venerdì 15 agosto 2014

15 agosto: L'ASSUNTA IN CIELO






...Vi è come un misterioso influsso che va dalla Chiesa trasfigurata a quella non trasfigurata, da Maria ai suoi figli minacciati, da Cristo il glorificato al suo corpo non ancora perfetto. Tocchiamo così quella convinzione di fede che è in intimo rapporto con la glorificazione fisica della Madre del nostro Signore: la sua universale mediazione di grazia....

L'ASSUNTA IN CIELO*

di Hugo Rahner


Siamo alla fine del nostro cammino attraverso i misteri che ci sono stati rivelati sulla madre Chiesa dalla figura della madre Maria. Quasi timidamente il nostro sguardo sale ancora verso l'oscuro splendore che illumina la madre del Signore rapita dalla terra in quel mistero della sua trasfigurazione fisica che la Chiesa docente oggi proclama con amorevole insistenza. Se la verità dell'assunzione fisica di Maria in Cielo ci è stata solennemente annunciata come verità di fede rivelata, ciò è avvenuto necessariamente perché la Chiesa annuncia così anche il suo proprio ultimo mistero: con l'Assunzione della vergine Maria si capisce ciò che capiterà a tutta la Chiesa, anzi le è già capitato in Cristo Gesù trasfigurato. Ciò che avvenne al corpo umano della Donna che ci diede il Dio fatto uomo, non è un'eccezione, ma piuttosto un adempimento anticipato del ritorno nella trasfigurazione paradisiaca della carne non solo promesso ma già ora donato (anche se ancora nascosto nella grazia sacramentale).

Questa «nuova era» (come dice Paolo) è già qui, è realtà presente (Eb 6, 5; Ef 1, 21 ) e la fine di «questa era» è già iniziata in noi che crediamo e che siamo stati battezzati (1 Cor 10, 11). Il «principe e dio di questa era, il diavolo» (2 Cor 4, 4; 1 Cor 2, 6) è già vinto da quando il Verbo di Dio divenne il seme della grande donna, schiacciando così il capo al serpente, da quando versando il sangue ricevuto dalla sua madre umana ha « scacciato il principe di questo mondo». « Perché si fa già giudizio di questo mondo » (Gv 12, 31). Nella Chiesa, come casa di Dio, inizia « ora » questo giudizio (1 Pt 4, 17) per mezzo della Chiesa dei millenni terreni, che sono solo « un breve spazio di tempo» (Gv 16, 16); diviene sempre più chiaro che l'ultimo giorno e il giudizio finale sono già iniziati. 
Anche la trasfigurazione di Maria al termine dei suoi giorni, come noi crediamo, è la professione del senso ultimo della Chiesa, il quale si dispiega dinnanzi alla debolezza dei nostri occhi ancora terreni nel corso dei tempi ma che si compie già ora giorno per giorno nella realtà celeste che si cela nel profondo di tutto l'elemento terreno. E proprio in questo si svela l'ultimo e più profondo nesso fra il mistero di Maria e quello della Chiesa.

Per spiegarlo più comprensibilmente torniamo ancora una volta alle misteriose parole dell'Apocalisse. «Ma alla donna furono date le due [fede e carità] ali della grande aquila, per volare nel deserto, nel suo luogo, dov'è nutrita per un tempo... lungi dalla faccia del serpente…Sicché il dragone si indignò contro la donna e andò a far guerra a quelli che restano della progenie di lei, a quelli che osservano i comandamenti di Dio e si mantengono fedeli al Vangelo di Gesù » (Ap 12, 14.17). 
È subito chiaro che qui si tratta della madre Chiesa che viene portata nella solitudine celeste e che soffre ancora la lotta di Satana contro i «figli che restano», perché la guerra contro il suo «vero figlio», contro Gesù, il dominatore del mondo, non ha avuto frutto. Ma i Padri della Chiesa primitiva vedono in questa donna sottratta al mondo terreno anche Maria, la madre di Gesù — e questo in quanto figura della Chiesa che lottando sale verso la trasfigurazione, perché nel suo corpo si è già compiuto ciò che è stato promesso alla Chiesa intiera: la vittoria definitiva su Satana, la nuova donazione in paradiso della vita trasfigurata persa con la demoniaca seduzione di Eva. 

Così Efrem Siro fa dire a Maria in una delle sue prediche nel quarto secolo: « Il bambino che portavo mi ha preso sotto le sue ali di Aquila e mi ha portata in alto e mi ha detto: le montagne e le pianure che vedi saranno soggette a tuo figlio!»[1]

Ma questo mistero della trasfigurazione fisica di Maria è insieme l'inizio della trasfigurazione della madre Chiesa. Lo ha annunciato lo stesso Efrem in una predica precedente, di cui non possiamo comprendere il senso profondo se non facciamo attenzione continuamente alla trasparenza con la quale la teologia della Chiesa primitiva vede direttamente nella figura di Maria anche la Chiesa. 

«Devo chiamarti figlio, dice Maria a Gesù, fratello, sposo o Signore, tu che hai rigenerato la madre dall'acqua con la nuova nascita? In verità io sono tua sorella perché ambedue discendiamo da nostro padre Davide. Sono tua madre perché ti ho concepito. Sono la tua sposa perché mi hai riscattato con il prezzo della tua morte e mi vuoi rigenerare per mezzo del tuo Battesimo. È venuto il figlio dell'Altissimo e ha riposato nel mio grembo e sono diventata la sua generatrice. Nato da me, mi ha rigenerato con una nuova nascita, perché ha rivestito sua madre di un nuovo abito, egli si è incarnato nella sua stessa carne, ella ha rivestito lo splendore solare che a lui era proprio»[2]
In questa immagine quasi fusa appare la madre di Dio trasfigurata come la «rigenerata» in cui si è realizzato il mistero della rigenerazione battesimale in seno alla Chiesa nella luminosa unione del corpo con il Signore trasfigurato. Solo la risurrezione della carne è il vero «giorno della nascita  per l'umanità redenta. Questo si è già compiuto definitivamente in Maria in forza del sangue salvifico che lei stessa ha donato — ma solo per divenire un esempio reale del mistero che si verifica nella Chiesa.



In una serie di sublimi immagini i Padri dell'antica Chiesa riferiscono questo mistero della grande donna con ali di aquila a Maria e alla Chiesa. Se la madre di Dio era l'arca santa in cui Dio stesso ha riposato, questo vaso santificato doveva essere portato in quel luogo della patria celeste in cui l'aveva preceduta il Signore e il versetto del salmo (Sal 131, 8) saliva loro alle labbra: «Levati, o Signore verso la tua dimora, tu e l'arca della tua possanza». Così la liturgia greca canta nella festa dell'assunzione di Maria: «Venite voi tutti che amate questa festa, venite, danziamo, intrecciamo una corona di canti alla Chiesa perché l'arca di Dio è oggi giunta al luogo del suo riposo!»[3]. Anche San Tommaso D'Aquino riferisce questo salmo all'Assunzione di Maria[4].

Quando festeggia la trasfigurazione fisica di Maria, la Chiesa festeggia se stessa e il suo beato destino finale. Prendendo un'altra immagine del tesoro della primitiva dottrina mariana, Maria è la luna, la santa luna che nel giorno della sua Assunzione in cielo si tuffa eterna e immutabile nella luce del suo sole — ma in questo è anche figura della Chiesa che dai Padri viene spesso chiamata la santa luna il cui splendore significa il ritorno alla luce solare di Cristo nella trasfigurazione della carne nell'ultimo giorno[5]
Miracoloso rinnovarsi come la gioventù dell'aquila, immersi nella luce di Cristo, il sole trasfigurato della bella eternità: tutte queste immagini sfavillano quando i Padri parlano della gioventù della Chiesa alla fine dei tempi: «In quel giorno, quando sarà innalzata per regnare con Cristo nello splendore della risurrezione della carne » dice Agostino della Chiesa, «sarà come la gioventù dell'aquila che si rinnova dopo la vecchiaia. Salirà in alto come una volta. in essa si compirà la risurrezione — come vediamo nell'immagine della luna che diminuisce e muore per essere poi di nuovo rigenerata e cresce fino alla luce piena — vedi: essa ci è simbolo della risurrezione»[6]. In verità in Maria è già manifestato ciò che avverrà alla Chiesa: sarà tutto come «una volta»: come una volta Adamo e Eva possedevano il paradiso originario, così sarà nella risurrezione della carne; Cristo e Maria ci preparano già ora il nuovo paradiso che è la Chiesa trasfigurata[7].


Arriviamo così ad un'ulteriore e più profonda questione che abbiamo già trovato nelle parole dell'Apocalisse da cui abbiamo preso l'avvio. Maria, la donna con le ali di aquila è già arrivata al luogo del suo riposo, — ma Satana fa ancora la guerra a «quelli che restano della progenie di Lei». La Chiesa è già veramente trasfigurata perché l'ultimo giorno e il giudizio sono già qui e pur tuttavia non è ancora trasfigurata ed è sofferente e minacciata nelle sue membra ancora pellegrina sulla terra. 
Vi è come un misterioso influsso che va dalla Chiesa trasfigurata a quella non trasfigurata, da Maria ai suoi figli minacciati, da Cristo il glorificato al suo corpo non ancora perfetto. Tocchiamo così quella convinzione di fede che è in intimo rapporto con la glorificazione fisica della Madre del nostro Signore: la sua universale mediazione di grazia. 
Possiamo comprendere con esattezza e profondità questa verità spesso mal compresa e spesso in essa poco intelligentemente si vede un pregiudizio a danno della parte più santa della Rivelazione che e per ogni cristiano l'unica mediazione di grazia del « solo mediatore tra Dio e gli uomini che è Gesù Cristo » (1 Tim 2, 5), possiamo capire questa verità solo se non perdiamo di vista la posizione misticamente esemplare di Maria nella Chiesa. Papa San Pio x ci ammaestra con queste parole nello spirito dei Padri della Chiesa primitiva: «Nessuno ignora che quella donna rappresenta la Vergine Maria, che incontaminata generò il nostro Capo. D'altra parte l'Apostolo continua: "ed essendo incinta gridava tra le doglie e si travagliava per partorire". Giovanni, dunque, vide la santa Madre di Dio nel godimento dell'eterna felicità e, pur tuttavia, in travaglio per un parto misterioso. Per quale parto mai? Di noi, senza dubbio, che tuttora trattenuti nell'esilio dobbiamo ancora essere generati al perfetto amore di Dio ed all'eterna felicità. Il dolore della partoriente, poi, significa l'intenso amore, con cui dal suo celeste trono la Vergine veglia e con preghiera continua si adopera, affinché il numero degli eletti sia completo»[8]

