domenica 22 settembre 2013

Ven. Madre Agnese Chiara Steiner:


Un santo amico mi fa conoscere quanto segue. E' la conferma della fine dei tempi. Non della fine del mondo.



Ven. Madre Agnese Chiara Steiner:

"Vedo il Signore mentre flagella il mondo e lo castiga in una maniera orribile tanto che pochi uomini e donne resteranno.

I monaci dovranno lasciare i loro monasteri e le suore saranno cacciate dai loro conventi, specialmente in Italia... La Santa Chiesa sarà perseguitata...
A meno che le persone con le loro preghiere non ottengano il perdono, verrà il tempo che vedranno la spada e la morte, e Roma sarà senza un pastore".

"Il Signore mi ha mostrato quanto sarà bello il mondo dopo questo terribile castigo.
Le persone saranno come i cristiani della Chiesa primitiva".



Considerazioni sulla Chiesa del prof. Ratzinger
(da un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969):


"...la chiesa cattolica sparira' quasi del tutto, spogliata di valenza ed incisivita' politiche e sociali, dovra' abbandonare antichi e prestigiosi edifici religiosi che un tempo le appartenevano,sara' perseguitata e combattuta in modo feroce, pochissimi saranno i fedeli, raccolti in piccoli gruppi nascosti che torneranno a pregare, spogliata di tutto tornera' ad essere una piccolissima comunita' irrilevante numericamente, ma da la', tornando alle origini ripartira', tornera' ad essere il sale, il lievito e rifiorira', con l'aiuto della fede, quella fede che ha fatto cadere poteri molto piu grandi e che le ha permesso, pur tra tante difficolta', di sopravvivere,nonostante tutto..."

...fu quasi una profezia, una lettura lucidissima, amara ma chiara ed esiziale; don Ratzinger aveva 42 anni e mai avrebbe pensato di diventare papa e di vedere che le sue predizioni si stanno avverando ...

Mio Dio, io credo adoro spero e Vi amo

Incomincerà con la Chiesa.


 Festa di Maria Santissima Madre di Dio.


Incomincerà con la Chiesa.


«Oggi tutta la Chiesa guarda con grande speranza alla sua Mamma Celeste.

Mi prega, con tenerezza di figlio e con fiducia che oltrepassa ogni limite, il Vicario di Gesù, il Papa [Paolo VI], questa vittima che sempre più si immola sulla Croce per la salvezza del mondo. Egli oggi da Me invoca la pace per tutta l'umanità.

La chiede soprattutto, con la preghiera incessante rivolta a Me, per la Chiesa di cui Lui stesso mi ha solennemente proclamata Madre.

Mi invocano tutti i miei figli sparsi in ogni parte del mondo: i bambini innocenti; i giovani che mai come oggi soffrono per questa incertezza e questa oscurità; i poveri, i peccatori, gli ammalati, gli anziani, gli esuli, gli smarriti.

Mi invocate, con particolare commozione, voi figli miei prediletti, Sacerdoti consacrati al mio Cuore Immacolato.

Oggi voglio dirvi che accolgo le vostre preghiere e le depongo sull'altare della Giustizia di Dio.
In questo nuovo anno si farà ancora più forte la mia opera di materna mediazione fra voi e mio Figlio Gesù.

Incominciate un anno in cui gravi avvenimenti vi attendono.
Soprattutto la mia Chiesa sarà chiamata a una ulteriore interiore purificazione, mentre parrà in balìa del potere delle Tenebre.


Gesù vuole incominciare con la Sua Sposa una forte azione per condurla al suo più grande splendore, così che torni a essere bella e luminosa davanti a tutte le nazioni.

Per questo vi dico: preparatevi a vivere momenti che la storia della Chiesa non ha mai conosciuto e in cui ogni cosa sembrerà sovvertita. Ma nella più grande oscurità Io sarò la vostra luce e la vostra guida.

