sabato 1 novembre 2014

VI STANNO MENTENDO!!!

pecore ...da macello

Il VACCINO CONTRO L'EBOLA E' LA VERA PANDEMIA.

LA BUGIA EBOLA - Virus di proprietà del Governo degli Stati Uniti

Il virus dell'Ebola non esiste e non è stato diffuso. La CRoce Rossa ha portato questa malattia in 4 paesi specifici, per quattro motivi specifici ed è contratta solo da coloro che ricevono trattamenti e iniezioni dalla croce Rossa. 

Il mondo occidentale deve sapere cosa sta accadendo in Africa Occidentale
VI STANNO MENTENDO!!!

http://luniversovibra.altervista.org/la-bugia-ebola-virus-di-prorieta-del-governo-usa/

La bugia Ebola – Virus di proprietà del governo USA

La gente del mondo occidentale deve sapere cosa sta accadendo qui in Africa occidentale. Vi stanno mentendo!!! Il virus dell’Ebola non esiste e non è stato diffuso. La Croce Rossa ha portato questa malattia in 4 paesi specifici, per 4 motivi specifici ed è contratta solo da coloro che ricevono trattamenti e iniezioni dalla Croce Rossa.
Questo è il motivo per il quale, liberiani e nigeriani hanno cacciato via dai propri paesi la Croce Rossa ed hanno iniziato a riportare la verità nelle notizie.
ebola 01MOTIVI
Alla maggior parte delle persone, quando hanno sentito dell’Ebola, sarà subito saltato in testa: “Spopolamento” che è, senza dubbio, sempre nella mente dell’Occidente quando si tratta di Africa. Ma vi assicuro che l’Africa, un continente in cui nascono migliaia di bambini al giorno, non può essere spopolata uccidendo 160 persone, al giorno. I veri motivi, sono molto più tangibili.
Motivo 1: Questo virus “chiamato” Ebola, è stato introdotto in Africa occidentale per ottenere che le truppe USA entrino in Nigeria, Liberia e Sierra Leone. Se vi ricordate cercavamo di entrare in Nigeria a causa delle stronzate del “Boko Haram”, ma una volta che i nigeriani hanno iniziato a dire la verità, tutto il castello è crollato e una nuova ragione era necessaria per far entrare le truppe USA in Nigeria e rubare le riserve di petrolio appena scoperte.
Motivo 2: La Sierra Leone è il più grande fornitore mondiale di diamanti. Negli ultimi 4 mesi i lavoratori sono entrati in sciopero, a causa delle orribili condizioni di lavoro e la paga da schiavi, rifiutandosi di fornire Diamanti. L’Occidente non pagherà un salario equo perché l’idea è di mantenere queste persone come fonte di lavoro a bassissimo costo, per sempre. L’Ebola serviva a far entrare le truppe a forzare lo sciopero dei minatori. Questa non è la prima volta che viene fatta una cosa del genere.
Motivo 3: Oltre a voler rubare il petrolio nigeriano e costringere i minatori della Sierra Leone a tornare al lavoro, le truppe servono a forzare le vaccinazioni sugli africani contrari. Le truppe devono assicurarsi che questo veleno continui a diffondersi, perché ancora una volta, la diffusione si avrà solo attraverso la vaccinazione. Sempre più africani rifiutano di visitare la Croce Rossa. Le truppe militari costringeranno il popolo a vaccinarsi per garantire l’aspetto visibile di un pandemia d’Ebola.
Motivo 4: Ultimo ma non meno importante è mantenere pandemico l’aspetto del virus dell’Ebola, in quanto, sarà utilizzato per spaventare innumerevoli milioni d’individui che così prenderanno il “Vaccino” contro l’Ebola che, in realtà, è la vera pandemia.
Chiedetevi: se l’Ebola si diffonde veramente da persona a persona, allora perché il CDC ed il governo degli Stati Uniti continuano a permettere voli dentro e fuori i paesi a rischio?
Centinaia di migliaia d’individui in tutto il mondo sono rimasti uccisi, paralizzati e disabili da questi e altri “nuovi” vaccini. Ora che cosa faremo con tutte queste informazioni?
http://www.fourwinds10.net/siterun_data/health/disease/news.php?q=1413216887
È un po’ di tempo che, almeno nella mia zona, sono diminuite di molto le scie chimiche. Una volta fermato il programma delle scie, quello dell’Ebola non sarà il nuovo strumento per la vaccinazione massiva e l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale?
Virus Ebola e creazione di nuovi ceppi: Brevetto degli Stati Uniti
Come fermare il Nuovo Ordine Mondiale? Con le nostre scelte!
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Fonti: 

http://www.fourwinds10.net/siterun_data/health/disease/news.php?q=1413216887

" IL VACCINO " CONTRO L'EBOLA È LA VERA PANDEMIA.
  La bugia Ebola – Virus di proprietà del Governo degli Stati Uniti 
d'America.



file:http://www.iconicon.it/blog/2014/10/ebola-creato-dagli-usa-laboratorio/

Spirito Santo e La Perfetta nella Santa Chiesa



"Non può esservi Chiesa senza lo Spirito Santo che parla attraverso i Suoi figli e non può esservi Chiesa senza la presenza autorevole e non passiva di Maria Santissima... la Madre di Dio."

La vera storia...

La vera storia di questo sinodo. Regista, esecutori, aiuti

Nuovi paradigmi su divorzio e omosessualità sono ormai di casa ai vertici della Chiesa. Niente è stato deciso, ma FP è paziente. Un storico americano confuta le tesi de "La Civiltà Cattolica"

di Sandro Magister




ROMA, 17 ottobre 2014 – "È tornato a soffiare lo spirito del Concilio", ha detto il cardinale filippino Luis Antonio G. Tagle, stella emergente nella gerarchia mondiale oltre che storico del Vaticano II. Ed è vero. Nel sinodo che sta per concludersi ci sono molti elementi in comune con ciò che accadde in quel grande evento.