Se quindi poniamo la mediazione di grazia che si estende a tutta la Chiesa — cioè a «coloro che restano della progenie» di Maria nel mistero del suo essere equivalente all'Ecclesia, vediamo chiaramente che non scema l'azione diretta ed insostituibile della grazia di Gesù Cristo, né la meditazione sacramentale della grazia della Chiesa stessa: infatti Maria è in eterno la «serva del Signore» e parimenti in eterno la «madre della Chiesa». «Viene così tolto fondamento all'idea che Maria, con questo pregio della sua mediazione di grazia, occupi una particolare posizione che non avrebbe niente a che fare con la realtà di grazia della Chiesa o che minacci addirittura il predominio del Salvatore umano-divino nell'evento della salvezza. Vi è un'unica e sola mediazione di grazia: l'accoglimento del soprannaturale influsso di Cristo attraverso il concepimento creaturale dell'umanità che appare come disponibilità e forza creativa materna. Essa è presente in tutta la Chiesa, si esprime nella "madre di grazia divina" che da sé fa piovere su tutta la Chiesa il flusso della grazia»[9].


Comprendiamo così nel modo più profondo l'incomprensibilità della doppia figura terrena della Chiesa partendo da Maria che è al tempo stesso trasfigurata e in doglie. È la Chiesa che è ancora esposta alla minaccia di Satana — e quanto spesso soccombe davanti ai nostri occhi ai suoi attacchi! E purtuttavia è già trasfigurata e nelle sue membra sale giorno per giorno nella gloria verso Cristo e sua Madre. Nel suo destino terreno si compie il Mistero dell'Incarnazione perché Cristo, il Signore, è pellegrino su questa terra con un corpo non trasfigurato e tuttavia con occhi che vedono Dio. «Fin d'ora siamo figli di Dio ma non è ancora stato manifestato quello che saremo» (1 Gv 3, 2). Maria ha conosciuto questa doppia figura di suo Figlio, da Lei la Chiesa lo deve apprendere sempre più profondamente. 

Per questo Efrem Siro fa pregare così Maria: «Mentre vedo la tua figura che può essere guardata con occhi terreni, il mio spirito comprende la tua immagine segreta. Con gli occhi vedo la figura di Adamo — nella tua immagine nascosta vedo il Padre che abita in te. Solo a me hai mostrato il tuo splendore nei due aspetti. Ma come tua madre anche la Chiesa possa vederti nella tua immagine visibile e misteriosa»[10]. Nella Chiesa e nel doloroso corso della sua storia e della persecuzione che la purifica deve evidenziarsi sempre più chiaramente dove va pellegrina: verso la forma trasfigurata del Signore. 
A Maria si deve render conforme. Ciò che sacramentalmente avviene alla Chiesa e ai suoi figli nati nel Battesimo, è l'ascesa al beato deserto della solitudine con Dio. Con ali di aquila deve levarsi da questo mondo in decadenza. In Maria si è già compiuto ciò che avverrà alla nostra natura umana che abbiamo in comune con Lei. «Oggi i cori di fuoco degli spiriti vedono la nostra natura di argilla e tremano» canta un inno armeno nella festa della Assunzione di Maria[11]. La teologia della trasfigurazione in Russia ha conservato questo pensiero profondo come era stato formulato dai Padri della Chiesa orientale: «La vergine madre del genere umano resta in cielo trasfigurata. Ella santifica tutto il mondo naturale, in Lei e per mezzo di Lei l'universo arriva alla sua trasfigurazione»[12].

La teologia russa della trasfigurazione ha trovato profondamente simbolizzata Maria e la Chiesa, viste come un'unica cosa, nelle icone della sapienza divina rifatte sull'esempio della grande icona posta sull'altare della Chiesa di S. Sofia di Novgorod e venerate in tutta la Russia. La figura femminile alata della santa sapienza che troneggia nel cerchio del cosmo splendente di stelle, ha sopra di sé l'immagine del Logos divenuto uomo e accanto a sé le figure che formano la sintesi dell'antica e della nuova rivelazione della Parola, Giovanni Battista e Maria che porta Cristo. Il tutto è sovrastato dalla liturgia celeste dell'eternità svolta da sei angeli. Comunque si siano interpretati l'origine e il senso originale di questa icona nella tarda mistica russa, si è sempre visto nella figura della Sofia abbracciante il mondo, non solo il Verbo di Dio esistente fin dall'eternità, ma anche tutta la realizzazione dell'avvenimento della salvezza stabilito nel Logos fin dall'eternità: la trasformazione dell'universo nella trasfigurazione originale che ha il suo inizio in Maria e la Chiesa. 
Nella figura della santa Sofia si vede anche Maria e in essa la Chiesa e in essa l'anima del salvato che lentamente si trasfigura nell'ascesa mistico-ascetica. Maria — la Chiesa — l'anima: questa è la «grande donna con le ali dell'aquila» che si innalza verso la trasfigurazione celeste in forza della sua mistica assimilazione al Logos che regna su tutto, che è divenuto uomo e che ci ha donato la Parola di salvezza della Rivelazione, in grazia della quale noi uomini potremo prendere parte alla liturgia celeste dei cori angelici. 
Per questo, un'interpretazione russa del XVI secolo di questa icona dice: «Sopra santa Sofia, la sapienza divina, che è la Chiesa di Dio, la purissima madre di Dio — ecco l'anima feconda di coloro che son ripieni di Dio, l'indicibile purezza della verginità e la realizzazione dell'umile saggezza. Sopra al capo ha Cristo: perché il capo della sapienza è il Figlio, il Verbo di Dio. Sopra il Signore si spiega il cielo, perché ha piegato il cielo quando la Sapienza scese nella Purezza verginale. E tutti coloro che amano la purezza sono simili alla Genitrice di Dio, perché ha generato il Figlio, il Verbo di Dio, il Signore Gesù Cristo. Ma coloro che amano la verginità concepiscono parole che generano figli: cioè ammaestrano coloro che non capiscono. Questi sono amati dal precursore, dal Battista che battezzò il Signore, perché egli indicò la strada per la verginità, insegnando la vita austera in Dio. E i suoi piedi poggiano su una pietra, perché "su questa pietra voglio edificare la mia Chiesa"». Un canone di pittura della scuola di Strogonoff spiega l'icona allo stesso modo. «L'immagine della Sofia, la sapienza di Dio, dipinta secondo l'esempio venerato a Novgorod, è la Chiesa di Dio, la Sofia, la purissima vergine madre di Dio; ma ciò significa l'anima degli uomini verginali e la purezza dell'indicibile verginità, la realizzazione dell'umile sapienza»[13].



Non c'è qui anche per noi un significato profondo per la nostra vita religiosa? Anche in noi stessi, nel grembo della Chiesa non ancora trasfigurata ma già avvolta nella misteriosa luce della Risurrezione si compie il mistero che come credenti confessiamo ogni giorno: «risurrezione della carne e vita eterna». A noi sono date le ali d'aquila della vergine Chiesa con le quali «grazie alla dottrina della Chiesa sfuggiamo al demonio e saliamo giorno per giorno verso la patria celeste»[14]. «Sempre nuovi e simili all'aquila, dobbiamo salire nella beata solitudine dello spirito calmo e pacato»[15], nel «santo ozio» (come un mistico del Medio Evo interpreta il verso dell'Apocalisse)[16].

Concludiamo questi pensieri sul mistero fra Maria e la Chiesa con alcune belle parole di un Padre latino del quinto secolo: un paragone delle due sublimi figure femminili, Maria e la Chiesa che sono una sola cosa in Cristo, il capo, una sola cosa con noi stessi da quando «la vergine Maria è divenuta Ecclesia e ogni anima credente»[17].

« Si rallegri la Chiesa di Cristo che, come la beata Maria, ha ricevuto la forza dello Spirito Santo ed è divenuta madre di un figlio divino. Confrontiamo queste due madri: ognuna con il suo parto rafforza la nostra fede nel parto dell'altra. Su Maria scese misteriosa la silenziosa ombra dello Spirito Santo — la Chiesa diviene maternamente feconda con l'infusione dello Spirito Santo nel benedetto fonte battesimale. Maria ha generato suo Figlio senza macchia — la Chiesa ha cancellato i peccati in coloro che genera. Da Maria nasce colui che era fin dal principio — dalla Chiesa rinasce ciò che all'inizio fu distrutto »[18].




* Testo tratto da: Hugo Rahner, Maria e la Chiesa. Indicazion per contemplare il mistero di Maria nella Chiesa e il mistero della Chiesa in Maria, Milano: Jaca Book, 1977/2, pp. 113-122.
[1] Sermo 12, Opera syriace et latine II, Rorna 1740, p. 430.
[2] Sermo 11, ibid., p. 429. L'attribuzione di questi testi a Efrem è poco certa (e questo vale anche per i testi citati prima). Cfr. anche L. Hammersberger, Die Mariologie der Ephremichen Schriften, Innsbruck 1938. E. Beck, « Die Mariologie der echten Schriften Ephraems », Oriens Christianus 40, (1956), pp. 22-40.
[3] Menei greci, vespro per il 15 agosto, ed. Romana 1901, p. 409.
[4] Expositio in Salutationem Angelicam, Opera, ed. Parma, vol. XVI,
p. 134.
[5] Teodoro Studita, PG 99, 720. Cfr. H. Rahner, «Mysterium Lunae III: Die Strahlende Kirche», Zeitsch. f. kath. Theol. 64, (1940), pp. 121-131.
[6] Enarr. in psalmos 102, 9, PL 37, 1323 s.
[7] Guglielmo d'Auvergne, « Sermo 1 sull'Assunzione di Maria » (citato
senza indicazione più precisa della fonte da M. Jugie, La mort et l'Assomption de la Sainte Vierge, Roma 1944, p. 381).
[8] Encíclica Ad diem illum del 2 febbraio 1904, Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, Milano 1963, p. 538.
[9] J. Beurner, « Die Analogie Maria-Kirche und ihre Bedeutung fuer die
allgemeine Gnadenvermittlung der Gottesmutter », Theologie und Scelsorge, agosto 1943, p. 44. H. Rahner, Himmelfahrt der Kirche, Freiburg 1960.
[10] Sermo 11, Opera syriaca, II, p. 429.
[11] Citato in Jugie, op. cit., p. 309.
[12] S. Bulgakow, L'Orthodoxie, Paris 1932, p. 166 s.
[13] A.M. Ammann, « Darstellung und Deutung der Sophia im vorpetrinischen RussIand», Orientalia christiana periodica 4, (1938), pp. 148-154.
[14] Ps. Ambrogio, PL 17,  880 C.
[15] Beda, PL 93, 168 B.
[16] Rupert von Deutz, PL 169, 1061 D.
[17] Hildebert de Le Mans, PL 171, 609 A.
[18] Ps. Cesario d'Arles, PL 67, 1068, BC.