Perciò non temete mai, figli miei prediletti. Incominciate questo nuovo anno con la più grande fiducia nel mio Cuore Immacolato.

Siete ormai chiamati a vedere il più grande trionfo della misericordia di Dio sul mondo».

Primo gennaio 1978 Festa di Maria Santissima Madre di Dio. MSM



sabato 21 settembre 2013

«Coloro che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con i vizi e le concupiscenze»




VITA AUSTERA 
del Serafico San Francesco
IN CHE MODO LE CREATURE LO CONFORTAVANO

1. Francesco, l'uomo di Dio, vedeva che per il suo esempio moltissimi si sentivano spinti a portare la croce di Cristo con grande fervore e, perciò, si sentiva animato lui stesso, da buon condottiero dell'esercito di Cristo, a conquistare vittoriosamente la cima della virtù. Per realizzare quelle parole dell'Apostolo: «Coloro che sono di Cristo hanno crocifisso la loro carne con i vizi e le concupiscenze», e portare nel proprio corpo l'armatura della croce, respingeva gli stimoli dei sensi con una disciplina così rigorosa, che a stento si concedeva il necessario per il sostentamento.

Diceva che è difficile soddisfare alle esigenze del corpo senza acconsentire alle basse tendenze dei sensi.
Per questa ragione, a malincuore e raramente, quando era sano, si cibava di vivande cotte e, quando se le permetteva, o le manipolava con la cenere o ne rendeva scipito il sapore e il condimento, mescolandovi, per lo più, dell'acqua.
E come parlare di vino, se a malapena, quando si sentiva bruciare dalla sete, osava dissetarsi con l'acqua?

Scopriva le tecniche di un'astinenza sempre più rigida e le accresceva di giorno in giorno con l'esercizio. Quasi fosse sempre un principiante nella via della perfezione, benché ormai ne toccasse la vetta, trovava sempre nuovi mezzi per castigare la concupiscenza.

Quando, però, usciva nel mondo a predicare la parola del Vangelo, mangiava gli stessi cibi di coloro che gli davano ospitalità; ma, tornando in casa, praticava inflessibilmente una rigorosa parchezza ed astinenza.
Così, austero verso se stesso, umano verso il prossimo, soggetto in ogni cosa al Vangelo, era di esempio e di edificazione, non solo con l'astinenza ma anche nel mangiare.

Letto per il suo corpicciolo affaticato era, per lo più, la nuda terra; molto spesso dormiva seduto, con un legno o un sasso sotto il capo. Vestito di una sola tonachetta poverella, serviva al signore in freddo e nudità.


2. Gli chiesero, una volta, come potesse, con un vestito così leggero, difendersi dai rigori dell'inverno.
Pieno di fervore spirituale, rispose: «Se il nostro cuore bruciasse per il desiderio della patria celeste, facilmente sopporteremmo questo freddo esteriore».


Aveva in orrore i vestiti morbidi, prediligeva quelli ruvidi e affermava che, proprio per i suoi vestiti ruvidi, Giovanni Battista era stato lodato dalla bocca stessa di Dio.
Se per caso gli davano una tonaca, che a lui pareva soffice, la intesseva all'interno con delle funicelle, dicendo: le vesti morbide, secondo la parola della Verità, si devono cercare non nelle capanne dei poveri, ma nei palazzi dei principi.


Aveva imparato, per sicura esperienza, che i demoni vengono intimoriti dalle asprezze, mentre dalle mollezze e dalle delicatezze prendono animo per tentare più baldanzosamente.

Una notte, contrariamente al solito, si era coricato con un cuscino di piume sotto la testa, a causa della sua malattia al capo e agli occhi. Ma il demonio, entrato nel cuscino, tormentò il Santo in molte maniere, stornandolo dalla santa orazione, per tutta la notte, finché al mattino egli poté chiamare il compagno e ordinargli di portare il guanciale fuori dalla cella e di gettarlo ben lontano, insieme col demonio.


