giovedì 30 ottobre 2014

Proteggi la mia famiglia




Crociata di Preghiera (167) Proteggi la mia famiglia
"O Dio, mio Eterno Padre, per la Grazia del Tuo diletto Figlio Gesù Cristo, ti prego di proteggere in ogni momento, la mia famiglia dal male. 
Dacci la forza di levarci al di sopra della malizia e di rimanere uniti nel nostro amore per Te e dell’uno per l’altro. 
Sostienici in ogni genere di prova e sofferenza che potremmo dover sopportare al fine di mantenere vivo l’amore che abbiamo l’uno per l’altro, così da essere uniti a Gesù. 
Benedici le nostre famiglie e concedici il Dono dell’Amore, anche nei momenti di conflitto. Rafforza il nostro amore, così che possiamo condividere la gioia della nostra famiglia con gli altri ed il Tuo Amore possa essere condiviso con il mondo intero. Amen."

Per cancellare l'attacco al suo proprio giudizio


CAPITOLO III. - SI PARLA DELL'ANIMA DI UNA GIOVINETTA DEVOTA ALLA SS. VERGINE


Poco tempo dopo morì una giovinetta che, fin dall'infanzia, era stata divotissima della Madonna. Avendo terminato la sua breve carriera, venne chiamata all'eterna ricompensa. Munita di tutti i sacramenti della Chiesa, ella stava per entrare in agonia, quando con le mani tremanti prese il Crocifisso, salutò le S. Piaghe con espressioni tenere, le ringraziò, le adorò, le coperse di baci così ardenti, che tutte le consorelle ne provarono straordinaria compunzione.

In seguito ella chiese, con brevi preghiere, al Signore, alla Vergine Maria, agli Angeli, ai Santi di ottenerle il perdono dei peccati, di supplire a quanto le mancava, di proteggerla nell'ora della morte; infine, riposando un istante come se fosse stata stanca, s'addormentò con confidenza nel Signore.

La Comunità si mise tosto in preghiera per il sollievo di quell'anima e Gesù apparve a Geltrude: Egli teneva fra le braccia l'anima della defunta, la carezzava amabilmente e le diceva: «Mi riconosci, figlia mia?». Geltrude, vedendo ciò, pregò il Signore di ricompensare quell'anima soprattutto per l'umiltà che l'aveva spinta a servire lei e le altre consorelle, perchè le credeva più care a Dio e desiderava partecipare ai loro meriti. Allora Gesù presentò alla defunta il suo Cuore divino, dicendole: «Bevi, figlia mia, in questo vaso traboccante quanto tu desideravi ricevere per i miei eletti quando eri in terra ».

All'indomani, durante la S. Messa, quell'anima apparve come seduta in grembo al Salvatore e la Regina del cielo venne vicino a lei, presentandole i suoi gioielli ed i suoi meriti. Quando la Comunità recitò per essa il Salterio, aggiungendo un'Ave Maria dopo ogni salmo, la Madre di Gesù moltiplicò i doni suoi a quell'anima, come ricompensa della sua speciale divozione.

Geltrude chiese poi al Signore di quali fragilità aveva dovuto purificare la defunta prima della morte.

Egli rispose: « Ella si compiaceva nel suo proprio giudizio: l'ha purificata permettendo che morisse prima che la comunità terminasse le preghiere, che si dicevano per lei. Infatti, quand'ella comprese che ciò avveniva, temette di subirne detrimento e tale angoscia la purificò da ogni imperfezione. Geltrude aggiunse: « Ma Signore, quest'anima non si era forse purificata sufficientemente con la contrizione che ebbe in punto di morte, quando ti ha pregato di mondarla da tutte le colpe? ». E Gesù: « Quella contrizione generale non era sufficiente, bisognava che subentrasse una sofferenza per cancellare l'attacco al suo proprio giudizio, per cui non si piegava subito docilmente a coloro che la dirigevano ». E aggiunse: « Ella dovette essere purificata anche da un'altra macchia, contratta per la noia ch'ella provava a confessarsi; la mia bontà però le ha perdonato questa imperfezione, in vista di coloro che avevano cura di lei, e che sono i miei ed i suoi amici. Per la pena che ha provato, confessandosi in punto di morte, le ho rimesso ogni negligenza su questo punto ».

