domenica 10 luglio 2016

«AD DIEM ILLUM LAETISSIMUM»


Le Encicliche di 
Papa Pio X
SANCTUARIUM DIVINAE TRINITATIS

«AD DIEM ILLUM LAETISSIMUM»

(1904)
Per celebrare il cinquantenario del dogma della Immacolata Concezione[1]

Il Corso del tempo ci condurrà tra pochi mesi al giorno d'incomparabile letizia allorché, cinquant'anni or sono, circondato da una magnifica corona di Cardinali e di Vescovi, il Nostro Predecessore Pio IX, Pontefice di santa memoria, dichiarò e proclamò quale rivelazione divina per l'autorità del magistero apostolico, che Maria è stata, fin dal primo istante della Sua concezione, totalmente immune dal peccato originale. Proclamazione che nessuno ignora essere stata accolta da tutti i fedeli dell'universo con tale gioia e entusiasmo quale non si ebbe mai a memoria d'uomo e con manifestazione di fede, sia nei riguardi dell'Augusta Madre di Dio, sia per il Vicario di Gesù Cristo, così grandiosa e così unanime.

Oggi, Venerabili Fratelli, benché alla distanza di mezzo secolo, non possiamo sperare che il rinnovato ricordo della Vergine Immacolata provochi nelle nostre anime come una eco di quelle sante letizie e rinnovelli gli spettacoli magnifici di fede e d'amore verso l'Augusta Madre di Dio, spettacoli che si videro in questo passato già lontano? Ciò che Ce lo farebbe desiderare ardentemente è un sentimento, che Noi abbiamo sempre nutrito nel Nostro cuore, di devozione verso la Beata Vergine ed insieme di gratitudine profonda per i suoi benefizi.

Ciò che d'altra parte Ce ne darebbe la certezza è lo zelo dei cattolici, sempre vigile e sempre pronto e preparato ad ogni testimonianza d'amore da rendersi alla Grande Madre di Dio; e non vogliamo dissimulare che un'altra cosa ravviva grandemente questo Nostro desiderio: è che Ci sembra, se dobbiamo credere a un segreto Nostro istinto, che vi possiamo promettere il prossimo avverarsi di alte speranze nelle quali fu concepita, dal Nostro Predecessore Pio IX e da tutto l'episcopato, la definizione solenne del dogma dell'Immacolata Concezione. 
Queste speranze invero vi sono pochi che non si dolgano di non averle viste avverarsi e che non invochino le parole di Geremia: «Noi abbiamo atteso la pace e questo bene non è venuto; il tempo della guarigione ed ecco il terrore». Ma non bisogna tacciare di poca fede gli uomini che trascurano di approfondire o di considerare sotto la loro vera luce le opere di Dio? Chi potrebbe infatti contare, chi valutare i tesori segreti di grazia che durante tutto questo tempo Iddio ha versato nella sua Chiesa per la preghiera della Vergine? E, lasciando a parte ciò, che dire del Concilio Vaticano così ammirabile di opportunità e della definizione dell'infallibilità Pontificia, formulata cosi a buon punto di fronte agli errori che stavano per sorgere? 
E di questo slancio di pietà che, cosa nuova e inaudita, ha fatto affluire da tanto tempo ai piedi del Vicario di Cristo, per venerarlo al suo cospetto, i fedeli di ogni lingua e di ogni parte? E non è un mirabile effetto della Divina Provvidenza, che i Nostri due Predecessori, Pio IX e Leone XIII, abbiano potuto in tempi così torbidi governare santamente la Chiesa, per un periodo così lungo quale prima non era stato concesso ad altro Pontificato? 

Al che bisogna aggiungere che non appena Pio IX aveva affermato la fede cattolica nella Concezione senza macchia della Madre di Dio, nella città di Lourdes si iniziavano le meravigliose manifestazioni della Vergine che furono l'origine dei templi elevati in onore dell'Immacolata Madre di Dio, opere di alta magnificenza e d'immenso lavoro, nei quali prodigi quotidiani, dovuti alla Sua intercessione, forniscono splendidi argomenti per combattere l'attuale incredulità umana. Tanti e così insigni benefizi accordati da Dio per le pietose sollecitazioni della Benigna Vergine durante i cinquant'anni che stanno per compiersi, non debbono farci sperare la salute per un tempo più vicino di quanto non abbiamo creduto? Così che, come ce l'insegna una legge della Provvidenza Divina, gli estremi mali non sono mai lontani dalla prossima liberazione: «Il suo tempo è vicino e i suoi giorni non sono lontani. Poiché il Signore prenderà Giacobbe sotto la sua pietà e avrà ancora il suo eletto in Israele». È dunque completa fiducia che li sostiene di poter dire fra poco: «Il Signore ha infranto le verghe degli empi. La terra è nella pace e nel silenzio, essa si allieta ed esulta».

Ma se il cinquantesimo anniversario dell'atto Pontificio per il quale fu dichiarata senza macchia la Concezione di Maria, deve provocare nel seno del popolo cristiano ardente entusiasmo, la ragione è soprattutto nella necessità che abbiamo esposta nella Nostra precedente Enciclica. Noi vogliamo dire di «tutto restaurare in Gesù Cristo». Poiché chi non accetta che non vi è strada più sicura né più facile se non quella di Maria, per la quale gli uomini possono arrivare fino a Cristo e ottenere mediante Gesù Cristo questa perfetta adozione filiale che rende santi e senza macchia allo sguardo di Dio?

Certo, se è stato detto veramente alla Vergine: «O Beata che avete, creduto, perché le cose che Vi sono state dette dal Signore si avvereranno», e cioè che Ella concepirebbe e darebbe alla luce il Figlio di Dio; se, conseguentemente, Ella ha accolto nel suo seno Colui che per natura è verità, di modo che «generato in un ordine nuovo... invisibile in sé, si rese visibile a noi»; dal momento che il Figlio di Dio è l'Autore e il Consumatore della nostra fede, è necessario che la Madre sia conosciuta come partecipante dei Divini Misteri e in qualche modo la loro custode e che su di Lei, come sul più nobile fondamento, dopo Gesù Cristo, riposi la fede di tutti i secoli. Come potrebbe essere altrimenti? 