Quanto al frate, come fu uscito dalla cella con il cuscino, perse le forze e rimase totalmente paralizzato. E solo quando si sentì chiamare indietro dalla voce del padre santo, che aveva visto tutto in ispirito, ricuperò completamente le forze fisiche e la sensibilità.


AVE MARIA!

mercoledì 18 settembre 2013

La parabola del re agnello


Le parabole di Gesù
(016)
La parabola del re agnello (246.7 - 246.8 - 246.9)





Gli animali pensarono a eleggersi un re. Ed essendo astuti pensarono di eleggersi uno che non desse timore di essere forte o feroce.

Scartarono dunque il leone e tutti i felini. Dissero di non volere le rostrate aquile nè nessun altro uccello di rapina. Diffidarono del cavallo che con rapidità poteva raggiungerli e vedere le loro azioni; e ancor più diffidarono dell'asino di cui sapevano la pazienza ma anche le subite furie e i potenti zoccoli. 

Inorridirono di avere per re la scimmia perchè troppo intelligente e vendicativa. Con la scusa che il serpente si era prestato a Satana per sedurre l'uomo, dissero di non volerlo a re nonostante i suoi vaghi colori e l'eleganza delle sue mosse. In realtà non lo vollero perchè ne conoscevano il silenzioso incedere, il forte potere dei suoi muscoli, il tremendo agire del suo veleno. Darsi a re un toro o un altro animale munito di aguzze corna? Ohibò! <Anche il diavolo le ha> dissero. Ma pensavano: <Se ci ribelliamo un giorno esso ci stermina con le sue corna>.


Scansa e scansa, videro un agneletto grasso e bianco saltabeccare allegro su un prato verde, dando musate alla tonda mammella materna. Non aveva corna , ma aveva occhi miti come il cielo d'aprile. Era mansueto e semplice. Di tutto era contento. E dell'acqua di un piccolo rio dove beveva tuffando il musetto rosato; e dei fioretti dai diversi sapori che appagavano l'occhio e il palato; e dell'erba folta in cui era bello giacere quando era sazio; e delle nuvole che parevano altri agnellini che scorrazzassero su quei prati azzurri, lassù, e lo invitassero a giocare correndo sul prato come esse nel cielo; e soprattutto delle carezze della mamma che ancora gli permetteva qualche tepida succhiata leccandogli intanto il vello bianco con la sua rosea lingua; e dell'ovile sicuro e riparato dai venti, della lettiera ben soffice e fragrante, nella quale era dolce dormire presso la madre.

"E' di facile accontentatura. E' senza armi nè veleno. E' ingenuo. Facciamolo re".
E tale lo fecero. E se ne gloriavano perchè era bello e buono, ammirato dai popoli vicini, amato dai sudditi per la sua paziente mansuetudine.

Passò del tempo e l'agnello divenne montone e disse: "Ora è tempo che io realmente governi. Ora ho il pieno possesso della cognizione della missione. Il volere di Dio, che ha permesso che io fossi eletto re, mi ha poi formato a questa missione, dandomi capacità di regnare. E' dunque giusto che io eserciti in modo perfetto, anche per non lasciar trascurare i doni di Dio.


E vedendo sudditi che facevano cose contrarie alla onestà dei costumi, o alla carità, alla dolcezza, alla lealtà, alla morigeratezza, all'ubbidienza, al rispetto, alla prudenza, e così via, alzò la voce per ammonire.

I sudditi si risero del suo belato saggio e dolce che non spauriva come il ruggito dei felini, nè come lo stridio degli avvoltoi quando si calano rapidi sulla preda, nè come il sibilo del serpente, e neppure come l'abbaiata del cane che incute timore.