Durante la S. Messa, mentre si cantavano all'Offertorio queste parole: « Hostias ac preces », il Signore parve levare la mano destra. Allora un magnifico bagliore rischiarò tutto il cielo, e investì quell'anima che riposava in grembo a Cristo. Tutti i cori dei Santi si avvicinarono, ordine per ordine, deposero i loro meriti in seno a Gesù, per supplire a quelli che la defunta non aveva acquistati.

Geltrude comprese allora che i Santi agivano in tal modo, perchè quell'anima aveva avuto l'abitudine di supplicarli affinché applicassero ai defunti i loro meriti, quale espiazione dei loro difetti. Quantunque poi tutti gli abitanti del cielo le mostrassero segni speciali di tenerezza, pure le vergini lo facevano in modo più ardente, essendo essa una del loro numero.

Un'altra volta Geltrude pregò ancora per l'anima di quella giovane Religiosa: le sue parole furono brevi, ma possenti. Esse apparvero scolpite sul petto del Signore, quasi come finestrelle che facevano vedere l'interno del Cuore di Gesù, Figlio di Dio. Ella intese Gesù dire a quell'anima: « Guarda in ogni parte del cielo: vedi se qualche Santo possiede un bene che tudesideri e attingi quel bene nel mio Cuore, attraverso a queste aperture ».

Geltrude comprese che lo stesso favore si rinnovava a ogni preghiera offerta per quell'anima.

All'Elevazione dell'Ostia, il Figlio di Dio parve presentare: a quella giovane Religiosa il suo sacratissimo Corpo sotto l'aspetto di un agnello immacolato. Mentre essa lo baciava con tenerezza, fu come trasfigurata, ricevendo una nuova gioia nella conoscenza della Divinità. Geltrude chiese allora alla defunta di pregare per le anime che le erano affidate. Rispose: « Prego per esse, ma non posso volere se non quello che vuole il mio amatissimo Signore». Riprese la Santa: « E' dunque allora inutile appoggiarsi alla tua preghiera? ». « No, essa sarà loro di vantaggio, perchè il Signore, che conosce i loro desideri, ci eccita a pregare secondo le loro intenzioni ». « Puoi tu intercedere specialmente per le tue più intime amiche che nulla hanno ancora chiesto? ». « Il Signore stesso, nel suo amore, fa loro un gran bene per causa nostra ». « Prega almeno specialmente per il Sacerdote che ora si comunica per te ». « Egli avrà doppio vantaggio per tale atto: come il Signore da lui riceve per dare a me grarzie preziose, così, a mia volta, rimando tali beni verso il Sacerdote, unendovi grazie personali; il suo profitto spirituale si accresce come l'oro appare più bello quando vi sono incastonate varie gemme».

Geltrude chiese: « Dalle tue parole mi pare di poter concludere che è più vantaggioso celebrare delle Messe per i defunti, piuttosto che per altre intenzioni». La giovane Religiosa rispose: « In vista della carità con la quale si aiutano, le anime purganti, la S. Messa produce maggiori frutti che se fosse celebrata soltanto per dovere sacerdotale. Ma se un moto intimo del cuore getta íl sacerdote in Dio, e lo fa celebrare sotto tale impulso, allora il S. Sacrificio è ancora più fruttuoso ».

Geltrude aggiunse: « Dove hai tu appreso tante cose, mentre avevi in terra un'intelligenza così limitata? ». Ella replicò: « Ho appreso ogni cosa da Colui di cui S. Agostino disse: « avere visto Dio una sola volta, significa avere tutto appreso ».

Un altro giorno Geltrude vide la defunta raggiante di gloria, adorna di abiti scarlatti: ne chiese la ragiono al Signore, il quale rispose: « Come gliene avevo fatto promessa, per tuo tramite, così l'ho rivestita della mia Passione; perchè nonostante la grande debolezza della sua salute, non si è mai astenuta dai lavori comuni imposti dalla Regola e quantunque si spendesse al di là delle sue forze, pure non lasciò sfuggire nè un lamento, nè una impazienza». Il Signore aggiunse: « Le ho poi dato parecchi nobili principi della mia corte, affinchè le rendano onori particolari per compensare gli spasimi sopportati durante la malattia. Un braccio le cagionò particolari sofferenze, perciò ella mi tiene abbracciato nella gloria con tale beatitudine che vorrebbe avere sofferto cento volte di più ».

