lunedì 8 dicembre 2014

S. VINCENZO FERRERI TRATTATO DELLA VITA SPIRITUALE





S. VINCENZO FERRERI
TRATTATO DELLA VITA SPIRITUALE


Traduzione 
del P. S. G. NIVOLI O. P. 
con note dei migliori commentatori 
Scuola Tipografica - S. Benigno Canavese, 1931 


Visto: nulla osta, Torino 10 Gennaio 1931, Can. B. CHIAUDANO
Imprimatur: Can. ALOYSIUS BENNA V. G.
Visto, si approva. P. Fr. LODOVICO M.. RAINERI O. P. Revisore. P. fr. GUSMANO M.
RAINERI O. P. Revisore, Chieri, 15 febbraio 1931
Imprimi potest, Torino, 21 febbraio 1931, P. Fr. GIUS. IGNAZIO M. CANE O.P., PROVINCIALE
DELLA PROVINCIA DI S. PIETRO M.


INDICE
Prefazione del traduttore.

Prefazione di S. Vincenzo

PARTE PRIMA. I fondamenti della vita Spirituale.
I. La povertà volontaria
II. L'amore del silenzio.
III. La purezza di cuore
IV. Effetti della purezza di cuore

PARTE SECONDA. La pratica della vita spirituale.
I. Il Direttore della coscienza.
II. L'ubbidienza.
III. Condotta che si deve tenere nella mortificazione del mangiare e del bere.
IV. Condotta che si deve tenere nella mortificazione del sonno.
V. Condotta che si deve tenere nello studio
VI. Condotta che si deve tenere nella preghiera liturgica
VII. Condotta che si deve tenere nell' esercizio
del santo ministero.
VIII. Condotta che si deve tenere in certe tentazioni.

PARTE TERZA. Riassunti e massime spirituali.
I. Alcuni motivi di tendere alla perfezione.
II. Due fondamenti della vita spirituale
III. Disposizioni abituali dell'anima che vuole unirsi a Dio
IV. La scala della perfezione
V. Massime spirituali

Appendice. Breve esercizio di perfezione proposto dal Ven. P. Luigi di Granata O.P. nel suo libro:
Memoriale della vita cristiana. 

PRESENTAZIONE
***


S. Vincenzo Ferreri nacque nel 1346, secondo l'Echard, a Valencia di Spagna e, all'età di 18 anni,

entrò nell'Ordine dei Frati Predicatori. Fin dalla giovinezza si notò nei suoi costumi una gran

santità. Nominato professore di filosofia, poi di teologia dopo studi solidi e brillanti, fin dall'età di

25 anni, era un professore celebre per lo splendore del suo insegnamento.

Quando scoppiò il Grande Scisma, S. Vincenzo si schierò apertamente per i Papi d'Avignone e
sostenne la loro causa fino al momento in cui si scoprì la mala fede di Pietro di Luna. Egli stava alla
Corte pontificia come Maestro del Sacro Palazzo quando, nel 1398, nel corso d'una malattia che
tutti credevano mortale, Nostro Signore gli apparve, lo guarì istantaneamente e gli affidò la sua gran
missione dicendogli fra altre cose: «Io t'ho eletto per fare di te un insigne araldo del Vangelo. Va
attraverso al mondo: io sarò con te».
Dopo aver rinunziato alla sua carica di Maestro del Sacro Palazzo e ricusato l'episcopato e il
cardinalato, S. Vincenzo partì per compire questa famosa missione che costituisce uno dei fatti più
straordinari e dei più importanti della storia della Chiesa nel contrastare il nefasto influsso
dell'Umanesimo e del Rinascimento pagano. Per ben vent'anni, seguito dalla sua Compagnia di
disciplinanti, percorse più volte in tutti i sensi l'Europa occidentale, predicando, con un successo
inaudito, le verità più terribili, attirando turbe immense e provocando conversioni senza numero.
L'argomento preferito dei suoi discorsi era la necessità della penitenza e l'imminenza del giudizio.
Fece miracoli a migliaia; in particolare risuscitò morti per provare l'autenticità della sua missione.
Fu per avventura il più grande taumaturgo e certamente uno dei più potenti apostoli che Dio abbia
dato alla Chiesa.
Anche nei suoi viaggi attraverso all'Europa conduceva una vita austerissima e da perfetto
contemplativo . Nel processo di canonizzazione, si assicura ch'egli morì senz'aver perduto
l'innocenza battesimale. L'iconografia lo rappresenta ordinariamente con ali d'angelo a cagione della
perfetta purezza ed anche perché assicurava e provava risuscitando i morti ch'egli era l'Angelo di
cui parla S. Giovanni al capo quattordicesimo dell'Apocalisse. Morì a Vannes in Bretagna.
Questo gran Santo scrisse parecchie opere. Noi offriamo alle anime pie la traduzione annotata di
quella in cui egli lasciò i suoi migliori insegnamenti. «Vi sono dei libri che si possono chiamare
essenziali - dice il P. Surin - perché si trova in essi tutto ciò che è necessario all' uomo per vivere
spiritualmente e santamente. Fra questi vi è l'operetta di S. Vincenzo Ferreri: La vita spirituale, che
dice tutto, ma assai brevemente. Chi la possederà potrà dire d'avere tutta la scienza della vita dello
spirito».
S. Vincenzo la compose anzitutto per i religiosi del suo Ordine, come del resto per i religiosi fu
scritta l'Imitazione di Gesù Cristo e il Combattimento Spirituale. Ma sarà facile ogni cristiano
appropriarsi di massime e consigli il cui carattere particolare è di essere pratici. «In nessun libro -
assicurava San Lodovico Bertran - io ho visto le virtù rappresentate così al vivo come in
questo». Egli non si ferma alla superficie, alle mezze misure; ma va spietatamente al fondo e fino
alla radice delle cose. È per eccellenza il libro per formare anime forti, saldamente fondate, e per
dare alla pietà nel medesimo tempo che una vera base, quella tempra virile ed energica, diventata
disgraziatamente troppo rara in mezzo a noi.
Gli insegnamenti del Santo sono brevi, ma sostanziali e fecondissimi. Offrono alla riflessione una
materia inesauribile. Egli stesso ha cura d'avvertire «che ha accennato brevemente le verità, anziché
svilupparle: affinché, aggiunge, impariamo a meditare molto su poche parole, ut addiscas in paucis
magna cogitare, e affinché ciascuna verità ci sia materia di vaste e profonde considerazioni,
materia altae contemplationis et spatiosae». È dunque un libro che non si esaurisce mai; è come il
Vangelo, sempre nuovo. Quanto più vi si cerca, tanto più vi si trova, quanto più lo si possiede, tanto
meglio si sente resta ad imparare.
Per rendere più facile la meditazione di queste pagine abbiamo creduto utile aggiungere alcune note
raccolte dai migliori commentatori come il P. Rousset e il P. Bernadot O. P., e di segnalarne le idee principali. Nessuno dei titoli secondari, nessuna delle note è di S. Vincenzo. Il lettore che le
stimasse superflue, passi oltre.
Uno dei libri più diffusi, forse il più diffuso alla fine del medio evo, questo trattatello fu per i
cristiani di quella grande epoca quello che l'Imitazione di Gesù Cristo è per la nostra, il manuale
preferito delle anime pie. Noi l'offriamo con fiducia a tutti quelli che amano le cose di Dio.
Possa esso contribuire a rendere ai cristiani del nostro tempo la pietà umile e virile dei nostri padri!
*

PREFAZIONE DI SAN VINCENZO 

Nel presente trattatello non intendo di far altro che esporre salutari insegnamenti estratti dagli scritti 
dei santi Dottori. Non faccio alcuna citazione né della Sacra Scrittura né di qualche Maestro in 
particolare, per provare o persuadere quello che dico; sia perché voglio essere breve, sia perché non 
mi rivolgo se non a quel lettore, che desidera vivamente di fare tutto quello che saprà tornare 
gradito a Dio. E neppure cerco di provare le mie affermazioni, perché non ho nessuna voglia di 
disputare con orgogliosi, ma solo d'illuminare gli umili. 
Chiunque pertanto si propone di fare del bene alle anime e di edificare il prossimo colle sue parole, 
deve prima di tutto possedere in se stesso quanto intende d'insegnare agli altri: altrimenti porterà 
poco frutto, perché la sua parola rimarrà inefficace finché i suoi uditori non lo vedranno praticare 
tutto quello ch'egli insegna e molto di più ancora.



PARTE PRIMA

I Fondamenti della Vita Spirituale

CAPO I.
La povertà volontaria 

Amare la povertà
Anzitutto è necessario che il servo di Dio disprezzi tutto ciò che è terreno, lo consideri come
spazzatura e non ne faccia uso se non per una rigorosa necessità (1). Ridurrà i suoi bisogni a poco e,
per amore della povertà, sopporterà anche certi incomodi, perché, come disse un pio autore, quello
che è meritorio non è l'esser poveri, ma, quando si è poveri, amare la povertà e sopportarne
volentieri e allegramente le privazioni per amore di Gesù.

Falsa Povertà
Ohimè! quanti sono poveri solo di nome! perché si gloriano d'esser poveri solo a patto che loro
nulla manchi. Pretendono d'esser amici della povertà, ma fuggono a tutto potere le compagne e gli
amici inseparabili della povertà, la fame, la sete, il disprezzo, l'abiezione.
Non così il nostro Padre San Domenico, né Colui che «essendo ricco si fece povero per noi», né gli
Apostoli che c'istruirono e colle parole e cogli esempi.

Regole pratiche
Non domandare mai nulla a nessuno, salvo il caso di necessità. Rifiuta tutto ciò che ti si offre, per
quanto ne venga pregato, anche col pretesto di darlo poi ai poveri; e sii persuaso che facendo casi
edificherai grandemente e quelli che ti hanno fatto questa offerta, e tutti quelli che conosceranno il
tuo rifiuto; e con ciò potrai più facilmente indurli al disprezzo del mondo, e a soccorrere altri
poveri.
Per il necessario, intendo quello di cui hai bisogno per il momento: un cibo frugale, abiti modesti e
una calzatura di poco prezzo. Possedere libri non è una necessità. Quante volte i libri servono di
pretesto a un'avarizia colpevole! Contentati di quelli che la comunità possiede e che ti saranno
prestati.
Vuoi tu conoscere chiaramente l'effetto dei miei consigli? Comincia col praticarli umilmente. Se li
discuti con orgoglio non ci capirai nulla. Perché Gesù Cristo, Maestro d'umiltà, rivela agli umili la
verità che nasconde ai superbi.
Stabilisci dunque la povertà alla base della tua vita spirituale: essa è il fondamento posto da Gesù
Cristo stesso, che cominciò il suo discorso del morte con queste parole: Beati i poveri di spirito!

CAPO II.
L'amore del silenzio 

Poi applicati virilmente a reprimere la lingua. Tu la ricevesti per esprimere le cose utili: dunque
s'astenga da ogni frivolezza, da ogni inutilità.
Per governarla meglio, non parlare mai se non per rispondere a domande necessarie o utili. Una
domanda vana non merita che il silenzio.
Se poi a volte ti si rivolgesse qualche facezia, per modo di ricreazione, per non essere di peso agli
altri, potrai benissimo accoglierla con volto ilare e benevolmente. Però guardati dal parlare, anche
se il tuo silenzio dovesse provocare mormorazioni, tristezza o altre parole amare; anche se dovessi
essere trattato da orgoglioso, esagerato e intollerabile. Ma prega Dio con fervore affinché conservi
in pace il loro cuore.
Nondimeno qualche volta è permesso di parlare: in caso di necessità e quando la carità o
l'obbedienza lo richiedono. Ma allora abbi cura di parlare solo dopo matura riflessione, di spicciarti con poche parole, umilmente e a voce sommessa. Lo stesso devi fare se hai da rispondere a
qualcuno.
Sappi così tacere per alcun tempo: edificherai i tuoi fratelli, e il silenzio t'insegnerà a parlare,
quando sarà il momento opportuno. Frattanto prega Dio affinché si degni di supplire Lui, con buone
ispirazioni, nel cuore dei tuoi fratelli, quei buoni pensieri che la legge del silenzio t'impedisce per il
momento di comunicar loro.
In tal modo con la povertà e con il silenzio estirperai le numerose sollecitudini che soffocano il
buon seme. delle virtù gettato ininterrottamente nel tuo cuore dall'ispirazione divina.

CAPO III.
La purezza di cuore

La perfetta purezza di cuore 
Sforzi anche più vigorosi ti restano da fare per conquistare quelle virtù che ti solleveranno alla
purezza di cuore. Secondo la parola del Salvatore, questa purezza aprirà i nostri occhi interiori alla
contemplazione divina e ci stabilirà in un tale riposo e in una tale pace che Quegli che tiene la sua
sede nella pace si degnerà anche di abitare in te (2).
Non si tratta di quella purezza che si contenta di preservarci da pensieri carnali, ma di quella
purezza perfetta di cuore, che ci allontana, per quanto è possibile quaggiù, da ogni pensiero inutile e
ci fa quindi innanzi cercare il nostro piacere nel solo pensiero di Dio e delle cose divine.
Per ottenerla, questa purezza, questa virtù celeste. anzi divina, poiché quegli che aderisce a Dio è un
solo spirito con Lui, son necessarie parecchie cose.