La similitudine più appariscente è lo stacco tra il sinodo reale e il sinodo virtuale veicolato dai media.

Ma c'è una somiglianza ancor più sostanziale. Sia nel Concilio Vaticano II sia in questo sinodo i cambi di paradigma sono il prodotto di una accurata regia. Un protagonista del Vaticano II come don Giuseppe Dossetti – abilissimo stratega dei quattro cardinali moderatori che erano al comando della macchina conciliare – lo rivendicò con fierezza. Disse di "aver capovolto le sorti del Concilio" grazie alla propria capacità di pilotare l'assemblea, appresa nella sua precedente esperienza politica di leader del maggior partito italiano.

Anche in questo sinodo è avvenuto così. Sia le aperture alla comunione ai divorziati risposati – e quindi l'ammissione da parte della Chiesa delle seconde nozze – sia l'impressionante cambio di paradigma in tema di omosessualità infilato nella "Relatio post disceptationem" non sarebbero stati possibili senza una serie di passi abilmente calcolati da chi aveva e ha il controllo delle procedure.

Per capirlo, basta ripercorrere le tappe che hanno portato a questo risultato, anche se il provvisorio finale del sinodo – come si vedrà – non è stato pari alle aspettative dei suoi registi.

Il primo atto ha per protagonista pF in persona. Il 28 luglio 2013, nella conferenza stampa sull'aereo che lo riporta a Roma dopo il suo viaggio in Brasile, egli lancia due segnali che sull'opinione pubblica hanno un impatto fortissimo e duraturo.

Il primo sul trattamento degli omosessuali:

"Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarlo?".

Il secondo sull'ammissione delle seconde nozze:

"Una parentesi: gli ortodossi seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità [di matrimonio], lo permettono. Credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale".

Segue nell'ottobre del 2013 la convocazione di un sinodo sulla famiglia, primo di una serie di due sinodi sullo stesso tema nell'arco di un anno, con decisioni rimandate a dopo il secondo. A segretario generale di questa sorta di sinodo permanente e prolungato il papa nomina un neocardinale con nessuna esperienza in proposito, ma a lui legatissimo, Lorenzo Baldisseri. Al quale affianca per l'occasione, come segretario speciale, il vescovo e teologo Bruno Forte, già esponente di spicco della linea teologica e pastorale che aveva avuto il suo faro nel cardinale gesuita Carlo Maria Martini e i suoi maggiori avversari prima in Giovanni Paolo II e poi in Benedetto XVI: una linea dichiaratamente aperta a un cambio dell'insegnamento della Chiesa in campo sessuale.

All'indizione del sinodo si associa il lancio di un questionario a raggio mondiale con domande specifiche sulle questioni più controverse, comprese la comunione ai risposati e le unioni omosessuali.

Anche grazie a questo questionario – cui seguirà l'intenzionale pubblicazione delle risposte da parte di alcuni episcopati di lingua tedesca – si ingenera nell'opinione pubblica l'idea che si tratti di questioni da ritenersi già "aperte" non solo in teoria ma anche in pratica.

Dà prova di questa fuga in avanti, ad esempio, l'arcidiocesi di Friburgo, in Germania, retta dal presidente della conferenza episcopale tedesca Robert Zollitsch, che in un documento di un suo ufficio pastorale incoraggia l'accesso alla comunione dei divorziati risposati sulla semplice base di "una decisione di coscienza".

Da Roma il prefetto della congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Gerhard L. Müller, reagisce ripubblicando il 23 ottobre 2013 su "L'Osservatore Romano" una sua nota già uscita quattro mesi prima in Germania che riconferma e spiega il divieto della comunione.

A nulla vale però il suo richiamo affinché l'arcidiocesi di Friburgo ritiri quel documento. Anzi, sia il cardinale tedesco Reinhard Marx, sia con parole più grossolane il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga criticano Müller per la sua "pretesa" di troncare la discussione in materia. Sia Marx che Maradiaga fanno parte del consiglio degli otto cardinali chiamati da papa Francesco ad assisterlo nel governo della Chiesa universale. Il papa non interviene a sostegno di Müller.

Il 20 e il 21 febbraio 2014 i cardinali si riuniscono a Roma in concistoro. FP chiede loro di dibattere sulla famiglia e delega a tenere la relazione introduttiva il cardinale Walter Kasper, già battagliero sostenitore nei primi anni Novanta di un superamento dei divieto della comunione ai risposati, ma sconfitto, all'epoca, da Giovanni Paolo II e da Joseph Ratzinger.

Nel concistoro, che è a porte chiuse, Kasper rilancia in pieno quelle sue tesi. Numerosi cardinali gli si oppongono, ma F lo gratifica di altissimi elogi. In seguito, Kasper dirà di aver "concordato" col p le sue proposte.

Inoltre, Kasper ha dal p il privilegio di rompere il segreto sulle cose da lui dette nel concistoro, a differenza di tutti gli altri cardinali. Quando il 1 marzo la sua relazione esce a sorpresa sul quotidiano italiano "Il Foglio", la stessa relazione è infatti già in corso di stampa presso l'editrice Queriniana. L'eco della pubblicazione è immensa.

All'inizio della primavera, per bilanciare l'impatto delle proposte di Kasper, la congregazione per la dottrina della fede programma la pubblicazione su "L'Osservatore Romano" di un intervento di segno opposto di un cardinale di primo piano. Ma contro la pubblicazione di questo testo scatta il veto del papa.

Le tesi di Kasper sono comunque oggetto di severe e argomentate critiche da parte di un buon numero di cardinali, che intervengono a più riprese su diversi organi di stampa. Alla vigilia del sinodo, cinque di questi cardinali ripubblicano in un libro i loro interventi precedenti, col corredo di saggi di altri studiosi e di un alto dirigente di curia, gesuita, arcivescovo, esperto della prassi matrimoniale delle Chiese orientali. Kasper, con vasto consenso nei media, deplora la pubblicazione del libro come un affronto mirato a colpire il papa.