Dio non avrebbe potuto per altra via mandarci il riparatore dell'umanità e il fondatore della fede? Ma dato che è piaciuto all'eterna Provvidenza del Signore che l'Uomo-Dio ci sia stato dato per il tramite di Maria e poiché questa avendolo ricevuto dalla feconda virtù dello Spirito Santo l'ha portato realmente nel suo seno, non ci rimane che ricevere Gesù dalle mani di Maria. 
Così noi vediamo nelle Sante Scritture, ovunque ci è profetizzata la grazia che deve giungere, dovunque o quasi il Salvatore degli Uomini vi appare insieme alla Sua Santissima Madre. Uscirà l'Agnello dominatore della terra, ma dalla pietra del deserto; il fiore crescerà, ma dalla radice di Jesse[2]. Adamo trattiene le lacrime che la maledizione strappava al suo cuore, quando vede Maria nel futuro schiacciare la testa del serpente; Maria è oggetto del pensiero di Noè chiuso nell'arca liberatrice; di Abramo arrestato nel momento di immolare suo figlio; di Giacobbe quando vede la scala dove salgono e scendono gli angeli; di Mosè in ammirazione davanti al cespuglio che arde senza consumarsi; di Davide cantando e danzando nel ricondurre l'Arca Santa; di Elia vedendo la piccola nube che sale dal mare. E senza aggiungere altro, noi troviamo sempre Maria dopo Cristo nella legge, nella verità delle immagini e delle profezie[3]

Che appartenga alla Vergine, a Lei soprattutto, di condurci alla conoscenza di Cristo, non si può dubitare, se si considera fra l'altro che Ella sola al mondo ha avuto con Lui, come si conviene una madre col figlio, una comunità di vita di oltre trent'anni. I mirabili misteri della nascita e dell'infanzia di Cristo, e quelli che si collegano alla Sua assunzione dell'umana natura, principio e fondamento della Nostra Fede, a chi possono essere stati rivelati meglio che alla Madre? «Ella conservava e riviveva nel suo cuore» ciò che aveva visto fare da Lui a Betlemme, ciò che Ella aveva visto a Gerusalemme nel Tempio; non solo ma, iniziata al Suo pensiero e ai Suoi segreti progetti, Ella ha vissuto la vita stessa del Suo Figlio. No, nessuno al mondo quanto Lei ha conosciuto a fondo Gesù; nessuno è miglior maestro e miglior guida per far conoscere Cristo.

Di conseguenza, come abbiamo già accennato, nessuno è più efficace della Vergine per unire gli uomini a Gesù. Se, infatti, secondo la dottrina del Divino Maestro: «La vita eterna consiste nel conoscere Te che sei l'unico, il vero Dio e Colui che hai inviato, Gesù Cristo», come noi giungiamo attraverso Maria a conoscere Gesù Cristo, cosi pure attraverso Lei ci è più facile ottenere quella vita di cui Egli è il principio e la fonte.
E ora, se consideriamo un momento quante e urgenti ragioni vi siano perché la Madre Santissima sia con noi generosa di quei tesori, quanto aumenteranno le nostre speranze!

Non è Maria la Madre di Dio? Dunque è anche nostra Madre[4]. Poiché ciascuno deve avere la ferma convinzione che Gesù, Verbo incarnato, è anche il Salvatore del genere umano. Ora, in quanto Dio Uomo, Egli ha un corpo come gli altri uomini: in quanto Redentore della nostra razza, ha un Corpo spirituale o, come si dice, mistico, il quale non è altro che la società dei cristiani legati a Lui dalla fede. «Numerosi come siamo, formiamo un solo corpo in Gesù Cristo». La Vergine non ha concepito il Figlio di Dio soltanto perché ricevendo da Lei natura umana divenisse uomo; ma anche affinché diventasse il Salvatore degli uomini appunto per mezzo di quella natura che aveva ricevuto da Lei. Questa è la spiegazione delle parole degli angeli ai pastori: «Oggi è nato a voi il Salvatore, Cristo Signore».

Così, nel casto grembo della Vergine dove ha preso la carne mortale, Gesù ha preso anche il Corpo spirituale, formato da tutti coloro «che erano destinati a credere in Lui»: e si può dire che Maria, portando in seno Gesù, vi portava anche tutti coloro la vita dei quali era contenuta nella vita del Salvatore.

Dunque, tutti noi che uniti a Cristo siamo, come dice l'Apostolo: «le membra del suo corpo formate dalla sua carne e dalle sue ossa», dobbiamo considerarci usciti dal grembo della Vergine come un corpo attaccato alla sua testa.

Per questo in verità noi siamo chiamati, in un senso spirituale e tutto mistico, i figli di Maria ed Ella, per parte Sua, è madre di noi tutti. «Madre secondo lo spirito, ma non per questo meno madre delle membra di Gesù Cristo che siamo noi».

Se dunque la Beatissima Vergine è nello stesso tempo madre di Dio e degli uomini, chi può dubitare che Ella non impiegherà tutte le Sue forze presso Suo Figlio, «testa del Corpo della Chiesa», perché Egli diffonda su di noi che ne siamo le membra i doni della Sua grazia, soprattutto quello di conoscerlo e di «vivere per Lui»? 
Ma la Vergine non ha soltanto la lode di aver fornito «la materia della Sua carne al Figlio unico di Dio che doveva nascere con membra umane» e di aver così preparato una vittima per la salvezza degli uomini; Ella dovette anche custodirla, quella vittima, nutrirla e presentarla nel giorno stabilito all'altare. 
Così vi fu tra Maria e Gesù una continua comunione di vita e di sofferenza, di modo che si può applicare tanto all'uno che all'altra la sentenza del profeta: «La mia vita si è consumata nel dolore, i miei anni sono trascorsi nei lamenti». E quando venne per Gesù l'ultima ora e «Sua Madre stava presso la Croce», oppressa dal tragico spettacolo e nello stesso tempo felice «perché Suo Figlio si immolava per la salvezza del genere umano e d'altronde Ella partecipava talmente ai Suoi dolori, che Le sarebbe sembrato infinitamente preferibile prendere su di sé tutti i tormenti del Figlio, se fosse stato possibile».

La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze fra Maria e Gesù è che Maria «divenne legittimamente degna di riparare l'umana rovina» e perciò di dispensare tutti i tesori che Gesù procurò a noi con la Sua morte e il Suo sangue. Certo, solo Gesù Cristo ha il diritto proprio e particolare di dispensare quei tesori che sono il frutto esclusivo della Sua morte, essendo egli per Sua natura il mediatore fra Dio e gli uomini. 
Tuttavia, per quella comunione di dolori e d'angoscie, già menzionata tra la Madre e il Figlio, è stato concesso all'Augusta Vergine di essere «presso il Suo unico Figlio la potentissima mediatrice[5] e conciliatrice del mondo intiero». La fonte è dunque Gesù Cristo e «noi tutti abbiamo derivato qualcosa dalla Sua pienezza; da Lui tutto il corpo reso compatto in tutte le giunture dalla comunicazione prende gli incrementi propri del corpo ed è edificato nella carità». 
Ma Maria, come osserva giustamente San Bernardo, è l'«acquedotto», o anche quella parte per cui il capo si congiunge col corpo e gli trasmette forza e efficacia; in una parola, il collo. 

Dice San Bernardino da Siena[6]: «Ella è il collo del nostro capo, per mezzo del quale esso comunica al suo corpo mistico tutti i doni spirituali». È dunque evidente che noi dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell'unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell'opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno ed è la suprema dispensatrice di grazie. 
Gesù «siede alla destra della Maestà Divina nell'altezza dei Cieli»; Maria siede regina alla destra di Suo Figlio, «rifugio cosi sicuro e ausilio cosi fedele in tutti i pericoli, che non si deve temere nulla né disperare sotto la sua guida, i suoi auspici, la sua protezione e la sua benevolenza».