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giovedì 14 agosto 2014

15 agosto: I frutti della proclamazione, come dogma di fede, dell'assunzione della Beatissima Vergine in anima e in corpo al cielo





...Discorso di Pio XII "Commossi per la proclamazione", ai Cardinali, Vescovi e fedeli, riuniti in Piazza San Pietro - 1 novembre 1950, con Preghiera a Maria SS. Assunta, dello stesso Pontefice....

I FRUTTI DELLA DEFINIZIONE

Discorso
Commossi per la proclamazione,
ai Cardinali, Vescovi e fedeli, riuniti in Piazza Sari Pietro
1 novembre 1950.

Venerabili Fratelli e diletti figli e figlie, accorsi alla Nostra presenza, e voi tutti che Ci ascoltate in questa Roma santa e in ogni regione del mondo cattolico!
Commossi per la proclamazione, come dogma dì fede, dell'assunzione della Beatissima Vergine in anima e in corpo al cielo; esultanti per il gaudio che inonda il cuore di tutti i credenti, appagati nei fervidi loro desideri; proviamo irresistibile il bisogno di elevare insieme con voi un inno di ringraziamento all'amabile provvidenza di Dio, che ha voluto riservare a voi la letizia di questo giorno e a Noi il conforto di cingere la fronte della Madre di Gesù e Madre nostra, Maria, col fulgido diadema, che ne corona le singolari prerogative.

Per imperscrutabile disegno divino, sugli uomini della presente generazione, così travagliata e dolorante, smarrita e delusa, ma anche salutarmente inquieta nella ricerca di un gran bene perduto, si apre un lembo luminoso di cielo, sfavillante di candore, di speranza, di vita beata, ove siede Regina e Madre, accanto al Sole della giustizia, Maria.

Un giorno memorabile
Da lungo tempo invocato, questo giorno è finalmente Nostro; è finalmente vostro. Voce di secoli — anzi, diremmo, voce della eternità — è la Nostra, che, con l'assistenza dello Spirito Santo, ha solennemente definito l'insigne privilegio della Madre celeste. E grido di secoli è il vostro, che oggi prorompe nella vastità di questo venerando luogo, già sacro alle glorie cristiane, approdo spirituale di tutte le genti, ed ora fatto altare e tempio per la vostra traboccante pietà.

Come scosse dai palpiti dei vostri cuori e dalla commozione delle vostre labbra, vibrano le pietre stesse di questa Patriarcale Basilica, e insieme con esse pare che esultino con arcani fremiti gl'innumerevoli e vetusti templi, innalzati per ogni dove in onore del l'Assunta, monumenti di un'unica fede e piedistalli terrestri del trono celeste di gloria della Regina dell'universo.
In questo giorno di letizia, da questo squarcio di cielo, insieme con l'onda dell'angelica esultanza, che si accorda con quella di tutta la Chiesa militante, non può non discendere sulle anime un torrente di grazie e d'insegnamenti, suscitatori fecondi di rinnovata santità.
Perciò a così eccelsa creatura Noi eleviamo fidenti gli occhi da questa terra, in questo nostro tempo, tra questa nostra generazione, e a tutti gridiamo: in alto i cuori!

Gli insegnamenti di questa giornata


Alle tante anime inquiete ed angosciate, triste retaggio di una età sconvolta e turbolenta, anime oppresse ma non rassegnate, che non credono più alla bontà della vita e solo ne accettano, quasi costrette, l'istante, l'umile ed ignorata fanciulla di Nazareth, ora gloriosa nei cieli, aprirà visioni più alte, e le conforterà a contemplare a quale destino e a quali opere fu sublimata Colei, che, eletta da Dio ad essere Madre del Verbo incarnato, accolse docile la parola del Signore.
E voi, più particolarmente vicini al Nostro cuore, ansia tormentosa dei Nostri giorni e delle Nostre notti, sollecitudine angosciosa d'ogni Nostra ora, voi, poveri, malati, profughi, prigionieri, perseguitati, braccia senza lavoro e membra senza tetto, sofferenti di ogni genere e di ogni paese; voi a cui il soggiorno terreno sembra dar solo lacrime e privazioni, per quanti sforzi si facciano e si debbano fare, affine di venirvi in aiuto, - innalzate lo sguardo verso Colei, che prima di voi percorse le vie della povertà, del disprezzo, dell'esilio, del dolore, la cui anima stessa fu trafitta da una spada ai piedi della Croce, ed ora fissa non titubante l'occhio nell'eterno lume.
A questo mondo senza pace, martoriato dalle reciproche diffidenze, dalle divisioni, dai contrasti, dagli odi, perché in esso è affievolita la fede e quasi spento il senso dell'amore e della fraternità in Cristo, mentre supplichiamo con tutto l'ardore che l'Assunta segni il ritorno del calore d'affetto e di vita nei cuori umani, non Ci stanchiamo di rammentare che nulla mai deve prevalere sul fatto e sulla consapevolezza di essere tutti figli di una medesima Madre, Maria, che vive nei cieli, vincolo di unione per il Corpo mistico di Cristo, quale novella Eva, e nuova madre dei viventi, che tutti gli uomini vuol condurre alla verità e alla grazia del suo Figlio divino.

Ed ora prostrati devotamente preghiamo!

Preghiera a Maria SS. Assunta


O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini,
1. — Noi crediamo con tutto il fervore della nostra fede nella vostra assunzione trionfale in anima e in corpo al cielo, ove siete acclamata Regina da tutti i cori degli Angeli e da tutte le schiere dei Santi; e noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore, che vi ha esaltata sopra tutte le altre pure creature, e per offrirvi l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.
2. — Noi sappiamo che il vostro sguardo, che maternamente accarezzava l'umanità umile e sofferente di Gesù in terra, si sazia in cielo alla vista della umanità gloriosa della Sapienza increata, e che la letizia dell'anima vostra nel contemplare faccia a faccia l'adorabile Trinità fa sussultare il vostro cuore di beatificante tenerezza; e noi, poveri peccatori, noi a cui il corpo appesantisce il volo dell'anima, vi supplichiamo di purificare i nostri sensi, affinché apprendiamo, fin da quaggiù, a gustare Iddio, Iddio solo, nell'incanto delle creature.
3. — Noi confidiamo che le vostre pupille misericordiose si abbassino sulle nostre miserie e sulle nostre angosce, sulle nostre lotte e sulle nostre debolezze; che le vostre labbra sorridano alle nostre gioie e alle nostre vittorie; che voi sentiate la voce di Gesù dirvi di ognuno di noi, come già del suo discepolo amato: Ecco il tuo figlio;
e noi, che vi invochiamo nostra Madre, noi vi prendiamo, come Giovanni, per guida, forza e consolazione della nostra vita mortale (Gv 19, 26. 27).
4. — Noi abbiamo la vivificante certezza che i vostri occhi, i quali hanno pianto sulla terra irrigata dal sangue di Gesù, si volgono ancora verso questo mondo in preda alle guerre, alle persecuzioni, alla oppressione dei giusti e dei deboli; e noi, fra le tenebre di questa valle di lacrime, attendiamo dal vostro celeste lume e dalla vostra dolce pietà sollievo alle pene dei nostri cuori, alle prove della Chiesa e della nostra patria.
5. — Noi crediamo infine che nella gloria, ove voi regnate, vestita di sole e coronata di stelle (Ap 12, 1), voi siete, dopo Gesù, la gioia e la letizia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi; e noi, da questa terra, ove passiamo pellegrini, confortati dalla fede nella futura risurrezione, guardiamo verso di voi, nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza; attraeteci con la soavità della vostra voce, per mostrarci un giorno, dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del vostro seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.





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14 agosto. San Massimiliano Maria Kolbe

14 agosto. San Massimiliano Maria Kolbe

Imperdibile, da Riscossa cristiana, un articolo di Chiara Gnocchi [qui]. Da meditare e incidere a lettere di fuoco.

Solo quando si è disposti a dare tutto per la Madre di Dio, e quindi per suo Figlio, il sacrificio di sé diventa l’estremo atto d’amore che santifica. Senza questa sacra radice, qualsiasi sacrificio sarebbe vano, un tentativo inutile di glorificare la propria vita. Con il suo gesto, San Massimiliano ha portato a compimento una vita offerta tutta per la gloria di Dio. Per questo il suo dolore fisico e morale è divenuto balsamo per tante anime.
Secondo me la Missione non può continuare senza il sacrificio di qualche suora”.
Sicuro Madre. Due frati sono già morti, ora tocca a noi morire qui, in martirio, come offerta a Cristo per il bene della missione, per tutta la Nigeria”.

Questo brevissimo dialogo tra due suore Francescane dell’Immacolata, di cui sono stata testimone durante la mia missione in Nigeria, rimarrà sempre incastonato nella mia anima. È stato difficile, per me, accettare che due donne giovanissime fossero disposte così serenamente al martirio. E sono sicura che non avrei compreso il vero senso di quelle parole se non avessi avuto la grazia conoscere la figura di San Massimiliano Kolbe, a cui si ispirano i Francescani dell’Immacolata.
Nella vita, nella morte e nella spiritualità di padre Kolbe, c’era qualcosa che parlava a una ragazza  di oggi, ma non riuscivo ad afferrarlo. Poi grazie all’esempio di quelle missionarie, poco più grandi di me, ho scoperto perché la sua testimonianza di martire, che sembra tanto lontana da noi, può essere imitata anche oggi.