Mortificazione della volontà propria 
Anzitutto impiega tutte le tue forze nel rinunziare a te stesso, secondo la sentenza del Salvatore: Se
qualcuno vuol venire dietro a Me, rinneghi se stesso. Ciò vuol dire che, in tutto, devi mortificare,
disprezzare, contraddire la tua volontà propria e abbracciare la volontà degli altri, ogni volta che
questa sia lecita e onesta.

Di regola generale, quando trattasi delle cose materiali destinate ai bisogni del corpo, non seguire
mai la tua volontà personale contro quella degli altri, anche se questa ti paresse stravagante.
Sopporta ogni incomodo per conservare la pace interiore dell'anima, la quale non può non turbarsi
per questa sorta di contraddizioni in cui l'attacco al proprio giudizio personale e il desiderio di fare
la propria volontà provocano pensieri e parole contrarie alla carità.

Anche nelle cose spirituali, alla tua volontà preferisci quella degli altri, purché questa sia buona,
quand'anche la tua ti sembrasse migliore; perché, evitando gli alterchi, guadagnerai molto più con
l'aumentare in te l'umiltà, la tranquillità e la pace, di quello che potresti guadagnare col praticare
qualsiasi virtù secondo il tuo piacere e contro il piacere altrui.
Ciò si deve però intendere de' tuoi familiari ed emuli nella pietà e nel desiderio di perfezione.
Perché, in quanto a quelli che chiamano male il bene e bene il male e passano il loro tempo a
scrutare e a giudicare le parole e i fatti altrui invece di correggere i loro propri i difetti, tu non devi
seguire il loro giudizio nelle cose spirituali.


Ma nelle cose materiali fa ordinariamente la volontà degli altri, qualsisiano.
Qualche volta, quando Iddio t'ispirerà di fare qualcosa per la gloria sua, per la tua santificazione o
per il bene del prossimo, ti si opporranno difficoltà, forse insuperabili. Sia che la difficoltà provenga
da' tuoi superiori, o da' tuoi eguali, o da' tuoi inferiori, non ti trattenere a contendere. Rientra in te
stesso e, quivi raccolto col tuo Dio, va via ripetendo: "Signore, mi si fa violenza, rispondete per me" (Isai. XXXVIII,14).
["Ahora bien, si en aquello que, según Dios, deseas hacer, ya sea para tu provecho, ya para el honor de Dios o utilidad del prójimo, ves resistencia en algunos, o que lo impiden totalmente, sean superiores, iguales o inferiores, no te entretengas en discusiones, sino retírate dentro de ti y, recogido en tu Dios, dile: "Señor, padezco violencia, responde por mí". Is 38,14].
Non ti rattristare punto di queste difficoltà: Dio non le avrebbe permesse se, alla fin fine, non
dovessero essere utili a te e agli altri. Anzi ti posso assicurare che, sebbene tu non lo veda oggi, più
tardi capirai che codesti ostacoli apparenti ti avranno in realtà giovato ad ottenere il tuo intento.
Quanti esempi, tratti dalla Sacra Scrittura, ti potrei citare, quello di Giuseppe in particolare, se non
mi fossi imposto la brevità ad ogni costo! Ma credi alla mia esperienza che è così.

Altre volte sembrerà che, Dio stesso frustri i tuoi sforzi con la malattia o con qualche altro avvenimento.
Non te ne contristare in nessun modo, ricevi tutto con un'anima uguale e confida interamente in
Colui che conosce meglio di te quello che ti è utile e non cessa di attirarti a Lui, forse a tua insaputa,
se tu ti abbandoni senza riserva.
Usa dunque ogni tua cura per restar padrone di te stesso nella pace e nella tranquillità del cuore.
Nessun avvenimento t'affligga, tranne i tuoi peccati e quelli degli altri o le occasioni di peccato.
Nessun accidente ti renda triste.
Non ti lasciar trasportare dallo sdegno contro le colpe del prossimo. Di tutti abbi pietà e
compassione ricordandoti sempre che tu stesso cadresti più basso ancora, se Gesù Cristo non ti
sostenesse colla sua grazia.

Mortificazione dell'amor proprio
Inoltre tienti pronto a sopportare per amore di Gesù tutti gli obbrobri, tutte le pene, tutte le
avversità.
Il più piccolo desiderio di grandezza, sotto qualsiasi pretesto di carità, faccia capolino, è la testa del
dragone infernale: bisogna subito schiacciarla con la croce, richiamandoti alla memoria l'umiltà e la
crudele Passione di Gesù che fuggì la regia dignità per abbracciare liberamente la Croce e la sua
ignominia (3).
Fuggi, abbi in orrore, come un veleno mortale, ogni umana lode. Se sei disprezzato, rallegrati e sii
intimamente convinto di meritare il vilipendio e le ingiurie di tutti.
Non perdere mai di vista i tuoi difetti né i tuoi peccati; non temere d'ingrandirli ai tuoi occhi. In
quanto ai difetti del prossimo, gettali dietro le spalle per nasconderli a te stesso. Che se tu sei
forzato a vederli, guarderai di attenuarli, di scusarli misericordiosamente, e procurerai di recar
soccorso a' tuoi fratelli (4).
Distogli gli occhi dell'anima e del corpo dal guardare il prossimo, affinché tu possa considerare te
stesso nel lume del volto di Dio. Sì, guarda continuamente te stesso e giudicati sempre lealmente.
Esamina ciascuno de' tuoi atti, delle tue parole, de' tuoi pensieri per trovarvi materia di
compunzione, perché anche le tue buone azioni sono lontane dall'essere perfette e pervase del
fervore necessario; la negligenza le guasta e la tua giustizia può giustamente paragonarsi ad uno
straccio immondo.
Riprendi adunque continuamente te stesso. Non lasciar passare senza un biasimo severo né le tue
negligenze in parole e in opere, né tampoco i tuoi pensieri, non dico cattivi, ma anche solamente
inutili. Esercita codesta rigorosa sorveglianza ad ogni ora nel cospetto del tuo Dio (5).

Umiltà riguardo a Dio
A cagione de' tuoi difetti, tienti, davanti a Dio, per vile e miserabile più di qualsivoglia peccatore,
reo di qualsiasi peccato; come degno d'essere punito ed escluso dalle celesti delizie, se Dio ti
trattasse secondo la sua giustizia e non secondo la sua misericordia, poiché Egli ti fece tante grazie,
più che a molti altri, e tu hai corrisposto coll'ingratitudine.
Inoltre considera attentamente e con un vivo senso di spavento che qualsiasi grazia, inclinazione al
bene e desiderio della virtù, non l'hai avuto da te stesso, ma dalla sola misericordia di Cristo, che
avrebbe potuto arricchire di questi favori qualunque altro peccatore, e lasciare te nell'abisso della
tua ignominia e della tua miseria.

Umiltà riguardo al prossimo
Pensa ancora e procura di persuaderti che non vi è un peccatore così carico di difetti che non
servirebbe Dio meglio di te e non si mostrerebbe più riconoscente dei benefizi divini, se avesse
ricevuto le medesime grazie che ricevesti tu, non per i tuoi meriti ma per la bontà affatto gratuita di
Dio. Per ciò puoi bene considerarti come il più vile e il più basso degli uomini e temere con ragione
che la tua ingratitudine spinga Iddio a cacciarti dalla sua presenza (6).

Con ciò non voglio dire che tu debba crederti fuori della grazia di Dio e in stato di peccato mortale,
sia pure che altri siano colpevoli di peccati mortali senza numero. Ciò del resto ci è ignoto, perché il
nostro giudizio è fallace e Dio può ben aver loro concesso tutt'a un tratto la contrizione e un'
effusione della sua grazia.
Quando la tua umiltà ti paragonerà agli altri peccatori, non è utile che tu discenda ai loro disordini
in particolare. Basta un confronto generale tra i loro peccati e la tua ingratitudine. Qualora volessi
considerarli in particolare, potresti benissimo fame, per una certa rassomiglianza, dei peccati
personali, apostrofando così la tua coscienza: quegli è un omicida, ed io, miserabile, quante volte
non ho ucciso l'anima mia! Questi è fornicario e adultero, ed io non lo sono tutto il giorno,
distogliendo la mia attenzione da Dio e cedendo alle suggestioni diaboliche? E così degli altri.
Ma se osservassi che il diavolo approfitta di quest'esercizio per indurti alla disperazione, lascia
queste apostrofi e solleva il tuo cuore alla speranza nel1a contemplazione della bontà e della
clemenza del tuo Dio che già ti prevenne con tante grazie e certo vorrà compire l'opera che ha
cominciato in te. Di regola ordinaria l'uomo spirituale, che ha già qualche esperienza di Dio, non
prova questa tentazione di disperazione quando nel suo fervore accusa se stesso. Ma ciò può
succedere e di fatto succede spesso ai principianti, specialmente a quelli che la misericordia di Dio
ha liberati da molti pericoli e grandi peccati in cui trovavansi inviluppati.

CAPO IV.
Effetti della purezza di cuore

Unione divina per mezzo della contemplazione 
La pratica di questi consigli farà nascere in te la madre e la custode d'ogni virtù, l'umiltà, la quale
alla sua volta ti renderà capace della contemplazione divina purificando il tuo cuore da ogni
pensiero superfluo.
Infatti, quando l'uomo si ripiega sopra la propria bassezza, si disprezza, si riprende, si detesta,
considera il suo nulla e giunge a dispiacere profondamente a se stesso; allora si occupa così bene
degli affari dell'anima sua che ogni altro pensiero inutile si dilegua. Tutto quello che altre volte ha
potuto vedere e udire, tutto quello che è temporale, egli lo elimina, lo dimentica. Comincia a
ritornare in se stesso e a ripiegarsi sopra di sé in modo così ammirabile da avvicinarsi alla giustizia
originale e alla purezza celeste. Nel medesimo tempo le potenze contemplative dell'anima sua si
sviluppano ed egli mediante un'ascensione misteriosa si eleva fino alla contemplazione degli angeli
e della divinità, contemplazione che l'infiamma del desiderio dei beni celesti e gli fa riguardare le
cose della terra molto da lontano, come un nulla.
Ben presto s'accende la carità, fuoco ardente che consuma la ruggine dei vizi e riempie talmente il
cuore che non vi è più posto per la vanità. Quind'innanzi ogni pensiero, ogni parola, ogni azione
procedono dall'amore.

Ammirabile sicurezza
Allora l'uomo può predicare agli altri con ogni sicurezza, senza detrimento per se stesso, senza
pericolo di vana gloria. Perché, ancora una volta, la vanità non può penetrare in un cuore totalmente
occupato dalla carità.
Potrebbe occuparsi di qualche interesse corporale, lui che riguarda le cose temporali come fango?
Potrebbe il desiderio della lode insinuarsi nel suo cuore, quando dinanzi a Dio si considera come un
vile mondezzaio, come un miserabile degno d'abominazione e che cadrebbe nei peggiori disordini,
se la misericordiosa potenza di Dio non lo sostenesse incessantemente?
Come potrebbe inorgoglirsi d'alcuna buona opera quando vede più chiaro della luce del
mezzogiorno ch'egli non può assolutamente far nulla, se ad ogni istante non è spinto e come
costretto dalla virtù divina?
Come potrebbe attribuirsi alcuna cosa come proveniente da se stesso quando, non cento ma mille
volte, ha sperimentato la sua impotenza in ogni opera, grande e piccola; quando così spesso non ha potuto fare il bene che voleva, dovechè, tante altre volte, senza volerlo per così dire e quasi senza
pensarci, ha sentito la grazia di Dio che lo trasportava con un ammirabile fervore e gli faceva fare
quello che oltrepassava le sue forze?
Infatti, se Iddio permette che rimaniamo così a lungo in quest'impotenza, è perché impariamo ad
umiliarci, a non gloriarci mai in noi stessi, ma a riferire ogni bene a Dio, non solo come per uso, ma
nella sincerità del nostro cuore.
Ciò è facile a colui che è ammaestrato dall'esperienza e vede più chiaro della luce meridiana ch'egli
è incapace, non solo di fare un'opera buona, ma anche di pronunziare il nome di Gesù, se non per la
virtù dello Spirito Santo e per la grazia di Colui che disse: Senza di Me, non potete far nulla.
Questo pensiero ti faccia lodare Iddio con tutta l'anima tua, dicendo: Siete voi, o Signore, che avete
operato in noi tutte le opere nostre (Isai. XXVI), e col Salmista: Non a noi, o Signore, non a noi,
ma solo date gloria al vostro nome.
Non vi è dunque motivo di temere la vanagloria per colui che è già pienamente occupato della vera
gloria di Dio e dello zelo delle anime.