Il 5 ottobre si apre il sinodo. Contrariamente al passato, gli interventi in aula non sono resi pubblici. Il cardinale Müller protesta contro questa censura. Ma invano. Una prova in più, dice, che "non faccio parte della regia".

Compongono la centrale operativa del sinodo i segretari generale e speciale, Baldisseri e Forte. Ma ad essi il papa affianca, scelti da lui personalmente, coloro che si occuperanno della stesura del messaggio e della "Relatio" finali, tutti appartenenti al partito del cambiamento, con alla testa il suo fidato ghostwriter Víctor Manuel Fernández, arcivescovo e rettore dell'Università Cattolica di Buenos Aires.

Che questa sia la vera cabina di regia del sinodo diventa clamorosamente evidente lunedì 13 ottobre, quando davanti a duecento giornalisti di tutto il mondo il cardinale delegato che figura come l'autore formale della "Relatio post disceptationem", l'ungherese Péter Erdõ, interrogato sui paragrafi riguardanti l'omosessualità, rifiuta di rispondere e cede la parola a Forte dicendo: "Quello che ha redatto il brano deve sapere lui cosa dire".

Alla richiesta di chiarire se i paragrafi sull'omosessualità possano essere interpretati come un cambio radicale nell'insegnamento della Chiesa in materia, ancora il cardinale Erdõ risponde: "Certamente!", marcando anche qui il suo disaccordo.

In effetti questi paragrafi riflettono non un orientamento espresso in aula da un consistente numero di padri – come ci si aspetta di leggere in una "Relatio" – ma le cose dette da non più di tre individui su quasi duecento. Uno dei tre è il gesuita Antonio Spadaro, direttore de "La Civiltà Cattolica", nominato membro del sinodo personalmente da papa Francesco.

Martedì 14 ottobre, in conferenza stampa, il cardinale sudafricano Wilfrid Napier denuncia con parole taglienti l'effetto della prevaricazione operata da Forte con l'inserire nella "Relatio" quegli esplosivi paragrafi sull'omosessualità. Essi, dice, hanno messo la Chiesa in una posizione "irredeemable", senza vie d'uscita. Perché ormai "il messaggio è partito: questo è ciò che dice il sinodo, questo è ciò che dice la Chiesa. A questo punto non c'è correzione che tenga, tutto quello che possiamo fare è solo tentare di limitare i danni".

In realtà, nei dieci circoli linguistici in cui i padri sinodali proseguono la discussione, la "Relatio" va incontro a un massacro.  A cominciare dal suo linguaggio "touffu, filandreux, excessivement verbeux et donc ennuyeux", come denuncia impietoso il relatore ufficiale del gruppo "Gallicus B" di lingua francese, che pur comprende due campioni di tale linguaggio – e dei suoi contenuti altrettanto vaghi ed equivoci – come i cardinali Christoph Schönborn e Godfried Danneels.

Ripresi giovedì 16 ottobre i lavori in aula, il segretario generale Baldisseri, con a fianco il papa, dà l'avviso che i rapporti dei dieci gruppi non saranno resi pubblici. Esplode la protesta. Il cardinale australiano George Pell, fisico e temperamento da giocatore di rugby, è il più intransigente nell'esigere la pubblicazione dei testi. Anche il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin si associa. Baldisseri cede. Lo stesso giorno, papa Francesco si vede costretto a integrare il pool incaricato di scrivere la relazione finale, immettendovi l'arcivescovo di Melbourne Denis J. Hart e soprattutto il combattivo cardinale sudafricano Napier.

Il quale, però, aveva visto giusto. Perché qualunque sia lo sbocco di questo sinodo programmaticamente privo di una conclusione, l'effetto voluto dai suoi registi è in buona misura raggiunto.

Sull'omosessualità come sul divorzio e le seconde nozze, infatti, il nuovo verbo riformatore comunque immesso nel circuito mondiale dei media vale più del favore effettivamente raccolto tra i padri sinodali dalle proposte di Kasper o di Spadaro.

La partita potrà durare a lungo. Ma papa Francesco è paziente. Nella "Evangelii gaudium" ha scritto che "il tempo è superiore allo spazio".

*

Nel pilotare il sinodo verso l'ammissione alla comunione dei divorziati risposati si è mostrata particolarmente intraprendente "La Civiltà Cattolica", con la pubblicazione di un articolo secondo cui già il Concilio di Trento avrebbe aperto un varco in questa direzione:

> Seconde nozze a Venezia per "La Civiltà Cattolica"

"La Civiltà Cattolica" è diretta dal gesuita Antonio Spadaro ed è ogni volta stampata con il previo esame e l'approvazione delle massime autorità vaticane, in questo caso è facile immaginare con il personale "placet" del papa, con cui padre Spadaro intrattiene un rapporto strettissimo e confidenziale.

Ma quanto è fondata, storicamente, la tesi che fa del Concilio di Trento un antesignano delle "aperture" del pontificato di Jorge Mario Bergoglio in materia di divorzio?

Ecco qui di seguito una confutazione dell'articolo de "La Civiltà Cattolica". L'autore è professore di teologia morale nel St. John Vianney Theological Seminar di Denver, Stati Uniti, e ha studiato in profondità gli atti del Concilio di Trento in materia di matrimonio.

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DAMNATIO MEMORIÆ ?

di E. Christian Brugger



l padre gesuita Giancarlo Pani, docente di storia del cristianesimo presso l'Università di Roma "La Sapienza", ha recentemente pubblicato un saggio su "La Civiltà Cattolica" del titolo "Matrimonio e ‘seconde nozze’ al Concilio di Trento". In essa egli difende la pratica matrimoniale greca di "oikonomia" secondo la quale i matrimoni falliti possono essere sciolti e i coniugi hanno il permesso di risposarsi, o più spesso avere i loro "nuovi matrimoni dichiarati validi" dalla Chiesa “dopo un periodo di penitenza". Egli si augura palesemente che questa "tradizione tollerante" possa fare strada anche nella Chiesa cattolica.

