mercoledì 25 maggio 2016

FONDAMENTALE


LETTERA ENCICLICA
VERITATIS SPLENDOR 
DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO II A TUTTI I VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
CIRCA ALCUNE QUESTIONI FONDAMENTALI
DELL'INSEGNAMENTO MORALE DELLA CHIESA

Introduzione

Venerati Fratelli nell'Episcopato,
salute e Apostolica Benedizione!

Lo splendore della verità rifulge in tutte le opere del Creatore e, in modo particolare, nell'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (cf Gn 1,26): la verità illumina l'intelligenza e informa la libertà dell'uomo, che in tal modo viene guidato a conoscere e ad amare il Signore. Per questo il salmista prega: «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sal 4,7).

Gesù Cristo, luce vera che illumina ogni uomo

1. Chiamati alla salvezza mediante la fede in Gesù Cristo, «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), gli uomini diventano «luce nel Signore» e «figli della luce» (Ef 5,8) e si santificano con «l'obbedienza alla verità» (1 Pt 1,22).
Questa obbedienza non è sempre facile. In seguito a quel misterioso peccato d'origine, commesso per istigazione di Satana, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), l'uomo è permanentemente tentato di distogliere il suo sguardo dal Dio vivo e vero per volgerlo agli idoli (cf 1 Ts 1,9), cambiando «la verità di Dio con la menzogna» (Rm 1,25); viene allora offuscata anche la sua capacità di conoscere la verità e indebolita la sua volontà di sottomettersi ad essa. E così, abbandonandosi al relativismo e allo scetticismo (cf. Gv 18, 38), egli va alla ricerca di una illusoria libertà al di fuori della stessa verità.
Ma nessuna tenebra di errore e di peccato può eliminare totalmente nell'uomo la luce di Dio Creatore. Nella profondità del suo cuore permane sempre la nostalgia della verità assoluta e la sete di giungere alla pienezza della sua conoscenza. Ne è prova eloquente l'inesausta ricerca dell'uomo in ogni campo e in ogni settore. Lo prova ancor più la sua ricerca sul senso della vita. Lo sviluppo della scienza e della tecnica, splendida testimonianza delle capacità dell'intelligenza e della tenacia degli uomini, non dispensa dagli interrogativi religiosi ultimi l'umanità, ma piuttosto la stimola ad affrontare le lotte più dolorose e decisive, quelle del cuore e della coscienza morale.
2. Ogni uomo non può sfuggire alle domande fondamentali: Che cosa devo fare? Come discernere il bene dal male? La risposta è possibile solo grazie allo splendore della verità che rifulge nell'intimo dello spirito umano, come attesta il salmista: «Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?". Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sal 4,7).
La luce del volto di Dio splende in tutta la sua bellezza sul volto di Gesù Cristo, «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), «irradiazione della sua gloria» (Eb 1,3), «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): Egli è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Per questo la risposta decisiva ad ogni interrogativo dell'uomo, in particolare ai suoi interrogativi religiosi e morali, è data da Gesù Cristo, anzi è Gesù Cristo stesso, come ricorda il Concilio Vaticano II: «In realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro, e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione».1
Gesù Cristo, «la luce delle genti», illumina il volto della sua Chiesa, che Egli manda in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura (cf Mc 16,15).2 Così la Chiesa, Popolo di Dio in mezzo alle nazioni, 3 mentre è attenta alle nuove sfide della storia e agli sforzi che gli uomini compiono nella ricerca del senso della vita, offre a tutti la risposta che viene dalla verità di Gesù Cristo e del suo Vangelo. È sempre viva nella Chiesa la coscienza del suo «dovere permanente di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto».4
3. I Pastori della Chiesa, in comunione col Successore di Pietro, sono vicini ai fedeli in questo sforzo, li accompagnano e li guidano con il loro magistero, trovando accenti sempre nuovi di amore e di misericordia per rivolgersi non solo ai credenti, ma a tutti gli uomini di buona volontà. Il Concilio Vaticano II rimane una testimonianza straordinaria di questo atteggiamento della Chiesa che, «esperta in umanità», 5 si pone al servizio di ogni uomo e di tutto il mondo.6
La Chiesa sa che l'istanza morale raggiunge in profondità ogni uomo, coinvolge tutti, anche coloro che non conoscono Cristo e il suo Vangelo e neppure Dio. Sa che proprio sulla strada della vita morale è aperta a tutti la via della salvezza, come ha chiaramente ricordato il Concilio Vaticano II, che così scrive: «Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e tuttavia cercano sinceramente Dio, e sotto l'influsso della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna». Ed aggiunge: «Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che senza colpa da parte loro non sono ancora arrivati a una conoscenza esplicita di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro, è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione al Vangelo, e come dato da Colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita».7 

