lunedì 19 ottobre 2015

Jim Caviezel

Senza Medjugorje non avrei potuto interpretare il ruolo di Gesù nel film “PASSION CHRISTI”


Jim Caviezel, attore statunitense, figlio di un medico oriundo svizzero-slovacco e di una irlandese, è diventato famoso in tutto il mondo per aver interpretato il ruolo di Gesù nel film “Passion Christi” di Mel Gibson.

Le toccanti scene della flagellazione e della crocifissione di Gesù hanno originato molte discussioni sulla fede.  In relazione a questo film si è parlato delle conversioni che hanno sperimentato alcuni spettatori.  Chi è questo Jim Caviezel che ha recitato in modo così toccante? In una intervista, rilasciata alla rivista “Oasi della Pace”, ha dichiarato che senza le sue esperienze a Medjugorje, dove gli è stata donata una nuova dimensione della fede, non avrebbe potuto interpretare questo ruolo. 

L’attore, che nello scorso febbraio ha visitato Medjugorje per la sesta volta, di passaggio a Vienna, ha rilasciato al dott. Christian Stelzer l’ intervista qui di seguito riportata.

Jim, potresti raccontaci la tua esperienza a Medjugorje?

Mentre giravo in Irlanda il film “Montecristo”, mia moglie si recò a Medjugorje. Le cose non andavano tanto bene in quel momento anche se ogni settimana lavoravo sette giorni su sette.  Un giorno mi telefonò e io dalla sua voce avvertii che c’era stato un cambiamento in lei. Mi cominciò a raccontare di Medjugorje e disse che uno dei veggenti sarebbe venuto in Irlanda. La interruppi con queste parole: “ Io ho un lavoro molto importante da fare.  Non posso trovare il tempo per i veggenti” Per di più pensai che io, come cattolico, non dovevo necessariamente accettare né  Fatima né Lourdes né Medjugorje.  Queste furono le mie riflessioni.  E in più mi ricordai che avevo già sentito parlare delle apparizioni di Medjugorje quando frequentavo la scuola cattolica e che io e i miei compagni  eravamo molto colpiti, ma, alla notizia che il vescovo del posto aveva dichiarato che le apparizioni  non erano vere, avevamo perso ogni interesse. 

Il veggente di Medjugorje, Ivan Dragicevic, venne  in Irlanda. Da parte mia ero certo che non avrei avuto tempo per lui poiché dovevo lavorare tutti i giorni. E tuttavia un giovedì il mio partner nel film, Richard Harris, si sentì improvvisamente male ed io così fui libero per il resto della giornata. Potei così assistere all’apparizione. Stavo in fondo alla chiesa piena di gente e non avevo idea di ciò che sarebbe successo................
Nel momento dell’apparizione un uomo accanto a me si alzò dalla sua sedia a rotelle e si lasciò cadere in ginocchio; io fui molto colpito: “Questo invalido – pensai – nonostante il suo dolore, s’inginocchia sulle fredde pietre del pavimento per pregare!”

Oggi so che solo Dio poteva sapere esattamente quando e come afferrarmi. Anche se può sembrare assurdo, la domenica successiva inaspettatamente fui ancora libero e così potei incontrare il veggente, come tanto desiderava mia moglie. Durante l’apparizione, inginocchiato accanto a lui, dissi nel mio cuore: “OK, sono qui. Sono pronto. Fai di me quello che vuoi.” In quello stesso momento sentii che qualcosa penetrava in me ; era una sensazione semplice eppure unica.
Quando mi rialzai gli occhi mi si riempirono di lagrime e cominciai a piangere con tutto il cuore.
Con Medjugorje avevo cominciato a credere che Gesù è veramente presente nell’Eucarestia e che perdona i miei peccati.

Ivan mi disse: “Jim,  l’uomo ha tempo per ciò che ama. Se uno che non ha tempo, improvvisamente incontra una ragazza e se ne innamora, allora lo trova il tempo per lei. Chi non ha tempo per Dio è perché non Lo ama.” Mi domandai impressionato se io avessi tempo per Dio. 