L'agnello divenuto montone non si limitò più a belare. Ma andò dai colpevoli per ricondurli al loro dovere. Ma il serpente gli sgusciò tra le zampe. L'aquila si elevò a volo lasciandolo in asso. I felini con una zampata lo scansarono minacciando: "Vedi che cosa c'è nella zampa felpata che per ora ti scansa soltanto? Artigli". I cavalli, e tutti i corridori in genere, si dettero a giocare al galoppo intorno a lui, deridendolo. E i forti elefanti o altri pachidermi, con un urto del muso lo gettarono qua e là, mentre le scimmie, dall'alto degli alberi, lo bersagliarono di proiettili.

L'agnello divenuto montone si inquietò infine, e disse: "Non volevo usare nè le mie corna nè la mia forza. Perchè io pure ho una forza in questo collo, e sarà presa a modello per abbattere ostacoli di guerra. Non volevo usarla perchè preferisco usare amore e persuasione. Ma posto che non vi piegate con queste armi, ecco che userò la forza, perchè se voi mancate al vostro dovere verso me e Dio, io non voglio mancare al mio dovere verso Dio e voi. E qui voglio che Giustizia e Bene, ossia Ordine, regnino".
E punì con le corna, leggermente perchè era buono, un testardo botolo che continuava a molestare i vicini, e poi, col collo fortissimo, sfondò la porta della tana dove un ingordo ed egoista porco aveva accumulato cibarie a scapito degli altri, e pure abbattè un cespuglio di liane eletto da due lussuriosi scimmiotti per i loro illeciti amori.
"Questo re si è fatto troppo forte. Vuole realmente regnare lui. Vuole proprio che noi si viva da saggi. Ciò non ci va a genio. Bisogna detronizzarlo" decisero.

Ma un astuto scimmiotto consigliò: "Non facciamolo altro che con l'apparenza di un motivo giusto. Altrimenti faremo brutta figura presso i popoli e saremo invisi a Dio. Spiamo dunque ogni azione dell'agnello divenuto montone per poterlo accusare con una parvenza di giustizia".
"Ci penso io" disse il serpente".
"Ed io pure" disse la scimmia.
Uno strisciando fra le erbe, l'altro stando sull'alto delle piante, non persero mai di vista l'agnello divenuto montone, e ogni sera, quando lui si ritirava per meditare e riposare dalle fatiche della missione, e sulle misure da adottare e le parole da usare per domare la ribellione e vincere i peccati dei sudditi, questi, meno qualche raro onesto e fedele, si riunivano per ascoltare il rapporto delle due spie e dei due traditori. Perchè tali erano anche.

Il serpente diceva al suo re: "Ti seguo perchè ti amo e se vedessi che sei assalito voglio potere difenderti."
La scimmia diceva al suo re: "Come ti ammiro! Ti voglio aiutare. Guarda: di qua io vedo che oltre quel prato si sta peccando. Corri!" e poi diceva ai compagni: "Anche oggi ha preso parte al banchetto di alcuni peccatori. Ha finto di andare là per convertirli, ma poi, in realtà, è stato complice dei loro bagordi".
E il serpente riferiva: "E' andato fino fuori dal suo popolo, avvicinando farfalle, mosconi e viscidi lumaconi. E' un infedele. Commercia con stranieri immondi".

Così parlavano alle spalle dell'innocente, credendo che costui ignorasse.

Ma lo spirito del Signore, che lo aveva formato alla sua missione, lo illuminava anche sulle congiure dei sudditi. Avrebbe potuto fuggire, sdegnato, maledicendoli. Ma l'agnello era dolce ed umile di cuore. Amava. Aveva il torto di amare. E aveva anche quello anche più grande di perseverare, amando e perdonando, nella sua missione, a costo della morte, per compiere la volontà di Dio.
Oh! che torti questi presso gli uomini! Imperdonabili! E tanto lo erano che a lui procurarono condanna.
"Sia ucciso; per essere liberati dalla sua oppressione".
E il serpente si incaricò di ucciderlo perchè è sempre il serpente il traditore...
O Maria sanctissima, quae omnia potes apud Deum
impetra mihi hanc gratiam, ut in tentationibus
semper ad Deum et ad Te confugiam