L'oggetto della presente Enciclica




-------------------------------------------
Ed ecco un passaggio di un testo di Papa Benedetto XVI sulla "Veritatis Splendor":


L'enciclica sui problemi morali "Veritatis splendor" ha avuto bisogno di lunghi anni di maturazione e rimane di immutata attualità.

La costituzione del Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, di contro all'orientamento all'epoca prevalentemente giusnaturalistico della teologia morale, voleva che la dottrina morale cattolica sulla figura di Gesù e il suo messaggio avesse un fondamento biblico.

Questo fu tentato attraverso degli accenni solo per un breve periodo. Poi andò affermandosi l'opinione che la Bibbia non avesse alcuna morale propria da annunciare, ma che rimandasse ai modelli morali di volta in volta validi. La morale è questione di ragione, si diceva, non di fede.

Scomparve così, da una parte, la morale intesa in senso giusnaturalistico, ma al suo posto non venne affermata alcuna concezione cristiana. E siccome non si poteva riconoscere né un fondamento metafisico né uno cristologico della morale, si ricorse a soluzioni pragmatiche: a una morale fondata sul principio del bilanciamento di beni, nella quale non esiste più quel che è veramente male e quel che è veramente bene, ma solo quello che, dal punto di vista dell'efficacia, è meglio o peggio.

Il grande compito che Giovanni Paolo II si diede in quell'enciclica fu di rintracciare nuovamente un fondamento metafisico nell'antropologia, come anche una concretizzazione cristiana nella nuova immagine di uomo della Sacra Scrittura.

Studiare e assimilare questa enciclica rimane un grande e importante dovere.

Sant'Antonio María Claret y Clará, Vescovo


Sant'Antonio María 
Claret y Clará, Vescovo

24 ottobre - 

Sallent (Catalogna, Spagna), 23 dicembre 1807 - Fontfroide (Francia), 24 ottobre 1870

Una figura del secolo XIX al cui nome è tuttora legata una congregazione religiosa diffusa in tutti i continenti, quella dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria, detti appunto Clarettiani. Di origine catalana, appena ordinato sacerdote Claret si reca a Roma, a Propaganda Fide, per essere inviato missionario. Ma la salute precaria lo costringe a tornare in patria. Così per sette anni si dedica alla predicazione delle missioni popolari tra la Catalogna e le Isole Canarie. È tra i giovani raggiunti in questa attività apostolica che nasce l’idea della congregazione. Nel 1849 viene nominato arcivescovo di Santiago di Cuba. Morirà il 24 ottobre 1870. (Avvenire)

Etimologia: Antonio = nato prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: Sant’Antonio Maria Claret, vescovo: ordinato sacerdote, per molti anni percorse la regione della Catalogna in Spagna predicando al popolo; istituì la Società dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Maria Vergine e, divenuto vescovo di Santiago nell’isola di Cuba, si adoperò con grande merito per la salvezza delle anime. Tornato in Spagna, sostenne ancora molte fatiche per la Chiesa, morendo infine esule tra i monaci cistercensi di Fontfroide vicino a Narbonne nella Francia meridionale.