Ivan continuò: ”Dio ti chiama e ti invita a pregare con il cuore”. “Come si fa?” gli chiesi. “Comincia a pregare e vedrai”. In quel momento si aprì una finestra nel mio cuore. Mai prima di allora avevo pensato che potesse essere possibile. Andammo poi in un ristorante e devo confessare che il cibo ed il vino non mi sono mai più così piaciuti come  quella sera.

In me qualcosa cominciò a cambiare. Varie volte mia moglie aveva provato a coinvolgermi nella recita del rosario, ma io mi ero rifiutato. Adesso però lo volevo recitare, anche se non sapevo esattamente come si faceva. Avevo l’impressione che il mio cuore si era aperto solo per questo. Un giorno mi rivolsi all’autista, che ogni giorno mi portava sul set, dicendogli: ”Non so come voi la pensiate, ma io desidero recitare il rosario.” Con mia sorpresa ricevetti questa risposta: “OK, lo facciamo”.

Alla debole luce di questo amore, che ora sentivo in me, cominciai a riconoscere dove io veramente stavo, quante tentazioni avevo, dov’erano i miei sentimenti, come io ero fragile e come giudicassi dentro di me gli altri.



In quale anno sei andato per la prima volta a Medjugorje?

Dopo le ultime  riprese del film, che si svolsero a Malta, mi decisi ad andare a Medjugorje. Dentro di me ero pieno di aspettative.  All’età di venti anni  c’era stata come  una voce dall’intimo che mi aveva detto che sarei stato un attore. Quando, a quell’epoca,  lo raccontai a mio padre ebbi da lui questa risposta: “Se Dio vuole da te qualcosa, allora l’unica cosa certa è che diventerai prete. Perché dovresti diventare un attore?” Neanche io lo capii a quell’epoca. In questo momento mi posi di nuovo la domanda se la volontà di Dio su di me fosse quella di diventare attore e pertanto quella di guadagnare tanto denaro e diventare ricco. Mi rendevo conto della disuguaglianza nel mondo tra quei pochi che hanno fin troppo e quei tanti che non hanno il sufficiente per vivere ed ero sicuro che Dio non volesse ciò e che dovevo dunque decidere chi volessi servire o  la ricchezza che non può darmi una felicità durevole o Dio che voleva guidare la mia vita.


Medjugorje mi richiamò alla mente Betlemme e pensai che, come Gesù  aveva voluto nascere in un piccolo villaggio,  così la Madonna appariva qui, in questo povero paese “in mezzo alle montagne”. (Questa è la traduzione dal croato del nome Medjugorje)[significa anche città della Misericordia].

All’inizio fui sorpreso vedendo quanto tempo qui era dedicato alla preghiera. Feci un parallelo con un campo di basket e pensai che anche lì non si gioca una sola volta al giorno, ma continuamente. E tutto sommato anche nella scuola non si legge una volta al giorno, ma continuamente.

Durante i primi giorni a Medjugorje dentro di me ero irrequieto durante la preghiera poiché non ero abituato a pregare così tanto e perciò pregai Dio di aiutarmi. Dopo quattro giorni non volevo far altro che pregare poiché nella preghiera mi sentivo in comunione con Dio. E’ questa una tale esperienza che non posso far altro che augurarla ad ogni cattolico. Forse l’avevo già avuta da bambino e poi l’avevo dimenticata; ora mi veniva di nuovo donata.

Questa esperienza è continuata anche a casa. In famiglia partecipiamo insieme ai sacramenti. Mentre accompagno i figli a scuola recito con loro il rosario e, se a volte non inizio subito, comincia mio figlio a pregare.

La seconda volta che andai a Medjugorje cercai di ripetere la stessa esperienza della prima visita. Questa volta, però, fu differente. Un giorno, dopo pranzo, un gruppo di pellegrini mi invitò ad andare a Siroki Brijeg per visitare Padre Jozo Zovko. Era proprio quello che più desiderava mia moglie. Non conoscevo Padre Jozo, ma lo sentii dire alcune cose che mi commossero molto. Andai verso di lui ed  egli mi pose le mani sulle spalle, così anche io feci lo stesso sulle sue. Poi mi impose le mani sul capo e anche io feci altrettanto sul suo. In quel momento io sentii dentro di me queste parole: ” Ti voglio bene, fratello. Quest’uomo ama Gesù.” Padre Jozo si rivolse allora all’interprete chiedendo in croato chi fossi e  dicendo che voleva parlare con me. Questo fu l’inizio di un’amicizia che dura ancora.