Siccome Geltrude bramava sapere se la Congregazione riceveva qualche soccorso dalle anime beate che aveva dato al cielo, la defunta rispose: « Esse vi procurano aiuti immensi, perchè il Signore moltiplica i suoi benefici a vostro riguardo, per ciascuna delle vostre consorelle salite all'eterna gloria ».

Durante una S. Messa che non era cantata per i defunti, Geltrude, pregando ancora per la stessa Religiosa, la vide nella gloria e chiese quale frutto ritraeva da quel Santo Sacrificio. Rispose ella: « Non attinge una regina nelle ricchezze del suo re e Signore? Ora che sono unita al mio Re, dolcissimo Sposo, ho parte a tutti i suoi beni e mi assido alla sua tavola come regina a quella del suo sovrano. Per tutte queste grazie siano lode e gloria in tutti i secoli al Signore, Re dei Re ».

martedì 28 ottobre 2014

Messaggio del Papa Benedetto XVI



Roma (kath.net/as) “Un gesto di gratitudine per quanto ha fatto per la Chiesa in qualità di perito conciliare, con il suo insegnamento di docente, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e, infine, con il suo prezioso magistero”: con questa motivazione la Pontificia Università Urbaniana ha voluto dedicare la propria aula magna a Benedetto XVI. La cerimonia si è svolta il 21 ottobre 2014 in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo. Ha partecipato l’arcivescovo Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, che ha dato lettura di un messaggio scritto per l’occasione dal Papa emerito, del quale il presule è segretario particolare. 
* * *
Messaggio del Papa Benedetto XVI
per l’intitolazione dell’Aula Magna ristrutturata
Pontificia Università Urbaniana, 21 ottobre 2014


Vorrei in primo luogo esprimere il mio più cordiale ringraziamento al Rettore Magnifico e alle autorità accademiche della Pontificia Università Urbaniana, agli Ufficiali Maggiori e ai Rappresentanti degli Studenti, per la loro proposta di intitolare al mio nome l’Aula Magna ristrutturata. Vorrei ringraziare in modo del tutto particolare il Gran Cancelliere dell’Università, il Cardinale Fernando Filoni, per avere accolto questa iniziativa. È motivo di grande gioia per me poter essere così sempre presente al lavoro della Pontificia Università Urbaniana.

Nel corso delle diverse visite che ho potuto fare come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono rimasto sempre colpito dall’atmosfera di universalità che si respira in questa Università, nella quale giovani provenienti praticamente da tutti i Paesi della Terra si preparano per il servizio al Vangelo nel mondo di oggi. Anche oggi, vedo interiormente di fronte a me, in quest’aula, una comunità formata da tanti giovani, che ci fanno percepire in modo vivo la stupenda realtà della Chiesa cattolica.

“Cattolica”: questa definizione della Chiesa, che appartiene alla professione di fede sin dai tempi più antichi, porta in sé qualcosa della Pentecoste. Ci ricorda che la Chiesa di Gesù Cristo non ha mai riguardato un solo popolo o una sola cultura, ma che sin dall’inizio era destinata all’umanità. Le ultime parole che Gesù disse ai suoi discepoli furono: “Fate miei discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). E al momento della Pentecoste gli Apostoli parlarono in tutte le lingue, potendo così manifestare, per la forza dello Spirito Santo, tutta l’ampiezza della loro fede.

Da allora la Chiesa è realmente cresciuta in tutti i Continenti. La vostra presenza, care studentesse e cari studenti, rispecchia il volto universale della Chiesa. Il profeta Zaccaria aveva annunciato un regno messianico che sarebbe andato da mare a mare e sarebbe stato un regno di pace (Zc 9,9s.). E infatti, dovunque viene celebrata l’Eucaristia e gli uomini, a partire dal Signore, diventano tra loro un solo corpo, è presente qualcosa di quella pace che Gesù Cristo aveva promesso di dare ai suoi discepoli. Voi, cari amici, siate cooperatori di questa pace che, in un mondo dilaniato e violento, diventa sempre più urgente edificare e custodire. Per questo è così importante il lavoro della vostra Università, nella quale volete imparare a conoscere più da vicino Gesù Cristo per poter diventare suoi testimoni.