Martirologio tradizionale (23 ottobre): Sant'Antonio Maria Claret, Vescovo e Confessore, il cui giorno natalizio si celebra nel giorno seguente.

(24 ottobre): Nel monastero di Fontfroide, nella diocesi di Carcassona, in Francia, sant'Antonio Maria Claret, già Arcivescovo di Cuba, Fondatore dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, glorioso per la mansuetudine e lo zelo delle anime, che Pio dodicesimo, Pontefice Massimo, iscrisse nei fasti dei Santi. La sua festa però si celebra nel giorno precedente.

*

Nato in una famiglia profondamente cristiana di tessitori catalani con dieci figli. Viene ordinato nel 1835, a 28 anni. Va a Roma nel 1839 e si rivolge a Propaganda Fide per essere inviato come missionario in qualsiasi parte del mondo. Non potendo raggiungere questo obiettivo, entra come novizio tra i Gesuiti, ma dopo pochi mesi deve tornare in patria perché malato. Per sette anni predica numerosissime missioni popolari in tutta la Catalogna e le isole Canarie conquistando un'immensa popolarità, anche come taumaturgo. Sa mettere insieme la gente dando vita ad associazioni e gruppi. 



Nel 1849 fonda una Congregazione apostolica: i Figli dell’Immacolato Cuore di Maria Oggi anche conosciuti come Missionari Clarettiani. All'inizio del terzo millennio, essi lavorano in 65 paesi dei cinque continenti. Nel 1936/ 39, durante la guerra civile spagnola, 271vengono uccisi per causa della fede. Tra questi spiccano i 51 Martiri di Barbastro, beatificati da Giovanni Paolo II il 1992. (Vedi in questa web: Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro). 
Nominato nel 1849 arcivescovo di Santiago di Cuba (all'epoca appartenente alla corona di Spagna), arriva in diocesi nel febbraio di 1851. 


Nel suo strenuo lavoro apostolico affronta i gravi problemi morali, religiosi e sociali dell'Isola: concubinato, povertà, schiavitù, ignoranza, ecc., ai quali si aggiungono due calamità che colpiscono la popolazione: epidemie e terremoti. 


Ripercorre la sua vasta diocesi per ben quattro volte missionando instancabilmente con un gruppo di santi missionari. Le sue preoccupazioni pastorali si riversano anche in gran parte nel potenziamento del seminario e nella riformazione del clero. Nell'ambito sociale, promuove l'agricoltura, anche con diverse pubblicazioni e creando una fattoria-modello a Camagüey. 


Oltre a questo crea in ogni parrocchia una cassa di risparmio, opera pioniera in America Latina. Promuove l'educazione cercando Istituti religiosi e creando egli stesso insieme alla Venerabile Maria Antonia Paris la congregazione delle Religiose di Maria Immacolata (Missionarie Clarettiane). 
La sua strenua fortezza nel difendere i diritti della Chiesa e i diritti umani li crea numerosi nemici tra i politici e i corrotti. E così subisce minacce e attentati, tra i quali uno ad Holguin, dove viene gravemente ferito al volto. Nel 1857 la regina lo richiama a Madrid come suo confessore. In questa tappa continua ad annunziare il Vangelo nella capitale e in tutta la penisola. 


Esiliato in Francia nel 1868 arriva con la regina a Parigi e, anche qui, prosegue le sue predicazioni. 
Poi partecipa in Roma al concilio Vaticano I dove difende con ardore l'infallibilità del Romano Pontefice. 



Perseguitato ancora dalla rivoluzione, si rifugia nel monastero di Fontfroide presso Narbona, dove spira santamente il 24 ottobre del 1870. 

Sulla tomba vengono scolpite le parole di papa Gregorio VII: "Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, per questo muoio in esilio". Il suo corpo si venera nella Casa Madre dei Clarettiani a Vic (Barcellona).