“ Quando sentii Papa Giovanni Paolo II esortarci a non aver paura, pensai che tutto per me andava bene e che io  non avevo motivo di avere paura. Durante le riprese della “Passione di Cristo” cominciai, però, a comprendere che oggi più che mai la figura del Cristo è controversa.
Quando avevo appena concluso le riprese della “Passione di Cristo” dovetti sperimentare più volte varie forze che volevano distogliermi dal girare quel film.

Puoi raccontarci perché hai vissuto così questa esperienza e 

che rapporto c’è tra il film e Medjugorje?

Tu forse conosci il detto “passare il Rubicone”, che significa che non puoi più tornare indietro. Ecco, per me il film “La Passione di Cristo” è stato questo. Avevo 33 anni quando è iniziata la lavorazione del film, cioè tanti quanti ne aveva Gesù quando fu crocifisso. Mi veniva sempre il dubbio se ero degno di interpretare Gesù. Ivan Dragicevic mi incoraggiava  e diceva che Gesù non sempre sceglie i migliori e che lui stesso era la prova di questo.

Senza Medjugorje, che ha aperto il mio cuore alla preghiera e ai sacramenti, non avrei interpretato questo ruolo. Sapevo che, se volevo rappresentare Gesù, dovevo essere vicinissimo a lui. Ogni giorno mi confessavo ed adoravo il SS Sacramento. Anche Mel Gibson partecipava alla messa, se era celebrata in latino, e questo fu un bene per me poiché imparai il latino.

Sempre mi venivano tentazioni dalle quali mi dovevo difendere e in questa lotta sperimentavo una grande pace interiore. Per esempio nella scena dove Maria, la Madonna, si imbatte in Suo Figlio mentre porta la croce, io dovevo dire la seguente battuta: ”Guarda, io faccio ogni cosa nuova” Abbiamo ripetuto questa scena quattro volte, ma io sentivo che c’ero sempre io in primo piano. Poi qualcuno urtò contro la croce ed io sentii la mia spalla sinistra uscire dall’articolazione. Quel subitaneo tremendo dolore mi fece perdere l’equilibrio e  caddi pesantemente a terra. Sbattei il viso sulla terra polverosa e mi uscì il sangue dal naso e dalla bocca. Ripetei le parole alla Madre: ”Guarda, io faccio ogni cosa nuova”. Il dolore alla spalla era indescrivibile mentre lentamente abbracciavo la croce ed io sentivo che la scena  era di grande impatto. Io avevo cessato di recitare ed era Gesù che si vedeva. La scena era venuta fuori quasi come risposta alla mia preghiera:     “Voglio che gli spettatori vedano te, Gesù, non me”.

Durante le riprese non so quanti rosari recitai e questo mi fece vivere in un’atmosfera particolare. Mi rendevo conto che non potevo bestemmiare o lasciarmi andare, se volevo comunicare qualcosa alla troupe dei miei collaboratori. Erano attori famosi, che nella maggior parte dei casi non conoscevano Medjugorje, e noi eravamo felici di averli. Come avrei potuto trasmettere loro qualcosa di Medjugorje se non con la mia stessa vita? Medjugorje significa per me vivere, attraverso i sacramenti, in unità con la Chiesa.

Con Medjugorje avevo cominciato a credere che Gesù è veramente presente nell’Eucarestia e che perdona i miei peccati. Con Medjugorje ho sperimentato quanto è potente la preghiera del rosario e quale dono rappresenta la Messa quotidiana.

Come posso aiutare le persone, se non credendo in Gesù? Ho idea che questo possa accadere quando Gesù Eucarestia è in me e quando le persone, attraverso la mia vita, scorgono Gesù.
Quando girammo la scena dell’ultima cena, io avevo, in tasche speciali all’interno della mia veste, alcune reliquie di santi e anche un pezzetto della croce di Cristo. Era così grande il mio desiderio che Gesù fosse presente che pregai un sacerdote di esporre il Santissimo. Sulle prime rifiutò, ma io lo pregai insistentemente perché ero convinto che, se io avessi  fissato Gesù, gli spettatori avrebbero riconosciuto Lui in me. Il sacerdote, con l’Ostia consacrata nelle mani, si mise poco dietro il cameramen e insieme a lui si avvicinava a me. Quando gli spettatori vedono la luce nei miei occhi non si rendono conto che quello è il riflesso dell’Ostia nelle mie pupille e pertanto essi, in realtà,  vedono Gesù.  