Il Signore Risorto incaricò i suoi Apostoli, e tramite loro i discepoli di tutti i tempi, di portare la sua parola sino ai confini della terra e di fare suoi discepoli gli uomini. Il Concilio Vaticano II, riprendendo, nel decreto “Ad gentes”, una tradizione costante, ha messo in luce le profonde ragioni di questo compito missionario e lo ha così assegnato con forza rinnovata alla Chiesa di oggi.

Ma vale davvero ancora? – si chiedono in molti, oggi, dentro e fuori la Chiesa – davvero la missione è ancora attuale? Non sarebbe più appropriato incontrarsi nel dialogo tra le religioni e servire insieme la causa della pace nel mondo? La contro-domanda è: il dialogo può sostituire la missione? Oggi in molti, in effetti, sono dell’idea che le religioni dovrebbero rispettarsi a vicenda e, nel dialogo tra loro, divenire una comune forza di pace. In questo modo di pensare, il più delle volte si dà per presupposto che le diverse religioni siano varianti di un’unica e medesima realtà; che “religione” sia il genere comune, che assume forme differenti a secondo delle differenti culture, ma esprime comunque una medesima realtà. La questione della verità, quella che in origine mosse i cristiani più di tutto il resto, qui viene messa tra parentesi. Si presuppone che l’autentica verità su Dio, in ultima analisi, sia irraggiungibile e che tutt’al più si possa rendere presente ciò che è ineffabile solo con una varietà di simboli. Questa rinuncia alla verità sembra realistica e utile alla pace fra le religioni nel mondo. 

E tuttavia essa è letale per la fede. Infatti, la fede perde il suo carattere vincolante e la sua serietà, se tutto si riduce a simboli in fondo interscambiabili, capaci di rimandare solo da lontano all’inaccessibile mistero del divino.

Cari amici, vedete che la questione della missione ci pone non solo di fronte alle domande fondamentali della fede ma anche di fronte a quella di cosa sia l’uomo. Nell’ambito di un breve indirizzo di saluto, evidentemente non posso tentare di analizzare in modo esaustivo questa problematica che oggi riguarda profondamente tutti noi. Vorrei, comunque, almeno accennare alla direzione che dovrebbe imboccare il nostro pensiero. Lo faccio muovendo da due diversi punti di partenza.

I
1. L’opinione comune è che le religioni stiano per così dire una accanto all’altra, come i Continenti e i singoli Paesi sulla carta geografica. Tuttavia questo non è esatto. Le religioni sono in movimento a livello storico, così come sono in movimento i popoli e le culture. Esistono religioni in attesa. Le religioni tribali sono di questo tipo: hanno il loro momento storico e tuttavia sono in attesa di un incontro più grande che le porti alla pienezza. 

Noi, come cristiani, siamo convinti che, nel silenzio, esse attendano l’incontro con Gesù Cristo, la luce che viene da lui, che sola può condurle completamente alla loro verità. E Cristo attende loro. L’incontro con lui non è l’irruzione di un estraneo che distrugge la loro propria cultura e la loro propria storia. È, invece, l’ingresso in qualcosa di più grande, verso cui esse sono in cammino. Perciò quest’incontro è sempre, a un tempo, purificazione e maturazione. Peraltro, l’incontro è sempre reciproco. Cristo attende la loro storia, la loro saggezza, la loro visione delle cose.

Oggi vediamo sempre più nitidamente anche un altro aspetto: mentre nei Paesi della sua grande storia il cristianesimo per tanti versi è divenuto stanco e alcuni rami del grande albero cresciuto dal granello di senape del Vangelo sono divenuti secchi e cadono a terra, dall’incontro con Cristo delle religioni in attesa scaturisce nuova vita. Dove prima c’era solo stanchezza, si manifestano e portano gioia nuove dimensioni della fede.