A conforto di tale aspirazione, egli rivendica nientemeno che l’autorità del Concilio di Trento, che ritiene abbia implicitamente sancito la pratica greca del divorzio nei suoi "canones de sacramento matrimonii".

La sua tesi ha due difetti. Il primo e più serio qui semplicemente lo accenno. Nel suo saggio, egli non solo assume ma addirittura afferma più volte che questa forma di divorzio e di nuovo matrimonio non è in conflitto con la dottrina dell'indissolubilità, senza fornire nessun argomento a sostegno. L'affermazione è stata confutata da Germain Grisez, John Finnis e William E. May vent’anni fa nella loro risposta critica ai vescovi tedeschi Walter Kasper, Karl Lehmann e Oskar Saier, che avevano proposto una soluzione per permettere ai cattolici divorziati e risposati in Germania di accedere all'eucaristia.

Il secondo problema riguarda l'interpretazione di Pani del canone 7 di Trento sull’indissolubilità. Egli segue la fortunata interpretazione del gesuita fiammingo Piet Fransen (1913-1983), la cui ricostruzione, anche se ampiamente accolta, è gravemente difettosa (1). L'articolo di Pani riassume abbastanza gli eventi dell'agosto del 1563, per cui non è necessario ripeterli qui. Ma c’e una storia più ampia che esige delle osservazioni.

Anche se la Chiesa ortodossa orientale – scrive Pani – "ha affermato e riconosciuto rigorosamente l'indissolubilità del matrimonio", tuttavia ha consentito il divorzio e le seconde nozze in alcuni casi. I padri e i teologi a Trento sapevano dell'antico "ritus" (costume) dell'Oriente e l’hanno rispettato. Molti padri conciliari avevano dubbi circa la "clausola d’eccezione" nel Vangelo di Matteo ("tranne nei casi di porneia"). Essi dubitavano che la rivelazione divina escludesse assolutamente un nuovo matrimonio in caso di adulterio. Dato il dubbio, decisero di "parlare chiaramente sulla indissolubilità del matrimonio, ma anche di dire che tale dottrina non può essere considerata come una parte costitutiva della [divina] rivelazione". I loro dubbi hanno raggiunto il punto culminante nell'agosto del 1563 con il famoso intervento della delegazione veneziana, che ha esortato i padri conciliari, per il bene delle pratiche di divorzio dei Greci in terre cattoliche, a non condannare direttamente il divorzio e il nuovo matrimonio in caso di adulterio. La petizione ha avuto successo e alla fine il Concilio ha approvato una formulazione indiretta del canone 7. Questo ovviamente perché la grande maggioranza dei padri conciliari hanno preferito lasciare aperta la questione della legittimità delle pratiche greche di divorzio.

Pani lamenta che questa "pagina" nell'insegnamento di Trento sul matrimonio "sembra essere stata dimenticata dalla storia". Ma come può essere stata dimenticata quando Walter Kasper (2), Charles Curran (3), Michael Lawler (4), Kenneth Himes (5), James Coriden (6), Theodore Mackin S.J. (7), Victor J. Pospishil (8), Francis A. Sullivan SJ (9), Karl Lehmann (10), e Piet Fransen S.J. (solo per citarne alcuni) l’hanno ripetuta continuamente nel corso degli ultimi cinquant'anni? In realtà questa ricostruzione risale al XVII secolo. Il teologo antiromano Paolo Sarpi e il giansenista Jean Launoy (12) hanno sostenuto che il Concilio intendeva lasciare aperta la questione se a volte fosse legittimo risposarsi dopo il divorzio (13).

Pani incolpa i segretari e i cronisti del Concilio per il loro "silenzio eloquente" su questa storia. Ma un'interpretazione alternativa del loro silenzio mi sembra più ovvia e corretta: la ricostruzione di Pani è una creazione postconciliare. Questo non vuol dire che gli eventi che egli cita, in particolare l'intervento di Venezia, non abbiano avuto luogo. Certo che hanno avuto luogo. Ma non vi è alcuna base storica per la sua affermazione secondo cui il Concilio – e con questo intendo la stragrande maggioranza dei vescovi votanti – avrebbe letto il canone 7 come se lasciasse curi le pratiche di divorzio dei Greci. Molti studiosi prima della metà del XX secolo hanno sostenuto che Trento intendeva definire l'assoluta indissolubilità [del matrimonio] come una verità "de fide", per esempio Domenico Palmieri (14) e Giovanni Perrone (15), l'illustre autore e redattore del francese "Dictionnaire de Théologie Catholique” Alfred Vacant (16) e il teologo dogmatico George Hayward Joyce, S.J. (17). Più di recente la stessa tesi è stato difesa dal futuro papa Joseph Ratzinger (18) e dai teologi morali Germain Grisez e Peter Ryan, S.J. (19).

Per dimostrare a fondo la falsità dell'interpretazione di Pani-Fransen occorrerebbe un trattato della lunghezza di un libro. Ma molte cose si possono dire per dimostrare che essa è discutibile. Per capire le vere intenzioni dei padri a Trento, non dobbiamo guardare subito, come fa Pani, l'intervento della delegazione veneziana. Dobbiamo guardare per prima cosa il consenso solido come roccia dei padri e dei teologi in ogni precedente discussione sul matrimonio, dal 1547 fino all'agosto del 1563.

Quando il canone 6 (che divenne il canone 7) fu presentato ai padri il 20 luglio del 1563, dopo aver subito diverse riscritture fu formulato così:

"Se qualcuno dirà che a causa dell'adulterio di un coniuge il matrimonio può essere sciolto, e che è lecito per entrambi, o almeno per il coniuge innocente che non ha dato nessun motivo per l'adulterio, di risposarsi, e che non è un adultero colui che licenzia una adultera e ne sposa un'altra, né è un'adultera colei che licenzia un adultero e ne sposa un altro: sia anatema" (20).