Anche durante la scena della Crocifissione, mentre io pregavo ininterrottamente, il sacerdote era presente con il SS Sacramento nelle sue mani.

La sfida più grande per me, in questo film, non è stato, come all’inizio avevo pensato, l’imparare a memoria  i testi in latino, aramaico e ebraico, ma piuttosto le fatiche fisiche cui dovetti far fronte. Nell’ultima scena, per esempio, quando fui  inchiodato sulla croce, avevo una spalla lussata che usciva ogni volta. Durante la flagellazione  fui colpito due volte dalla sferza e ne risultò una ferita  sulla schiena lunga 14 centimetri, inoltre mi presi un’infiammazione ai polmoni che si riempirono di liquido. Oltre a ciò bisogna calcolare la cronica mancanza di sonno: per mesi mi dovetti svegliare alle tre del mattino per il trucco che richiedeva almeno otto ore.

Un’altra sfida fu anche rappresentata dal freddo  che, soprattutto durante la crocifissione, mi fece quasi venir meno; ero vestito solo con una sottile veste di lino e la temperatura esterna era di appena qualche grado sopra lo zero.

Quando girammo l’ultima ripresa c’era una fitta coltre di nuvole e un fulmine colpì la croce dove io ero legato. All’improvviso tutto fu silenzio intorno a me e io sentii i miei capelli rizzarsi sul capo. Circa 250 persone che stavano intorno a me videro come il mio corpo all’improvviso emanò luce e videro un fuoco alla destra e alla sinistra della mia testa. Parecchi, a questa vista, subirono uno schock.
So che “La Passione di Cristo” è un film straordinariamente grande sull’amore, forse uno dei più grandi. 
Mai come oggi la figura di Cristo è motivo di controversie. Il creato è oggi minacciato da tanti fattori eppure la fede in Gesù è la fonte della felicità.
Penso che Dio, in questo nostro tempo, ci chiami in modo particolare e che noi perciò dobbiamo dare una risposta nel nostro cuore e con la nostra vita.

L’intervista con Jim Caviezel è stata realizzata da Christian Stelzer ed è stata pubblicata nel numero di marzo 2010 della rivista “Oasi della pace”, pubblicata a Vienna. www.oasedesfriedens.at
Traduzione: Anna Maria Spinetti

AVE MARIA!

sabato 17 ottobre 2015

Santa Margherita Maria Alacoque

17  OTTOBRE
 SANTA  MARGHERITA  MARIA


Il ritardo provvidenziale.

Quattro secoli prima delle rivelazioni di Paray-le-Monial, santa Gertrude chiese a san Giovanni perché non avesse detto nulla del Cuore di Gesù sul quale aveva potuto posare familiarmente il capo nel Cenacolo. L'Apostolo rispose: "Era mia missione dire alla Chiesa nascente, in relazione al Verbo, una semplice parola, che fino alla fine del mondo, bastasse a nutrire l'intelligenza di tutta la stirpe umana. La Provvidenza manifesterà più tardi quanto nascondono di dolcezza e di soavità le divine pulsazioni e l'amore immenso del Cuore sacro dell'Uomo-Dio, per rianimare la fiamma della carità, fattasi fredda in un mondo invecchiato e languente" (S. Gertrude. L'Araldo dell'amore divino, I , IV, c. IV).

La Chiesa si e sempre nutrita della parola del discepolo prediletto: "Dio è carità". Le anime non hanno mai cessato di rispondere all'appello deI Maestro: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò sollievo. Prendete su di voi il mio giogo e venite alla mia scuola, perché io sono dolce ed umile di cuore". Al Cuore aperto dalla lancia le anime hanno attinto il sangue che ci ha riscattati, l'acqua che ci purifica.