2. La religione in sé non è un fenomeno unitario. In essa vanno sempre distinte più dimensioni. Da un lato c’è la grandezza del protendersi, al di là del mondo, verso l’eterno Dio. Ma, dall’altro, si trovano in essa elementi scaturiti dalla storia degli uomini e dalla loro pratica della religione. In cui possono rivenirsi senz’altro cose belle e nobili, ma anche basse e distruttive, laddove l’egoismo dell’uomo si è impossessato della religione e, invece che in un’apertura, l’ha trasformata in una chiusura nel proprio spazio. 

Per questo, la religione non è mai semplicemente un fenomeno solo positivo o solo negativo: in essa l’uno e l’altro aspetto sono mescolati. Ai suoi inizi, la missione cristiana percepì in modo molto forte soprattutto gli elementi negativi delle religioni pagane nelle quali s’imbattè. Per questa ragione, l’annuncio cristiano fu in un primo momento estremamente critico della religione. Solo superando le loro tradizioni che in parte considerava pure demoniache, la fede poté sviluppare la sua forza rinnovatrice. Sulla base di elementi di questo genere, il teologo evangelico Karl Barth mise in contrapposizione religione e fede, giudicando la prima in modo assolutamente negativo quale comportamento arbitrario dell’uomo che tenta, a partire da se stesso, di afferrare Dio. Dietrich Bonhoeffer ha ripreso questa impostazione pronunciandosi a favore di un cristianesimo “senza religione”. Si tratta senza dubbio di una visione unilaterale che non può essere accettata. E tuttavia è corretto affermare che ogni religione, per rimanere nel giusto, al tempo stesso deve anche essere sempre critica della religione. Chiaramente questo vale, sin dalle sue origini e in base alla sua natura, per la fede cristiana, che, da un lato, guarda con grande rispetto alla profonda attesa e alla profonda ricchezza delle religioni, ma, dall’altro, vede in modo critico anche ciò che è negativo. Va da sé che la fede cristiana deve sempre di nuovo sviluppare tale forza critica anche rispetto alla propria storia religiosa. 

Per noi cristiani Gesù Cristo è il Logos di Dio, la luce che ci aiuta a distinguere tra la natura della religione e la sua distorsione.

3. Nel nostro tempo diviene sempre più forte la voce di coloro che vogliono convincerci che la religione come tale è superata. Solo la ragione critica dovrebbe orientare l’agire dell’uomo. Dietro simili concezioni sta la convinzione che con il pensiero positivistico la ragione in tutta la sua purezza abbia definitivamente acquisito il dominio. In realtà, anche questo modo di pensare e di vivere è storicamente condizionato e legato a determinate culture storiche. Considerarlo come il solo valido sminuirebbe l’uomo, sottraendogli dimensioni essenziali della sua esistenza. L’uomo diventa più piccolo, non più grande, quando non c’è più spazio per un ethos che, in base alla sua autentica natura, rinvia oltre il pragmatismo, quando non c’è più spazio per lo sguardo rivolto a Dio. Il luogo proprio della ragione positivista è nei grandi campi d’azione della tecnica e dell’economia, e tuttavia essa non esaurisce tutto l’umano. Così, spetta a noi che crediamo spalancare sempre di nuovo le porte che, oltre la mera tecnica e il puro pragmatismo, conducono a tutta la grandezza della nostra esistenza, all’incontro con il Dio vivente.

II

1. Queste riflessioni, forse un po’ difficili, dovrebbero mostrare che anche oggi, in un mondo profondamente mutato, rimane ragionevole il compito di comunicare agli altri il Vangelo di Gesù Cristo. 

E tuttavia c’è anche un secondo modo, più semplice, per giustificare oggi questo compito. La gioia esige di essere comunicata. L’amore esige di essere comunicato. La verità esige di essere comunicata. Chi ha ricevuto una grande gioia, non può tenerla semplicemente per sé, deve trasmetterla. Lo stesso vale per il dono dell’amore, per il dono del riconoscimento della verità che si manifesta. 