Dati questi principi, e per tornare al Nostro proposito, chi non riconoscerà che giustamente Noi abbiamo affermato che Maria, assidua compagna di Gesù dalla casa di Nazareth fino al luogo del Calvario, iniziata più di chiunque altro ai segreti del suo cuore, dispensatrice per diritto di madre dei tesori dei suoi meriti, è per tutte queste cause l'aiuto più sicuro ed efficace per arrivare alla conoscenza e all'amore di Gesù Cristo? Una prova troppo evidente ce ne dànno, ahimè, con la loro condotta, quegli uomini che, sedotti dagli artifici del demonio o ingannati da false dottrine, credono di poter fare a meno del soccorso della Vergine. Disgraziati che trascurano Maria col pretesto di rendere onore a Gesù! Non sanno che non si può «trovare il Figlio se non con sua Madre».

Stando così le cose, o Venerabili Fratelli, Noi vogliamo che mirino a questo scopo tutte le solennità che si preparano per ogni dove in onore della Santa e Immacolata Concezione di Maria. Nessun omaggio infatti Le è più gradito e più dolce che la nostra conoscenza e il nostro vero amore di Gesù Cristo. Folle di fedeli riempiano dunque le Chiese, si celebrino feste solenni, vi sia gioia nelle città: queste cose sono molto efficaci per ravvivare la fede. Ma se non si aggiungono a queste cose i sentimenti del cuore, non vi sarà che pura forma e semplice apparenza di devozione. A questo spettacolo la Vergine, usando le parole di Gesù Cristo, cosi giustamente ci rimprovererà: «Questa gente mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me».

Poiché, infine, è efficace il culto della madre di Dio che viene spontaneo dal cuore, gli atti del corpo non hanno in questo caso né utilità né valore, se sono separati dagli impulsi dell'animo. E questi impulsi debbono essere diretti a quest'unico oggetto: che noi osserviamo pienamente ciò che comanda il Divino Figlio di Maria. Infatti, se il vero amore è soltanto quello che ha la virtù di unire le volontà, necessariamente noi dobbiamo avere la stessa volontà di Maria, cioè di servire Gesù Cristo Nostro Signore. 
La sapientissima Vergine fa a noi la stessa raccomandazione che fece ai servitori delle nozze di Cana: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà». Ecco la parola di Gesù Cristo: «Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Ciascuno si persuada dunque che se la devozione che professa verso la Beatissima Vergine non lo trattiene dal peccato o non gli ispira il desiderio di espiare le sue colpe, si tratta di una devozione falsa e menzognera, sprovvista del suo effetto e del suo frutto naturale.

Se qualcuno desidera una conferma a queste cose, può trovarla facilmente nel dogma stesso dell'Immacolata Concezione di Maria. Infatti, per tralasciare la tradizione cattolica che è fonte di verità anche essa come le Sacre Scritture, come mai questa convinzione della Concezione Immacolata della Vergine è sempre stata casi consona al sentimento cattolico che la si può ritenere come incorporata e innata nell'anima dei fedeli? Citiamo la risposta di Dionisio il Certosino[7]: «Abbiamo orrore di dire che questa creatura femminile destinata a schiacciare un giorno la testa del serpente, è stata da lui sopraffatta e che, Madre di Dio, è stata figlia del diavolo». No: l'intelletto del popolo cristiano non avrebbe potuto concepire che la carne di Cristo, pura, innocente e senza macchia, avesse avuto origine nel grembo di Maria da una carne contaminata anche solo per un attimo. E perché tutto questo, se non per il fatto che Dio è infinitamente lontano dal peccato? 
È questa, senza discussione, l'origine della convinzione comune a tutti i cristiani: che Gesù Cristo, prima di rivestire la natura umana e di «lavare noi dai nostri peccati nel Suo sangue», dovette accordare a Maria la grazia e il privilegio speciale di essere preservata e immune, al principio della concezione, da ogni macchia del peccato originale. Se dunque Dio aborrisce tanto il peccato da aver voluto la futura madre di Suo Figlio, libera, non solo di quelle macchie che ci contaminano per nostra volontà, ma per favore speciale e in previsione dei meriti di Gesù Cristo anche di quell'altra il cui triste marchio è trasmesso a tutti noi figli di Adamo per una specie di tragica ereditarietà; chi può dubitare che chiunque vuol conquistarsi con la devozione il cuore di Maria, non abbia il dovere di emendare le proprie abitudini viziose e depravate e di domare le passioni che lo spingono al male?

Inoltre, chiunque vuole, e tutti devono volerlo, che la sua devozione verso la Vergine sia degna di Lei e perfetta, deve andare più oltre e sforzarsi in tutti i modi di imitare i suoi esempi. Per leggi divine, infatti, ottengono l'eterna beatitudine soltanto coloro che hanno imitate fedelmente la pazienza e la santità di Gesù Cristo: «In fatti coloro che Iddio ha conosciuti nella sua prescienza, li ha predestinati a essere conformi all'immagine di Suo Figlio, perché questi sia il primogenito fra molti fratelli». 
Ma tale è la nostra debolezza, che la grandezza di simile esempio facilmente ci scoraggia; perciò Dio ha voluto provvedere proponendocene un altro, tanto vicino a Cristo quanto è permesso all'umana natura e più conforme alla nostra debolezza. Si tratta della Madre di Dio. A questo proposito dice Sant'Ambrogio: «Tale fu Maria che soltanto la sua vita è per tutti un insegnamento». E conclude giustamente: «Abbiate dunque davanti agli occhi dipinte come in un quadro la verginità e la vita della Beatissima Vergine, che riflette come uno specchio lo splendore della purezza e l'aspetto stesso della virtù».

Sebbene poi convenga che i figli imitino tutte le virtù di questa SS. Madre, tuttavia Noi desideriamo che i fedeli seguano preferibilmente quelle che sono le principali e come i nervi e le giunture della vita cristiana, cioè la fede, la speranza e la carità verso Dio e verso il prossimo. 
Tutta la vita di Maria porta la radiosa impronta di queste virtù in tutte le sue fasi; ma esse raggiunsero il più alto grado di splendore nel tempo in cui Ella assistette il Figlio Suo morente. Gesù è crocifisso e gli si rimprovera maledicendolo «di essersi fatto figlio di Dio». Maria con ferma costanza riconosce e adora in lui la divinità. Lo seppellisce dopo morto, senza dubitare un attimo della Sua resurrezione. La Sua ardente carità verso Dio la rende partecipe dei tormenti di Gesù Cristo e compagna della Sua passione; e con Lui, quasi dimentica del proprio dolore, implora perdono per i carnefici benché questi gridino ostinatamente: «Che il suo sangue ricada su noi e sui nostri figli».