Era però venuta l'ora in cui il Signore voleva far vedere al mondo quanto ci ama, mostrare la sua misericordiosa tenerezza. Per la Francia era l'ora eccezionale del secolo di Luigi XIV, in cui tutte le glorie sembravano essersi date convegno attorno al più grande dei re francesi. Era però anche l'ora in cui nasceva il giansenismo, che avrebbe negato l'amore di Dio e l'avrebbe disseccato nel cuore degli uomini. Con perfida tenacia la sleale eresia (Lacordaire) avrebbe cercato di allontanare i fedeli dall'Eucaristia, di presentare Dio come un giudice inesorabile e cupo e, strappato dai loro cuori l'a-
more, vi avrebbe lasciata una servile paura, esponendoli allo scoraggiamento e al peccato.

La confidente del Sacro Cuore.

Per annunziare la buona novella, Dio non aveva scelto dei ricchi e dei potenti secondo il mondo, ma umili e oscuri pescatori di Galilea. Anche per questa nuova rivelazione del suo amore eterno scelse in terra di Francia un'umile religiosa del monastero della Visitazione di Paray-le-Monial, Margherita Maria Alacoque.
Non è la prima confidente del Maestro divino e la devozione al Sacro Cuore non è cominciata alla Visitazione. Alla fine del secolo XII, santa Gertrude aveva avuta la missione di "rivelare la parte e l'azione del Cuore divino nell'economia della gloria divina e della santificazione delle anime" (Riv. di santa Gertrude, Paris, 1887, Prefazione, p. XV di Dom Paquelin); san Francesco d'Assisi, san Bonaventura, il beato Enrico Susone avevano teneramente amato il "Cuore che ha tanto amato gli uomini" e santa Caterina da Siena aveva più volte avuto la fortuna di contemplarne le ferite. All'inizio del secolo XVII, san Giovanni Eudes, come lo abbiamo veduto il 19 agosto, era stato "padre, dottore ed apostolo" (Pio X. Bolla di beatificazione) del culto al Sacro Cuore.

La vocazione di santa Margherita Maria.

Santa Margherita Maria "fu lo strumento scelto da Dio per porre l'ultimo suggello alla divozione nel suo spirito e nelle sue pratiche e imprimerle un moto di estensione universale" (P. Bernardot. Vita spirituale, II, p. 212). I devoti del Sacro Cuore avevano fino a quel momento reso un culto di adorazione e di ringraziamento; Gesù chiese alla santa Visitandina che si rendesse soprattutto al suo Cuore un culto di riparazione per gli oltraggi che riceveva dal mondo che non vuole conoscere l'Amore infinito.

Come tutte le anime chiamate nella Chiesa ad un apostolato fecondo e ad una vita di espiazione e di riparazione, santa Margherita Maria aveva desiderato sofferenze, umiliazioni e disprezzi. Dio esaudì la sua preghiera: tentazioni del demonio, asprezza da parte di vari membri della sua famiglia, sospetti da parte delle sue Consorelle, sofferenze fisiche inviate da Dio stesso; essa accettò tutto con la più grande pazienza e la più grande carità, per completare il trionfo e il regno del Sacro Cuore: "ci deve bastare, diceva, che il suo Cuore sia contento, sia amato e glorificato" e ancora: "Oh, se potessi, se mi fosse permesso di dire, come mi è dato di conoscere, le ricompense che riceveranno dal Cuore divino quelli che si impegneranno a farlo conoscere ed amare, voi direste come me che sono fortunati coloro che Egli sceglie per l'esecuzione dei suoi disegni. Il Cuore divino sarà asilo e porto sicuro, nell'ora della morte, per tutti quelli che in vita l'avranno onorato, li difenderà e proteggerà" (Vita e Opere, II, p. 550).

Dopo aver molto lavorato e sofferto, essa "non aveva più bisogno che di Dio solo e di inabissarsi nel Cuore di Gesù Cristo" e quando spirò il 17 ottobre del 1690, il medico dichiarò "ch'egli non aveva dubbio che fosse morta di amore di Dio" (ibid. p. 331).

VITA. - Margherita Maria Alacoque nacque a Lautecour, villaggio della diocesi di Autun, il 22 luglio 1647. Già nell'infanzia diede segni chiarissimi della sua futura santità. Ardente di amore verso la Vergine Maria e il Sacramento della Eucaristia, consacrò a Dio la sua verginità, cercando nel voto soltanto l'orientamento della vita alle virtù cristiane. Sua delizia erano le preghiere prolungate, la contemplazione delle cose celesti, il disprezzò di sé, la pazienza nelle avversità, la mortificazione del corpo, la carità verso il prossimo e soprattutto verso i poveri.