Quando Andrea incontrò Cristo, non poté far altro che dire a suo fratello: “Abbiamo trovato il Messia” (Gv 1,41). E Filippo, al quale era stato donato lo stesso incontro, non poté far altro che dire a Natanaele che aveva trovato colui del quale avevano scritto Mosè e i profeti (Gv 1,45). Annunciamo Gesù Cristo non per procurare alla nostra comunità quanti più membri possibile; e tanto meno per il potere. Parliamo di Lui perché sentiamo di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata. 

Saremo annunciatori credibili di Gesù Cristo quando l’avremo veramente incontrato nel profondo della nostra esistenza, quando, tramite l’incontro con Lui, ci sarà stata donata la grande esperienza della verità, dell’amore e della gioia.

2. Fa parte della natura della religione la profonda tensione fra l’offerta mistica a Dio, in cui ci si consegna totalmente a lui, e la responsabilità per il prossimo e per il mondo da lui creato. Marta e Maria sono sempre inscindibili, anche se, di volta in volta, l’accento può cadere sull’una o sull’altra. Il punto d’incontro tra i due poli è l’amore nel quale tocchiamo al contempo Dio e le sue creature. “Abbiamo conosciuto e creduto l’amore” (1 Gv 4,16): questa frase esprime l’autentica natura del cristianesimo. L’amore, che si realizza e si rispecchia in modo multiforme nei santi di tutti i tempi, è l’autentica prova della verità del cristianesimo.
Benedetto XVI

kath.net ringrazia Sua Santità per aver gentilmente permesso la pubblicazione del Suo messaggio.


lunedì 27 ottobre 2014

Consacrazione del genere umano al Sacratissimo Cuore di Gesù



Consacrazione del genere umano al Sacratissimo


Cuore di Gesù da recitarsi ogni anno 


all’ultima domenica di ottobre



<<O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostrati innanzi al vostro altare. Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per vivere a voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi, oggi spontaneamente si consacra al vostro sacratissimo Cuore. 


Molti, purtroppo, non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbi misericordia e degli uni e degli altri e tutti quanti attira al vostro Sacratissimo Cuore. 

O Signore, siate il Re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche dì quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi, quanto prima, ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. 

Siate il Re di coloro che vivono nell’inganno e dell’errore, o per discordia da voi separati; richiamateli al porto della verità, all’unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. 

Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni dell’Idolatria e dell’Islamismo; e non ricusate di trarli tutti al lume e al regno vostro. 

Riguardate finalmente con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto; scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione di vita, il sangue già sopra essi invocato. 

Elargite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra Chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell’ordine. Fate che da un capo all’altro della terra risuoni quest’unica voce: Sia lode a quel Cuore divino da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli dei secoli. 

Amen.>>


(Nel 18 luglio 1959 Giovanni XXIII fece omettere le seguenti parti: “Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni dell’Idolatria e dell’Islamismo; e non ricusate di trarli tutti al lume e al regno vostro. Riguardate finalmente con occhio di misericordia i figli di quel popolo che un giorno fu il prediletto; scenda anche sopra di loro, lavacro di redenzione di vita, il sangue già sopra essi invocato”)

Te sæculórum Príncipem,
Te, Christe, Regem Géntium,
Te méntium te córdium
Unum fatémur árbitrum.

Scelésta turba clámitat :
Regnáre Christum nólumus :
Te nos ovántes ómnium
Regem suprémum dícimus.(soppressa!)

O Christe, Princeps Pácifer,
Mentes rebélles súbjice:
Tuóque amóre dévios,
Ovíle in unum cóngrega. (soppressa!)

Ad hoc cruénta ab árbore
Pendes apértis bráchiis,
Diráque fossum cúspide
Cor igne flagrans éxhibes.

Ad hoc in aris ábderis
Vini dapísque imágine,
Fundens salútem fíliis
Transverberáto péctore.

Te natiónum Præsides
Honóre tollant público,
Colant magístri, júdices,
Leges et artes éxprimant. (soppressa!)

Submíssa regum fúlgeant
ibi dicáta insígnia:
Mitíque sceptro pátriam
Domósque subde cívium.(soppressa!)