Fu beatificato da Pio XI il 25 febbraio 1934. 

E l'8 maggio 1950, Pio XII lo proclama santo, e dice del Claret: 

"spirito grande, sorto come per appianare i contrasti: poté essere umile di nascita e glorioso agli occhi del mondo; piccolo nella persona però di anima gigante; modesto nell'apparenza, ma capacissimo d'imporre rispetto anche ai grandi della terra; forte di carattere però con la soave dolcezza di chi sa dell'austerità e della penitenza; sempre alla presenza di Dio, anche in mezzo ad una prodigiosa attività esteriore; calunniato e ammirato, festeggiato e perseguitato. E tra tante meraviglie, quale luce soave che tutto illumina, la sua devozione alla Madre di Dio".

Autore: P. Jesús Bermejo, CMF










AVE MARIA PURISSIMA!

MADONNA DI GUADALUPE VENERATA NEI GIARDINI VATICANI


PREGHIERA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
ALLA MADONNA DI GUADALUPE

VENERATA NEI GIARDINI VATICANI

Mercoledì, 11 maggio 2005

<<Santa Maria, che con il titolo di Nostra Signora di Guadalupe sei invocata come Madre dagli uomini e dalle donne del popolo del Messico e dell'America Latina, incoraggiati dall'amore che ci ispiri, riponiamo nuovamente nelle tue mani materne la nostra vita.

Tu che sei presente in questi giardini vaticani, regina nel cuore di tutte le madri del mondo e nel nostro cuore. Con grande speranza, a te ricorriamo e in te confidiamo.

Ave Maria,
piena di grazia,
il Signore è con te. 

Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del seno tuo, Gesù. 

Santa Maria,
Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.

Nostra Signora di Guadalupe
prega per noi >>

BENEDICTUS P.P. XVI


martedì 24 maggio 2016

La missione profetica di Fatima

DE EN ES FR IT PT ]



SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Spianata del Santuario di Fátima
Giovedì, 13 maggio 2010


Cari pellegrini,

«Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, […] essi sono la stirpe benedetta dal Signore » (Is 61, 9). Così iniziava la prima lettura di questa Eucaristia, le cui parole trovano mirabile compimento in questa assemblea devotamente raccolta ai piedi della Madonna di Fatima. Sorelle e fratelli tanto amati, anch’io sono venuto come pellegrino a Fatima, a questa «casa» che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni. Sono venuto a Fatima per gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione. Sono venuto a Fatima, perché verso questo luogo converge oggi la Chiesa pellegrinante, voluta dal Figlio suo quale strumento di evangelizzazione e sacramento di salvezza. Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e con tanti pellegrini, per la nostra umanità afflitta da miserie e sofferenze. Infine, sono venuto a Fatima, con gli stessi sentimenti dei Beati Francesco e Giacinta e della Serva di Dio Lucia, per affidare alla Madonna l’intima confessione che «amo», che la Chiesa, che i sacerdoti «amano» Gesù e desiderano tenere fissi gli occhi in Lui, mentre si conclude quest’Anno Sacerdotale, e per affidare alla materna protezione di Maria i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i missionari e tutti gli operatori di bene che rendono accogliente e benefica la Casa di Dio.

Essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto… Stirpe che il Signore ha benedetto sei tu, amata diocesi di Leiria-Fatima, con il tuo Pastore Mons. Antonio Marto, che ringrazio per il saluto rivoltomi all’inizio e per ogni premura di cui mi ha colmato, anche mediante i suoi collaboratori, in questo santuario. Saluto il Signor Presidente della Repubblica e le altre autorità al servizio di questa gloriosa Nazione. Idealmente abbraccio tutte le diocesi del Portogallo, qui rappresentate dai loro Vescovi, e affido al Cielo tutti i popoli e le nazioni della terra. In Dio, stringo al cuore tutti i loro figli e figlie, in particolare quanti di loro vivono nella tribolazione o abbandonati, nel desiderio di trasmettere loro quella speranza grande che arde nel mio cuore e che qui, a Fatima, si fa trovare in maniera più palpabile. La nostra grande speranza getti radici nella vita di ognuno di voi, cari pellegrini qui presenti, e di quanti sono uniti con noi attraverso i mezzi di comunicazione sociale.