Ma perché non si creda che Noi abbiamo perduto di vista il Nostro argomento, che è il mistero dell'Immacolata Concezione, quali grandi ed efficaci aiuti si trovano in questa per conservare quelle medesime virtù e praticarle come conviene! E in realtà, da quali principî partono i nemici della religione per seminare tanti errori e così gravi che la fede di tanti comincia a vacillare? Cominciano col negare la caduta primitiva dell'uomo e la sua decadenza. Sostengono che sono favole il peccato originale e i danni che ne sono conseguiti, cioè la corruzione originaria dell'umanità destinata a corrompere a sua volta tutta la razza umana; e quindi che è una favola l'introduzione del male per gli uomini e l'implicita necessità di un Redentore. 
Posti questi principi, si comprende facilmente che non rimane più posto né per Cristo, né per la Chiesa, né per la grazia, né per nulla che vada al di là della natura; in una parola, tutto l'edificio della fede è capovolto. Ora, se i popoli credono e professano che la Vergine Maria è stata fin dall'istante della Concezione preservata da ogni contaminazione, allora è necessario che ammettano il peccato originale, la riabilitazione dell'umanità operata da Gesù Cristo, il Vangelo, la Chiesa e infine la stessa legge della sofferenza; e grazie a questo, tutto ciò che nel mondo esiste di razionalismo e di materialismo viene sradicato e distrutto e rimane alla saggezza cristiana la lode di aver conservata e difesa la verità.

Inoltre è una malvagità comune ai nemici della fede soprattutto in questa nostra epoca, asserire e proclamare che bisogna rifiutare ogni rispetto e ogni obbedienza all'autorità della Chiesa e anche a ogni potere umano pensando che sarà più facile in seguito farla finita con la fede. E questa è l'origine dell'anarchia, la dottrina più nociva e più pericolosa che vi sia per ogni ordine di cose, naturale e soprannaturale. 
Ora, questa peste, fatale nello stesso tempo per la società e per il nome cristiano, trova la propria rovina nel dogma dell'Immacolata Concezione di Maria; dogma che obbliga a riconoscere alla Chiesa un potere al quale deve piegarsi non solo la volontà, ma anche lo spirito. Poiché è per l'effetto di simile sottomissione che il popolo cristiano innalza alla Vergine questa lode: «Tu sei tutta bella o Maria e in Te non vi è macchia originale». E con questo è giustificato ancora una volta ciò che la Chiesa afferma di Lei, cioè che: «Ella da sola ha sterminato le eresie in tutto il mondo». E se la fede, come dice l'Apostolo, non è altro che «sostanza di cose sperate», tutti saranno d'accordo nel riconoscere che se l'Immacolata Concezione di Maria rafforza la nostra fede, per la stessa ragione ravviva in noi la speranza. Tanto più che se la Vergine è stata resa immune dalla macchia originaria, è perché doveva essere la Madre di Cristo: ora Ella fu Madre di Cristo perché le nostre anime potessero risorgere alla speranza.

E ora, per tralasciare qui la carità verso Dio, chi non troverebbe nella contemplazione della Vergine Immacolata una spinta a osservare religiosamente il precetto di Gesù Cristo, quello che Egli ha dichiarato suo per eccellenza, e cioè che noi ci amiamo gli uni e gli altri, come Egli ci ha amato?
«Un grande segno - con queste parole l'Apostolo San Giovanni descrive una visione divina - un grande segno è apparso nel cielo: una donna vestita di sole coi piedi sulla luna e una corona di dodici stelle attorno al capo». Tutti sanno che quella donna rappresenta la Vergine Maria che, rimanendo integra, partorì il nostro Capo. 
L'Apostolo continua: «Avendo il frutto nel suo seno, il parto le strappava alte grida e le causava crudeli dolori». San Giovanni, dunque, vide la SS. Madre di Dio già in atto di godere l'eterna beatitudine e tuttavia travagliata da un misterioso parto. Quale parto? Il nostro certamente; di noi che, trattenuti ancora in questo esilio, abbiamo bisogno di essere generati al perfetto amore di Dio e all'eterna felicità. Quanto ai dolori del parto, significano l'ardore e l'amore coi quali Maria veglia su di noi dall'alto dei Cieli e lavora con infaticabili preghiere per completare il numero degli eletti.

Desideriamo che tutti i fedeli cerchino di acquistare quella virtù della carità e soprattutto approfittino per questo delle feste straordinarie che stanno per essere celebrate in onore dell'Immacolata Concezione di Maria. Con quale odio, con quale frenesia viene oggi attaccato Gesù Cristo e la religione che Egli ha fondato! E quindi, quale pericolo per molti; pericolo attuale e imminente di lasciarsi trascinare dall'errore e di perdere la fede! Perciò «Colui che pensa di essere in piedi, si guardi dal cadere». 
E, nello stesso tempo, tutti rivolgano a Dio con l'intercessione della Vergine umili e insistenti preghiere perché riconduca sul sentiero della verità coloro che hanno avuto la disgrazia di allontanarsene. Sappiamo per esperienza che la preghiera che sgorga dalla carità e che si appoggia sull'intercessione di Maria non è mai stata vana. Certamente non ci si può aspettare che gli attacchi contro la Chiesa abbiano mai a finire: «Infatti è necessario che vi siano le eresie perché le anime di fede provata siano palesi fra di voi». Ma la Vergine non smetterà per conto Suo di sostenerci nelle nostre prove, per quanto siano dure, e di continuare la lotta che ha incominciato al momento della Sua Concezione, di modo che ogni giorno noi potremo ripetere: «Oggi è stata spezzata da Lei la testa dell'antico serpente».

*
E affinché i tesori delle grazie Celesti, elargiti più abbondantemente del solito, ci aiutino a congiungere l'imitazione della Beatissima Vergine con gli omaggi che Le renderemo più solenni durante tutto quest'anno, e per arrivare cosi più facilmente a restaurare ogni cosa nel nome di Gesù Cristo, seguendo l'esempio dei Nostri Predecessori all'inizio del loro Pontificato, abbiamo deciso di accordare a tutto il mondo una indulgenza straordinaria sotto forma di Giubileo.

