che, alla fine, non sia lo strale del bello a condurci alla verità, ma che la menzogna, ciò che è brutto e volgare costituiscano la vera “realtà” ha angosciato gli uomini in ogni tempo. Nel presente ha trovato espressione nell’affermazione secondo cui dopo Auschwitz non si sarebbe più potuto fare poesia, dopo Auschwitz non si sarebbe più potuto parlare di un Dio buono. Ci si domanda: dov’era finito Dio quando funzionavano i forni crematori? Ora questa obiezione, per la quale esistevano motivi sufficienti ancora prima di Auschwitz, in tutte le atrocità della storia, indica in ogni caso che un concetto puramente armonioso di bellezza non è sufficiente. Non regge il confronto con la gravità della messa in discussione di Dio, della verità, della bellezza. Apollo, che per il Socrate di Platone era «il Dio» e il garante della imperturbata bellezza come «il veramente divino», non basta assolutamente più. In questo modo ritorniamo alle «due trombe» della Bibbia dalle quali eravamo partiti, al paradosso per cui di Cristo si può dire sia «Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo», sia «Non ha apparenza né bellezza… il suo volto è sfigurato dal dolore». Nella passione di Cristo l’estetica greca, così degna di ammirazione per il suo presentito contatto con il divino, che pure le resta indicibile, non viene rimossa, bensì superata. L’esperienza del bello ha ricevuto una nuova profondità, un nuovo realismo. Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine – la Sacra Sindone di Torino può farci immaginare tutto questo in maniera toccante. Ma proprio in questo Volto così sfigurato appare l’autentica, estrema bellezza: la bellezza dell’amore che arriva «sino alla fine» e che, appunto in questo, si rivela più forte della menzogna e della violenza. Chi ha percepito questa bellezza sa che proprio la verità, e non la menzogna, è l’ultima istanza del mondo. Non la menzogna è «vera», bensì proprio la Verità. È per così dire un nuovo trucco della menzogna presentarsi come «verità» e dirci: al di là di me non c’è in fondo nulla, smettete di cercare la verità o addirittura di amarla; così facendo siete sulla strada sbagliata. L’icona di Cristo crocifisso ci libera da questo inganno oggi dilagante.
Tuttavia essa pone come condizione che noi ci lasciamo ferire insieme a Lui e crediamo all’Amore, che può rischiare di deporre la bellezza esteriore per annunciare, proprio in questo modo, la verità della Bellezza.
La menzogna conosce comunque anche un altro stratagemma: la bellezza mendace, falsa, una bellezza abbagliante che non fa uscire gli uomini da sé per aprirli nell’estasi dell’innalzarsi verso l’alto, bensì li imprigiona totalmente in se stessi. È quella bellezza che non risveglia la nostalgia per l’Indicibile, la disponibilità all’offerta, all’abbandono di sé, ma ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di piacere. È quel tipo di esperienza della bellezza di cui la Genesi parla nel racconto del peccato originale: Eva vide che il frutto dell’albero era «bello» da mangiare ed era «piacevole all’occhio». La bellezza, così come ne fa esperienza, risveglia in lei la voglia del possesso, la fa ripiegare per così dire su se stessa. Chi non riconoscerebbe, ad esempio nella pubblicità, quelle immagini che con estrema abilità sono fatte per tentare irresistibilmente l’uomo ad appropriarsi di ogni cosa, a cercare il soddisfacimento del momento anziché l’aprirsi ad altro da sé? Così l’arte cristiana si trova oggi (e forse già da sempre) tra due fuochi: deve opporsi al culto del brutto il quale ci dice che ogni altra cosa, ogni bellezza è inganno e solo la rappresentazione di quanto è crudele, basso, volgare, sarebbe la verità e la vera illuminazione della conoscenza. E deve contrastare la bellezza mendace che rende l’uomo più piccolo, anziché renderlo grande e che, proprio per questo, è menzogna.
Chi non conosce la frase tante volte citata di Dostoevskij: «La Bellezza ci salverà»? Ci si dimentica però nella maggior parte dei casi di ricordare che Dostoevskij intende qui la bellezza redentrice di Cristo. Dobbiamo imparare a vederLo. Se noi Lo conosciamo non più solo a parole ma veniamo colpiti dallo strale della sua paradossale bellezza, allora facciamo veramente la Sua conoscenza e sappiamo di Lui non solo per averne sentito parlare da altri. Allora abbiamo incontrato la bellezza della Verità, della Verità redentrice. Nulla ci può portare di più a contatto con la bellezza di Cristo stesso che il mondo del bello creato dalla fede e la luce che risplende sul volto dei santi, attraverso la quale diventa visibile la Sua propria Luce.
(Messaggio al XXIII Meeting
per l’amicizia fra i popoli, Rimini, 21 agosto 2002)
AMDG et DVM
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