Sì! Il Signore, la nostra grande speranza, è con noi; nel suo amore misericordioso, offre un futuro al suo popolo: un futuro di comunione con sé. Avendo sperimentato la misericordia e la consolazione di Dio che non lo aveva abbandonato lungo il faticoso cammino di ritorno dall’esilio di Babilonia, il popolo di Dio esclama: «Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio» (Is 61,10). Figlia eccelsa di questo popolo è la Vergine Madre di Nazaret, la quale, rivestita di grazia e dolcemente sorpresa per la gestazione di Dio che si veniva compiendo nel suo grembo, fa ugualmente propria questa gioia e questa speranza nel cantico del Magnificat: «Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore». Nel frattempo Ella non si vede come una privilegiata in mezzo a un popolo sterile, anzi profetizza per loro le dolci gioie di una prodigiosa maternità di Dio, perché «di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1, 47.50).

Ne è prova questo luogo benedetto. Tra sette anni ritornerete qui per celebrare il centenario della prima visita fatta dalla Signora «venuta dal Cielo», come Maestra che introduce i piccoli veggenti nell’intima conoscenza dell’Amore trinitario e li porta ad assaporare Dio stesso come la cosa più bella dell’esistenza umana. Un’esperienza di grazia che li ha fatti diventare innamorati di Dio in Gesù, al punto che Giacinta esclamava: «Mi piace tanto dire a Gesù che Lo amo! Quando Glielo dico molte volte, mi sembra di avere un fuoco nel petto, ma non mi brucio». E Francesco diceva: «Quel che m’è piaciuto più di tutto, fu di vedere Nostro Signore in quella luce che la Nostra Madre ci mise nel petto. Voglio tanto bene a Dio!» (Memorie di Suor Lucia, I, 42 e 126).

Fratelli, nell’udire queste innocenti e profonde confidenze mistiche dei Pastorelli, qualcuno potrebbe guardarli con un po’ d’invidia perché essi hanno visto, oppure con la delusa rassegnazione di chi non ha avuto la stessa fortuna, ma insiste nel voler vedere. A tali persone, il Papa dice come Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?» (Mc 12,24). Le Scritture ci invitano a credere: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto» (Gv 20, 29), ma Dio – più intimo a me di quanto lo sia io stesso (cfr S. Agostino, Confessioni, III, 6, 11) – ha il potere di arrivare fino a noi, in particolare mediante i sensi interiori, così che l’anima riceve il tocco soave di una realtà che si trova oltre il sensibile e che la rende capace di raggiungere il non sensibile, il non visibile ai sensi. A tale scopo si richiede una vigilanza interiore del cuore che, per la maggior parte del tempo, non abbiamo a causa della forte pressione delle realtà esterne e delle immagini e preoccupazioni che riempiono l’anima (cfr Commento teologico del Messaggio di Fatima, anno 2000). Sì! Dio può raggiungerci, offrendosi alla nostra visione interiore.