Perciò, appoggiandoCi sulla misericordia di Dio Onnipotente e sull'autorità dei Beatissimi Apostoli Pietro e Paolo, in base a quel potere di legare e di sciogliere che Ci è stato dato malgrado la Nostra indegnità: a tutti i fedeli in generale, e a ciascuno in particolare, dì ambo i sessi, che abitano qui a Roma o vi si trovano di passaggio, che avranno visitato tre volte le quattro basiliche patriarcali a cominciare dalla prima domenica di Quaresima 21 febbraio, fino al 2 giugno, compreso il giorno nel quale si celebra la solennità del SS. Sacramento; e che per un certo periodo avranno devotamente pregato per la libertà e l'esaltazione della Chiesa cattolica e della Sede Apostolica, per l'estirpazione delle eresie e la conversione dei peccatori, per la concordia di tutti i Principi cristiani, per la pace e l'unità di tutto il popolo fedele, e secondo la Nostra intenzione; e che avranno, durante il periodo indicato, eccettuato i giorni non compresi nell'indulto quaresimale, digiunato una volta usando soltanto alimenti magri; che, avendo confessati i loro peccati, abbiano ricevuto il Sacramento dell'Eucaristia e così pure a tutti gli altri, di tutti i paesi fuori di Roma, che nel suddetto periodo o durante tre mesi da designarsi esattamente dall'ordinario, anche non continui se ciò risulti più comodo per i fedeli, ma in ogni caso prima dell'8 dicembre, avranno visitato tre volte la Chiesa cattedrale e in mancanza di questa la Chiesa parrocchiale e ancora in mancanza di questa la principale Chiesa del luogo; e che avranno devotamente compiute le altre opere più sopra indicate; concediamo e accordiamo l'indulgenza plenaria di tutti i loro peccati: permettendo anche che questa indulgenza, che si può ottenere una sola volta, possa essere applicata a guisa di suffragio alle anime che hanno lasciato questa vita nella grazia di Dio.
Permettiamo inoltre che i viaggiatori di terra e di mare, compiendo le opere più sopra indicate appena tornati al loro domicilio, ottengano la stessa indulgenza.
Ai confessori approvati di fatto dai loro ordinari, diamo la facoltà di commutare in altre opere di pietà quelle da Noi prescritte; questo a favore dei regolari di ambo i sessi e di tutte le altre persone, comunque siano, che non possano compiere queste opere; con facoltà anche di dispensare dalla Comunione quei bambini che non siano ancora stati ammessi a riceverla.
Inoltre, a tutti i fedeli in generale e a ciascuno in particolare, laici o ecclesiastici, regolari o secolari, di qualsiasi Ordine o Istituto, compresi quelli che esigerebbero menzioni speciali, Noi accordiamo il permesso di scegliersi a questo effetto un prete qualunque regolare o secolare fra i sacerdoti approvati (e di questa facoltà potranno essere anche le religiose, le novizie e le altre persone abitanti nei monasteri, purché il confessore in questo caso sia approvato per le monache); questo prete, ove le suddette persone si presentino a lui in questo periodo e gli si confessino nell'intento di ottenere l'indulgenza del Giubileo e di compiere le altre opere che esigono per questo, potrà per questa volta soltanto e unicamente nel foro interiore assolverli da ogni scomunica, sospensione e altre sentenze e censure ecclesiastiche, inflitte per qualunque causa dalla legge o dal giudice, anche nei casi particolarmente riservati a chicchessia, anche al Sovrano Pontefice e alla Sede Apostolica, come pure da tutti i peccati o delitti riservati agli ordinari e a Noi stessi e alla Sede Apostolica; non tuttavia senza avere imposta una salutare penitenza a tutte le altre ingiunzioni prescritte e, se si tratta di eresie, non senza l'abiura e la ritrattazione dovuta di diritto degli errori; lo stesso prete potrà inoltre commutare ogni specie di voto, anche pronunciato sotto giuramento e riservato alla Sede Apostolica (eccetto quello di castità, di religione o quelli che implicano un'obbligazione accettata da un terzo); potrà commutare i voti, dunque, in altre opere devote e salutari e se si tratta di penitenti costituiti negli Ordini, anche regolari, potrà dispensarli da ogni irregolarità contraria all'esercizio dell'Ordine o all'avanzamento a qualche Ordine superiore, ma contratta solamente per violazione di censura. Non intendiamo, d'altronde, con questa lettera, dispensare dalle altre irregolarità, qualunque esse siano e in qualunque modo contratte o per delitto o per difetto, sia pubblicamente, sia nascostamente, o per nota infamante o per qualche altra incapacità o inabilità; così pure non vogliamo derogare alla Costituzione promulgata da Benedetto XIV di felice memoria, che comincia con le parole: «Sacramenturn poenitentiae», né alle dichiarazioni che sono in essa contenute; e finalmente non intendiamo che la presente lettera possa o debba essere di qualche utilità a coloro che Noi stessi e questa Sede Apostolica o qualche prelato o giudice ecclesiastico avrà espressamente scomunicati, sospesi, interdetti o colpiti con altre sentenze o censure, o che saranno stati pubblicamente denunciati a meno che abbiano dato soddisfazione nel periodo suddetto e che si siano accordati se possibile con le parti.
Siamo lieti di aggiungere che permettiamo che durante tutto il tempo del Giubileo ciascuno conservi interamente il privilegio di ottenere tutte le indulgenze anche plenarie, che sono state accordate da Noi o dai Nostri Predecessori.
*

Finiamo questa lettera, Venerabili Fratelli, esprimendo ancora la grande speranza che abbiamo nel cuore: e cioè che, per mezzo delle grazie straordinarie di questo Giubileo che Noi accordiamo sotto gli auspici dell'Immacolata Vergine, molti che si sono miserabilmente separati da Gesù Cristo, torneranno a Lui e che rifiorirà nel popolo cristiano l'amore delle virtù e l'ardore della pietà. Cinquant'anni fa, quando Pio IX Nostro Predecessore dichiarò che la Immacolata Concezione della Beatissima Madre di Gesù Cristo doveva essere ritenuta fondamentale nella fede cattolica si vide, l'abbiamo ricordato, un'incredibile abbondanza di grazie spargersi sulla terra e l'aumentata speranza nella Vergine apportare dappertutto un notevole progresso nell'antica religione dei popoli. Che cosa dunque ci impedisce di aspettarci qualcosa di meglio ancora per l'avvenire? Certamente noi viviamo in un'epoca triste e abbiamo il diritto di lamentarci con le parole del Profeta: «Non c'è più verità, non c'è più misericordia, non c'è più scienza sulla terra. La maledizione e la menzogna e l'omicidio e il furto e l'adulterio, invadono ogni cosa». Ciononostante, in questo che si può chiamare un diluvio di male, l'occhio contempla, simile a un arcobaleno, la Vergine misericordiosa arbitra di pace tra Dio e gli uomini. «Io porrò un arco nelle nuvole e sarà un segno d'alleanza tra me e la terra». Si scateni dunque la tempesta e una densa oscurità invada il cielo: nessuno deve tremare; la vista di Maria placherà Iddio ed Egli perdonerà. «L'arcobaleno sarà nelle nuvole e nel vederlo io mi ricorderò del patto eterno. E non ci sarà più diluvio per ingoiare la carne del mondo». Non c'è dubbio che, se noi ci affidiamo come conviene a Maria, soprattutto nel tempo in cui solennizzeremo con più ardente devozione la sua Immacolata Concezione; non c'è dubbio che noi sentiremo che Ella è sempre quella Vergine potentissima «che col suo virgineo piede ha schiacciato la testa del serpente».
Come augurio di queste grazie, o Venerabili Fratelli, vi impartiamo nel nome del Signore, con grande affetto, come pure ai vostri popoli, l'Apostolica Benedizione.

Roma, presso San Pietro, 2 febbraio 1904, anno I dei Nostro Pontificato.
PIO PP. X.