Bisogna tornare all’8 gennaio del 1894, quando il futuro santo nacque a Zduska-Wola, cittadina a est della Polonia, e venne battezzato con il nome di Raimondo. I suoi genitori, Maria Dabrowska e Giulio Kolbe, due modesti tessitori, diedero vita a una famiglia basata sull’insegnamento evangelico e marcata da una spiritualità fortemente francescana. Dei loro cinque figli solo tre sopravvissero: Francesco, Raimondo e Giuseppe. Tutti, finiti gli studi, espressero il desiderio di entrare nel seminario francescano di Leopoli.

Fra Massimiliano aveva sempre manifestato la sua predilezione per l’Immacolata, apparsagli quando era ancora un bambino. In una confidenza alla madre, raccontò che un giorno, inginocchiato in chiesa, una donna bellissima gli si avvicinò tenendo in mano due corone, una bianca, simbolo della vita consacrata, e una rossa simbolo del martirio, porgendogliele in offerta, e lui le accettò entrambe.

Nel 1911, Raimondo emise i voti temporanei come francescano conventuale con il nome di Massimiliano. L’anno seguente, nell’ottobre del 1912, studiò a Roma insieme ai migliori membri della sua diocesi. Qui, con il permesso del suo rettore, iniziò a reclutare i membri di quella che sarebbe diventata la Milizia dell’Immacolata: univa così la devozione mariana alla passione per la battaglia in nome di Cristo. Lo scopo principale della Milizia consisteva nel procurare la conversione dei peccatori, degli eretici, degli atei, in particolar modo dei massoni, oltre che la santificazione di tutti i membri.

Il 3 gennaio 1920 ebbe luogo la prima seduta dei sacerdoti francescani di Polonia appartenenti alla M.I.  Poco dopo, per tenere in contatto gli aderenti, che andavano aumentando di numero, padre Kolbe fondò “Il Cavaliere dell’Immacolata”, un periodico finanziato dal sostegno provvidenziale di benefattori. Per avere la possibilità di utilizzare una propria macchina tipografica, padre Massimiliano venne trasferito a Grodno, in Polonia. Quando la sede del convento si fece troppo piccola il frate cercò un terreno esterno al convento per costruire un edificio sufficientemente ampio da ospitare la tipografia: nacque Niepokalanow (Città dell’Immacolata). Fu ideata come un insieme di baracche rudimentali, appena sufficienti a dare riparo a quelli che le abitavano. Massimiliano si appellava al senso più profondo della povertà francescana: per la Causa nessuna avarizia, per i frati nessun lusso e nessuna comodità.

Dopo qualche tempo trascorso a Niepokalanow, padre Kolbe, che nel 1928 era stato ordinato sacerdote,  decise di fondare una missione in Giappone. Così, presso Nagasaki, nel 1931 venne fondata la versione Giapponese di Niepokalanow, chiamata Mugenzai no Sono. Quando il padre, cinque anni dopo, lasciò definitivamente il Giappone, a Nagasaki c’era ormai un gruppo di confratelli capaci di far fruttificare l’eredità ricevuta. Tornato in Polonia, continuò nel suo lavoro di evangelizzazione attraverso i mezzi di comunicazione: il 1° dicembre 1938 iniziava le sue trasmissioni la Stazione Polacca 3 Radio Niepokalanow.

In seguito all’occupazione nazista, nella Città dell’Immacolata si rifugiarono migliaia di fuggiaschi. Dopo una prima deportazione nei campi di prigionia, tornato a Niepokalanow, padre Massimiliano venne di nuovo arrestato dalla Gestapo 17 febbraio 1941 e, il 28 maggio, venne imprigionato ad Auschwitz.

I suoi carcerieri non sapevano che, in quell’inferno, avevano portato un santo capace di trasmettere il senso della vita soprannaturale in chi rischiava di perdere anche l’umanità. Basta scorrere solo alcune testimonianze dei compagni di prigionia:
Fu uno shock enorme per tutto il campo, ci rendemmo conto che qualcuno tra di noi, in quella oscura notte spirituale dell’anima, aveva innalzato la misura dell’amore fino alla vetta più alta. Uno sconosciuto, uno come tutti, torturato e privato del nome e della condizione sociale, si era prestato a una morte orribile per salvare qualcuno che non era neanche suo parente. Migliaia di prigionieri si convinsero che il mondo continuava a esistere e che i nostri torturatori non potevano distruggerlo. Più di un individuo cominciò a cercare questa verità dentro di sé, a trovarla e a condividerla con gli altri compagni del campo”. (Giorgio Bielecki)

Ci spronava a perseverare coraggiosamente. (…) Ci faceva vedere che le nostre anime non erano morte, che la nostra dignità di cattolici e di polacchi non era distrutta. Sollevati nello spirito, tornavamo nei nostri Blocchi ripetendo le sue parole: ‘Non dobbiamo abbatterci, noi sopravvivremo sicuramente, loro non uccideranno lo spirito che è in noi”. (Miecislao Koscielniak)

 “Dopo averlo ascoltato, sentivo che non avevo più paura di morire, una cosa che mi aveva sempre angosciato… Nel campo di concentramento noi eravamo distrutti a causa delle sofferenze inumane e privati della fede, ma lui non solo accettava tutto come dono di Dio, ma lo ringraziava e lo amava ancora di più”. (Ladislao Lewkowicz)
Alla fine del mese di luglio del 1941, padre Kolbe venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame. Tra questi, vi era anche Francesco Gajowniczek, il quale scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava. Fu a questo punto che, un prete cattolico ormai ridotto allo scheletro, si offrì di morire al suo posto.

 “Lei chi è?” chiese la guardia
“Un prete cattolico.”
“Al posto di chi vuole andare?”
“Al posto di quello là.” E padre Massimiliano indicò il prigioniero che qualche istante prima era scoppiato in lacrime.
“Perché?”
“Io sono vecchio e solo, lui invece è giovane e ha famiglia.”
La guardia fece segno di assenso e si allontanò.
I carcerieri condussero i condannati nella cantina del Blocco numero 11. Ordinarono loro di denudarsi. Da quel momento non avrebbero più ricevuto niente da bere e da mangiare, ma ogni giorno avrebbero dovuto fare la ginnastica mattutina, sorvegliati da uno dei carcerieri.

Ora per padre Kolbe non si trattava più di risparmiare la vita di uno dei detenuti, ma di aiutare gli altri nove a morire. Confessò tutti e, da quel momento, diede tutto se stesso per risollevare lo spirito dei compagni, per accompagnarli ad una morte serena.

Scrisse più tardi Bruno Borgowiec, una SS che fu testimone del martirio:
Si può dire che la presenza di Padre Massimiliano nel bunker fu necessaria per gli altri… Stavano impazzendo al pensiero che non sarebbero più tornati alle loro famiglie, alle loro case e gridavano per la disperazione. Egli riuscì a rendere loro la pace ed essi iniziarono a rassegnarsi. Con il dono della consolazione che egli offrì loro, prolungò le vite dei condannati, di solito così psicologicamente distrutti che morivano in pochi giorni… Le porte della cella erano di quercia, e grazie al silenzio e all’acustica, la voce di Kolbe in preghiera si estendeva anche alle altre celle, dove i prigionieri potevano udirla bene… Da allora in poi, ogni giorno, dalla cella dove si trovavano queste povere anime e alle quali si univano le altre voci, si poteva udire la recita delle preghiere, il Rosario, gli inni. Padre Massimiliano li guidava e gli altri rispondevano in coro. Poiché queste preghiere e gli inni risuonavano in ogni parte del bunker, avevo l’impressione di essere in una chiesa. (…)
Il 14 agosto, erano già passate due settimane. I prigionieri morivano uno dopo l’altro e ne rimanevano solo quattro, tra i quali padre Massimiliano, ancora in stato di conoscenza… Fu inviato il criminale tedesco Bock per fare un’iniezione di acido fenico ai prigionieri… Quando arrivò là, lo dovetti accompagnare alla cella. Vidi padre Massimiliano, in preghiera, porgere lui stesso il braccio al suo assassino. Non potevo sopportarlo. Con la scusa che avevo del lavoro da fare, me ne andai. Ma non appena gli uomini delle SS e il boia se ne furono andati, tornai. Gli altri corpi, nudi e sporchi, erano stesi sul pavimento, con i volti che mostravano i segni della sofferenza. Padre Massimiliano era seduto, eretto, appoggiato al muro. Il suo corpo non era sporco come gli altri, ma pulito e luminoso. La testa era piegata leggermente da una parte. Il suo volto era puro e sereno, raggiante. Chiunque avrebbe notato e pensato che questi fosse un santo
La santità di padre Kolbe non consiste tanto nel sacrificio della propria vita, ma nell’imitazione della Madre di Dio. Solo quando si è disposti a dare tutto per lei, e quindi per suo Figlio, il sacrificio di sé diventa l’estremo atto d’amore che santifica. Senza questa sacra radice, qualsiasi sacrificio sarebbe vano, un tentativo inutile di glorificare la propria vita. Con il suo gesto, San Massimiliano ha portato a compimento una vita offerta tutta per la gloria di Dio. Per questo il suo dolore fisico e morale è divenuto balsamo per tante anime.

E per questo la sua santità è sempre attuale, a cominciare dal coraggio e dalla coerenza con cui ha testimoniato la sua fede. La perseveranza di questo frate nel mostrare il suo sacerdozio ha dato l’unica possibile lettura cristiana del suo sacrificio e perciò  ha condotto tante anima sulla via della Verità.

Questo atto di amore e coraggio infinito, che si chiama Carità, è quanto mai necessario nel mondo d’oggi. I giovani degli Anni Duemila, lontani dal conoscere gli stermini della guerra, sono comunque esposti a un nuovo tipo di violenza, che serpeggia tra i media, l’istruzione, i divertimenti e vorrebbe diluire la loro Fede fino a perderla. Seguendo le tracce di padre Kolbe, possono trovare una via e il sostegno per affrontare il male senza acquiescenza e sottomissione.