Di più, quella Luce nell’intimo dei Pastorelli, che proviene dal futuro di Dio, è la stessa che si è manifestata nella pienezza dei tempi ed è venuta per tutti: il Figlio di Dio fatto uomo. Che Egli abbia il potere di infiammare i cuori più freddi e tristi, lo vediamo nei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,32). Perciò la nostra speranza ha fondamento reale, poggia su un evento che si colloca nella storia e al tempo stesso la supera: è Gesù di Nazaret. 
E l’entusiasmo suscitato dalla sua saggezza e dalla sua potenza salvifica nella gente di allora era tale che una donna in mezzo alla moltitudine – come abbiamo ascoltato nel Vangelo – esclama: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato». Tuttavia Gesù rispose: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!» (Lc 11, 27.28). Ma chi ha tempo per ascoltare la sua parola e lasciarsi affascinare dal suo amore? Chi veglia, nella notte del dubbio e dell’incertezza, con il cuore desto in preghiera? Chi aspetta l’alba del nuovo giorno, tenendo accesa la fiamma della fede? La fede in Dio apre all’uomo l’orizzonte di una speranza certa che non delude; indica un solido fondamento sul quale poggiare, senza paura, la propria vita; richiede l’abbandono, pieno di fiducia, nelle mani dell’Amore che sostiene il mondo.

«Sarà famosa tra le genti la loro stirpe, […] essi sono la stirpe benedetta dal Signore» (Is 61,9) con una speranza incrollabile e che fruttifica in un amore che si sacrifica per gli altri ma non sacrifica gli altri; anzi – come abbiamo ascoltato nella seconda lettura – «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,7). Di ciò sono esempio e stimolo i Pastorelli, che hanno fatto della loro vita un’offerta a Dio e una condivisione con gli altri per amore di Dio. La Madonna li ha aiutati ad aprire il cuore all’universalità dell’amore. In particolare, la beata Giacinta si mostrava instancabile nella condivisione con i poveri e nel sacrificio per la conversione dei peccatori. Soltanto con questo amore di fraternità e di condivisione riusciremo ad edificare la civiltà dell’Amore e della Pace.



Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l’umanità sin dai suoi primordi: «Dov’è Abele, tuo fratello? […] La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!» (Gen 4, 9). L’uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo… Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui, in Fatima, quando la Madonna domanda: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?» (Memorie di Suor Lucia, I, 162).

Con la famiglia umana pronta a sacrificare i suoi legami più santi sull’altare di gretti egoismi di nazione, razza, ideologia, gruppo, individuo, è venuta dal Cielo la nostra Madre benedetta offrendosi per trapiantare nel cuore di quanti le si affidano l’Amore di Dio che arde nel suo. In quel tempo erano soltanto tre, il cui esempio di vita si è diffuso e moltiplicato in gruppi innumerevoli per l’intera superficie della terra, in particolare al passaggio della Vergine Pellegrina, i quali si sono dedicati alla causa della solidarietà fraterna. Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità.


Saluto ai malati

Cari Fratelli e Sorelle malati,

Prima di avvicinarmi a voi qui presenti, portando nelle mani l’ostensorio con Gesù Eucaristia, vorrei rivolgervi una parola di incoraggiamento e di speranza, che estendo a tutti i malati che ci accompagnano mediante la radio e la televisione e a quanti non hanno neppure questa possibilità, ma sono uniti a noi tramite i vincoli più profondi dello spirito, ossia, nella fede e nella preghiera:

Fratello mio e Sorella mia, agli occhi di Dio hai «un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza» (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 39). Con questa speranza nel cuore, potrai uscire dalle sabbie mobili della malattia e della morte e rimanere in piedi sulla salda roccia dell’amore divino. In altre parole: potrai superare la sensazione di inutilità della sofferenza che consuma la persona nell’intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verità, la sofferenza, vissuta con Gesù, serve per la salvezza dei fratelli.

Come è possibile? Le sorgenti della potenza divina sgorgano proprio in mezzo alla debolezza umana. E’ il paradosso del Vangelo. Perciò il divino Maestro, più che dilungarsi a spiegare le ragioni della sofferenza, ha preferito chiamare ciascuno a seguirlo, dicendo: «Prendi la tua croce e seguimi» (cfr Mc 8, 34). Vieni con me. Prendi parte, con la tua sofferenza, a quest’opera di salvezza del mondo, che si realizza mediante la mia sofferenza, per mezzo della mia Croce. Man mano che abbracci la tua croce, unendoti spiritualmente alla mia Croce, si svelerà ai tuoi occhi il significato salvifico della sofferenza. Troverai nella sofferenza la pace interiore e perfino la gioia spirituale.