Conclusione 
Fin qui ho tracciato un rapido schizzo delle virtù interiori necessarie a chi vuole utilmente e senza
pericolo procurare la salute dell'anima sua. Questo potrebbe bastare a un uomo illuminato, di alta
intelligenza e che possedesse una lunga esperienza della vita interiore, perché gli sarebbe agevole
riallacciare ciascuno de' suoi esercizi a questi tre principii della vita spirituale perfetta: la povertà
volontaria, il silenzio, l'intima purezza del cuore. La loro pratica gl'insegnerebbe facilmente come
occorra applicarsi agli altri esercizi. Ma siccome non tutti sono in grado d'intendere facilmente un
breve sunto, perciò insisteremo più a lungo sugli atti particolari delle virtù.

II
PARTE SECONDA
La Pratica della Vita Spirituale 


CAPO I.
Il Direttore della coscienza

È da sapere che chi ha un direttore al quale obbedisce senza riserva in tutte le cose, piccole e grandi,
giungerà alla perfezione molto più facilmente e più presto di quello che potrebbe fare da solo, anche
con un'intelligenza perspicacissima e con libri dotti in materia spirituale.
Anzi Gesù Cristo non concederà mai la sua grazia, senza la quale non possiamo far nulla, a colui
che, avendo a sua disposizione un uomo capace d'istruirlo e di dirigerlo, trascura questo soccorso,
persuaso di bastare a se stesso e di poter trovare da solo quello che gli è utile alla salute. Perché la
via dell'obbedienza è la via regia che conduce sicuramente gli uomini alla cima di quella scala
misteriosa a cui il Signore pareva appoggiato.
È la via che seguirono tutti i Padri del deserto e, in generale, tutti quelli che giunsero alla
perfezione, salvochè per una grazia speciale Dio non abbia direttamente istruito certe persone che
non avevano potuto trovare direttore. In questo caso la bontà di Dio supplisce all' assenza totale di
soccorsi esterni, purché si faccia ricorso a Lui con un cuore umile e fervente.
Ma è difficile trovare un buon direttore, purtroppo! in questi tempi disgraziati quasi nessuno è
capace d'insegnare la perfezione. Peggio ancora, se alcuno vuol darsi a Dio, trova molti che ne lo
ritraggono, e quasi nessuno che lo aiuti (7). In tal caso ricorri a Dio con tutto il tuo cuore e
domandagli con preghiere insistenti ed umili che t'istruisca.
Gettati nelle sue braccia, abbandonati a Lui, come un orfano. Egli ti accoglierà con bontà, perché
non vuole la morte di nessuno ma che ciascuno giunga alla cognizione della verità.

CAPO II.
L'ubbidienza

Mi rivolgo pertanto a te che desideri ardentemente di trovare Dio e aspiri alla perfezione, per essere
più utile alle anime. A te parlo che t'accosti a Dio con semplicità di cuore, senza doppiezza, che
vuoi praticare a fondo la virtù e per la via dell'umiltà giungere alla gloria della maestà.
Dopo aver già posto, come fondamenti principali dell'edifizio spirituale, la povertà e il silenzio,
l'atleta di Gesù Cristo si cinga i reni e si tenga pronto a seguire in tutto e per tutto la via
dell'ubbidienza, irremovibilmente (8). Osservi la regola, le costituzioni, le rubriche dell'ordinario e
degli altri libri, dovunque, sempre, dentro, fuori, nel refettorio, nel dormitorio, nel coro, in quanto
alle inclinazioni e prostrazioni, alzandosi e stando in piedi; in quanto a tutti questi atti si studii di
osservare alla lettera tutti gli ordini dei superiori e di tener sempre presente la parola di Gesù:
Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me.

CAPO III.
Condotta che si deve tenere 
nella mortificazione del mangiare e del bere

Assoluta necessità della mortificazione
Poi l'atleta di Cristo si adoperi ad adattare totalmente il suo corpo al servizio di Gesù Cristo e a
regolare tutti i suoi atti e movimenti esterni secondo la decenza e la disciplina regolare.
Ti sarebbe dunque affatto impossibile reprimere le ribellioni interne dell'anima, se non avessi prima
ridotto il corpo a una disciplina che gli vieti non solo ogni atto, ma anche ogni moto disdicevole e
sconveniente.
In quest'opera dell'adattamento del corpo al servizio di Cristo, hai da insistere anzitutto contro la
gola. Perché, se non sei padrone di questo vizio, non potrai acquistare nessun'altra virtù.
Fa dunque ciò che ti dirò.

Regole generali
Anzitutto non ti procurare nessuna vivanda speciale, ma sii contento di ciò che si passa alla
comunità. Se persone secolari ti offrono ghiottonerie per tuo uso personale, non le accettare in conto
alcuno; se vogliono darle al convento, lo facciano alla buon'ora.
Non accettare alcun invito fuori del refettorio, ma, assiduo al refettorio conventuale, osserva tutti i
digiuni dell'Ordine secondo le forze che Dio ti ha dato.
Se cadi malato, lasciati usare le cure necessarie, senza nulla procurarti da te stesso, ma accettando
con riconoscenza quello che ti è offerto.
Per evitare ogni eccesso nel mangiare e nel bere, esamina con attenzione quello che esige il tuo
temperamento e sappi quello che ti è necessario e quello che è superfluo. Ma di regola generale
mangia tanto pane quanto ne hai bisogno, specialmente in tempo di digiuno, e diffida del demonio
quando ti spinge a fare astinenza nel pane.
Distinguerai poi il necessario dal superfluo a questo segno; nel tempo in cui ti è permesso di fare
due pasti, se dopo Nona ti sentirai aggravato a tal punto da non poter pregare, leggere o scrivere, ciò
ordinariamente avviene perché hai commesso qualche eccesso. Così parimenti se proverai la
medesima gravezza dopo il Mattutino, quando hai cenato, o dopo la Compieta quando digiuni.
Mangia dunque del pane a sufficienza, ma in modo che dopo la refezione tu possa leggere, scrivere
o pregare. Se però in queste ore ti sentissi meno disposto che in altre, non te ne turbare; ciò non è
segno che tu abbia oltrepassato la misura, purché non senta quel gravame di cui si è parlato.
Procura dunque di sapere quello che basta alla tua costituzione fisica secondo il metodo che ora t'ho
indicato o qualche altro che t'ispirerà il Signore che tu devi pregare instantemente. Poi abbi gran
cura di osservare sempre questa misura e di sorvegliare sempre quello che mangi a tavola. Se mai
trascorri a qualche eccesso, non lo lasciar passare senza una condegna penitenza. In quanto al bere, non saprei qual regola darti, se non che ti restringa a poco a poco, bevendo ogni
giorno un po' meno, non però a tal punto da provare giorno e notte una sete eccessiva. In particolare
quando mangi minestra brodosa, puoi più facilmente privarti del bere e non permetterti che
l'indispensabile. Non bere mai fuori di pasto, se non alla sera in tempo di digiuno e ancora con
molta temperanza, oppure dopo un viaggio o una straordinaria fatica. Il vino poi lo berrai talmente
annacquato che non abbia più la sua forza; e se fosse generoso acqua fino a metà o più. E fa così,
più o meno, secondo Signore t'ispirerà.

Prima del pasto
Al segnale del campanello, lavati le mani con gravità e asciugati nel chiostro: poi, al secondo
segnale, entra in refettorio, e, senza risparmiarti, benedici il Signore cantando con tutte le tue forze,
pur serbando la modestia esterna. Poi prendi il tuo posto e pensa che stai per mangiare i peccati del
popolo.
Disponi il tuo cuore per giovarti della lettura che si fa durante la mensa o, se non si legge, a
meditare qualche pio pensiero, per non mangiare con tutto te stesso.. Mentre il corpo prende la sua
refezione, anche l'anima abbia il suo nutrimento.

Durante il pasto
A tavola, componiti decentemente gli abiti, raccogliendoti la cappa sulle ginocchia. Fa con te stesso
un patto stretto di non guardare mai i tuoi vicini di tavola, ma di vedere solamente ciò che viene
somministrato a te.
Appena seduto non ti precipitare per servirti. Rimani tranquillo per un momento, almeno per il
tempo di dire un Pater e un' Ave per le anime più bisognose del Purgatorio.
Imponiti, come regola generale, di osservare una certa modestia ne' tuoi movimenti e nel tuo
atteggiamento.
Se ti sta davanti del pane fresco e del pane duro, del bianco e di qualità inferiore, scegli il più
vicino, e preferisci ancora quello che lusingherà meno la tua sensualità.
Non chiedere mai nulla per te, ma permetti che lo domandino i vicini. Se non lo domandano, abbi
pazienza.
Non appoggiare i gomiti sulla tavola, ma solo le mani. Non tenere le gambe divaricate, né l'una su
l'altra.
Non ricevere doppia porzione né qualsiasi vivanda che non fosse servita agli altri, foss'anche
mandata dal Priore, ma lasciala tra i resti oppure nel piatto.
Ricordati che è pratica gradita a Dio il lasciar sempre un po' di minestra nella scodella per Cristo
nella persona dei poveri. Fa altrettanto per il pane. Lasciagli i pezzi migliori e mangia gli altri. E
non t'inquietare se la tua carità eccita qualche mormorazione, purché il tuo Prelato te lo permetta. In
generale, di tutto ciò che mangi serbane un poco a Cristo povero, e sempre ciò che vi sarà di meglio.
Vi sono di quelli che danno a Cristo solo i rifiuti, come agli animali immondi. Se una sola portata ti
basta per poter mangiare del pane a sufficienza, lascia l'altra per Cristo.
Se Dio ti dà grazia, puoi praticare bellissimi atti di penitenza tanto graditi a Dio quanto ignorati
dagli uomini. Se un alimento è insipido per difetto di sale o per altra causa, non aggiungervi né sale
né condimento, in memoria di Gesù abbeverato di fiele e d'aceto. Resisti alla tua sensualità. Tutte
quelle salse che non servono ad altro che solleticare la gola, lasciale senza fartene accorgere; così
quei buoni bocconi che a volte ti si offrono alla fine della mensa, il formaggio, la frutta, il vino
prelibato, i liquori, lasciali per amore di Dio. Nulla di tutto ciò è indispensabile alla salute, anzi ciò
è spesso nocivo: quello che lusinga il gusto non sempre fa bene.
Se fai queste penitenze per amore del Signore Gesù, non dubito che ti prepari una deliziosa
refezione di dolcezze spirituali, dolcezze ch'Egli ti farà trovare anche negli altri alimenti di cui ti
sarai contentato per Lui.
Se vuoi renderti facile qualsiasi astinenza, andando a tavola, pensa che i tuoi peccati ti obbligano a
digiunare in pane ed acqua, che il solo tuo cibo dev'essere il pane e che non prendi il resto se non per poter meglio mandar giù il pane. Questo pensiero ti renderà delizioso tutto ciò che aggiungerai
al pane.
Vi sono molte pratiche simili ch'io non posso indicarti, ma che Gesù t'ispirerà, se Lo preghi con
fervore e se riponi in Lui tutta la tua speranza. Chi potrebbe dire le innumerevoli industrie divine
nella santificazione dell'anima tua?
Non essere di coloro che non finiscono mai di mangiare. All'opposto, appena potrai, cessa di
mangiare per essere più attento alla lettura.

Dopo il pasto
Alzandoti da tavola ringrazia di tutto cuore Iddio che ti ha fatto parte de' suoi doni e ti ha dato forza
per trionfare della tua sensualità. Non risparmiare la tua voce: ma, con tutto il tuo potere, rendi
grazie al distributore di tutti i beni. Mio caro fratello, pensa quanti poveri crederebbero di fare un
pasto delizioso se avessero solo il pane che Dio ti ha dato colle altre vivande! Non dimenticare che
è Cristo che ti ha dato tutto, anzi ch'Egli stesso t'ha servito a mensa. E vedi con quale ritenutezza,
con quale rispetto, con quale gravità e con quale timore devi prendere un pasto che Dio ti serve in
persona.
Come saresti felice se arrivassi a vedere queste cose cogli occhi dell'anima tua! Vedresti Cristo e la
moltitudine dei Santi percorrere il refettorio.

Per perseverare 
Se vuoi perseverare a lungo in queste pratiche di sobrietà e d'astinenza, mantienti saldo nel timore,
riconosci che tutto viene da Dio e domandagli la perseveranza.
Per non cadere, bada a non giudicare nessuno e a non sdegnarti né scandalizzarti se qualcuno
oltrepassa la misura nel mangiare, ma eccita nel tuo cuore una compassione sincera, prega per loro,
scusa li per quanto è possibile, ricordando che né tu né essi potete nulla se non per la forza di Cristo
che distribuisce le sue grazie non secondo i nostri meriti, ma secondo il suo beneplacito.
Questi pensieri ti renderanno incrollabile.
Perché mai vi sono tanti che, dopo essersi lanciati coraggiosamente nella pratica dell'astinenza e
delle altre virtù, si lasciano poi abbattere dalla stanchezza del corpo e dalla tiepidezza dell'anima?
Unicamente a cagione del loro orgoglio e della loro presunzione. Presumendo troppo di se stessi, si
sdegnano contro gli altri e li giudicano nel loro cuore: Dio sottrae loro la sua grazia ed essi cadono
nella tiepidezza, oppure eccedono i giusti limiti della discrezione e contraggono qualche malattia.
Allora oltrepassano la misura in senso contrario: troppo occupati dalla cura di ristabilirsi in salute,
diventano molto più golosi di quelli ch'essi condannavano, com'io stesso ne vidi parecchi. Infatti
accade comunemente che Dio lasci cadere colui che condanna suo fratello nella medesima colpa e
qualche volta anche in una colpa più grave (9).
Servi dunque Iddio con timore (Ps. XXVII). E se provi orgoglio al pensiero dei benefizi dell'
Altissimo, armati contro te stesso di riprensioni e di sdegno, affinché il Signore non s'adiri contro di
te e non t'allontani dalla via della giustizia (Ps. XI).
Tal è il modo, gradito a Dio, di combattere la gola. Pochi l'osservano: gli uni per eccesso, ed altri
perché non tengono conto delle circostanze.