San Massimiliano non ha liberato la Polonia dal Nazismo, non ha salvato tutti i deportati del campo di concentramento, ha semplicemente offerto la propria vita in cambio di quella di un solo uomo. Un gesto quasi inutile, visto con occhio umano. Ma, se solleviamo un po’ lo sguardo, ci accorgiamo che, come scrive Tolkien “Sono le piccole azioni della gente comune (…) che tengono a bada l’oscurità”.

Padre Kolbe ha mostrato a tutti e per sempre che, anche ad Auschwitz, Dio continuava a parlare. Ha costretto tutti a sentirne la voce. La stessa che odono quelle suore disposte a morire per le anime di una terra che forse non conoscono neanche tanto bene, ma che amano per amore di Dio.

La verginità di Maria, oggi (2)

La verginità di Maria, oggi (2)
...Parte Prima. "Concepito di Spirito Santo". La Verginità di Maria "Prima del parto". Gli errori e i dubbi di oggi. Sentenze di modernisti e protestanti. Influsso degli acattolici sui cattolici. Il "Nuovo Catechismo Olandese". Echi delle controversie in Italia. Alla radice dei vari errori. Errori vecchi presentati come... nuovi....

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI


PARTE   PRIMA

"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO "


LA VERGINITÀ' DI MARIA "PRIMA DEL PARTO"

II. GLI ERRORI E I DUBBI DI OGGI

1. SENTENZE DI MODERNISTI E PROTESTANTI

Secondo i Modernisti la verginità di Maria " prima del parto " (ossia il concepimento verginale) dev'essere negata, perché sarebbe stata introdotta nella Chiesa nel secolo II, sotto l'influsso dei Doceti, i quali negavano la realtà dell'umanità di Cristo (così p. es. il TURMEL o ps. HERZOG, La Sainte Vierge dans l'histoire, Parigi, 1908); oppure perché, anziché un fatto storico, non sarebbe altro che un " mito ", del quale han cura di indicare persino i vari stadi che avrebbe percorso (così p. es. H. KOCH, Virgo Eva-Virgo Maria, Berlin Leipzig, 1917; Idem, Adhuc Virgo; Tùbingen 1929).
La teologia liberale o razionalistica, nega il concepimento verginale di Cristo non già per motivi di scienza biblica, ma unicamente perché ritiene impossibile qualsiasi prodigio. Per spiegare poi in che modo, per quale via, un tale concepimento verginale è penetrato nei Libri sacri del Nuovo Testamento, ha proposto due soluzioni: 1) esso è sorto - dicono - nell'ambiente palestinese, sotto l'influsso di Isaia, 7, 14: " Ecco che una vergine concepisce e partorisce un figlio... ";
2) esso è sorto sotto l'influsso della mitologia pagana. La prima soluzione è stata sostenuta da Adolfo Harnack. S. Matteo infatti (1, 22) si rifà esplicitamente al celebre testo di Isaia del quale vede una realizzazione della nascita di Gesù. San Luca (1, 31) poi allude allo stesso testo di Isaia. È ben noto però come nell'Antico Testamento il testo di Isaia non fu affatto interpretato nel senso di un concepimento e di un parto verginale; una tale idea era del tutto estranea al giudaismo, e perciò non poteva venire dal giudaismo. Per S. Matteo infatti non è il testo di Isaia che lo guida alla comprensione della realizzazione del parto verginale, ma è la realizzazione del parto verginale che lo guida alla comprensione del testo di Isaia, il quale solo per ispirazione profetica divina (non già da miti orientali preesistenti) potè avere l'idea di un concepimento e di un parto verginale (secondo un'indagine di G. DALLING, Theologisches Worterbuch, V, 824-835, Is. 7, 14, è la testimonianza certa più antica di una tale idea).
Altri razionalisti, messa da parte questa prima soluzione, danno la seconda, ossia, ritengono che il concepimento verginale sia stato originato da idee mitologiche pagane (ossia, dalla mitologia babilonese, egiziana, persiana, e, specialmente, greca). La storia delle religioni pagane, infatti, ci parla del mito dell'unione di qualche dio con qualche donna, dalla quale unione sono nati gli uomini grandi, divini (filosofi, re, imperatori, eroi, ecc.). Di qui l'idea mitica delle dee-madri. Così, per esempio, secondo il mito, sarebbero nati Platone, Pitagora, Alessandro, Augusto, ecc. Essi sarebbero figli di un padre celeste e di una madre terrena. Ciò posto, i cristiani di formazione ellenistica provenienti dal paganesimo - secondo i razionalisti - avrebbero ammesso una simile origine divina, una origine verginale anche per Cristo.
Tra i Protestanti di oggi han negato in modo radicale il concepimento verginale H. von Campenhausen e M. Dibelius, luterani, nonché il razionalista Bultmann. Tutti e tre hanno influenzato alcuni cattolici.
H. VON CAMPENHAUSEN (Die Jungfrauengeburt in der Theologie der Alten Kirche [ Sitzungsbericht Heidelberger Akad. Wiss. phil.-hist. Klasse, 3] 1962) ha presentato un breve studio critico secondo il quale il concepimento verginale non sarebbe altro che uno sviluppo leggendario, estraneo a Paolo e a due degli Evangelisti (Marco e Giovanni), tardivamente sviluppato dagli altri due (Matteo e Luca) partendo da elementi che, all'inizio, erano differentemente orientali. Egli sottolinea il relativo silenzio dei primi Padri e ciò che potrebbe limitare le loro affermazioni, cercando tutte le vie per minimizzarle.
MARTIN DIBELIUS (che ha influito non poco - come vedremo - su alcuni cattolici " progressisti ") ha cercato di spiegare la primitiva fede cristiana nel concepimento verginale di Cristo da parte di Maria come uno sviluppo normale e una rielaborazione progressiva delle idee veterotestamentarie e giudaiche intorno all'origine di alcuni insigni personaggi della Storia Sacra, origine dovuta ad uno speciale intervento di Dio (Isacco, Sansone, Samuele, ecc.). Il giudaismo palestinese - dice Dibelius - afferma una tale idea, ma non arrivò fino all'esclusione dell'opera dell'uomo. Il giudaismo ellenista, invece, sotto l'influsso della versione del versetto 14 del capo VII di Isaia fatta dai Settanta e sotto l'influsso delle idee elleniche (sopra esposte), arrivò all'idea di un concepimento meraviglioso, per opera dello Spirito Santo di Dio nel seno di una Vergine, senza parlare di un padre umano. Un esempio di ciò il protestante Dibelius lo trova in San Paolo allorché descrive, nella lettera ai Galati, la doppia maternità di Sarà (moglie di Abramo): costei ebbe un figlio " secondo la carne ", Ismaele; e un figlio " secondo lo spirito ", Isacco. Certo - dice Dibelius – San Paolo sapeva che Isacco era figlio naturale di Abramo; non per questo però esclude l'idea che un eletto da Dio venga generato in modo meraviglioso in quanto che, in luogo del padre umano, entra in azione la forza dello spirito di Dio. Anche in Filone - rileva inoltre Dibelius - si incontra, in forma allegorica, l'idea che alcune insigni donne ottengono la fecondità mediante il meraviglioso intervento divino, senza intervento di alcun mortale. L'esempio di Paolo e di Filone – secondo Dibelius - giustificano la conclusione che il giudaismo ellenico conosceva l'idea del concepimento miracoloso di uomini santi sotto l'azione di Dio, con esclusione di padre umano. Ciò posto, qual è - si chiede Dibelius - il senso di tale affermazione? Con essa - dice Dibelius - non si intendeva affermare un fatto storico, ma si intendeva affermare un'idea teologica: il dominio assoluto di Dio, il quale dispone della vita dell'uomo e dirige provvidenzialmente l'apparizione degli uomini grandi predestinati a qualche missione. All'avvento del Cristianesimo - prosegue Dibelius - era quasi inevitabile che venisse applicata a Cristo una simile teoria, cioè: essere " generato secondo lo spirito ". In tal modo fin dai primi anni del Cristianesimo, l'idea della origine verginale di Cristo (" secondo lo spirito ") fu creduta e predicata come un " teologumenon " cristiano, prima di passare ad essere descritta, sensibilizzata e sceneggiata da S. Luca in una narrazione ("leggenda"), quale la possediamo oggi. Con l'espressione " teologumenon " si intende dire che i cristiani primitivi non sapevano in modo fisso come venne al mondo Gesù e che a loro neppure interessava saperlo. Con l'espressione: concepito " secondo lo Spirito ", essi intendevano esprimere questa idea teologica: il supremo dominio di Dio sopra tutte le circostanze concrete che hanno accompagnato la venuta del Messia in questo mondo (cfr. DIBELIUS M., Jungfrauensohn und Krippenkind: Untersuchungen zur Geburtsgeschichte Jesu in Lukas-Evangelium: Botschaft und Geschichte, Gesammelte, Autsatze von Martin Dibelius, 1° vol., p. 1-78. J.C.B. Mohr-Tubingen, 1953, p. 18 ss., 25-35, 35-38, 36-39. Fu pubblicato per la prima volta nel 1932, nella collezione " Sitzungsberichte der Heidelberg Akademie der Steinmetzer Fr. X: Klasse Abh. 4 ").
Una discreta eco ha avuto anche fra i cattolici " progressisti ", la cosiddetta " demitizzazione " proclamata dal protestante evangelico RUDOLF BULTMANN negli articoli pubblicati nel fascicolo VII dei Beitràge zur Evangelischen Theologie del 1941. Nel secondo di questi articoli (Neues Testament una Mythologie, ripubblicato nel volume Kerigma und Mythos, vol. I, Hamburg, 1954), Bultmann, parte dalla constatazione che una delle maggiori fonti di difficoltà incontrate dall'uomo contemporaneo (formatosi alla scuola della scienza e della tecnica) è dovuta al fatto che le varie confessioni religiose gli impongono una specie di " sacrificio dell'intelletto " (sacrificium intellectus) che, in realtà, non è affatto necessario, poiché il Nuovo Testamento espone il Kerigma divino in forma di mito, ossia, quel modo di rappresentare il divino come umano, l'al di là come l'al di qua (op, cit., p. 23, 1). ,
I miracoli, secondo lui" non sono affatto qualcosa di eccezionale...: sono" elementi mitologici, i quali non possono essere credibili per l'uomo d'oggi. Conseguentemente, la predicazione del Nuovo Testamento, presentata in forma mitica, se si vuole che sia valida per l'uomo d'oggi, dev'essere "demitizzata ", attraverso l'interpretazione esistenzialistica del mito. Tra questi " miti " vi è anche, ovviamente, il prodigio del concepimento verginale di Cristo. Anche questo " mito " perciò dovrebbe essere sottoposto al trattamento della demitizzazione: un tale prodigioso concepimento non esprimerebbe altro che la trascendenza del Figlio (la sua origine dal Padre) e la perfetta santità della Madre (la sua purezza morale totale), dimenticando – evidentemente - di riflettere che un tale concepimento verginale è un'esigenza sia della trascendenza del Figlio, sia della perfetta santità della Madre.