Cari malati, accogliete questa chiamata di Gesù che passerà accanto a voi nel Santissimo Sacramento e affidategli ogni contrarietà e pena che affrontate, affinché diventino – secondo i suoi disegni – mezzo di redenzione per il mondo intero. Voi sarete redentori nel Redentore, come siete figli nel Figlio. Presso la croce… si trova la Madre di Gesù, la nostra Madre.

* * *

Il Santo Padre rivolge un saluto alla moltitudine dei pellegrini, in diverse lingue:

Chers pèlerins francophones, venus chercher ici, à Fatima, auprès du cœur de Marie, la Mère de Jésus, un supplément d’espérance afin d’être autour de vous source de consolation et d’encouragement sur les routes humaines: que Notre-Dame vous protège et intercède pour tous ceux que vous aimez! Ma Bénédiction vous accompagne!

I welcome the English-speaking pilgrims present today who have come from near and far. As we offer our fervent prayers to our Lady of Fátima, I encourage you to ask her to intercede for the needs of the Church throughout the world. I cordially invoke God’s blessing upon all of you, and in a particular way upon the young and those who are sick.
Ganz herzlich grüße ich alle deutschsprachigen Pilger. Auch heute ruft uns die Muttergottes hier in Fatima zum Gebet für die Bekehrung der Sünder und den Frieden in der Welt auf. Gerne vertraue ich euch und eure Familien ihrem unbefleckten Herzen an. Maria führe euch zu ihrem Sohn Jesus Christus.

Queridos peregrinos de lengua española, que habéis acudido con entusiasmo a este encuentro ante la Virgen de Fátima para compartir con tantos otros devotos vuestra confianza y fervor a nuestra Madre del cielo, la Santísima Virgen María. Que ella os lleve con ternura y mano segura hacia Cristo, su Hijo, y sea así fuente de gozosa esperanza y de firmeza en la fe. Muchas gracias.

Con affetto mi rivolgo ora ai pellegrini italiani e a quanti dall’Italia sono spiritualmente uniti a noi. Cari fratelli e sorelle, da Fatima, dove la Vergine Maria ha lasciato un segno indelebile del suo amore materno, invoco la sua protezione su di voi, sulle vostre famiglie, specialmente su quanti sono nella prova. Vi benedico di cuore!

Pozdrawiam polskich pielgrzymów. Gromadzi nas tu Niepokalana Matka Boga, która w tym miejscu zechciała pozostawić ludzkości przesłanie pokoju. Wiąże się ono z wezwaniem do zawierzenia i pełnej nadziei modlitwy, abyśmy mogli przyjąć łaskę miłosierdzia, którą Ona nieustannie wyprasza u swego Syna dla kolejnych pokoleń. W tym duchu polecam Jej opiece Was, wasze rodziny i wspólnoty, i z serca Wam błogosławię.

[Saluto i pellegrini polacchi. Ci raduna qui l’Immacolata Madre di Dio, che in questo luogo ha voluto lasciare all’umanità il messaggio della pace. Esso è legato alla chiamata, all’affidamento e alla preghiera piena di speranza, affinché possiamo accogliere la grazia della misericordia che Lei ininterrottamente implora dal suo Figlio per le generazioni che si susseguono. In questo spirito raccomando alla sua protezione tutti voi, le vostre famiglie e comunità, e vi benedico di cuore.]

Queridos peregrinos de língua portuguesa, sob o olhar materno de Nossa Senhora de Fátima, saúdo a todos vós que aqui viestes dos vários países lusófonos à procura de conforto e de esperança. Dando-nos Jesus, Maria é a verdadeira fonte da esperança. A Ela vos entrego e acompanho com a minha Bênção.
    
© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana


AVE MARIA PURISSIMA!