CAPO IV.
Condotta che si deve tenere 
nella mortificazione del sonno 

Poi applicati a una cosa che è molto difficile: regolare il sonno e le veglie secondo la discrezione.

La discrezione necessaria
Nota che due eccessi specialmente sono pericolosi per il corpo e conseguentemente per l'anima:
un'astinenza esagerata e veglie disordinate. Qui, più che nell'esercizio delle altre virtù, si ha da temere l'eccesso, Perciò il demonio si vale di quest'astuzia: se vede uno pieno di fervore, gli
suggerisce di lanciarsi in astinenze e veglie prolungate che lo ridurranno a un'estrema debolezza, lo
renderanno malato e buono a nulla e, come ho detto, l'obbligheranno poi a mangiare e a dormire più
degli altri, Memore delle malattie ch'esse gli procurarono, questi non oserà più riprendere né le sue
veglie, né le sue astinenze. D'altra parte il diavolo gli suggerirà: «Non far penitenza: dimentichi
forse che la penitenza ti fece ammalare?» Mentre non erano punto l'astinenza né le veglie che
l'avevano fatto cadere malato, ma la sua indiscrezione nella pratica della penitenza...Un principiante
senza esperienza non sa riconoscere i sofismi del diavolo che lo spinge agli eccessi da due parti.
Infatti, sotto pretesto di portarlo al bene, gli dice: «Quanti peccati hai commesso! Come potrai
espiarli?» Oppure, se non ha gravi colpe da rimproverarsi, gli dice: «Vedi tutto quello che hanno
voluto soffrire i martiri e gli eremiti?»

Ubbidienza e umiltà
Perché questi pensieri hanno l'apparenza del bene, il semplicione crede ch'essi non possano venire
se non da Dio. Dio permette ch'egli s'inganni soprattutto perché non ha abbastanza umiltà e
diffidenza di se stesso per pregare Dio con fervore, affinché lo illumini e lo diriga in assenza d'una
guida capace. Infatti chi vive sotto la santa obbedienza e s'attiene alle sue prescrizioni è al sicuro da
queste illusioni, anche se per un caso straordinario il suo padre spirituale sbagliasse. A cagione della
sua umiltà e della sua obbedienza Dio fa volgere ogni cosa a suo vantaggio, come sarebbe facile
dimostrare con molti esempi (10).

Alcune pratiche
Ecco pertanto quello che potrai fare per il sonno e per le veglie. Nell'estate, dopo il pasto del
mezzogiorno, quando la campana ha dato il segnale del silenzio, prendi un po' di riposo. Quei
momenti sono meno favorevoli agli esercizi di pietà. E codesto riposo ti permetterà di prolungare la
tua veglia notturna.
Di regola generale, ogni volta che ti disponi a dormire, abbi cura di meditare qualche salmo,
qualche pensiero spirituale in cui il sonno ti sorprenderà e che ti ritornerà all'immaginazione.
Alla sera, ordinariamente, veglia poco: quelli che vegliano alla sera mancano di attenzione e di
divozione all' uffizio del Mattutino; sono sonnolenti, pesanti, senza fervore. Qualche volta perfino
mancano all'uffizio (11).
Fissati dunque alcune brevi preghiere, letture o meditazioni da fare alla sera prima di addormentarti.
Se la tua divozione vi ti porta, puoi occuparti dei patimenti che Gesù soffrì durante la sua Passione
in quell' ora, e così in tutte le altre ore, secondo il metodo di S. Bernardo (12) o secondo che lo
Spirito di Dio t'ispirerà; giacché non tutti hanno la medesima divozione, trovandosi uno più portato
alla pietà per una cosa, un altro per un'altra. A taluni basta abitare con semplicità dentro i forami
della pietra (Cant. II, 14). Ma, qualunque sia la tua superiorità d'ingegno, non trascurare nulla di ciò
che può eccitarti alla divozione.
Nella notte, al primo segnale, scuoti ogni pigrizia e balza subito dal letto come se esso fosse in
fiamme. Mettiti in ginocchio e fa salire dal tuo cuore una fervida preghiera, almeno un'Ave Maria o
qualsiasi altra preghiera capace d'infiammare il tuo cuore.
E qui nota che ti sarà assai più facile alzarti senza mollezza, e anche con una certa alacrità, se ti
corichi vestito e dormi sul duro. Un servo di Dio deve fuggire ogni mollezza nel letto, senza però
oltrepassare i limiti della discrezione. Abbi un pagliericcio che ti riuscirà tanto più gradito quanto
più sarà duro. Per proteggerti contro il freddo prendi una o due coperte secondo la stagione e i tuoi
bisogni. Il tuo capezzale sia un sacco pieno di paglia. Non guanciali pieni di piume: sarebbe una
mollezza, come certe altre consuetudini per nulla necessarie. Dormi interamente vestito come
durante il giorno e contentarti di toglierti le scarpe e di slacciarti la cintola.
Tuttavia, nei grandi calori estivi, puoi deporre la cappa e conservare solo lo scapolare: Se dormi
così, ti alzerai senza difficoltà, ed anche con gioia e sveltezza.CAPO V.
Condotta che si deve tenere nello studio

Riconduci a Cristo le tue letture e i tuoi studi di cui Gli parlerai e di cui Gli chiederai l'intelligenza.
Durante lo studio, fermati frequentemente. Per un istante raccogliti e nasconditi nelle Piaghe di
Gesù. Poi riprendi lo studio. Di quando in quando inginocchiati e lancia al Cielo una breve e
ardente preghiera. Oppure esci dalla cella, vattene in chiesa, nel Chiostro, nel capitolo, là dove lo
Spirito Santo ti porterà: con una preghiera vocale o semplicemente con gemiti e ardenti sospiri del
cuore implora il soccorso divino, presenta all'Altissimo i tuoi voti e i tuoi desideri, invoca i Santi in
tuo aiuto.
Questi slanci si possono produrre senza il soccorso di salmi né d'alcuna preghiera vocale. Qualche
volta, all'opposto, sorgono da un versetto di salmo, da un passo della Sacra Scrittura, o da qualche
libro spirituale, ed altre volte, per la grazia di Dio, sono il frutto dei nostri proprii pensieri e dei
nostri desideri.
Questo fervore d'anima è ordinariamente rapido. Quando sarà passato, richiamati al pensiero quello
che stavi studiando: allora ne avrai un'intelligenza più chiara. Poi ritorna allo studio o alla lettura, e
di nuovo alla preghiera, combinando i due esercizi. Con quest'alternativa avrai e il cuore più
fervoroso nella preghiera e la mente più illuminata nello studio.
Questo fervore della divozione dopo lo studio si può provare in qualsiasi ora, secondo che si degna
di concederlo Quegli la cui libera volontà dispone soavemente ogni cosa. Nondimeno, di solito,
esso s'impadronisce più completamente dell'anima dopo il Mattutino. Bisogna perciò vegliar poco
alla sera e riservare, per lo studio e per la preghiera delle ore mattutine, tutta la forza dell'anima.

CAPO VI.
Condotta che si deve tenere nella preghiera liturgica 

Durante l'Uffizio della Vergine tienti alla porta della tua cella, in piedi, senz'appoggiarti, e recitalo
con voce chiara, colla mente attenta, col cuore lieto Come se vedessi coi tuoi occhi la Vergine
gloriosa.
Terminato quest'Uffizio, va in chiesa o in coro, là dove troverai maggiore è divozione. Ma, quando
vai o vieni nel convento, fa molto attenzione a non rimanere colla mente vuota. Medita i salmi o
qualche pensiero spirituale. Puoi anche, ma dell'Uffizio, recarti in coro e prepararti con una pia
meditazione a una recita più attenta e più fervorosa.

In Coro
Dato l'ultimo segno del Mattutino e fatte le prostrazioni o inclinazioni, salmeggia in piedi,
senz'appoggiarti, col cuore e col corpo virilmente disposti dinanzi al tuo Dio. Canta lietamente le
sue lodi in compagnia degli Angeli certamente presenti e che bisogna riverire incessantemente
durante l'Uffizio, perché contemplano in Cielo la faccia del Padre Onnipotente, che noi non
vediamo ancora se non come in uno specchio in modo scuro.
Non risparmiare la tua voce, serbando però la necessaria discrezione. Non omettere un jota né dei
salmi, né dei versetti, né delle lezioni, né del canto. Se non puoi fornire tanta voce quanto gli altri,
canta lo stesso, a voce più bassa. Se è possibile, abbi un libro per cantare i salmi e gl'inni. Mentre
hai la mente occupata dei salmi e delle altre preghiere, per attingervi consolazioni spirituali, abbi
cura di non lasciar apparire di fuori, nel tuo atteggiamento o nella tua voce, nulla che tradisca
leggerezza. Allora specialmente. devi restar grave e padrone di te stesso, perché la gioia spirituale
degenera presto in una specie di leggerezza, se la discrezione non continua a governare i moti
esterni.
Ci vorranno tutti i tuoi sforzi per salmeggiare colla mente e col cuore, perché non è una piccola
impresa, specialmente per il principiante ancora malfermo in Dio, il preservarsi dalle distrazioni
durante la salmodia. Occupa sempre il tuo posto in Coro, ordinariamente il medesimo, salvochè per un caso straordinario
non lo debba cedere a un nuovo venuto.

Modestia in Coro
Se in Coro prevedi qualche difetto, procura di prevenirlo o per te stesso o per altri. Sarebbe cosa
gradita a Dio lo studiare alla vigilia le rubriche e il canto del giorno dopo e prepararti a impedire
ogni sbaglio e ogni negligenza. Ma evita d'immischiarti nelle discussioni che possono sorgere in
Coro circa la salmodia e il canto, anche se sapessi con certezza quello che bisogna fare. A volte si
sollevano gran discussioni per minuzie. Sarebbe minor male sbagliare che il discutere tanto.
Tuttavia, se con una parola è possibile correggere un errore, la devi dire, specialmente se sei uno dei
correttori del Coro. Ma se ti senti agitato dall'impazienza, è meglio che ti applichi a reprimere la tua
agitazione interna.
Se qualcuno fa degli sbagli nella lettura, nel canto o in altro modo, guardati dal mormorare o dal
correggerlo. Questa correzione è una forma d'orgoglio. Qualsiasi sia lo sbaglio, non fare neppure un
cenno; ciò sarebbe segno di un'anima gonfia d'orgoglio.
Evita di guardare da una parte e dall'altra, e di sorvegliare il contegno de' tuoi vicini. Gli occhi
devono stare bassi, a terra o sollevati al cielo o chiusi o fissi sul libro.
Sia stando in piedi che seduto, non tenere le mani sotto il mento, ma sotto lo scapolare o sotto la
cappa; né i piedi l'uno sull'altro, né le gambe divaricate. Mantienti in quella modestia ch'esige la
presenza di Dio. Il diavolo si serve spesso di piccole miserie per distrarre dall'Uffizio certuni il cui
atteggiamento palesa una gran tiepidezza.
Vi sono molte altre cose che non è possibile esporre in particolare; ma se hai l'umiltà e la carità
perfetta, l'unzione dello Spirito Santo t'insegnerà tutto.

Spirito di discrezione
Avverti però, o lettore, che, circostanze diverse potendo far apprezzare diversamente le medesime
azioni, tu non devi biasimare alcuno, se vedi fare altrimenti da quello ch'io dico, per esempio, se in
Coro si corregge uno sbaglio, poiché a un vecchio è permesso di fare una correzione. Devi però
ritenere che ordinariamente il servo di Dio non deve entrare in discussione. Tollerare con pazienza
un errore è minor male che disputare; tanto più in Coro, dove tali discussioni produrrebbero
scandalo e impedirebbero l'attenzione e la pace interiore.
Lo stesso intendo quando dico che, in Coro, bisogna sempre leggere o cantare, perché qualche volta
può avvenire nell'anima uno slancio di fervore che il canto soffocherebbe; allora sarebbe meglio
recitare l'Uffizio a bassa voce; almeno se vi sono abbastanza coristi da soddisfare al Coro.
E così di molte altre cose circa le quali Dio t'istruirà, purché tu aderisca a Lui con purezza e
semplicità di cuore. Tuttavia non devi credere a ispirazioni speciali e fare altrimenti da quello che
ho detto, se non quando una pratica prolungata delle virtù ti avrà dato lo spirito di discrezione.