Non vi è nulla di straordinario in questa formulazione, in quanto il suo contenuto è più o meno lo stesso del contenuto delle proposizioni precedentemente condannate (numeri 3-5), proposte al Concilio da Angelo Massarelli, il segretario generale, nell'aprile del 1547 (21). Questa formulazione condanna in forma diretta le proposizioni che il matrimonio può essere sciolto a causa di adulterio; che non è mai lecito per i coniugi adulteri di risposarsi; e che il coniuge che ripudia un coniuge adultero e si risposa non è colpevole di adulterio.

Fin dalle prime discussioni di Trento questo è stato il consenso dei padri conciliari. Per quanto riguarda le "auctoritates", i prelati hanno fatto riferimento a Nostro Signore e a san Paolo, ai Canoni Apostolici, a Girolamo, Ambrogio, Agostino, Crisostomo, Origene, Ilario, ai papi Innocenzo I, Leone I, Alessandro III e ai Concili di Milevi, Elvira, Costanza, Firenze e Lateranense IV, tra altri. Quando pensatori cattolici del XVI secolo come Erasmo e Catarinus hanno suggerito che la dottrina dell'assoluta indissolubilità debba essere annacquata, le loro proposte sono state condannate dalle facoltà di teologia delle università di Colonia, Lovanio e Parigi. La conclusione di Agostino che la clausola d’eccezione in Matteo va letta in conformità con gli insegnamenti più restrittivi che si trovano in Luca 16, Marco 10 e Romani 7, 1-3 era accettata da quasi tutti. "Separazione di letto, non di legame", era il motto del momento.

Pani menziona il significativo dubbio contro l’indissolubilità assoluta [del matrimonio] esposto dal vescovo di Segovia il 14 agosto del 1563, come fa ogni altro autore che segue questa interpretazione (22). Ma egli non menziona che dall'inizio delle discussioni sul matrimonio una maggioranza rilevante e coesa ha affermato, contro il punto di vista segoviano, il motto agostiniano "letto, non legame", senza eccezioni. Alcuni nomi dovrebbero essere sufficienti a dimostrare questo: il presidente del concilio e legato pontificio cardinale Cervinus; gli arcivescovi Materanus, Naxiensis, Aquensis, e Armacanus; i vescovi Aciensis, Sibinicensis, Chironensis, Sebastensis, Motulanus, Motonensis, Mylonensis, Feltrensis, Bononiensis, Sibinicensis, Chironensis, Aquensis, Bituntinus, Aquinas, Mylensis, Lavellinus, Mylensis, Caprulanus, Grossetanus, Upsalensis, Salutiarum, Caprulanus, Veronensis, Maioricensis, Camerinensis , Thermularum, Mirapicensis e Vigorniensis.

In una dichiarazione sommaria registrata negli Acta il 6 settembre del 1547, si legge: "Le risposte dei padri erano varie; ma la stragrande maggioranza erano d’accordo che l'adulterio non può sciogliere un matrimonio; che se uno sposa un'altra persona quando il suo coniuge è ancora in vita commette adulterio; e che per nessuna ragione possono essere separati, tranne che nel letto”. (23). Riguardo alle "auctoritates" che si oppongono a questo punto di vista, la maggioranza ha concordato "che la separazione deve essere intesa solo come separazione del letto, e non del vincolo secondo l'interpretazione dei dottori (e l'insegnamento di San Paolo in 1 Cor 7, 10ss e Romani 7, 2ss, di Marco 10, 11, di Luca 16, 18 e dello stesso Matteo 5, 32)" Infine, la maggioranza ha concordato “che la comprensione della Scrittura dovrebbe essere secondo l'insegnamento della Chiesa” (24).

Quando la bozza del canone 6 fu presentata il 20 luglio del 1563, più di duecento padri del Concilio (cardinali, arcivescovi, vescovi, abati e generali delle congregazioni) intervennero a commentarla. Tutti sapevano che la fine dei dibattiti sul matrimonio si avvicinava. Se ci fossero stati dubbi diffusi o insoddisfazione tra i padri circa la destinazione della formulazione, l'inclusione dell'anatema, o le sue implicazioni per le pratiche di divorzio dei Greci (25), ci si sarebbe aspettato un notevole numero di "non placet" al canone. Ma solo 17 esprimettero disapprovazione, soprattutto a causa delle "opinioni dei Greci". Più dell'85 per cento dei prelati votanti erano soddisfatti per la formulazione diretta dell'anatema che condannava le seconde nozze dopo l'adulterio, con una larga maggioranza che approvò esplicitamente il suo contenuto ("placet").

Tre settimane più tardi, l'11 agosto, arrivò la proposta di Venezia di una formulazione indiretta. Circa 136 prelati si esprimettero a favore della proposta. Come si spiega questo cambiamento? Forse perché i padri conciliari preferivano lasciare aperta la questione della legittimità delle pratiche greche di divorzio, come Pani e altri suggeriscono? Tale conclusione deve essere respinta. È verosimile che in meno di tre settimane la stragrande maggioranza dei prelati votanti abbiano abbandonato l’indissolubilità assoluta per consentire alcuni casi di divorzio e seconde nozze? Nella versione finale del canone 7 il Concilio adottò quattro altri importanti cambiamenti che contraddicono questa conclusione.

In primo luogo, aggiunse la frase "iuxta evangelicam et apostolicam doctrinam" per far capire che le successive proposizioni che condannano la negazione dell'indissolubilità nei casi di adulterio hanno la loro origine nella rivelazione divina.

In secondo luogo, sostituì il termine normativo "non dovrebbe... contrattare" ("non debere... contrahere") con il termine sostanziale "non può... contrattare" ("non posse... contrahere") rendendo chiaro che un nuovo matrimonio dopo il divorzio non è solo sbagliato, ma addirittura impossibile, sempre.