2. INFLUSSO DEGLI ACATTOLICI SUI CATTOLICI

Le idee espresse da Campenhausen, da Dibelius e da Bultmann hanno esercitato un influsso nefasto sopra alcuni cattolici "progressisti ". Per questo la S. Congregazione per la Dottrina della Fede, in una Lettera in data 14 luglio 1966, tra i punti ai quali chiedeva alle Conferenze Episcopali delle varie nazioni una risposta intorno agli " errori " che circolano nei vari paesi, elencava anche quello della " concezione verginale " di Cristo, ridotta - secondo la suddetta Lettera - a " fatto puramente naturale ". È nota la risposta data a tale domanda dall'Episcopato Olandese:
" Per quanto concerne la concezione verginale di Cristo da Maria si deve stabilire anzitutto che tutti coloro che accettano il significato singolare e unico di salvezza di Gesù, ne vedono un'espressione nei racconti dell'Annunciazione di Luca 1 e Matteo 1. Questi difatti devono essere valutati anzitutto come una confessione di Cristo da parte della novella Chiesa, come anche l'articolo del simbolo apostolico "che è concepito dallo Spirito Santo, nato da Maria Vergine".
" Ora però c'è diversità di idee sulla questione se si tratti di un racconto oppure di un avvenimento nel corpo di Maria; in altre parole cioè se questo racconto e l'articolo di fede corrispondente debba essere compreso metaforicamente o letteralmente.
" Benché sia significativo che i racconti così differenti di Mt. e Lc. sull'infanzia descrivono ciascuno nel proprio modo la nascita verginale di Cristo, questa tradizione non sembra però farsi strada in tutto il Nuovo Testamento. In favore di una interpretazione letterale dei racconti si ha il fatto che le genealogie di Gesù evitano di nominare Giuseppe padre di Gesù (Mt. 1, 16; Le. 3, 23); contro di essa si sa che la paternità di Giuseppe è espressa altrove senza riserva anche se sempre sulla bocca di altri e non dell'evangelista (Le. 2, 48; 4, 22 contro Mc. 6, 3; Gv. 1, 45; 6, 42). Ciò che restava indeciso dentro la tradizione biblica e non del tutto deciso anche nella tradizione post-biblica. È vero che nei testi liturgici e dogmatici Maria viene quasi sempre designata come vergine e spesse volte come "sempre vergine" ma mai è stato definito con la pienezza del Magistero se questo termine "vergine" debba essere compreso letteralmente. Certo, il Concilio Lateranense del 649 si è pronunciato in questo senso (Denz. Schon. 503. Denz. 256), ma questo era un Concilio provinciale, non universale. Anche in una bolla di Papa Paolo IV del 1555 (Denz. Schòn. 1880; Denz. 993) il senso letterale, insieme ad altri punti dottrinali, viene difeso contro gli Unitari, ma questo è detto di passaggio, non nella forma di una risposta diretta ad una controversia. Ovviamente non si può trascurare il magistero ordinario, ma si richiede uno studio più preciso per sapere se esso si pronunzi anche in modo diretto in favore della interpretazione letterale della concezione verginale " (cfr. "Il Regno", Documentazione Cattolica 1968, n. 6, p. 105).

3. IL " NUOVO CATECHISMO OLANDESE "

Secondo gli autori gli questo " Nuovo Catechismo " la verginità di Maria, come è stata espressa fino ad oggi dalla Chiesa, dev'essere riveduta e corretta. Le parole del Simbolo della fede " Nato dalla Vergine Maria " applicate a Gesù - secondo costoro - non sarebbero altro che un'espressione poetica, usata per significare che Egli è venuto al mondo come un singolare " dono " della grazia di Dio. Gli autori del famoso " Nuova Catechismo Olandese ", sono arrivati a dire che gli Evangelisti Matteo e Luca, asserendo che Gesù è stato concepito per opera dello Spirito Santo, non già per opera d'uomo, han voluto significare che Gesù è " nel più alto grado, il frutto di una promessa ", frutto " superiore a tutte le possibilità dell'uomo ", il " dono " di Dio all'uomo. Questo - secondo gli autori del Catechismo - sarebbe il significato " profondo " delle asserzioni dei due Evangelisti. " Dei grandi uomini dell'Antico Testamento - dice il " Nuovo Catechismo Olandese " - si narra come furono impetrati da Dio ". E dopo aver nominato alcuni Patriarchi (Isacco, Giacobbe, Sansone, Samuele, il bambino della casa reale di Acaz e S. Giovanni Battista), prosegue rilevando che " di tutti i figli della promessa di Israele, Gesù è il punto più alto ". Gesù perciò viene messo nella stessa linea di tutti gli altri (generati in modo ordinario) e questo sarebbe ciò che esprimono gli Evangelisti Matteo e Luca quando annunciano che Gesù non procedette dalla volontà di uomo. Questo sarebbe il senso " profondo " dell'articolo di fede: " nato da Maria Vergine ". Questo fatto non avrebbe altro che una significazione " simbolica " esprimente la somma gratuità del " dono " fattoci da Dio.
Ecco il testo completo del " Nuovo Catechismo olandese " : " Contemporaneamente all'origine umana di Gesù, i Vangeli riferiscono anche la sua origine da Dio. " Dei grandi personaggi del Vecchio Testamento si racconta spesso che furono implorati da Dio. Dopo invocazioni e preghiere e dopo la promessa di Dio, l'intimità coniugale di sposi che non avevano ancora avuto figli diveniva finalmente feconda. Fu così per i Patriarchi di Israele, Isacco e Giacobbe, così per Sansone e Samuele e il figlio della casata di Achaz, segno della fedeltà di Dio in tempi travagliati. Così fu per Giovanni il Battista. In quei racconti emerge in modo eccezionale ciò che palpita in ogni paternità e maternità: un nuovo essere umano (sempre ogni volta unico) è, in ultima analisi, un dono di Dio,
Si usa dire che i genitori "hanno avuto" un bambino, più che non lo abbiano "fatto".
" Fra tanti figli della promessa di Israele, Gesù è il più eccelso. Quando venne al mondo, era stato implorato da tutto un popolo, promesso da tutta una storia. Figlio di promessa come nessun altro, Oggetto del più profondo desiderio di tutta l'umanità. Nacque per pura grazia, per sola promessa, "concepito di Spirito Santo". Il dono di Dio all'umanità.
" Gli evangelisti Matteo e Luca  sottolineano tutto ciò quando affermano che Gesù non è nato per volontà di un uomo. Essi dicono che questa nascita, ben più della nascita di qualsiasi altra creatura umana, non sta in relazione alcuna con le capacità puramente umane. Appunto questo è il senso profondo dell'articolo di fede che dice: "nacque da Maria Vergine". Nulla esiste in seno all'umanità, nulla nell'umana fecondità, che possa generarlo. Lui dal quale dipende ogni fecondità umana, la formazione tutta del nostro genere umano: in Lui, infatti, tutto è creato.
" In ultima analisi il genere umano deve la venuta di questo Promesso allo Spirito Santo. La sua origine non è ne dal sangue ne dalla volontà della carne, ne dalla volontà di un uomo, ma da Dio: da tanta altezza, da tanto lontano ". (Il Nuovo Catechismo Olandese, Torino, ed. Elle di ci, pag. 92).
II testo - come si vede - è per lo meno equivoco : sotto la cortina fumogena delle parole, si viene a negare velatamente il dogma.
Con ragione perciò la " Commissione Cardinalizia " nominata dal S.P. Paolo VI per l'esame del " Nuovo Catechismo Olandese ", dichiarava, fra l'altro:
" 3. Circa la concezione di Gesù da Maria in modo verginale.
- La Commissione dei Cardinali ha chiesto che il "Catechismo" proclami apertamente che la Madre Santissima del Verbo Incarnato ha sempre goduto dell'onore della verginità, e che affermi chiaramente il fatto stesso della concezione verginale di Gesù, che quantomai conveniva al mistero dell'Incarnazione; e che perciò non si dia alcuna ansa per abbandonare la realtà di questo fatto, contenuto nella tradizione della Chiesa fondata sulla Sacra Scrittura, conservandone soltanto una sua significazione simbolica, per esempio la somma gratuità del dono, che Dio ci ha fatto del Figlio Suo ". [92. 95. 96. 188] (cfr. A.A.S. 60 [1968] p. 688). Per questo il S.P. Paolo VI, nella Lettera del 30 marzo 1967 al Card. Alfrink, Primate d'Olanda, chiedeva che fosse evitata qualsiasi ambiguità, trattandosi di un dogma di fede (cfr. Il Dossier del Catechismo Olandese, p. 146, 148).
Il concepimento verginale di Cristo da Maria, negato velatamente o, per lo meno, esposto in modo equivoco, ambiguo nel " Nuovo Catechismo Olandese ", è stato negato apertamente da alcuni teologi olandesi che hanno collaborato alla composizione del medesimo.
1) II P. PIET SCHOONENBERG S.J.. in una intervista radiofonica, osservava che per una retta interpretazione del cosiddetto " Vangelo dell'Infanzia " (Mt. 1, Le. 1-2) andava tenuto presente il "genere letterario ". " Basandoci - diceva - su questa nuova (...) comprensione (del Vangelo), possiamo domandarci se il racconto dell'annunciazione tramandatoci da Luca (1, 26-38) e da Matteo (1, 20-25) debba intendersi in senso letterale (proprio) o figurato " (cfr. I grandi temi del Catechismo Olandese, Brescia, Queriniana, 1968, p. 131-136).
Secondo Schoonenberg, la verginità corporale di Maria non è da ritenersi come dogma, ma come " questione aperta ". " II Nuovo Testamento - secondo lui - nel suo insieme, da l'impressione che la nascita verginale (di Gesù) sia un modo di parlare poetico " (cfr. " De Tijd ", 17 dic. 1966).
2) Anche il P. VAN KILSDONK S.J. (collega del P. Schoonenberg ) dopo aver negato apertamente la verginità corporale di Maria, dichiara: " II titolo di "Vergine", per Maria, non è altro che un'aggiunta della poesia religiosa del Nuovo Testamento ". Per il P. Van Kilsdonk, " il concepimento di Gesù nel seno di sua madre, senza l'intervento di un uomo " dev'essere rigettato (cfr. " Confrontatie ", 8 nov. 1966, pagina 29 s.), ove viene riportata una trasmissione fatta dal P. Van Kilsdonk alla radio cattolica olandese (K.R.O.) l'11ottobre 1966.
3) Anche il Cappellano olandese GROENENDIJK, ha negato recisamente il concepimento verginale come fatto biologico alla televisione olandese il 14 luglio 1966, ponendola sullo stesso piano dei sette giorni della creazione i quali - evidentemente - non van presi in senso storico, letterale (cfr, la protesta di P. Van Doornik M.S.C, su " De Tijd " del 20 luglio 1966).
4) II tedesco UBERTO ABEAS, facendo eco ai suddetti olandesi ha negato anche lui recisamente la verginità' di Maria " prima del parto " nel concepimento di Cristo (cfr. Fundamental Katecketik, Dùsseldorf, 1968, p. 200 ss.). È stato però riprovato dalla Gerarchia cattolica tedesca (cfr. Herder-Korresp.; Heft 1, del 1969, pag. 15-18).