CAPO VII.
Condotta che si deve tenere nell'esercizio del santo ministero 

Nelle prediche e nelle esortazioni (13), usa un parlare semplice e familiare per spiegare in
particolare quello che bisogna fare. Per quanto è possibile appoggia la tua parola con esempi,
affinché il peccatore reo del medesimo peccato si senta colpito come se tu predicassi per lui solo.
Ma parla in tal modo che apparisca che le tue parole sono il frutto, non di un'anima superba e
irritata, ma delle viscere d'una carità paterna. Sii un padre che s'impietosisca dei suoi figli colpevoli,
gravemente malati, giacenti in una fossa profonda e ch'egli vuol liberare. Sii una madre che carezza
i suoi figli. Riponi la tua gioia nei progressi che loro meriteranno la gloria del Paradiso.
Così tu farai del bene ai tuoi uditori, dovechè sarebbero poco commossi se. tu non facessi altro che
svolgere idee generali sui vizi e sulle virtù. Lo stesso dicasi per le confessioni: sia che abbi da incoraggiare i timidi o da spaventare gl'induriti,
mostra a tutti una carità profonda. Fa sì che il peccatore senta sempre che la pura carità ispira le tue
esortazioni. Perciò qualche parola dolce deve sempre preparare un rimprovero;
Tu adunque che vuoi essere utile alle anime, comincia col ricorrere a Dio con tutto il tuo cuore, e
domandagli con semplicità che infonda in te la carità, che è la somma delle virtù e il mezzo per
compire quello che desideri.

CAPO VIII.
Condotta che si deve tenere in certe tentazioni 

Per la gloria di N. S. Gesù Cristo t'indicherò i rimedi contro alcune tentazioni spirituali che Dio
permette molto comunemente in questo tempo per la purificazione e prova degli eletti. Esse non
attaccano apertamente nessun articolo principale della fede, ma l'uomo perspicace vede subito che
tendono a distruggere questi fondamenti della nostra religione e preparano all'Anticristo la cattedra
e il trono.
Non le esporrò minutamente per non essere occasione di scandalo o di caduta a nessuno, ma ti dirò
con quale prudenza devi regolarti per trionfarne.
Queste tentazioni vengono da due lati: prima dalle suggestioni e illusioni del demonio che inganna
l'uomo nelle sue relazioni con Dio e in tutto ciò che si riferisce a Dio; poi dalla dottrina corrotta e
dai costumi di quelli che già sono caduti in queste tentazioni. T'indicherò dunque quale dev'essere la
tua condotta riguardo agli uomini, riguardo alla loro dottrina e al loro modo di vivere.

§ I. - TENTAZIONI CHE VENGONO
DALLE SUGGESTIONI DIABOLICHE.

Ecco dunque i rimedi contro le tentazioni spirituali che il diavolo eccita in alcune anime.

Non desiderare le grazie straordinarie
Primo rimedio. Quelli che vogliono vivere nella volontà di Dio non devono desiderare di ottenere
coll'orazione, colla contemplazione o con altre opere di perfezione, visioni, rivelazioni o sentimenti
soprannaturali che eccedono lo stato ordinario di quelli che hanno per Dio un timore e un amore
sincerissimo. Perché un simile desiderio non può venire che da un fondo di orgoglio e di
presunzione, da una curiosità vana riguardo a Dio e da una fede troppo fragile. La grazia di Dio
abbandona l'anima presa da questo desiderio e la lascia cadere in queste illusioni e in queste
tentazioni del demonio che la seduce con false visioni e con rivelazioni. È la tentazione più comune
del nostro tempo.
Sappi che le vere rivelazioni e godimenti spirituali dei segreti di Dio non sono il frutto di questi
desideri, come di nessuno sforzo umano. Dio solo li dà all'anima profondamente umile, che desidera
ardentemente e rispettosamente di conoscerlo.
Ma sarebbe un commettere il medesimo sbaglio l'esercitarsi nell'umiltà e nel timore di Dio per
ottenere visioni, rivelazioni e consolazioni spirituali.

Consolazioni spirituali e umiltà
Secondo rimedio. Quando preghi o contempli, non tollerare mai nell'anima tua alcuna consolazione,
sia pure minima, se vedi ch'essa fondasi nella presunzione e nella stima di te stesso, se t'induce a
desiderare felicità e riputazione e a crederti degno di lode e di gloria in questo mondo o delle gioie
del Paradiso.
L'anima che si prende piacere di simile consolazione cade in parecchi errori funesti Dio, per un
giusto giudizio, permette al demonio di accrescere queste consolazioni di rinnovarle e di far nascere
in quest'anima sentimenti falsissimi e pericolosissimi ch'ella prende per comunicazioni divine, Ahi! mio Dio, quante anime ingannate da queste illusioni! Tieni per certo che tal è la sorgente della
maggior parte dei rapimenti, o piuttosto dei furori dei precursori dell' Anticristo.
Guardati adunque, nell'orazione o contemplazione, dall'accettare alcuna consolazione, se non viene
dalla perfetta cognizione e dal sentimento completo della tua bassezza e imperfezione, sentimento e
cognizione ch'essa deve sviluppare, e se in presenza della grandezza e sublimità di Dio essa non la
nascere un rispetto profondo con un ardente desiderio del suo onore e della sua gloria.

Visioni, fede e purezza
Terzo rimedio. Ogni sentimento, anche altissimo, ogni visione, anche sublime, quando
t'indispongono contro un articolo di fede, contro i buoni costumi, specialmente contro l'umiltà e la
purezza, abbili in orrore: sono certamente opera del demonio.
Quando pure la tua visione non t'ispiri nulla di simile e ti rechi la certezza che viene da Dio e ti
spinga a fare la volontà divina, tuttavia non t'appoggiare sopra di essa.

Consigli dei visionari
Quarto rimedio. Qualunque sia la pietà, la santità di vita, l'elevatezza d'intelligenza ed altre qualità
d'una persona, non seguire mai i suoi consigli e i suoi esempi, se hai ragione di credere che i suoi
consigli non sono secondo Dio o secondo la prudenza cristiana e che non t'impegnerebbero nella via
tracciata da Gesù Cristo e dai Santi e rischiarata dalle sante Scritture.
Disprezzando i loro consigli, non avere alcun timore di cadere nell'orgoglio o nella presunzione;
perché agisci per zelo e per amore della verità.

Non frequentare i visionari
Quinto rimedio. Fuggi la compagnia e la familiarità di coloro che seminano e divulgano queste
tentazioni, come di coloro che le difendono e le lodano. Non ascoltare né i loro racconti, né le loro
spiegazioni. Non cercar di vedere ciò che fanno. Perché il demonio non mancherebbe di farti
vedere, nelle loro parole e nei loro gesti, dei segni di perfezione, a cui forse presteresti fede per
cadere e perderti con essi.

§ 2. - TENTAZIONI
CHE VENGONO DALLE FALSE DOTTRINE E DAI CATTIVI ESEMPI.

Ti verrò pure indicando i rimedi da usare contro la dottrina e gli esempi di talune persone che
propagano queste tentazioni.

Prudenza e discrezione nell'esame
Primo rimedio. Non far gran conto delle loro visioni, dei loro sentimenti straordinari né delle loro
estasi. Anzi, se ti dicono qualche cosa contro la fede, la Sacra Scrittura o i buoni costumi, abbine,
orrore: tutte queste visioni ed estasi sono pure follie, frenesie diaboliche.
Ma se sono conformi alla fede, alla Sacra Scrittura, agli esempi dei Santi e ai buoni costumi, non le
disprezzare, perché ti esporresti a disprezzare ciò che viene da Dio. Non te ne fidare però senza
riserva, perché spesso, specialmente nelle tentazioni spirituali, il falso si nasconde sotto l'apparenza
del vero, Il male sotto l'apparenza del bene: il demonio può così spandere il suo veleno mortale in
un maggior numero d'anime senza diffidenza.
La condotta più gradita a Dio in queste occasioni, mi sembra, è di non fermarsi punto a queste
visioni, a queste estasi ed altri fatti straordinari, nonostante la loro apparenza di bene e di verità.
Lasciali per quello che sono, salvochè non accadano a persone d'una tale santità, d'una tale prudenza
e d'una tale umiltà da essere certo che non possano essere sedotte dalle illusioni e dagli artifizi del
diavolo. Anche allora, quantunque sia bene rispettare le visioni e i giudizi di tali persone, tu avrai la
prudenza di prestare la tua fiducia non tanto perché sono visioni, quanto purché sono conformi alla
fede cattolica, alla Sacra Scrittura, ai buoni costumi e agli esempi dei Santi.
Riflessione e consiglio prima d'agire
Secondo rimedio. Se qualche rivelazione o movimento straordinario ti spinge a compire un'opera,
specialmente un' opera importante che esce dalle tue abitudini e di cui ti domandi se essa piacerà a
Dio, prima d'agire aspetta finché tu abbia esaminato tutte le circostanze, particolarmente il fine, e
abbia la certezza d'essere accetto a Dio.
Tuttavia non ne giudicare da te stesso, ma, per quanto è possibile, seguendo le regole tratte dalla
Sacra Scrittura e dagli esempi dei Santi che possiamo imitare. Dico: esempi che possiamo imitare,
perché S. Gregario c'insegna che molti Santi fecero cose che non sono imitabili, per quanto buone
in se stesse. Basta aver per esse rispetto e ammirazione.
E se non arrivi a conoscere la volontà di Dio, domanda a persone di vita e di dottrina sicura un
consiglio sincero.

Rallegrarsi di seguire la via ordinaria
Terzo rimedio. Se sei esente da queste tentazioni a tal punto da non averle provate, o se, avendole
provate, ne hai trionfato, solleva la tua mente e il tuo cuore a Dio per riconoscere umilmente questo
grande benefizio. Ringrazialo spesso o piuttosto non cessar di ringraziarlo di questo favore.
Guardati bene dall'attribuir alle tue forze, alla tua sapienza, ai tuoi meriti, alla tua condotta o al caso
quello che hai avuto gratuitamente dalla bontà di Dio. I Santi c'insegnano che per questo soprattutto
Dio ci sottrae la sua grazia e ci lascia in preda alle tentazioni e alle illusioni del demonio.

Non far nulla nel dubbio
Quarto rimedio. Quando provi qualche tentazione spirituale che ti getta nel dubbio, non
intraprendere di tua propria iniziativa nulla di grave che già prima non eri solito di fare. Reprimi
l'impulso del tuo cuore e della tua volontà; aspetta umilmente nel timore e nel rispetto di Dio
ch'Egli si degni d'illuminarti. Tieni per certo che se, nel dubbio, intraprendessi da te stesso una cosa
grave e insolita, non riusciresti a nulla di bene. Non intendo parlare se non di cose gravi é che
escono dall'ordinario, sulle quali tu hai un dubbio.

Perseverare nelle pratiche comuni
Quinto rimedio. Per tutte queste Cose straordinarie non lasciar mai un bene che avevi intrapreso
prima che esse si producano. Soprattutto guardati dall'abbandonare la preghiera, la confessione, la
comunione, i digiuni e le altre opere di pietà e d'umiltà, quand'anche non ci trovassi alcuna
consolazione.

Abbandono alla divina volontà
Sesto rimedio. In queste occasioni solleva la tua mente e il tuo cuore a Dio pregandolo umilmente
di fare quello che sarà più utile alla sua gloria e alla salute dell'anima tua. Sottometti la tua volontà
alla sua volontà divina. Se è sua volontà di lasciarti in queste tentazioni. la tua sia di non mai
offenderlo.

PARTE TERZA

Riassunti e Massime Spirituali 

CAPO I.
Alcuni motivi di tendere alla perfezione 

Lieto del bene che hai intrapreso per gloria divina e desideroso d'aiutarti perseverare e a salire più in
alto, o almeno a dartene il desiderio, voglio esporti alcuni dei motivi che abbiamo d'eccitare il
nostro cuore ad una vita più perfetta: il che tuttavia non potresti né intraprendere né continuare colle
tue proprie forze. Toccherò solo rapidamente ciascuno di questi motivi senza spiegarli, affinché impari a meditare
lungamente sopra poche parole, e affinché ciascuno di questi pensieri sia per te il soggetto di
contemplazioni profonde ed estese. Però se vuoi trame profitto, non basta occuparne l'intelletto, ma
bisogna farli passare nel cuore e decidere la volontà a fare quello che questi pensieri consigliano.
Per aiutarti, ti mostrerò in poche parole come questi motivi non produrranno qualche effetto
nell'anima tua se non sono compenetrati d'un sentimento e d'un amor soprannaturale.