In terzo luogo, per garantire che il canone riguardava in modo trasparente l'indissolubilità del vincolo del matrimonio, adottò il termine "vinculum matrimonii" in sostituzione di "matrimonium".

Infine, introdusse per la prima volta una prefazione dottrinale ai canoni sul matrimonio. Ciò era chiaramente mirato ad istituire un quadro dottrinale all'interno del quale i canoni devono essere letti e interpretati. L’introduzione fonda la verità della indissolubilità sulla legge naturale (l'ordine creato), sull'ispirazione dello Spirito Santo nel Antico Testamento e sulla volontà e l'insegnamento di Gesù come espresso nel Nuovo Testamento. E afferma che sono condannati non solo gli "scismatici" ma anche "i loro errori" ("eorumque errores"), cioè le loro proposizioni erronee sulla natura del matrimonio, compresa la loro indiscutibile negazione della indissolubilità assoluta del matrimonio.

La spiegazione più plausibile per l'improvvisa svolta è che i padri conciliari restavano comunque convinti che il matrimonio non può essere sciolto a causa di un adulterio o di qualsiasi altra cosa, e che questo doveva essere insegnato come una verità di fede. Essi si erano trovati pronti a insegnare ciò nella forma di un anatema diretto che condannava la sua negazione. Ma l'intervento di Venezia li aveva mesi in guardia da una possibile conseguenza di questo atto, vale a dire il turbamento del delicato equilibrio dei rapporti tra i cristiani greci e la gerarchia romana nelle isole del Mediterraneo.

Erano certi che la proposizione che affermava l'indissolubilità assoluta del matrimonio era vera e apparteneva alla rivelazione divina, e avevano l’intenzione di insegnare entrambe le cose, ma di farlo in modo da ridurre al minimo le conseguenze indesiderabili. Non hanno fatto ricorso a una formulazione indiretta a motivo di dubbi circa l'interpretazione della "clausola d’eccezione", per la paura dello scandalo di "anatematizzare Ambrogio" o perché volessero lasciare i Greci liberi di seguire le loro antiche usanze di divorzio. L'appello di Venezia ha avuto successo per il motivo pastorale che una formulazione indiretta poneva una probabilità minore di turbare le relazioni greco-romane nei territori veneziani.

L'idea di Pani che nella pubblicazione del canone 7 i padri intendevano soltanto condannare Lutero e i riformatori ma lasciare fuori dalla critica le pratiche di divorzio dei Greci è in contrasto con il giudizio motivato sulla indissolubilità assoluta del matrimonio della stragrande maggioranza dei padri e dei teologi del Concilio dalla primavera del 1547 alla fine dell'estate del 1563. Come Ryan e Grisez affermano: "Anche se Trento non anatematizza [esplicitamente] la pratica della 'oikonomia', il canone 7 comporta che la sua applicazione alle 'seconde nozze' dopo il divorzio è contraria alla fede" (26).

La formula ironica di Pani, "damnatio memoriae", è davvero adatta. Ma non sono gli atti, i segretari, i cronisti o i commentatori del Concilio che impongono il silenzio sull'insegnamento di Trento. Si tratta piuttosto di coloro che, in nome della "misericordia evangelica", vogliono sostituìre una verità di fede con una "tollerante" fantasia.

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NOTE

(1) La tesi di dottorato di Fransen sul canone 7 ("De indissolubilitate Matrimonii christiani in casu fornicationis. De canone Septimo Sessionis XXIV Concilii Tridentini, luglio-novembre 1563") è stata presentata alla Gregoriana nel 1947. Nel 1950, Fransen pubblicò altri sei saggi influenti sulla rivista "Scholastik" sull'insegnamento di Trento sul matrimonio, che sono ristampati in una raccolta di saggi di Fransen intitolata "Ermeneutica dei Concili e altri studi", ed. H.E. Mertens e F. de Graeve, Leuven University Press, 1985. Egli ha riassunto le conclusioni di questi saggi in un saggio inglese molto letto dal titolo "Il divorzio a causa della Adulterio - Il Concilio di Trento (1563)", stampato in un numero speciale della rivista "Concilium", dal titolo "Il futuro del matrimonio come istituzione", ed. Franz Böckle, New York, Herder and Herder, 1970, 89-100.

(2) Kasper, "Theology of Christian Marriage", New York, Crossroad, 1977, note 87, p. 98, also p. 62.

(3) Charles Curran, "Faithful Dissent", Sheed & Ward, 1986, 269, 272.

(4) Michael Lawler, “Divorce and Remarriage in the Catholic Church: Ten Theses,” New Theology Review, vol. 12, no. 2 (1999), 56.

(5) Kenneth Himes and James Coriden, “The Indissolubility of Marriage: Reasons to Reconsider,” Theological Studies, vol. 65, no. 3 (2004), 463.

(6) Ibid.

(7) Theodore Mackin, "Divorce and Remarriage", New York, Paulist Press, 1984, 388.

(8) Victor J. Pospishil, "Divorce and Remarriage", New York, Herder and Herder, 1967, 66-68.

(9) Francis Sullivan, "Creative Fidelity: Weighing and Interpreting Documents of the Magisterium", New York, Paulist Press, 1996, 131-134.

(10) Karl Lehmann, "Gegenwart des Glaubens", Mainz, Matthias-Grünwald-Verlag, 1974, 285-286.

(11) Paolo Sarpi (1552 -1623), "Istoria del Concilio Tridentino", Londra, 1619; Traduzione in inglese: "History of the Council of Trent" (1676). La sua "Istoria", molto letta dai protestanti, è stata criticata come orientata contro la curia romana; vedi L.F. Bungener, "History of the Council of Trent", New York, Harper & Brothers, 1855, xix-xx.