A ventiquattro anni entrò nel monastero della Visitazione di Paray-le-Monial, dove fu onorata da Dio con doni di orazione elevatissimi e con numerose visioni. Nella più celebre delle visioni, mentre pregava davanti alla santa Eucaristia, Gesù le si mostrò col petto aperto dentro il quale essa vide il Cuore divino consumato da fiamme e circondato di spine. Per rispondere a tanto amore e riparare le molte ingiurie degli uomini, Gesù le chiese di adoperarsi per la istituzione del culto del Sacro Cuore, con la promessa di effondere le ricchezze dei suoi tesori. Per realizzare quest'opera grandissima le diede, maestro e aiuto, un uomo di eminente santità, Claudio de la Colombière che incoraggiò rivelandogli l'immenso bene che nella Chiesa si sarebbe ottenuto col culto del divin Cuore di Gesù.


La volontà di obbedire agli ordini del Salvatore le costò molte pene da parte di coloro che la credevano vittima di illusioni e tutto soffrì con serenità d'animo, pensando che nell'obbrobrio e nel dolore, sarebbe diventata ostia a Dio gradita e avrebbe ricevuto più grandi aiuti, per realizzare il suo proposito. E, in parte, lo vide realizzato prima della morte avvenuta il 17 ottobre 1690, all'età di 43 anni. Riconosciuti dalla Chiesa i miracoli da lei operati e la sua santità, Benedetto XV la iscrisse nel numero dei Santi e nel 1925 Pio XI estese la sua festa alla Chiesa universale.

Auguri di festa.

Alle novizie che volevano farti i loro auguri di buona festa, il 20 luglio 1685, tu consigliasti di rivolgere al Sacro Cuore gli onori che volevano rendere a te, dicendo che "era quello il modo migliore di dimostrarti il loro amore". Tutte si misero in gara per accontentarti e, il mattino della tua festa, ti consacrasti al Sacro Cuore con l'ardore di un serafino, circondata dalle tue discepole e, dopo di te, al tuo invito e sul tuo esempio, tutte pronunziarono l'atto di consacrazione. Era quello il primo omaggio esterno che il Sacro Cuore riceveva a Paray-le-Monial, omaggio che avevi dovuto comprare a prezzo di lunghe e dolorose prove. Ma quanto era grande la tua ricompensa in quel giorno!
La Chiesa si preparava a rispondere al desiderio del Signore Gesù Cristo, istituendo la festa del Sacro Cuore e pellegrini sempre più numerosi sarebbero affluiti nell'umile cappella nella quale tu avevi ricevuto le confidenze del Maestro divino.

Consacrazione al Sacro Cuore.

Anche noi non sapremmo darti gioia più grande che rinnovando la nostra consecrazione al Sacro Cuore di Gesù. Noi ti preghiamo con insistenza onde abbiamo accesso presso di Lui, di presentarci a Lui, di farci penetrare in Lui. Ricorda che Egli ti ha costituita "erede del suo Cuore e di tutti i suoi tesori per il tempo e per l'eternità, permettendoti di usarne secondo il tuo desiderio. Ti disse infatti: Io ti permetto di disporne a tuo piacimento e non essere avara, perché sono infiniti": Chiedi a Gesù che, secondo la sua promessa, Egli pensi a quelli che hanno fiducia nelle tue preghiere e dispensi anche a noi le sue ricchezze. Ma siccome l'adito del suo Cuore è molto stretto ed è necessario essere piccoli e spogli di tutto per potervi entrare (Vita e Opere, I, p. 83) ottieni a noi questo "spogliamento delle vanità del mondo" (Postcommunio della Messa) e la profonda umiltà che ti portava a disprezzare tanto te stessa e ti meritava le divine compiacenze, affinché "per i tuoi meriti e sul tuo esempio, amando Lui in tutte le cose e sopra ogni cosa, meritiamo di avere in quel Cuore dimora perenne" (Colletta).

da: P. GUÉRANGER, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1190-1192.

AMDG et BVM