4. ECHI DELLE CONTROVERSIE IN ITALIA

Recentemente, poi, anche in Italia, in un opuscolo indirizzato " ai cristiani adulti di oggi " (H. MOURITZ, I grandi temi del Catechismo Olandese, edito dalla Queriniana di Brescia) si affermava che, per i cattolici, la questione della verginità fisica o soltanto morale di Maria nel concepimento di Cristo, era una questione tuttora " aperta " e perciò discutibile! Questo infame opuscolo viene presentato, dalla Editrice Queriniana (Cattolica!...) come una " sintesi completa e precisa " del famigerato Catechismo Olandese. Vi si dice: " II sorgere di nuove opinioni sulla nascita verginale è stato influenzato dal progresso [o regresso?...] dell'esegesi e da una migliore comprensione della Scrittura [meglio si direbbe: da un nuovo travisamento della Scrittura]. Basandoci su questa nuova comprensione, possiamo domandarci se il racconto dell'annunciazione tramandatoci da Luca (1, 26-38) e da Matteo (1, 13-25) debba intendersi in senso letterale o figurato.
... Il punto cruciale è questo: che cosa hanno inteso dire i due evangelisti con la loro narrazione, considerata come un tutto unico? Intendono descrivere un avvenimento biologico e fisico, o vogliono invece servirsi di un genere letterario per dirci che Gesù è il Figlio unigenito fin dall'origine? In altri termini: Matteo e Luca ci danno un'interpretazione teologica sotto forma di racconto, o vogliono darci invece un documento storico? " (p. 132 s.). Il Mouritz propende verso la prima parte del dilemma. Poco importa a lui che " la suprema autorità della Chiesa " (alla quale sola appartiene l'autentica interpretazione della S. Scrittura) si sia pronunziata in senso contrario, perché la questione - secondo lui - come si presenta oggi, non è stata mai definita " in modo esplicito ". E più oltre, a p. 113, aggiunge che ci possiamo chiedere se questa autorità (della Chiesa) difenda l'aspetto fisico della nascita verginale a causa della fede, o, forse per altri motivi, per esempio a causa di una minore valorizzazione della sessualità. E conclude, con la più grande disinvoltura: " Anche se Maria ha concepito Cristo in modo fisico ordinario [non verginalmente, ossia, per opera d'uomo], Essa resta pur sempre Vergine Madre [è lui che sottolinea] per la dedizione di tutta se stessa a Dio. È a Lui infatti che ha dato tutto il suo cuore " (p. 135). Sarebbe quindi una Vergine Madre solo di nome, non già di fatto. E aggiunge ancora (quantunque non ve ne sia bisogno): " Giustamente il Catechismo Olandese si ispira a queste verità [meglio avrebbe detto: " a queste falsità]. Se ci atteniamo a questo significato essenziale dell'evento salvifico, possiamo considerare ancora aperta la questione se la concezione di Cristo sia stata fisica o meno " (p. 136). La nostra fede - secondo il Mouritz - è... " una fede di ricerca " (ibid.), ossia, una fede in fieri!... (4).

5. ALLA RADICE DEI VARI ERRORI

Alla base di questa odierna contestazione della verginità di Maria " prima del parto ", stanno le seguenti ragioni:
1 ) vi è la difficoltà di riconoscere il miracolo, ossia, un intervento miracoloso di Dio, al quale " nulla è impossibile " (Lc. 1, 37) nell'ordine della natura corporea: per questa gente il " mito " si identifica col " miracolo ";
2) vi è la tendenza a rendere l'incarnazione più umana, a sottolineare in modo particolare, in Cristo, l'uomo, l'umanità, onde renderlo il più vicino possibile agli uomini, ossia, più umano: un Cristo infatti concepito come tutti gli altri uomini, sarebbe un Cristo più vicino all'umanità; ma costoro finiscono con lasciare nell'ombra la divinità di Cristo, o col negarla;
3) vi è la tendenza a svalutare la verginità, a valorizzare la sessualità, ad esaltare esageratamente l'unione coniugale da parte dell'uomo d'oggi; il quale - a differenza dell'uomo di ieri - vede nel matrimonio un istituto ingiustamente abbassato per elevare lo stato verginale: per il  fatto stesso - dicono - che Cristo è il frutto del matrimonio e della procreazione umana, si ha un'esaltazione dello stato matrimoniale.
Questi sono i tre principali motivi per cui non pochi hanno negato il carattere verginale e perciò miracoloso del concepimento di Cristo da parte di Maria, e l'hanno ritenuta frutto di un rivestimento poetico, mitologico. Essi dimenticano che il concepimento verginale di Cristo è ordinato a rivelare la sua natura di Figlio di Dio che, in una nuova creazione, viene ad inserirsi, per salvarlo, nel mondo (cfr. DANIELI G., Origini della tradizione sinottica sulla concezione verginale, in " Divus Thomas " [Plac.], 72 [1969] pag. 312-331).

6. ERRORI VECCHI PRESENTATI COME... NUOVI

Secondo questi negatori o contestatori di oggi, il concepimento verginale di Cristo (l'espressione " nato dalla Vergine "), comporterebbe un rivestimento poetico d'ordine prodigioso (mitico) dato ad una realtà più semplice, questa: Gesù è nato in virtù di un " dono speciale " di Dio, il dono supremo della grazia divina, perciò la sua nascita si trova al vertice delle nascite degli uomini insigni dell'Antico Testamento, nascite che ci vengono presentate dalla Bibbia come provenienti da un sovrano intervento di Dio, quantunque siano frutto dell'unione coniugale. Questa l'idea o realtà primitiva. Per accentuare poi meglio una tale idea o realtà primitiva, la comunità cristiana l'avrebbe rivestita dell'idea prodigiosa (mitica), ossia, di un'origine o concepimento verginale. Si veniva ad esprimere così, in modo materiale, biologico, ciò che era soltanto spirituale (un figlio venuto eccezionalmente dall'alto).
Dinanzi a questa pretesa mitizzazione dell'idea o realtà primitiva, s'impone - dicono costoro - una purificazione, una demitizzazione, ossia, una liquidazione pura e semplice del rivestimento portentoso dal concepimento verginale. In tal modo - dicono - il dogma del concepimento verginale di Cristo, non verrebbe negato, ma verrebbe purificato, verrebbe inteso nel suo vero significato. Questa demitizzazione indubbiamente, - lo riconoscono - va contro la tradizione cristiana e contro l'insegnamento della Chiesa (le definizioni infallibili dei Concili e dei Papi); però - dicono i demitizzatori - se all'origine della tradizione cristiana vi si trova un mito, ne segue che la formulazione (il genere letterario) che vi si appoggia deve essere presa in funzione dello sviluppo mitologico che essa suppone, per cui tutte le porte che si vorrebbero chiudere alla demitizzazione dovranno invece essere aperte. Orbene questi odierni paladini della cosiddetta " demitizzazione ", pur pretendendo di dire qualcosa di nuovo, in realtà non fanno altro che ripetere ne più ne meno un errore proposto già verso la metà del secolo II e confutato egregiamente, fin da quel tempo, da San Giustino Martire (c. 110- c. 165). Discutendo col rabbino giudeo Trifone sulla verginità di Maria, San Giustino faceva appello alla celebre profezia di Isaia (7, 15) sul concepimento e sul parto verginale della Madre dell'Emanuele. " Isaia - diceva S. Giustino a Trifone - ispirato dallo Spirito Santo, preannunzia, come vi ho esposto, un vero prodigio... " (Dial. cum Triphone, 14, n. 84, PG 6, 674), Ma Trifone - si noti bene!... - precedendo di quasi 19 secoli i demitizzatori di oggi, invitò S. Giustino a demitizzare il concepimento e la nascita verginale di Cristo: " Nei miti di coloro che si chiamano Greci – asseriva Trifone - si dice che Perseo nacque da Danae la quale era vergine, dopo che colui, il quale presso di loro viene appellato Zeus, si era effuso su di essa sotto forma di oro. Voi - diceva - dovreste arrossire di raccontare le stesse cose, e sarebbe meglio dire che Gesù fu un uomo tra gli uomini... Ma non arrischiatevi a parlare di prodigi onde evitare di esser presi per scemi, come i Greci " (ibid., 67, 1-2, ediz. G. Archambault, Parigi 1909, I, p. 319-321).
Ciò dunque che per Trifone era un " mito ", per S. Giustino era un " mistero ", un " prodigio ". E come Trifone invitava S. Giustino a " demitizzare ", in nome della ragione, un tale " mistero ", un tale " prodigio " così questi novelli Trifoni (regressisti, non già progressisti) invitano oggi la Chiesa (dinanzi alla quale osano impancarsi a maestri, anziché mostrarsi docili discepoli) a " demitizzare " il prodigioso " mistero " del concepimento verginale di Cristo.
Ciò premesso, in base all'insegnamento del Magistero Ecclesiastico, della Sacra Scrittura e della Tradizione primitiva, noi confuteremo gli esposti errori dimostrando come il concepimento verginale di Cristo (la verginità di Maria SS. " prima del parto ") sia una verità di fede definita, una " questione chiusa " e non già - come si vorrebbe - una " questione aperta ", un " mistero " da credersi, non già da discutersi. Passiamo perciò al terzo punto, ossia, alla confutazione degli errori.