L'onore dovuto a Dio
Primo motivo: l'amore e l'onore che Dio merita per la sua bontà, per la sua sapienza e per le altre
sue perfezioni innumerevoli e infinite. Considerandole, capirai che quello che fai per onorario e
ringraziarlo e che tu credevi essere molto, è in realtà pochissimo e come nulla in confronto di quello
che merita.
Questo motivo è il primo, perché anzitutto le nostre opere devono essere dirette a glorificare, a
rispettare Dio, a dargli l'amore che merita sopra tutte le creature.
Questo primo motivo tocca solo le anime grandi che sentono ed amano di contemplare la nobiltà, la
perfezione e la maestà divina e si sforzano di proporzionare il loro amore e il loro culto all'infinità
di Dio (14).

I patimenti di Gesù per noi
Secondo motivo: i disprezzi. le ingiurie, le privazioni, i dolori e l'amarissima Passione che il
Figliuolo di Dio soffrì per tuo amore, affinché tu stesso l'amassi e l'onorassi. Se tu li mediti, vedrai
quanto poco hai fatto per l'onore e l'amore di Dio rispetto a ciò che avresti dovuto fare (15).
Questo motivo è più elevato e più perfetto dei seguenti, perciò l'ho messo al secondo posto. Esso
trascina solamente le anime che provano una devozione affettuosa all'amore e alla bontà che il
Figliuolo di Dio ci manifestò nella sua Passione. Queste anime desiderano con tutte le loro forze di
contraccambiare a Dio la sua bontà e il suo amore.

La nostra vocazione soprannaturale
Terzo motivo: l'innocenza e la perfezione a cui ci obbliga la legge di Dio che esige, insieme con
l'assenza d'ogni vizio e d'ogni peccato, la pienezza della virtù. Difatti è ciò che richiede il
comandamento d'amare Iddio con tutto il nostro cuore, con tutta l'anima nostra e con tutte le nostre
forze. pensaci, e vedrai la tua debolezza e la distanza che ti separa da questa purezza perfetta.
Questo motivo non produce effetto se non nell'anima che sente quale alta perfezione esige il
Signore da ogni creatura e nell'anima che questo motivo sublime induce al compimento generoso
della volontà divina (16).

I benefizi di Dio
Quarto motivo: l'abbondanza e la grandezza dei benefizi di Dio. Ricordati dei favori temporali e
spirituali ch'Egli distribuisce a tutti e particolarmente a te stesso, e sentirai che ciò che fai e ciò che
potrai fare per Dio non è nulla in confronto de' suoi benefizi e delle sue grazie, massimamente se
poni mente alla liberalità e alla bontà che presiedono alle sue larghezze.
Questo motivo eccita soltanto le anime che ripensano in una meditazione affettuosa la grandezza e
la nobiltà dei benefizi e della grazia di Dio e si sforzano di rendergli un culto proporzionato alla sua
generosità (17).

Le gioie del Cielo
Quinto motivo: la grandezza e la nobiltà della ricompensa e della gloria che Dio promette e prepara
a quelli che Lo glorificano colle loro virtù, ricompensa la cui magnificenza sarà proporzionata agli
sforzi compiuti.
Questo pensiero ci fa comprendere che il nostro merito non è niente in confronto di tanta gloria ed
eccita il desiderio di fare per l'avvenire opere più meritorie. Ma non fa del bene se non quando l'anima stima ed ama d'un amor fervente la gloria del Paradiso e l'attende con una fiducia così ferma
che la sua speranza la fa risolvere a praticare virtù che le meriteranno questa gloria (18).

La bellezza della virtù e la deformità del peccato
Sesto motivo: la bellezza e la generosità della virtù, la nobiltà ch'essa conferisce all'anima e d'altra
parte la bassezza vergognosa del vizio e del peccato.
Questa considerazione spinge un uomo saggio ad acquistare maggiore Virtù e ad evitare più
diligentemente il peccato. Per essere efficace essa richiede un'anima pervasa d'orrore per ogni vizio,
d'odio per ogni peccato, di simpatia e d'amore per la bellezza della virtù e del doni di Dio. Odio ed
amore che devono possedere l'anima tutta quanta fino nelle sue profondità.

Gli esempi dei Santi
Settimo motivo: la sublime perfezione della vita dei Santi, il numero e l'eccellenza delle loro virtù.
Che differenza in confronto dell'imperfezione della nostra vita e della tiepidezza delle nostre opere!
(19).
Questo motivo può ottenere un effetto solo quando l'anima, eccitata da una grande stima della vita
dei Santi, desidera di riprodurla, principalmente la vita dei Santi assolutamente perfetti: la Vergine
Maria prima di tutti, S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista, gli Apostoli ed altri ancora.

La riparazione delle nostre colpe
Ottavo motivo: la gravità e la moltitudine dei tuoi peccati contro Dio. Per quanto buone siano le tue
opere, non son niente per soddisfare i tuoi debiti per via di giustizia.
Questo motivo sarà utile solamente all'anima che non teme di rivolgere contro se stessa i peccati
che ha commesso contro Dio e che è fermamente risoluta di rendere giustizia a Dio e a pagare il suo
debito con opere meritorie.

Il pericolo di dannazione
Nono motivo: le tentazioni della carne, del mondo e del demonio che ti mettono in pericolo da ogni
parte.
Questo pensiero ti ecciterà ad essere più saldo e a salire più in alto che mai nella virtù a fine di
resistere più sicuramente a queste tentazioni. Ma non può servire che all'anima pervasa dal
sentimento della sua debolezza e dal grave pericolo delle tentazioni, e determinata a fuggire le
occasioni per mettersi al sicuro sotto la protezione della grazia (20).

Il timore del giudizio di Dio
Decimo motivo: il rigore del giudizio di Dio. Tu desideri di comparire a questo giudizio con molte
buone opere e soddisfazioni per tuoi peccati. Ma che cosa sono le tue buone opere e la tua penitenza
in confronto di ciò che avresti dovuto fare?
Questa considerazione suppone nell'anima la cognizione de' suoi peccati, il timore e il terrore intimo
della sentenza che sarà pronunziata nel giudizio universale contro i peccatori impenitenti (21).

L'incertezza della morte
Undecimo motivo: la brevità della vita e l'avvicinarsi della morte della quale ignori l'ora e dopo la
quale non potrai fare alcuna opera meritoria, alcuna penitenza. Perché non usiamo uno zelo più
generoso nelle nostre mortificazioni e nelle nostre opere?
Questo pensiero non produce frutti se non in un'anima atterrita dalla morte e fermamente decisa di
fare opere meritorie (22).

I pericoli dell'orgoglio e della tiepidezza
Dodicesimo motivo: qualunque siano i tuoi principii e i tuoi progressi nella virtù, se non desideri
una vita sempre più perfetta e non ti sforzi per arrivarci, è perché c'è in te un fondo di presunzione e d'orgoglio, molta tiepidezza e negligenza. Ora la presenza di questi due vizi trascina sempre seco
una turba di disordini spirituali. Se vuoi liberartene, fa degli sforzi costanti per condurre una vita
più sublime e più perfetta, qualunque sia la perfezione de' tuoi inizi. A quelli che cominciano
coll'esser ferventi e cadono poi nella tiepidezza, perché credono d'essere qualche cosa, S. Bernardo
dice: «Ah! se sapessi quanto poca cosa è ciò che hai e quanto presto la perderai se Chi te la diede
non te la conserva!”
Questa considerazione, per essere efficace, domanda un'anima che sente e comprende che darsi alla
pratica della virtù senza il desiderio di salire più in alto suppone orgoglio e tiepidezza, e precipiterà
in grandi sventure chi non evita questi vizi.

I segreti giudizi di Dio
Tredicesimo motivo: gl'imperscrutabili giudizi di Dio in alcune persone che, dopo una lunga
perseveranza in un'alta santità e in una grande perfezione, sono state abbandonate da Dio a cagione
di alcuni vizi nascosti ch'esse non credevano d'avere.
Questa considerazione, qualunque sia la tua perfezione di vita, ti deciderà sicuramente a purificare
ogni giorno i tuoi affetti e le tue intenzioni, a correggerti più sollecitamente che mai d'ogni difetto, a
tendere a una santità più perfetta e a temere che non vi sia in te qualche vizio nascosto che ti faccia
abbandonare da Dio. Ma non tocca se non un'anima piena di sollecitudine per la sua salute e che
teme d'essere privata della grazia (23).

Le pene dell'inferno
Quattordicesimo motivo: le pene dell'inferno riservate a tutti i peccatori. Pensaci e troverai leggere
tutte le penitenze, umiliazioni, povertà e tutte le prove che potrai sopportare per Dio in questa vita a
fine di sfuggire queste pene. Il timore di questi supplizi non cesserà di spingerti a una vita più alta e
più perfetta.
Questo motivo tocca principalmente un'anima atterrita dalle pene eterne, convinta d'averle meritate
per le sue colpe e che si sforza di sfuggirle colla penitenza.

Riassunto: due punti essenziali
Nota che in ciascuno di questi motivi tutto si riduce a due punti: prima al sentimento della nostra
imperfezione e del nostro nulla, poi al desiderio efficace di sollevarsi a una vita più perfetta. Così il
sentimento della nostra imperfezione e del nostro nulla non deve mai essere senza il desiderio e lo
sforzo di giungere a una vita più perfetta e viceversa.

CAPO II.
Due fondamenti della vita spirituale 

Chiunque voglia sfuggire i lacci e le insidie finali dell'Anticristo, ossia del demonio, deve eccitare
nel suo cuore due sentimenti.

Rinunziare a se stesso nell'umiltà
Anzitutto provi davanti a se stesso il medesimo sentimento che davanti ad un cadavere, brulicante
di vermi, fetente, nauseante fino a tal punto da doversi turare le narici a cagione della puzza e
rivoltare la faccia per evitare un simile orrore.
Ecco, fratello mio, quello che ogni giorno dobbiamo fare, tu ed io. Io più di te, perché l'intera mia
vita è un'infezione, tutto un'infezione, sono io stesso, il mio corpo e l'anima mia e tutto ciò che sono
io, nella feccia e nella putredine de' miei peccati e delle mie iniquità, non è che un fetore e un
oggetto d'orrore. E quello che è peggio, sento che questa infezione si rinnova e cresce ogni giorno.
Al sentimento della sua corruzione il servo di Dio deve aggiungere una confusione profonda alla
presenza di Dio, giudice rigoroso, come davanti a Colui che vede e sa tutto, e un vivo dolore d'aver
offeso Iddio, d'aver perduto la grazia, frutto del Sangue di Gesù e dell'acqua battesimale. Di questa confusione che prova davanti a se stesso e davanti a Dio, dev'essere pervaso anche
davanti agli angeli, alle anime sante e perfino davanti a tutti gli uomini. Deve convincersi ch'egli è
un oggetto d'abominazione e di disgusto per tutti e che le persone non solo sdegnano di occuparsi di
ciò ch'egli dice e fa, ma che sono forzati, davanti a lui, a turarsi le narici, a rivoltare la faccia per
non vederlo, a rigettarlo come un cadavere putrefatto, a segregarlo dalla società e a relegarlo come
un lebbroso ributtante.
In quanto al suo corpo, sia persuaso che gli si renderebbe giustizia strappandogli gli occhi,
amputandogli le mani, il naso e le orecchie, torturandolo in tutti i suoi sensi e in tutte le sue
membra: perché ne ha abusato per offendere il suo Dio e il suo Creatore. Desideri d'essere
disprezzato e calpestato. Sopporti pazientemente, con somma gioia ed allegrezza, tutti i rimproveri,
le vergogne, le diffamazioni, le ingiurie, i biasimi e le contraddizioni d'ogni genere.

Unione colla santa umanità di Gesù
In secondo luogo bisogna che, con un sentimento di totale sfiducia di te stesso, delle tue buone
opere e di tutta la tua vita, ti volga tutto quanto a N. S. Gesù Cristo, poverissimo, umilissimo,
abbeverato d'insulti e di disprezzo, morto per te, e che t'abbandoni nelle sue braccia, finché non sii
morto ne' tuoi sentimenti umani e Gesù Cristo viva nel tuo cuore e nell'anima tua.
Bisogna che, completamente trasformato e trasfigurato, tu più non abbia nel più intimo di te stesso
se non il desiderio di vedere, d'udire, d'amare Gesù per te confitto in Croce, come faceva la Vergine
Maria. Morto al mondo, vivrai nella fede.

CAPO III
Disposizioni abituali dell'anima che vuole unirsi a Dio 

Nostro contegno riguardo a Dio
Riguardo al Signore devi esercitarti in sette disposizioni principali:
Un amore ardentissimo;
Un timore sommo;
Il rispetto di sua Maestà;
Uno zelo perseverante;
Il ringraziamento e la lode;
Un'ubbidienza pronta e universale;
Un gusto vivo, per quanto è possibile, delle soavità divine.
Devi dunque chiedere continuamente queste disposizioni dicendo:
 - Buon Gesù, fate ch'io sia, fino nel più intimo del cuore e dell'anima, pervaso d'amore, di timor
sommo, di rispetto e di zelo ardente per la gloria vostra, di modo che, geloso del vostro onore, io
provi il più violento orrore contro tutti gli oltraggi che vi si fanno, principalmente, o mio Dio,
contro quelli che sono stati compiuti in me, da me o per causa mia.
Fate inoltre ch'io vi riconosca e vi adori umilmente come mio Signore e mio Creatore, e che per i
vostri benefizi io non cessi di rendervi fervide grazie.
Fate che sempre e in ogni Cosa io vi benedica, vi lodi e vi glorifichi nell'allegrezza e nel giubilo del
Cuore; che, ubbidendovi in ogni cosa, io passa, nonostante la mia indegnità e la mia ingratitudine,
gustare eternamente le vostre ineffabili dolcezze cogli angeli e apostoli vostri.