[1] Il dogma dell'Immacolata Concezione, privilegio in virtù del quale la Vergine fu dal momento stesso della sua concezione esente dalla macchia del peccato originale, fu definito da Pio IX con la bolla Ineffabilis dell'8 dicembre 1854.
[2] È il nome che viene dato a Isaiapadre di Davide. Radice di Jesse, vale «stirpe di Davide».
[3] Si allude ai vari passi biblici dai quali i teologi traggono argomento, riconoscendoli quali premonitori della missione divina di Maria.
[4] Qui si fa richiamo alla definizione del Concilio di Efeso dell'anno 431, che attribuì a Maria la sublime maternità di Dio. L'unione ipostatica in Gesù Cristo della doppia natura divina ed umana porta a Maria di potere e dover essere chiamata Madre di Dio.
[5] A Maria assunta alla gloria del Cielo (come al dogma definito solamente nel 1950) è dovuto il massimo culto che a creatura possa essere dedicato (iperdulia): come alla più sicura mediatrice di grazia presso il Figlio.
[6] Nato a Siena nel 1380, morto all'Aquila nel 1444. A lui è dovuta l'opera di apostolato svolta durante la pestilenza che desolò Siena nel 1400. Di famiglia abbiente, abbandonò ogni ricchezza ai poveri e si fece religioso nell'Ordine dei Francescani.
[7] Dei numerosi santi e teologi di questo nome è qui ricordato Denys le Chartreux (in italiano Dionisio il Certosino) che si ritrova anche citato con il nome di Denys di Reken dal nome del paese fiammingo dove era nato nel 1394. Teologo di grande fama: si contano a circa duecento le opere da lui composte. Morì nel 1471.
ultimo aggiornamento: 14.08.2007 


CHI È PUTIN?

CHI È PUTIN?

Ma chi è realmente quest'uomo? Nato il 7 ottobre del 1952 a San Pietroburgo, forse di antiche origini vicentine [o caucasiche georgiane], Putin visse un'infanzia povera: il nonno era cuoco di Lenin e Stalin, il padre sommergibilista nella marina sovietica. Putin è stato membro del Partito comunista, colonnello del KGB, collaboratore per cinque anni della Stasi a Dresda. Fu indubbiamente un ingranaggio della macchina sovietica. La svolta nel 1997, quando Boris Elstin lo chiama a collaborare con lui. Dal 2000 al 2008 diviene presidente della Federazione Russa, e il 7 maggio 2012 ottiene un nuovo mandato presidenziale con oltre il 60% dei consensi contro il 17% raccolto dal candidato comunista. Nel 1983 Putin convolò a nozze con Ljudmila Škrebneva, dalla quale ha avuto due figlie. Quest'anno la coppia ha divorziato.

Oggi Vladimir Putin è un cristiano praticante. Nonostante il padre fosse un militante ateo, la madre di Putin era una devota credente ortodossa. Pur non avendo icone dentro la propria casa, la donna frequentava regolarmente la Chiesa, battezzò segretamente Vladimir ed era solita portarlo con lei in chiesa. Pare che la "conversione" di Putin ebbe luogo dopo un grave incidente stradale che coinvolse la moglie nel 1993. Putin divenne ancora più devoto dopo che nell'agosto 1996 la sua dacia prese fuoco rischiando di uccidere gli occupanti.

ODIATO DAI MASS MEDIA OCCIDENTALI

Vladimir Putin è molto odiato dai giornali e dalle Tv occidentali, che ne offrono un'immagine rozza e violenta. Viste le sue idee, non c'è da stupirsi di tale mistificazione. Nel 2011 Putin ha annunciato misure economiche per la natalità, e la Duma – il parlamento russo – ha varato una legge restrittiva sull'aborto. Nella primavera di quest'anno Putin ha varato la legge contro la propaganda anche via Web di orientamenti sessuali non tradizionali in presenza di minori. Una legge contro la propaganda gay, che ha fatto infuriare il media system occidentale.

E' difficile capire fino in fondo l'uomo Putin: un deciso interventista nella guerra in Cecenia, un appassionato di judo che però è contrario a ripristinare la pena di morte perché, dice, "lo stato non può sottrarre a Dio il diritto di togliere la vita". Un uomo che nel 2000 cambiò con una legge il testo dell'inno russo: Putin confermò la bellissima melodia di Aleksandrov, ma eliminò tutti i riferimenti a Lenin e al PCUS. Al loro posto introdusse i versi che recitano: "Russia, nostra santa patria! Russia, nostro amato paese! Una volontà forte, una grande gloria, sono il tuo patrimonio da sempre!» (…) Dai mari meridionali alla regione polare si stendono le nostre foreste e i nostri campi. Tu sei unica nel mondo, inimitabile, terra natia protetta da Dio!"
 
Fonte: Il Timone, novembre 2013 (n. 127)

"Agite virilmente, fratelli miei, fatevi animo e aspettate pazientemente il Signore.


LE PROFEZIE DI SAN FRANCESCO D'ASSISI


Abbiamo voluto proporre questa profezia per i numerosi punti di concordanza con altre rivelazioni pubblicate nel nostro sito, ma anche in considerazione del fatto che risulta citata in numerose antiche e autorevoli raccolte (cfr. le fonti). ...

"Agite virilmente, fratelli miei, fatevi animo e aspettate pazientemente il Signore. 
Si avvicina un tempo di grande tribolazione e afflizione in cui abbonderanno perplessità e pericoli sia nell'ambito temporale che spirituale; la carità di molti si raffredderà e l’iniquità dei malvagi sovrabbonderà.
I demoni avranno più potere del solito, la purezza immacolata della nostra Religione, e delle altre, sarà deturpata a un punto tale che ben pochi fra i cristiani vorranno obbedire con cuore sincero e carità perfetta al vero Sommo Pontefice e alla Chiesa Romana.
Nel momento decisivo di questa tribolazione, un personaggio non canonicamente eletto, assunto al Papato, con l'astuzia del suo errore macchinerà di mettere a morte molti.

Allora gli scandali si moltiplicheranno, la nostra Religione sarà divisa, molte delle altre saranno completamente distrutte, perché non si opporranno all'errore ma gli presteranno l'assenso.
Ci saranno così tante e tali opinioni e divisioni tra la gente, tra i religiosi e nel Clero che, se quei giorni non fossero abbreviati, secondo le parole del Vangelo, anche gli eletti  (se fosse possibile) cadrebbero nell’errore, se in tale tempesta non fossero sostenuti dall’immensa misericordia di Dio.

Allora la nostra Regola e il nostro modo di vita saranno violentemente attaccati da alcuni. Sopravverranno enormi tentazioni. Coloro che allora saranno stati provati riceveranno la corona della vita.


Ma guai a coloro i quali, affidati alla sola speranza della Religione, si intiepidiranno e non resisteranno costantemente alle tentazioni permesse per provare gli eletti.
Coloro che, fervorosi di spirito, abbracceranno la pietà per la carità e per lo zelo della verità, subiranno persecuzioni e ingiurie come scismatici e disobbedienti.
Perché i loro persecutori, agitati da spiriti maligni, diranno che rendono un servizio a Dio nell’uccidere e cancellare dalla faccia della terra degli uomini tanto corrotti.

Ma il Signore sarà il rifugio degli afflitti e li salverà, perché hanno sperato in Lui. E per conformarsi al loro Capo agiranno con fiducia e con la loro morte, guadagnandosi la vita eterna, sceglieranno di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, non temendo di morire piuttosto che acconsentire alla menzogna e alla perfidia.
Allora alcuni predicatori taceranno la verità mentre altri la calpesteranno e la negheranno.
La santità della vita sarà derisa da coloro che la professano solo esteriormente, e per questa ragione Nostro Signore Gesù Cristo invierà loro non un degno pastore, ma uno Sterminatore".