Note alla prima parte

 (4) Anche il P. Carl Rahner ha negato la storicità del cosiddetto " Vangelo dell'Infanzia " (Matteo 1, 13-25 e Luca 1, 26-38) in cui si parla del concepimento verginale di Cristo per opera dello Spirito Santo. Un tale Vangelo, pel Rahner, non era parte del " Kerigma apostolico della salvezza ", ma è " una vera teologia cristiana della rivelazione e del messaggio di salvezza " (RAHNER C., Saggi di Cristologia e di Mariologia, Ediz. Paoline, 1965, p. 389-390). Ciò che viene raccontato perciò nel cosiddetto " Vangelo dell'Infanzia " (incluso il concepimento verginale), non sarebbe storia tramandata, ma teologia, ossia, un ripensamento personale di Matteo e Luca.

La verginità di Maria, oggi (1)

La verginità di Maria, oggi (1)
...Parte Prima. "Concepito di Spirito Santo". La Verginità di Maria "Prima del parto". Il concetto preciso e completo della Verginità "prima del parto". Il dogma della verginità di Maria "prima del parto" si riferisce, direttamente, alla verginità nell'atto del concepimento di Cristo, che è miracoloso; suppone però, evidentemente (poiché, in caso diverso, non si potrebbe neppure parlare di verginità nel concepimento) la verginità anteriore ad un tale atto....

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI

PARTE   PRIMA

"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO"


LA VERGINITÀ' DI MARIA "PRIMA DEL PARTO"

1. IL CONCETTO PRECISO E COMPLETO DELLA VERGINITÀ "PRIMA DEL PARTO"

Per la chiarezza di idee, è necessario distinguere bene tra il concetto che ne hanno il volgo e i biologi, e il concetto che ne hanno i Teologi.
Secondo il volgo, ed anche secondo i biologi, la verginità è una qualità puramente fisiologica o organica, consistente nell'integrità corporale (la quale viene ordinariamente compromessa dall'atto coniugale).
Secondo i teologi, invece, la verginità è una virtù morale, e perciò risiede formalmente nell'anima, quantunque dica relazione all'integrità corporale. La verginità teologicamente considerata, perciò, si divide in tre elementi di valore distinto e diverso: I) l'integrità corporale (elemento accessorio rispetto alla virtù morale in quanto tale); II) l'immunità dalla piena soddisfazione venerea liberamente ammessa (elemento materiale); III) il fermo proposito di astenersi per sempre dal detto piacere carnale (elemento formale della virtù morale della verginità).
Il dogma della verginità di Maria "prima del parto" si riferisce, direttamente, alla verginità nell'atto del concepimento di Cristo, che è miracoloso (3); suppone però, evidentemente (poiché, in caso diverso, non si potrebbe neppure parlare di verginità nel concepimento) la verginità anteriore ad un tale atto. Si tratta perciò di una maternità singolare, che non ha esempio.
Il concetto completo del concepimento verginale di Cristo da parte di Maria, contiene cinque elementi (cfr. DOMINGUEZ O., O.M.J., Virginidad antes del parto, in "Est. Mar" 21 1960 p. 211 ss.):
1) Maria SS. non concepì Cristo per opera d'uomo, 2) o mediante il germe di qualche uomo; 3) ma per opera dello Spirito Santo, 4) senza ombra di concupiscenza, 5) come persona già consacrata a Dio.
1. Maria SS. non concepì, in primo luogo, per opera d'uomo: cosa affermata formalmente e categoricamente - come vedremo - dai Vangeli dell'infanzia (Matteo e Luca). Il seme virile, infatti, non avrebbe potuto, in un istante, dar piena formazione all'organismo umano; e un intervento di padre umano sarebbe stato ordinato intrinsecamente all'esistenza di una persona umana (mentre la persona di Cristo è divina).
2. Maria SS. non concepì, in secondo luogo, mediante il germe umano (di San Giuseppe) introdotto miracolosamente nel seno di Lei. Così han ritenuto, recentemente, Corbatò (Vindicaciones josephinas, n. 109 e 123) e Petrone (La paternità di San Giuseppe, in " Divus Thomas " Plac., 1928, p. 29-49), strenui difensori della paternità verginale di San Giuseppe. Lo Spirito Santo - secondo il Corbatò - col suo intervento, avrebbe unito i due germi immacolati (quello di Maria e quello di Giuseppe) per produrre Gesù. Però il libro del Corbatò fu messo all'Indice; e l'articolo di Petrone fu riprovato dal S. Uffizio. San Matteo e San Luca - come vedremo – attribuiscono tutto il concepimento di Cristo all'opera dello Spirito Santo, ed escludono così, implicitamente, qualunque cooperazione di uomo, sia prossima che remota. Inoltre, l'angoscioso imbarazzo di San Giuseppe dinanzi alla gravidanza di Maria, nell'ipotesi di una tale cooperazione, non si spiega. E l'Angelo nello svelargli il mistero, gli avrebbe sicuramente svelato - se ancora non lo avesse saputo - la cooperazione di lui al concepimento di Cristo.
3. Maria concepì per opera dello Spirito Santo. Sia San Matteo sia San Luca - come vedremo - asseriscono categoricamente una tale verità. Lo Spirito Santo supplisce l'assenza dell'agente umano. Ebbe perciò un'azione fecondante e verginizzante.
4. Maria SS. concepì Cristo senza ombra di concupiscenza.
Maria SS. Immacolata" infatti, appunto perché Immacolata, aveva il dono preternaturale dell'integrità consistente nel pieno assoggettamento dell'appetito inferiore (dei sensi) alla ragione, per cui non ebbe mai alcun movimento disordinato dei sensi, sia pure involontario. Dalla Vergine si deve quindi escludere non solo il consenso al piacere causato dai movimenti disordinati, dal fomite della concupiscenza, ma lo stesso piacere, gli stessi movimenti disordinati, lo stesso fomite della concupiscenza; e questo durante tutta la sua vita. Si ebbe dunque, in Maria, un concepimento immune da qualsiasi ombra di sensualità (a differenza dei concepimenti ordinari). Grazie al divino intervento dello Spirito Santo, il concepimento verginale - come si è espresso S. Agostino - si operò " non concupiscentia carnis urente, sed fìdei caritate fervente " (Serm. 214, 6, PL 38, 1069). Ai piaceri della carne vengono sostituite le ineffabili e caste delizie dello spirito, a causa della nuova ineffabile unione con Dio che, incominciando ad essere suo figlio, stringeva con Lei una relazione del tutto nuova, del tutto singolare.
La moderna biologia esclude, nel concepimento (ossia, nell'atto della fecondazione) qualsiasi impressione o commozione sensuale, sia pure minima o indeliberata.
5. Maria SS. concepì Cristo come persona già consacrata a Dio. La verginità, come virtù morale, ha le sue radici nella volontà, ossia, nella ferma determinazione di astenersi totalmente e perennemente dai piaceri sensuali " per amore del Regno dei cieli " (Mt 19, 12). Presa in questo senso, la verginità comporta una vera consacrazione dell'anima e del corpo a Dio, suggellata o con voto o, per lo meno, con un fermo proposito: " la vergine è tutta sollecita delle cose del Signore, affin di essere santa di corpo e di spirito " (1 Cor., 7, 32). Che Maria, prima dell'incarnazione del Verbo, fosse consacrata a Dio, appare chiaramente dalla domanda da Lei opposta alla proposta dell'Angelo: " Come avverrà ciò, dal momento che io non conosco uomo? " (Lc. 1, 34). Non avrebbe pronunziato queste parole se non fosse stata di già consacrata a Dio. Questa sua consacrazione a Dio è parte integrante e principale del dogma della sua verginità. In tal modo la Vergine, prima di aprire al Verbo il suo seno, gli aveva aperto il suo cuore verginale, in modo totalitario e perenne.
Tale è la verginità di Maria nei vari elementi che la compongono, nella pienezza del suo significato. I primi tre elementi riguardano la verginità fisiologica del corpo; il quarto riguarda la verginità del senso; il quinto riguarda la verginità dell'anima. Essi costituiscono il concetto integrale della verginità " prima del parto ".

Note alla prima parte

(3) I naturalisti hanno riconosciuto alcuni casi di partenogenesi animale. Non si conosce però, fino ad oggi, un solo caso di partenogenesi umana, sufficientemente provato, per cui sì ammette comunemente che una tale partenogenesi sarebbe un vero miracolo. Vi è però chi ritiene che un tale fatto sia scientificamente del tutto improbabile, ma non già impossibile (così ritiene il P. Bosio S.J,, in "Civiltà Cattolica" 15-6-1957). I biologi affermano concordemente che, se si desse una partenogenesi umana naturale, il frutto di essa sarebbe necessariamente un essere umano di sesso femminile, pel fatto che la madre è priva di cromosomo Y, caratteristico dell'uomo. Secondo i dati della scienza, poi, risulta fisicamente impossibile l'ipotesi di un concepimento verginale che produca un essere umano di sesso maschile.