(12) Jean de Launoy (1603-1678); vedi "De regia in matrimonium potestate" (1674), par. III, art. I, cap. 5, n. 78; in "Opera", Colonia/Ginevra, 1731, tom. 1, cap. I, p. 855.

(13) Bossuet scrisse di Sarpi: "Era un protestante sotto un abito religioso, che ha recitato la messa senza credere in essa, e che rimase in una Chiesa che egli considerava idolatra". Vedi Bertrand L. Conway, CSP, “Original Diaries of the Council of Trent,” The Catholic World, vol. 98 (Oct. 1913-March 1914), 467.

(14) Domenico Palmieri, "Tractatus de Matrimonio Cristiano", Typographia Polyglotta SC de Propaganda Fide, Roma, 1880, p. 142.

(15) G. Perrone, SJ., "De Matrimonio Christiano", vol. 3, Rome, 1861, bk. 3, ch. 4, a. 2, p. 379-380.

(16) A. Vacant, s.v., “Divorce", in ”Dictionnaire de théologie catholique", 1908, vol. XII, cols. 498-505.

(17) George Hayward Joyce, S.J., "Christian Marriage: An Historical and Doctrinal Study", London: Sheed and Ward, 1933, 395.

(18) In un saggio del 1972, "Zur Frage nach der Unauflöslichkeit der Ehe: Bemerkungen zum dogmengeschichtlichen Befund und zu seiner gegenwärtigen Bedeutung" (in Ehe und Ehescheidung: Diskussion Unter Christen, a cura di Franz Henrich e Volker Eid, München, Kösel, 1972, 47, 49), Ratzinger dice che egli segue Fransen sul canone 7. Nel 1986 egli dimostra però che ha cambiato idea: "La posizione della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio sacramentale e consumato... è stata infatti definita nel Concilio di Trento, e così appartiene al patrimonio della fede "(vedi citazione in Charles Curran, "Faithful Dissent", Sheed & Ward, 1986, p 269).

(19) Peter F. Ryan, S.J. and Germain Grisez, “Indissoluble Marriage: A Reply to Kenneth Himes and James Coriden", Theological Studies 72 (2011), 369-415.

(20) CT, IX, 640.

(21) See CT, VI, 98-99.

(22) CT, XI, 709.

(23) CT, VI, 434.

(24) CT, VI, 434-435.

(25) “Non placet, quia ferit Graecos and Ambrose” (Arcivescovo Cretensis), CT, IX, 644.

(26) Op. Cit., nota 180.

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Il testo integrale dell'importante articolo scritto nel 1994 sulla rivista dei domenicani inglesi "New Blackfriars" da Germain Grisez, John Finnis e William E. May contro le tesi dei vescovi tedeschi Walter Kasper, Karl Lehmann e Oskar Saier favorevoli ad ammettere alla comunione i divorziati risposati:

> Indissolubility, Divorce and Holy Communion

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Il testo letto in sinodo a conclusione della prima settimana di discussione in aula, con i tre esplosivi paragrafi (50-52) sull'omosessualità:

> Relatio post disceptationem

E i rapporti dei dieci circoli linguistici che l'hanno fatto a pezzi:

> Relazioni dei circoli minori

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Per un profilo più compiuto del segretario speciale del sinodo:

> Diario Vaticano / La conversione del vescovo-teologo Bruno Forte (10.9.2012)



http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/14/terzo-segreto-di-fatima-cardinale-saraiva-possono-ancora-sparare-a-un-papa/1119984/
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17.10.2014 

giovedì 30 ottobre 2014

Ave candidum Lilium ... / A lode e gloria della Vergine Divina


Ave candidum (di S. Geltrude)

“Ave candidum Lilium fulgidae semperque tranquillae Trinitatis,
Rosaque praefulgida coelicae amoenitatis
“Ti saluto, o candido Giglio della luminosissima e sempre tranquilla Trinità,
O Rosa fulgidissima della celeste beatitudine
De qua nasci
Da Te nascere
Et de cuius lacte pasci
Da Te suggere il latte volle
Rex Coelorum voluit.
Colui che è Re di tutti i cieli.
Divinis influxionibus animas nostras pasce!"
Noi pure allatta con doni divini!”

In Solemnitate Omnium Sanctorum

   
 
    
 
e traduzione italiana delle letture secondo
la traduzione proposta dalle CEI
 
1 NOVEMBRE
TUTTI I SANTI


IN OMNIUM SANCT
ÓRUM


INTRÓITUS
Gaudeámus omnes in Dómino, diem festum celebrántes sub honóre Sanctórum ómnium: de quórum solemnitáte gáudent Ángeli et colláudant Fílium Dei. Ps. 32, 1 - Exsultáte iusti, in Dómino: rectos decet collaudátio. Glória Patri… Gaudeámus omnes in Dómino,…

Godiamo tutti nel Signore, celebrando questa festa in onore di tutti i Santi, della cui solennità godono gli Angeli e lodano il Figlio di Dio. Sal. 32, 1 - Esultate nel Signore, o giusti: ai retti si addice il lodarLo. Gloria al Padre… Godiamo tutti nel Signore,…

ORÁTIO
Omnípotens sempitérne Deus, qui nos ómnium Sanctórum tuórum mérita sub una tribuísti celebritáte venerári: quǽsumus: ut desiderátam nobis tuæ propitiatiónis abundántiam, multiplicátis intercessóribus, largiáris. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
M. - Amen.
 

O Dio onnipotente ed eterno, che ci hai concesso di celebrare con unica solennità i meriti di tutti i tuoi Santi, Ti preghiamo di elargirci la bramata abbondanza della tua propiziazione, in grazia di tanti intercessori. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. - Amen.