Jesu tibi sit glória,
Qui sceptra mundi témperas,
Cum Patre, et almo Spíritu,
In sempitérna sæcula. Amen.
Te, Principe dei secoli
Te, Cristo, Re delle genti
Te, delle menti, Te dei cuori,
confessiamo unico Sovrano.

La turba scellerata urla:
«Non vogliamo che Cristo regni»
Ma noi, acclamando, di ogni cosa
Ti dichiariamo Re supremo.

Cristo, Principe Portatore di pace,
assoggetta le anime ribelli;
e, con il tuo amore, gli erranti
raduna in un solo ovile.

Per questo dall'albero sanguinante
pendi con le braccia stese,
e, dalla crudele punta perforato,
il cuore, di fuoco flagrante, manifesti.

Per questo sugli altari ti tieni nascosto
di vino e di cibo nell'immagine
effondendo la salvezza sui figli
dal petto transverberato.

Te delle nazioni i principi
manifestino [Re] con pubblico onore
[Te] adorino i maestri, i giudici
[Te] le leggi e le arti esprimano.

Le sottomesse insegne dei re 
[a Te] dedicate vi rifulgano:
e con mite scettro la Patria
e le case dei cittadini assoggetta.

Gesù, a Te sia gloria,
che reggi gli scettri del mondo,
con il Padre, e l'almo Spirito
per i secoli sempiterni. Amen.

Desiderata

Desiderata

Procedi con calma tra il frastuono e la fretta e ricorda quale pace possa esservi nel silenzio. Per quanto puoi, senza cedimenti, mantieniti in buoni rapporti con tutti. Esponi la tua opinione con tranquilla chiarezza e ascolta gli altri: pur se noiosi ed incolti, hanno anch’essi una loro storia. Evita le persone volgari e prepotenti: costituiscono un tormento per lo spirito. Se insisti nel confrontarti con gli altri rischi di diventare borioso ed amaro, perché sempre esisteranno individui migliori e peggiori di te.

Godi dei tuoi successi e anche dei tuoi progetti. Mantieni interesse per la tua professione, per quanto umile: essa costituisce un vero patrimonio nella mutevole fortuna del tempo. Usa prudenza nei tuoi affari, perché il mondo è pieno d’inganno. Ma questo non ti renda cieco a quanto vi è di virtù: molti sono coloro che perseguono alti ideali e dovunque la vita è colma di eroismo.

Sii te stesso. Soprattutto non fingere negli affetti. Non ostentare cinismo verso l’amore, perché, pur di fronte a qualsiasi delusione e aridità, esso resta perenne come il sempreverde.

Accetta docile la saggezza dell’età, lasciando con serenità le cose della giovinezza. Coltiva la forza d’animo, per difenderti nelle calamità improvvise. Ma non tormentarti con delle fantasie: molte paure nascono da stanchezza e solitudine.

Al di là d’una sana disciplina, sii tollerante con te stesso. Tu sei figlio dell’universo non meno degli alberi e delle stelle, ed hai pieno diritto d’esistere. E, convinto o non convinto che tu ne sia, non v’è dubbio che l’universo si stia evolvendo a dovere.
Perciò sta in pace con Dio, qualunque sia il concetto che hai di Lui. E quali che siano i tuoi affanni e aspirazioni, nella chiassosa confusione dell’esistenza, mantieniti in pace col tuo spirito. Nonostante i suoi inganni, travagli e sogni infranti, questo è pur sempre un mondo meraviglioso. Sii prudente. Sforzati d’essere felice.

Manoscritto del 1692
trovato a Baltimora
nell'antica Chiesa di San Paolo

[Questo testo bellissimo viene quasi sempre presentato come "Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nell'antica chiesa di San Paolo". Invece nel 1959 il reverendo Frederick Kates rettore della chiesa di St. Paul, a Baltimore, Maryland, incluse questo pensiero in una raccolta di materiale devozionale. In cima alla raccolta, c'era l'annotazione "Old St. Paul's Church, Baltimore, A.C. 1692", che è l'anno di fondazione della chiesa... da qui l'equivoco. In realtà, l'autore di questi versi è Max Ehrmann, un poeta di Terre Haute, Indiana, vissuto dal 1872 al 1945, e scrisse Desiderata intorno al 1927]