B. MARIAE VIRGINIS AUXILIUM CHRISTIANORUM

Die 24 Maji


B. MARIAE VIRGINIS

TITULO

AUXILIUM CHRISTIANORUM


Introitus Sedulius
SALVE, sancta parens, eníxa puérpera Regem: qui caelum terrámque regit in saécula saeculórum. (T. P. Allelúja, allelúja.) Ps. 44, 2 Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi. V/. Glória Patri.

Oratio


OMNÍPOTENS et miséricors Deus, qui ad defensiónem pópuli christiáni in beatíssima Vírgine María perpétuum auxílium mirabíliter constituísti: concéde propítius ; ut, tali praesídio muníti certántes in vita, victóriam de hoste malígno cónsequi valeámus in morte. Per Dóminum.


Léctio libri Sapiéntiae.


Eccli. 24, 14-16


AB inítio et ante saécula creáta sum, et usque ad futúrum saéculum non désinam, et in habitatióne sancta coram ipso ministrávi. Et sic in Sion firmáta sum, et in civitáte sanctificáta simíliter requiévi, et in Jerúsalem potéstas mea. Et radicávi in pópulo honorificáto, et in parte Dei mei heréditas illíus, et in plenitúdine sanctórum deténtio mea.


Graduale Benedícta et venerábilis es, Virgo María, quae sine tactu pudóris invénta es mater Salvatóris. V/. Virgo Dei Génitrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit víscera factus homo.
Allelúja , allelúja. V/. Post partum, Virgo, invioláta permansísti: Dei Génitrix, intercéde pro nobis. Allelúja.


Tempore Adventus, loco Versus praecedentis, dicitur:

Allelúja, allelúja. V/. Luc. 1, 28 Ave, María, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Allelúja.

Post Septuagesimam, omissis Allelúja et Versu sequenti, dicitur

Tractus Gaude, María Virgo, cunctas haéreses sola interemísti. V/. Quae Gabriélis Archángeli dictis credidísti. V/. Dum Virgo Deum et hóminem genuísti: et post partum, Virgo, invioláta permansísti. V/. Dei Génitrix, intercéde pro nobis.

Tempore autem Paschali omittitur Graduale, et ejus loco dicitur:

Allelúja, allelúja. V/. Num. 17, 8 Virga Jesse flóruit: Virgo Deum et hóminem génuit: pacem Deus réddidit, in se reconcílians ima summis. Allelúja. V/. Luc. 1, 28 Ave, María, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus. Allelúja.

+ Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.


Luc. 11, 27-28


IN illo témpore: Loquénte Jesu ad turbas, extóllens vocem quaedam múlier de turba, dixit illi: Beátus venter, qui te portávit, et úbera, quae suxísti. At ille dixit: Quinímmo beáti, qui áudiunt verbum Dei, et custódiunt illud.

Credo.


Offertorium Luc. 1, 28 et 42 Ave, María, grátia plena: Dóminus tecum: benedícta tu in muliéribus, et benedíctus fructus ventris tui . (T. P. Allelúja.)

Secreta


PRO religiónis christiánae triúmpho hóstias placatiónis tibi, Dómine, immolámus: quae, ut nobis profíciant, opem auxiliátrix Virgo praestet ; per quam talis perfécta est victória. Per Dóminum.

Praefatio de beata Maria Virgine Et te in Festivitáte.

Communio Beáta víscera Maríae Vírginis, quae portavérunt aetérni Patris Fílium. (T. P. Allelúja.)

Postcommunio


ADÉSTO, Dómine, pópulis, qui participatióne córporis et sánguinis tui reficiúntur: ut, sanctíssima tua Genitríce auxiliánte, ab omni malo et perículo liberéntur, et in omni ópere bono custodiántur: Qui vivis.

QUI 
LA MAMMA PERFETTISSIMA TI PARLERA'
per... 9 giorni:

AVE MARIA PURISSIMA!