EPISTOLA
Léctio libri Apocalypsis B. Ioánnis Ap., 7, 2-12
 
In diébus illis: Ecce ego Ioánnes vidi álterum Angelum ascendéntem ab ortu solis, habéntem signum Dei vivi: et clamávit voce magna quátuor Ángelis, quibus datum est nocére terræ et mari, dicens: Nolíte nocére terræ et mari neque arbóribus, quoadúsque signémus servos Dei nostri in fróntibus eórum. Et audívi númerum signatórum centum quadragínta quátuor míllia signáti, ex omni tribu filiórum Israël. Ex tribu Iuda duódecim míllia signáti. Ex tribu Ruben duódecim míllia signáti. Ex tribu Gad duódecim míllia signáti. Ex tribu Aser duódecim míllia signáti. Ex tribu Néphtali duódecim míllia signáti. Ex tribu Manasse duódecim míllia signáti. Ex tribu Símeon duódecim míllia signáti. Ex tribu Levi duódecim míllia signáti. Ex tribu Issachar duódecim míllia signáti. Ex tribu Zábulon duódecim míllia signáti. Ex tribu Ióseph duódecim míllia signáti. Ex tribu Béniamin duódecim míllia signáti. Post hæc vidi turbam magnam quam dinumeráre nemo póterat, ex ómnibus géntibus, et tríbubus, et pópulis, et linguis: stantes ante thronum, et in conspéctu Agni, amícti stolis albis, et palmæ in mánibus eórum: et clamábant voce magna, dicéntes: Salus Deo nostro, qui sedet super thronum, et Agno. Et omnes Ángeli stábant in circúitu throni, et seniórum, et quátuor animálium: et cecidérunt in conspéctu throni in fácies suas, et adoravérunt Deum, dicéntes: Amen. Benedíctio, et cláritas, et sapiéntia, et gratiárum áctio, honor, et virtus, et fortitúdo Deo nostro, in sǽcula sæculórum. Amen.
M. - Deo grátias.
     
 
In quei giorni: ecco che io, Giovanni vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: "Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi". Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele: dalla tribù di Giuda dodicimila; dalla tribù di Ruben dodicimila; dalla tribù di Gad dodicimila; dalla tribù di Aser dodicimila; dalla tribù di Nèftali dodicimila; dalla tribù di Manàsse dodicimila; dalla tribù di Simeone dodicimila; dalla tribù di Levi dodicimila; dalla tribù di Issacar dodicimila; dalla tribù di Zàbulon dodicimila; dalla tribù di Giuseppe dodicimila; dalla tribù di Beniamino dodicimila. Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello". Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: "Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen".
M. - Deo grátias.
 
GRADUALE
Ps. 33, 10 et 11 - Timéte Dóminum, omnes sancti eius: quóniam nihil déest timéntibus eum. Inquiréntes áutem Dóminum, non defícient omni bono.   
 
Sal. 33, 10 e 11 - Temete il Signore, o voi tutti suoi santi: perché nulla manca a quelli che lo temono. Quelli che cercano il Signore non saranno privi di alcun bene.
 
ALLELÚIA
Allelúia, allelúia. Matth. 11, 28 - Veníte ad me omnes qui laborátis et oneráti estis: et ego refíciam vos. Allelúia.  

Allelúia, allelúia. Matteo, 11, 28 - Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi: e io vi ristorerò. Allelúia.

EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Matthǽum, 5, 1-12

In illo témpore: Vídens Iesus turbas, ascéndit in montem, et cum sedísset, accessérunt ad eum discípuli eius, et apériens os suum docébat eos, dicens: Beáti páuperes spíritu: quóniam ipsórum est regnum coelórum. Beáti mites: quóniam ipsi possidébunt terram. Beáti qui lugent: quóniam ipsi consolabúntur. Beáti qui esúriunt et sítiunt iustítiam: quóniam ipsi saturabúntur. Beáti misericórdes: quóniam ipsi misericórdiam consequéntur. Beáti mundo corde: quóniam ipsi Deum vidébunt. Beáti pacífici: quóniam fílii Dei vocabúntur. Beáti qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam: quóniam ipsórum est regnum coelórum. Beáti estis cum maledíxerint vobis, et persecúti vos fúerint, et díxerint omne malum advérsum vos, mentiéntes, propter me: gaudéte, et exsultáte, quóniam merces vestra copiósa est in coelis.
M. - Laus tibi Christe.

In quel tempo Gesù vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra.  Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
M. - Laus tibi Christe.

ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM
Sap. 3, 1-2 et 3 - Iustórum ánimæ in manu Dei sunt, et non tanget illos torméntum malítiæ: visi sunt óculis insipiéntium mori: illi autem sunt in pace. Allelúia.
 
Sap. 3, 1-2 e 3 - I giusti sono nelle mani di Dio e nessuna pena li tocca: pàrvero morire agli occhi degli stolti, ma invece essi sono nella pace. Allelúia.
 
SECRÉTA
Múnera tibi, Dómine, nostræ devotiónis offérimus: quæ et pro cunctórum tibi grata sint honóre iustórum, et nobis salutária, te miseránte, reddántur. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
M. - Amen.

Ti offriamo, o Signore, i doni della nostra devozione: Ti siano graditi in onore di tutti i Santi e tornino a noi salutari per tua misericordia. Per il nostro Signore Gesú Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. Amen.
 
PREFAZIO COMUNE

COMMÚNIO
Matth. 5, 8-10 - Beáti mundo corde, quóniam ipsi Deum vidébunt: beáti pacífici, quóniam fílii Dei vocabúntur: beáti qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam, quóniam ipsórum est regnum coelórum.
 
Matteo, 5, 8-10 - Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio: beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio: beati i perseguitati per amore della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
 
POSTCOMMÚNIO
Da, quǽsumus, Dómine, fidélibus pópulis ómnium Sanctórum semper veneratióne lætári: et eórum perpétua supplicatióne muníri. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
M. Amen.

Concedi ai tuoi popoli, Te ne preghiamo, o Signore, di allietarsi sempre nel culto di tutti Santi: e di essere muniti della loro incessante intercessione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli.
M. Amen


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SESTRI LEVANTE (Genoa) Italy