SALVE SANCTE PATER 
PATRIAE LUX


UN GIGANTE...


 dimenticato del pensiero cristiano contemporaneo: 
Tomas Josef Tyn (1950-90)

di

Francesco Lamendola



Nella Bologna di Giuseppe Dossetti, dei preti catto-comunisti e dei teologi modernisti (ma non abbastanza onesti da dichiararsi apertamente tali), che preparavano il “loro” colpo di mano sul Concilio Vaticano II (Dossetti, per esempio, sarà stretto collaboratore di uno dei capofila del partito progressista, il cardinale Giacomo Lercaro), è brillata la luce di una bellissima figura di uomo, di frate domenicano, di pensatore cattolico, non molto conosciuto in vita e pressoché dimenticato in morte, tranne dai non moltissimi che hanno avuto la fortuna di conoscerlo o di sentirne parlare, ma, in genere, entro un ambito abbastanza ristretto, dato che a lui e a quelli come lui i grandi mezzi di comunicazione non hanno riservato la stessa generosa attenzione che riservavano ai Dossetti, ai don Milani, ai fautori di un “rinnovamento” che somigliava sempre più – l’espressione è di papa Paolo VI – ad una “autodemolizione” del cattolicesimo.



Stiamo parlando di un sacerdote ceco, padre Tomas Josef M. Tyn, nato a Brno, in Cecoslovacchia (oggi Repubblica ceca) il 3 maggio 1950 e morto a Neckargemünd, in Germania, il 1° gennaio 1990, a soli trentanove anni, nel pieno delle forze e dell’apostolato spirituale, stroncato da un male improvviso e rapidissimo: un cancro ai polmoni. Al momento della sua ordinazione sacerdotale, nel 1975, egli aveva offerto la sua anima a Dio per la libertà della sua Patria; di fatto (ciascuno è libero di interpretare ciò come una coincidenza, oppure no), si spense subito dopo la caduta ingloriosa del regime comunista anticristiano della Cecoslovacchia e del ritorno di quel Paese alla libertà democratica e alla libertà religiosa. Moriva sereno e sorridente, così come era vissuto, lasciando il ricordo di una persona coltissima, profondamente buona, quanto mai eloquente (per ascoltare le sue prediche, la gente veniva anche da assai lontano) e, soprattutto, di un sacerdote cristiano dal retto sentire e dal retto pensare, una vera guida spirituale in tempi di rovinose confusioni e di pericolosissime forme di relativismo.

Questo figlio del mondo slavo era, di fatto, un italiano di adozione: mentre studiava filosofia, in Germania, si rese conto che il vento del cattolicesimo modernista stava snaturando l’insegnamento di molti professori, sicché, nel 1973, venne in Italia, a Bologna, per ritrovare le sane fonti della teologia cristiana, presso la Casa dei domenicani di quella città, ove terminò gli studi e, dal 1984, ebbe la stima e l’appoggio del cardinale Giacomo Biffi (dal quale ebbe l’autorizzazione a celebrare la messa secondo la liturgia preconciliare, una volta alla settimana, nella Basilica di S. Domenico), facendosi conoscere per le sue straordinarie doti umane e di predicatore. Nel suo itinerario spirituale e culturale va segnalato il fondamentale incontro con il teologo brasiliano Corrêa de Oliveira (del quale ci siano occupati nell’articolo: «Alle quattro rivoluzioni anticristiane, per Plinio Corrêa de Oliveira, seguirà la rinascita cattolica», pubblicato su «Il Corriere delle Regioni» in data 20/05/2015), che lasciò un’impronta decisiva e incancellabile nel suo pensiero e nella sua impostazione del rapporto fra il cristianesimo e le necessità della vita pratica.

Padre Tomas Josef Tyn fu, comunque, un filosofo originale e robusto: il suo pensiero è affidato a una poderosissima opera di metafisica, alla quale lavorò per ben dieci anni e che vide la luce postuma, nel 1991: «Metafisica della sostanza. Partecipazione e analogia entis» (Casa editrice Fede e Cultura, Milano, 2009). Sono più di mille pagine, nelle quali egli analizza i tre livelli metafisici della “persona” in senso cristiano: la persona umana, la persona angelica e la Persona divina, mediante l’uso delle categorie della analogia e della partecipazione; e mostra una sicurezza di esposizione e una vastità di conoscenze addirittura sbalorditive, degne di un successore di san Tommaso d’Aquino e veramente rare nel panorama filosofico contemporaneo, divenuto il regno del frammento, del “pensiero debole” e del relativismo più o meno radicale.

Di padre Tyn, la cui causa di beatificazione è stata avviata, nel 2006, dall’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, successore di Biffi, su sollecitazione dei domenicani della Repubblica ceca, ci piace riportare un affettuoso ritratto delineato da un giovane studioso italiano di filosofia, Mattia Tanel, in un articolo apparso sulla rivista trimestrale «Alfa e Omega» (Edizioni Segno, Tavagnacco, provincia di Udine, n. 3-4 del 2007, pp. 65-67):

«La vita conventuale e il ministero sacerdotale di padre Tomas si svolgono sotto il segno di una fervente dedizione, di un gioioso senso di appartenenza e della più umile disponibilità verso i superiori, i confratelli e i semplici fedeli, sempre più numerosi, che si affidano al suo consiglio e alla sua direzione spirituale. La sua ubbidienza e riverenza verso la Chiesa, il papa e la gerarchia è fuori discussione: non può giustificare, come si esprime in un’omelia, “chi continua a definirsi cristiano pur battendo il petto non già a se stesso ma preferibilmente alla santa Chiesa di Dio. Non disdegna, come purtroppo alcuni oggigiorno fanno, anzi ama e pratica l’ascesi. È poverissimo, anche nel vestiario rattoppato, ma sempre lindo, e “la sua castità è perfetta: guarda dritto negli occhi l’altro sesso e (…) ai penitenti di sesso maschile suggerisce: dovete vedere, parlare e trattare ogni donna come se fosse la Vergine Maria!”.

Padre Tomas è un predicatore formidabile. La sua voce è potente, tanto da non avere bisogno di microfono; il suo italiano perfetto, la pronuncia resa un po' densa dall’accento moravo; l’incedere ora lineare e minuto, occasionato dalle frequenti sintesi teologiche, ora veemente e appassionato, tutto teso alla conversione del’uditore e alla minzione fraterna. Molti, al sentirlo, credono. 
Le registrazioni che ci sono rimaste delle sue omelie lasciano ipnotizzati, tanto è evidente il santo fervore che ispira la successione serrata dei sillogismi, condotti a termine senza il minimo sconto alla Verità:“Che cosa vuol dire questo, cari fratelli? Se noi seguiamo Maria, la colonna di fuoco che ci guida nel buio di questa terra, di questo pellegrinaggio lontani dal Signore, dobbiamo anzitutto stare nella Verità perché solo la Verità ci libererà, la Verità, cari fratelli, non è il pensiero debole, la verità con la v minuscola, no, la Verità dobbiamo avere il coraggio di sbandierare, la Verità con la V maiuscola, cari fratelli, la grande Verità, la prima Verità, l’increata Verità, la Verità della pienezza dell’Essere, la Verità che è Dio! Ecco, cari fratelli, da quale parte dobbiamo stare. 