Nostro contegno riguardo a noi stessi
Riguardo a te stesso, esercitati in sette altre disposizioni;
Confusione profonda riguardo ai tuoi vizi e ai tuoi difetti;
Dolore acutissimo e amarissimo che ti faccia piangere e deplorare i tuoi peccati, perché hanno
offeso Dio e macchiato l'anima tua;
Umiliazione di te stesso con disprezzo: riguardati come un oggetto vile e corrotto e desidera d'esser
disprezzato; Stretto rigore per macerare il tuo corpo; risoluzione di trattarlo come una sozzura di peccato, anzi
come un luogo immondo, una sentina, un ammasso di corruzione;
Odio implacabile contro tutti i tuoi vizi e tutto ciò che t'induce al peccato;
Vigilanza energica sopra tutti i tuoi sensi, tutte le tue azioni e tutte le tue potenze che devi
rigorosamente tener disposte al bene;
Discrezione perfetta, ossia moderazione: in tutte le cose osserva diligentemente la giusta misura tra
il troppo e il troppo poco, l'esagerato e l'insufficiente, di modo che tu non faccia né più né meno di
quello che bisogna.

Nostro contegno riguardo al prossimo
Riguardo al prossimo, esercitati in sette altre disposizioni:
Tenera compassione che ti faccia sentire i mali e gl'incomodi del prossimo come se fossero tuoi;
Dolce piacere del bene che loro avviene come se avvenisse a te stesso;
Paziente tolleranza e perdono dell'ingiurie, che riceverai con calma e perdonerai con tutto il tuo
cuore;
Affabilità piena di benevolenza che ti renderà amabile verso tutti ne' tuoi atti e nelle tue parole;
Umile rispetto: preferirai gli altri a te stesso, li onorerai tutti e nel tuo Cuore ti sottometterai a loro
come ai tuoi padroni;
Concordia perfetta; per quanto puoi e Dio te lo permette, sii del parere altrui, segui i loro desideri
legittimi e considerati come una sola cosa con essi;
Dono della tua vita ad esempio di Gesù: come Lui sarai pronto a dare la salute per tuoi fratelli.
Avrai cura di pregare e di lavorare giorno e notte perché essi s'uniscano intimamente a Gesù e Gesù
ad essi.
Tuttavia da questi ultimi consigli non concluderai che tu non debba evitare e fuggire con tutte le tue
forze i vizi degli uomini. Anzi ogni volta che la compagnia dei cattivi e dei tiepidi può esser per te
un pericolo e distoglierti dalla perfezione, devi fuggirli come si fuggono i serpenti e i mostri. Perché
il carbone più ardente si spegne nell'acqua o si raffredda; invece il più freddo s'accende al contatto
d'altri carboni ardenti. Ma se questo pericolo di corruzione non esiste, distogli semplicemente gli
occhi dai difetti del prossimo, oppure, se non puoi non vederli, sopportali con compassione, come i
tuoi.

Nostro contegno riguardo alle cose temporali
Per regolare la tua condotta riguardo alle cose dell'eternità e delle cose del tempo, procura
d'acquistare verso queste ultime le quattro disposizioni seguenti:
Diportati come un pellegrino e uno straniero: considera tutte queste cose esteriori ed estranee a tal
segno che gli stessi tuoi abiti ti siano così indifferenti come se fossero nell'India;
Paventa l'abbondanza nella tua vita come un veleno e come un mare che t'inghiottisse;
All'opposto, ama di provare l'indigenza, d'esser nel bisogno: è la scala che fa salire alle eterne
ricchezze del Paradiso;
Evita la compagnia, il commercio e il fasto dei ricchi e dei grandi, ma senza disprezzo, Ama
solamente la compagnia dei poveri. Sia per te un piacere ricordarti di loro, vederli, conversar con
loro.
Sono essi l'immagine di Cristo: con loro, come con dei re, vivi pieno di lieto rispetto e orgoglioso
della loro compagnia.

CAPO IV.
La scala della perfezione 

Quindici perfezioni sono necessarie a chi s'applica al servizio di Dio.
 Vita purgativa
Una chiara e perfetta cognizione dei proprii difetti.
Un coraggio ardente e perseverante contro le cattive inclinazioni, desideri e passioni contrarie alla
ragione.
Un vivo timore che dopo tanti peccati egli non abbia fatto penitenza abbastanza e non sia rientrato
in grazia con Dio.
Un gran terrore che la sua fragilità lo faccia cadere nei medesimi disordini e forse in più gravi.
Una disciplina rigorosa e una severa sorveglianza per governare i sensi esterni e sottomettere il
corpo al servizio di Gesù Cristo.
Una forte e valorosa pazienza nelle tentazioni e nelle prove.
La fuga coraggiosa d'ogni persona che potrebbe esser causa od occasione di peccato o anche solo
d'imperfezione. Queste persone sono demoni d'inferno.

Vita illuminativa
Portare la croce di Gesù che ha quattro braccia: quello della mortificazione dei vizi, quello della
rinunzia a tutti i beni temporali, quello della rinunzia a tutte le amicizie carnali della famiglia, e
quello del disprezzo, dell'annientamento di se stesso.
Il ricordo prolungato e continuo dei benefizi di Nostro Signor Gesù Cristo.
La perseveranza nella preghiera di giorno e di notte.

Vita unitiva
Il sentimento e il gusto abituali delle soavità divine.
Un insaziabile desiderio di glorificare la nostra fede, di far conoscere, temere e amare Gesù Cristo.
Una misericordiosa compassione per il prossimo in tutti i suoi bisogni.
Rendere grazie incessantemente e con tutto il cuore; glorificare e lodare Dio e Cristo Gesù in ogni
cosa.
Dopo aver fatto tutto ciò, confessare dal fondo del cuore: - Mio Dio e mio Signore, o Cristo Gesù,
io non sono nulla, non posso nulla, non valgo nulla, vi servo male e sono un servo inutile.

CAPO V.
Massime spirituali 

Alcune massime essenziali
La povertà evangelica praticata dagli Apostoli è fondata su tre punti essenziali:
L'abdicazione di tutti i propri i diritti;
L'uso ristretto delle cose materiali;
L'amore abituale degli effetti della povertà.

***
Vi sono tre parti nell'astinenza: Indebolire i desideri della carne e cura dei bisogni della vita;
Rendersi indifferenti alla quantità alla qualità dei cibi;
Fare un uso sobrio di ciò che ci si dà.

***
Vi sono tre cose che bisogna evitare e fuggire sollecitamente:
Di fuori, la distrazione delle faccende;
Dentro, l'orgoglio e l'ambizione;
L'attacco eccessivo e sregolato ai beni materiali e un'affezione umana e disordinata verso noi stessi,
i nostri amici secondo la carne o secondo il nostro Ordine.

*** Vi sono tre cose che bisogna ricercare in modo particolare:
Il desiderio d'esser disprezzato, calpestato, pubblicamente abbassato;
Un'intima compassione per Gesù Crocifisso ;
La tolleranza delle persecuzioni e del martirio per amore di Gesù e per riprodurre la vita evangelica.
Fra il giorno chiedi queste tre cose con, preghiere prolungate e accompagnate da gemiti e ardenti
sospiri.

***
Vi sono tre cose che dobbiamo meditare assiduamente:
Gesù nella sua Incarnazione, nella sua Passione e negli altri suoi misteri;
La vita degli Apostoli e dei primi Frati del nostro Ordine, eccitando in noi il desiderio d'imitarli;
La vita che condurranno più tardi gli uomini evangelici (24).

La vita degli uomini evangelici 
Devi meditare giorno e notte la vita di quegli uomini poverissimi, semplicissimi e mansuetissimi,
umili fino a stimarsi vili, uniti per un'ardente carità a Gesù, non pensando che a Gesù, non parlando
che di Gesù, non gustando che Gesù e Gesù Crocifisso, indifferenti al mondo, dimentichi di sé,
contemplando la gloria eterna di Dio e degli eletti, a cui tutto il loro essere anela nel desiderio
incessante della morte ad esempio di S. Paolo che diceva: «Desidero di morire e d'essere con
Cristo». Essi possederanno i tesori immensi e inestimabili delle ricchezze celesti. Saranno
meravigliosamente invasi e sommersi dalla deliziosa abbondanza delle dolcezze e delle gioie del
Paradiso.
Nelle tue meditazioni figurati questi uomini che cantano sull'arpa del loro cuore, nel rapimento
dell'estasi, il cantico degli angeli. Questa visione ti farà desiderare con incredibile ardore la venuta
di questo tempo; dissiperà le nubi del dubbio e dell'ignoranza e t'introdurrà in una mirabile luce:
distinguerai chiaramente tutti i mali del nostro tempo e comprenderai la misteriosa disposizione di
tutti gli Ordini religiosi che dal tempo dell'Incarnazione di Cristo sono nati e nasceranno dalla
Chiesa sino alla fine dei secoli, sino al momento in cui sarà consumata la gloria del nostro sommo
Signore Gesù Cristo.
Porta sempre nel tuo cuore Gesù Crocifisso, affinché ti conduca alla sua eterna gloria. Amen.

APPENDICI 

BREVE ESERCIZIO DI PERFEZIONE
PROPOSTO DAL
Ven. P. LUIGI DI GRANATA
nel suo libro:
Memoriale della vita cristiana


§ 1. - DI DODICI COSE CHE HA DA FARE IL SERVO DI DIO.
Perché molti desiderano d'avere sempre sott'occhio i principali punti della vita spirituale, perciò
riduco qui in compendio le cose principali che deve fare il servo di Dio, e quelle dalle quali
principalmente si ha da guardare; affinché in questo breve sommario, come in un esemplare, veda
quello che a lui conviene.
Ora, in quanto a quello che deve fare:

 Primo: procuri di star sempre alla presenza del Signore, poiché è manifesto per la dottrina
dei Santi, che l'uomo non si muove mai a far cosa che sia grata a Dio, se prima Dio stesso non lo
tocca e non lo muove. E se ciò non potrà fare continuamente, almeno spesso fra il giorno e h notte
sollevi il cuore a Lui con brevi, amorose e umili orazioni e sospiri, chiedendogli sempre il suo
soccorso ed amore, come quegli che senza di Lui non può cosa alcuna.

Secondo: da tutto ciò che udirà o leggerà procuri sempre di trarre qualche divota ed amorosa
considerazione, con cui nutrire e accrescere dentro di sé il dolce miele del divino amore, a guisa
delle api che sempre cercano di trarre dai fiori qualcosa da portare nell'alveare. Di modo che, come
un gran fuoco converte in fuoco tutto quello che vi si getta, sia acqua o ferro od altro, così parimenti
il suo cuore dev'essere per tal modo acceso dal fuoco del divino amore che qualsivoglia cosa dal
mondo gli sia materia e stimolo d'amore.

 Terzo: quando a volte cadesse in qualche difetto o distrazione di cuore, non si sgomenti, né
si lasci cadere sotto il peso, ma ritorni al Signore con umile e amorosa conversione, riconoscendo la
sua gran miseria e la grandezza della divina misericordia, e facendo quanto potrà dal canto suo per
rimettersi nello stato primitivo, e progredire nell'intrapreso cammino.

 Quarto: procuri d'avere purezza d'intenzione in tutto quello che farà; perciò deve
diligentemente esaminare tutte le sue parole, pensieri ed opere e soprattutto l'intenzione da cui è
animato, procurando ognora di purificarla e di rettificarla coll'aver sempre di mira la gloria di Dio in
tutto quello che fa; e ciò non una sola volta al giorno, ma ogni v che intraprende qualche cosa di
nuovo.

 Quinto: sebbene sia per lui tempo di pace, procuri d'andar sempre armato, e di trovarsi
preparato a ricevere con umiltà e mansuetudine tutte quelle cose che gli occorreranno contrarie,
anche all'improvviso; poiché, quantunque l'ira giovi talvolta a qualche cosa, è meraviglia però che
riesca bene, perché lascia sempre la coscienza angustiata e inquieta se abbia o no oltrepassato i
giusti limiti. Sicché l'irascibile è una certa passione dalla quale si ha più danno che vantaggio per
progredire nel servizio di Dio. Giacché è manifesto che chi superasse questa passione vivrebbe
sempre in gran pace.

 Sesto: se non è superiore, non stia ad osservare i difetti altrui, ma sempre consideri i proprii:
perché il notare i difetti del prossimo sempre reca seco rincrescimento, superbia, giudizio temerario,
inquietudine di coscienza, zelo indiscreto ed altri sentimenti sregolati che turbano il cuore; dovechè
il guardare i proprii difetti reca seco confusione di sé, umiltà, timor di Dio, e pace di animo.

 Settimo: s'allontani dalle cose transitorie non solo collo spirito, ma anche col corpo e
aderisca a Dio con tutto il cuore, perché quanto più si eserciterà in questo, tanto meno avrà
dell'uomo e tanto più parteciperà di Dio, giacché chi ama le cose passeggere anch' egli passa e se ne
va con esse; invece chi mette il suo cuore unicamente in Dio, partecipa in qualche modo alla
fermezza e stabilità di Lui. Si guardi inoltre dalle molte faccende, quando siano smoderate, anche se
non male in se stesse; perché distraggono il cuore, e non lo lasciano pienamente quietare nel
Signore.

 Ottavo: consideri sempre la vita di Gesù Cristo e la sua Sacratissima Passione e
conversazione e dottrina e travagli, per imitare, quanto gli sarà possibile, i divini esempi delle sue
virtù: umiltà, carità, misericordia, obbedienza, povertà, asprezza di vita, disprezzo del mondo e
amore della nostra salute, ecc. ecc.

 Nono: procuri continuamente, quanto potrà, di negare la propria volontà, rassegnata
pienamente nelle mani di Dio; di modo che sia morto in Lui tutto il proprio volere, e solo viva
quello di Dio, perché in tal modo non regniamo noi, ma il Signore in noi. E ciò si deve fare in ogni
cosa, avversa o prospera, mesta o allegra, dolce o amara.

 Decimo: nelle sue tribolazioni, esercizi e negozi ricorra a Dio umilmente con gran
confidenza e con animo e cuore di figlio, essendo Egli potentissimo e pietosissimo Padre;
rimettendo tutte le cose alla sua Provvidenza, pigliandole tutte come dalle sue mani, scacciando e
gettando da sé ogni fastidioso pensiero, e abbandonandosi in tutto nelle braccia di Dio.

 Undicesimo: sia grato al Signore di tutti i benefizi ricevuti e lo ringrazi sempre tanto dei
piccoli come dei grandi, non guardando tanto ai doni, quanto all'indegnità di chi li riceve e alla
grandezza ed amore di Lui, che glieli dà; poiché Egli non dà meno con amore le cose piccole che le
grandi.

 Dodicesimo: strappi e scacci da sé con cuore grande e generoso tutte quelle cose che lo
distolgono dalla perfezione, siano cose corporali o spirituali, come l'amar disordinato di qualche persona, di libri, di studi, e le conversazioni, esercizi e familiarità, quantunque spirituali, quando
vedrà che gli turbano il cuore e gl'impediscono di avanzarsi nella via di Dio.

§ 2. - DI DODICI DIFETTI CHE DEVE SCHIVARE IL SERVO DI DIO.
Vi sono molti difetti che impediscono il progresso nella via spirituale per i quali non pochi, dopo
molti anni sono quei medesimi che sempre furono.
Ne accenneremo qui dodici dei più notevoli, affinché il servo dì Dio confrontandosi in essi, come in
uno specchio, possa conoscere le sue mancanze, e la loro causa che impedisce il suo progresso; e
così procuri di emendarsi:

 Primo: egli s'applica soverchiamente agli esercizi e alle faccende esteriori; dal che deriva
che spesso è privo delle visite e consolazioni interiori; perché nessuno può trovare fuori di sé ciò
che si deve trovare dentro.

 Secondo: cerca disordinatamente di essere amabile e compiacente con tutti. Da ciò nasce che
non sa separarsi dalle persone e dalle faccende quando bisogna; e così perde il tempo e manca molte
volte a' suoi esercizi, per non mancare agli uomini, onde avviene che tanto meno piace a Dio,
quanto più cerca di piacere alle creature.

 Terzo: ha poca umiltà con Dio, e poca riverenza per Lui, e così viene a perdere quella
spirituale verecondia che con Lui si richiede, la quale è figlia dell'umiltà e madre del progresso
spirituale.

 Quarto: è come senza freno, e si precipita inconsideratamente negli affari più per impeto
d'animo, che con giudizio di ragione; donde avviene che per il suo soverchio trasporto perde la pace
e la tranquillità del cuore, e per la troppa sua fretta fa malamente quello che vuol fare; poiché sta
scritto che colui che cammina frettoloso, inciamperà (Prov. XIX, 2). Perciò in tutte le cose si deve
procedere con maturo giudizio, il quale è amico e fedele compagno della prudenza.

 Quinto: si stima disordinatamente e presume di sé e delle sue virtù, sebbene non lo conosca,
e così, come il Fariseo, disprezza segretamente gli altri, e si crede migliore di loro, e perciò non ha
la vera umiltà, che è il fondamento di tutte le virtù.

 Sesto: è inclinato a giudicare gli altri e a condannare i fatti loro, e perciò si raffredda nella
carità; perché, quanto più esagera i mali altrui, tanto più affila la spada con cui assale la carità, la
quale nasce in parte dalla buona opinione che abbiamo del prossimo.

 Settimo: ha tuttora molto del suo amore riposto in cose passeggere, quindi con ragione gli è
tolto molto dell'amar divino.

 Ottavo: è assai tiepido e lento negli esercizi dell' orazione, incominciandoli con pigrizia,
proseguendoli con negligenza e finendoli senza frutto; onde molte volte è privo delle visite di Dio e
dell'accrescimento della divozione.

 Nono: è molto negligente e trascurato nel vincere e mortificare se stesso; donde procede che
non può vivere a Dio, perché vive a se stesso, né può essere trasformato in Dio, perché non muore a
se stesso.

 Decimo: non sta interiormente raccolto, ma molto distratto nelle cose esteriori; dal che
deriva che non si conosce quanto bisogna, e perciò non sa considerarsi e disprezzarsi come
dovrebbe.

 Undicesimo: è tuttora molto amante della sua propria volontà e de' suoi comodi: da ciò
proviene che non' può negare se stesso ed abbracciare la Croce di Cristo, e mortificare il suo
naturale; e così non può giungere alla perfezione della vita evangelica.

 Dodicesimo: è incostante e leggero nelle buone risoluzioni che fa, mutandole facilmente in
qualsivoglia occasione che gli si presenti: da ciò proviene che, mancandogli la perseveranza che
sola conduce a termine le cose, perde tutto il suo tempo in cominciare, e così non va avanti e non fa
progresso nella vita spirituale;
e questa è la cagione per cui si trovano taluni che si potrebbero paragonare a quell'albero del quale
dicesi che fa frutti sette volte all'anno, ma non ne porta mai alcuno a maturità.ANNOTAZIONI

(1) «L'uomo è collocato tra le cose di questo mondo e i beni spirituali in tal modo che quanto più
s'attacca ai primi, tanto più s'allontana dagli altri, e viceversa» (Sum. Theol. II-II q. 108. a. 4).

(2) «Se tu desideri di arrivare per una via retta e sicura in breve tempo all'unione divina, fine della
beatitudine, applicati internamente con una cura vigile a conservare sempre puro il tuo cuore,
libero il tuo spirito e nel riposo i tuoi sensi; raccogli gli affetti del tuo cuore e portali
incessantemente in alto per fissarli in Dio» (S. Alberto Magno, L'Unione con Dio, c. V).

(3) S. Tommaso insegna che i moti dell'orgoglio sono facilmente repressi colla considerazione
dell'infinita grandezza di Dio, dell'abisso della nostra miseria e dell'imperfezione di tutte le nostre
buone opere (Sum. Theol. II - II, q. 62, a. 9, ad I).

(4) Il P. Faber assicura che Se qualcuno ha l'abitudine di pensare agli altri con bontà, e ciò per
motivi soprannaturali, non è lontano dall'esser un santo (Confer. spirit.).

(5) Questi consigli vanno intesi con la discrezione supposta dal Santo Autore. Sarebbe un disastro
per la nostra vita interiore non uscir mai dalla preoccupazione di noi stessi e convertire ogni
preghiera mentale in esame di coscienza. Ciononostante è indispensabile che l'anima si esamini,
quotidianamente, sopra il suo difetto principale (“esame di coscienza particolare”), i suoi altri
difetti, sopra le sue imperfezioni, ed anche sopra le sue tendenze intime. Un tale esame praticato
assiduamente è la condizione del nostro emendamento.

(6) Il B. Raimondo da Capua, Maestro Generale dei Domenicani, racconta di Santa Caterina da
Siena che «ella non solo si metteva sotto alla più vile delle anime e desiderava incessantemente
d'essere considerata come l'ultima di tutte, ma credeva fermamente di esser la causa di tutti i mali
altrui. Ogni volta che pensava alle iniquità e alle sventure del mondo in generale o di ciascun
individuo in particolare, ne attribuiva a se stessa la colpa, dicendo: Sei tu la causa di tutti questi
mali; rientra dunque in te stessa e piangi le tue colpe ai piedi del Signore». E la Santa ciò spiegava
dicendo ch'ella aveva mal corrisposto ai disegni di Dio sopra l'anima sua.

(7) La scelta d'un direttore è d'una grand'importanza. «Sceglilo fra mille, diceva San Francesco di
Sales.

(8) Il papa Giovanni XXII diceva: «Datemi un Frate Predicatore che osservi la sua Regola fino all'
ultimo jota, ed io lo canonizzo senza che vi sia bisogno d'altro miracolo».

(9) «Un uomo è press'a poco, in fondo, quello ch'egli pensa degli altri. Se tu odi che qualcuno
attribuisce bassezza a un altro, puoi star sicuro, non solo che vi è qualcosa di cattivo nella sua
natura, ma ancora che vi è nel suo fondo il medesimo elemento di bassezza che non tarderà a
svilupparsi, se pure non è già comparso alla luce. Uno è sempre capace d'un peccato di cui egli
crede capace un altro, oppure che è disposto a imputare ad altri. Anche un sospetto ben fondato
degrada più o meno il suo autore» (Faber, Conf. spirit.).

(10) «La macerazione del corpo, dice S. Tommaso, non è gradita a Dio se non in quanto è fatta con
la necessaria discrezione, essa deve padroneggiare la concupiscenza senza opprimere la natura».

(11) «Io credo, dice S, Francesco di Sales, che sia una sollecitudine virtuosa il prendere il sonno di
buon'ora alla sera poter svegliarci e alzarci di buon mattino».
 (12) Vedi l'Orario nell'Appendice I, pag. 119.

(13) «Dio volle che nessun bene si facesse all'uomo se non amandolo, e che l'insensibilità fosse per
sempre incapace, sia di dargli la luce, sia d'ispirargli la virtù» (P. Lacordaire O.P.).
«La bontà ha convertito più peccatori che lo zelo, l'eloquenza o l'istruzione, e queste tre cose non
hanno mai convertito nessuno senza che c'entrasse in qualche modo la bontà... È la manifestazione
di questo sentimento negli uomini apostolici che attira i peccatori verso di essi e che così li conduce
alla loro conversione» (P. Faber, Conf. Spirit.).

(14) «Molti cristiani, dice il P. Faber, invece di fare progresso nella via spirituale, restano
stazionarii, perché loro non si annunziano le perfezioni divine o perché essi non ne fanno il
soggetto delle loro letture. Molti servirebbero Dio per amore, se studiassero la sua essenza e i suoi
attributi».

(15) «Ogni amore che non trae la sua origine da Passione del Salvatore è frivolo e pericoloso» (S.
Francesco di Sales).

(16) «Lusingati quanto vuoi, persuaditi tutto quello che ti piace, fabbricati scuse e pretesti quanti ti
parrà bene, ma tu non sei meno tenuto a tendere con tutte le tue forze alla perfezione. Ecco la
verità. Se finora l'hai ignorata, d'ora innanzi non la ignorerai più» (Lodovico Blosio).

(17) Cfr. Imitazione di G. C. 1. III, c. XII: «Del ricordo dei benefizi di Dio».

(18) Cfr. Imit. l. III, c. XLVII: «Bisogna essere pronti a subire per la vita eterna quello che vi è di
più penoso», - c. XLVIII: «L'eternità beata e le miserie di questa vita».

(19) Cfr. Imit. 1. L c. XVIII: «L' esempio dei Santi».

(20) Cfr. Imit. 1. III, c. XXXV. «Durante questa vita siamo sempre esposti alla tentazione».

(21) Lo stesso S. Vincenzo ottenne innumerevoli conversioni predicando i rigori del giudizio
divino. Cfr. Imit. 1. l. c. XXIV: «Giudizio e pene dei peccatori».

(22) S. Teresa soleva dire alle sue figlie: «Figliole mie, un'anima, un'eternità!». Cfr. Imit. 1. I. c.
XXIII.

(23) Cfr. Imit. l. III, c. XIV: «Bisogna considerare i segreti giudizi di Dio per non inorgoglirsi del
bene che si è fatto».

(24) S. Vincenzo Ferreri, alla fine del suo Trattato annunzia che uomini apostolici d'una
grandissima santità saranno dati alla Chiesa. Il B. Grignon de Monfort menziona espressamente
questa visione del nostro Santo. Ricevette egli stesso lumi affatto simili e molto precisi su questo
importante argomento.
AMDG et BVM

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