Ora se noi siamo di Dio, guidati dal suo Cristo, la prima cosa che dobbiamo fare è avere il coraggio di distinguere luce e tenebre, vero e falso, bene e male. Pensate alla profezia di Isaia, il quale preso da raptus profetico, con grande sofferenza del cuore, diceva il suo “guai!”. I profeti non amavano parlare così io, lo sapete anche voi che siete buoni, è la realtà che non è buona, come noi ce la troviamo dinanzi; i profeti neppure parlavano volentieri, ma lo facevano per amore della Verità e per amore di Dio parlavano così. 

Allora Isaia dice così: guai a voi, guai a loro che mescolano il bene con il male, il vero col falso, il dolce con l’amaro. Ecco l’eresia vera dei nostri tempi, cari fratelli, se voi al giorno d’oggi parlate di Verità con quella buona, bella, sconcertante, disarmante ingenuità cristiana, io ci tengo, è un dolce e amaro nel contempo vedere quelle reazioni, perché sono divertenti sotto un certo aspetto, se voi dite con calma, con semplicità la parola “Verità”, vi guardano come se foste degli alienati mentali, capite, da ricoverare, non si accorgono invece che se non vi è una discriminazione tra il vero e il falso è proprio il caso della follia! Sono i folli che non distinguono il vero dal falso! Ora capite che per decreto legge è abolita la follia, quindi si è abolita anche la distinzione tra il vero e il falso, tra il bene e il male!”.

Padre Tomas può esprimere liberamente le verità di sempre (il che, nella Bologna cattocomunista e dossettiana, non è per nulla scontato) soprattutto per l’attenzione di alcuni suoi superiori e di colui che dal 1984 è Vescovo della diocesi petroniana, il cardinale (dall’anno successivo) Giacomo Biffi, un Principe della Chiesa come se ne facevano una volta. È Biffi che concede a Tyn, in barba all’0scurantismo progressista, la possibilità di celebrare la Messa del sabato mattina in Basilica con il rito tradizionale detto di San Pio V. 
In occasione delle Messe del sabato verranno da tutta Italia ad ascoltare i suoi incitamenti a “divenir santi e gran santi!”, e alcuni si faranno sacerdoti o religiosi. Degno di nota è il magistero contro-rivoluzionario che Tyn porta avanti, dal pulpito e non solo. Già nel 1980 Padre Tomas è entrato in contatto con alcuni militanti di Alleanza Cattolica, che gli fanno conoscere un piccolo gioiello, “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”, capolavoro del peraltro equivoco leader cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira. È una folgorazione. Padre Tomas, che ha conosciuto nella sua infanzia e adolescenza la ferocia della Rivoluzione, l’ottusità delle idee che uccidono, ne fa il proprio livre de chevet. Da allora, “il giovane domenicano non può evitare dal mettere in guardia i suoi figli dai due maggiori pericoli di allora per la fede cattolica: il progressismo intra ecclesiale e il socialismo dilagante, anche nel mondo occidentale. 
Se in confessionale Padre Tyn sussurra dolcemente fin quasi a bisbigliare, all’Omelia la sua voce tuona: bisogna respingere non solo il comunismo esplicito, ma anche quello implicito! Pensate alle forme pericolose del sinistrismo radicale: si vuole creare una mentalità schifosa, una mentalità che esalta il fango contro il cielo!”.»

La forza dell’argomentare di padre Tyn derivava, dunque, da due ordini di fattori: innanzitutto, la sua autorevolezza personale (vi sono persone che s’impongono immediatamente, appena incominciano a parlare, per il fascino potente e per l’aura di serietà e di coerenza che le avvolge e che le “presenta” agli altri, meglio di quanto potrebbe fare qualsiasi discorso: e lui era una di queste); in secondo luogo, la logica ferrea del suo ragionamento, sostenuta da una solida dose di buon senso, che conferisce limpidezza ed evidenza anche ai pensieri più difficili, e li rende accessibili e intuitivamente chiari anche al pubblico culturalmente meno preparato (con implicita vergogna di quegli “intellettuali” che sanno solo esprimersi in maniera involuta e astrusa, e che risultano pressoché incomprensibili perfino agli specialisti, mentre, per le persone comuni, è come se parlassero in arabo).

Chissà che cosa avrebbe detto padre Tyn davanti alle recentissime derive del relativismo, intellettuale ed etico, che stanno operando la distruzione finale della distinzione del vero e del falso, del buono e del cattivo; ora che è stata definitivamente instaurata, per legge, la repubblica della follia. Il matrimonio omosessuale, non è forse una follia? La pretesa di “diventare” genitori, da parte di una coppia di omosessuali, non è forse una follia? La pratica dell’utero in affitto, come anche della fecondazione eterologa, non sono follia? Ma la società odierna non percepisce più la follia di queste cose, anzi, le tratta con la massima serietà, ne discute con apparente pacatezza, legifera in merito con una tenacia e una determinazione che non si vedono quando si parla di cose ben più necessarie e importanti. Come risvegliare dal loro diabolico sonno delle anime ormai conquistate dallo spirito della follia, della presunzione, e dominate da un egoismo mostruoso, decise a spianare qualsiasi ostacolo, a beffare la natura e la legge morale in qualsiasi maniera, pur di raggiungere il fine che si son prefisse, della assoluta affermazione di se stesse, dei loro desideri, del loro orgoglio?

Eppure, in uomo come padre Tyn non si sarebbe scoraggiato. Avrebbe ripreso a sussurrare dolcemente nel confessionale, e a tuonare potentemente dall’alto del pulpito. Avrebbe continuato a chiamare le cose con il loro nome: Bene il Bene, Male il Male. E avrebbe continuato ad affermare, - con lo sguardo limpido di chi, per primo, si affida totalmente alla dimensione dell’assoluto e dell’eterno, lasciando andare ogni scoria di egoismo personale, di vanità soggettiva, e facendosi trasparente (direbbe Dante) come un cristallo che riceve i raggi del Sole - che gli uomini, per loro stessa natura, cercano la verità; e che, dopo aver trovato alcune verità parziali e contingenti, e averle trovate inadeguate e imperfette, non possono non trovare, alla fine, se sorretti dalla buona volontà e aiutati dalla grazia divina, la Verità che non conosce declinazioni, la Verità assoluta che è Dio stesso, la Luce perfetta che attraversa l’anima senza lasciare in ombra neppure la più piccola piega, la più riposta superficie.

Perché questo, crediamo, è l’intimo messaggio di sublimi poemi viventi, come lo è stato padre Tomas Tyn: una esortazione e un incoraggiamento alla Fede, alla Speranza e alla Carità, rivolto a tutti gli uomini, senza eccezione, ricordando loro che il segreto è lasciarsi andare a Colui che li sta cercando fin da prima che venissero al mondo; anzi, fin da prima che il mondo fosse.