lunedì 11 marzo 2013

SANTO ROSARIO





I benefici e i meriti della preghiera del Rosario sono magnificamente delineati negli scritti dell’anima carismatica polacca, Barbara Klosowna  (1951). 
Questi messaggi parlano da soli.
***

 Parole di Nostra Signora:

"II santo Rosario deve essere la gioia dei vostri cuori, la luce dei vostri pensieri, il desiderio ardente della vo­stra volontà, l'anello che vi unisce al Cielo.

È la fonte inesauribile dei tesori che Io vi offro con le mie mani immacolate. Dipende solo da voi accoglierlo e recitarlo.

Offrite semplicemente il vostro tempo, la vostra disposizio­ne umile e devota, un minimo di sforzo per raccogliervi recitandolo. Non siate avari del tempo che gli consacrate. Non lasciatelo per l'ultimo quarto d'ora della giornata, pensando che ci sarà abbastan­za tempo per recitarlo.

Con il Rosario si ha la grazia, l'azione dello Spirito Santo, che ci dona la conoscenza del Salvatore nei suoi misteri, ci dona l'amore del Padre mediante il quale le nostre anime diventano capaci di immergersi in Dio. Si realizzano così le parole del Figlio di Dio: "II regno di Dio è in voi; il regno eterno, universale, il regno della verità, della santità e della grazia, il regno della giusti­zia, dell'amore e della pace".


 Il Rosario è per voi.

"Il Rosario è un tesoro inesauribile di grazia del Dio unico nella Santa Trinità.

Ma per usufruire dei suoi benefici ci vuole la fede, che poi diventa gioia.

Il Rosario è vostro. Vi è stato dato per sempre, per ogni momento e per ogni necessità, e dipende da voi approfittarne e agire. Ma esige fedeltà e perseveranza.

È una preghiera che unisce in una grazia comune e in una forza vittoriosa tutti quelli che la stimano e l'amano mentre vivono sulla terra, e li unisce insieme a quelli che sono già nel trionfo del Cielo.
Tienilo come un sigillo sul tuo cuore. Con il Rosario è più facile bussare alla porta della Misericor­dia di Dio".
"Ogni vittoria sul male avvicina alla mèta: è la Mia stessa vittoria, che Io ho già ricevuto dal Figlio Mio. Ogni vittoria sul male avvicina il Mio Regno: la condizione per vincere, è la preghiera continua del Rosario.




La via più breve.

"Io sono la Verità. Tutte le mie parole sono giustizia e verità. Mio figlio ha detto: "Io sono la Verità". Chi ama il rosario ama la Verità. Essa sarà nei suoi pensieri, nelle sue parole, nelle sue conoscenze, nei suoi giudizi.

Ma è innanzitutto in Me, per Me e grazie a Me che il Rosario raggiunge la verità. Ecco come si realizzano le parole: "Chi agisce in Me, non pecca", come pure le parole: "Io sono la via più corta ver­so la verità, verso il Figlio e verso Dio. Ecco perché Io proclamo il Rosario".

Io sono nel Rosario. 


"Ogni mistero ha la sua potenza e il suo fine, ma tutti i venti misteri in­sieme sono come un'armata schiera­ta in battaglia sotto la Mia egida. 

Chi dice il rosario deve sapere e ricordare che tale preghiera è più che avere costruito grandi edifici, o aver fatto scoperte strabilianti.

Colui che troverà Me, troverà la vita e acquisterà la salvezza. Deve ricordare che Io sono nel Rosario. È qui che dovete cercarMi e che Mi troverete.

Ecco ciò che deve incitarvi e incoraggiarvi a recitare il Rosario con più grande fervore. Occorrerebbero più Rosari e recitati meglio per far passare più lar­gamente i fiumi di grazie del Mio Cuore Immacolato. Amen".

L'arma nella battaglia. 

"Io sono vicina, vicinissima a coloro che Mi fanno conoscere in spirito e in verità. CercateMi sulle strade del Salvatore nel Rosario. Chi Mi troverà, troverà la via e otterrà la salvezza da Dio.

Il Rosario è la ricerca di Me e di Mio Figlio. È l'aspirazione  alla mèta suprema, la salvezza delle anime attraverso la via santificata dal Rosario.
È l'arma nella battaglia la consolazione nel riposo. È la sorgente non disseccata, inesauribile di grazie.
È la Mia volontà, il Mio desiderio e il Mio ordine.

Il Rosario è il Mio dono, il dono della Madre ai suoi poveri figli. È il segno visibile della protezione e il sigillo degli eletti. È la gioia degli angeli e il gaudio dei santi. È il terrore e lo spavento dei demoni, domati da esso.

È il più semplice e il più vicino contatto del Cielo con la terra. È il tesoro dei poveri e la forza dei coraggiosi. È infine la gioia del dovere compiuto con amore, è la speranza della ricom­pensa che sarà ottenuta quaggiù come nell'eternità.

Il Rosario è un assorbimento amorevole dei venti misteri, goccia a goccia, come di una pioggia rinfre­scante necessaria affinché la buona terra produca buoni frutti. Voi non credete come si dovrebbe nella potenza del Rosario. Coloro che lo recitano, si uniscono agli Angeli e sono sotto la loro influenza. Il Rosario dona delle ali, è la via facile, la via sicura, la via infallibile, unica, predestinata.

Il dono della Mia Misericordia.


Il Mio Cuore Immacolato accetta tutto e aspetta. Il primo segno che date, è la vostra stima per il Rosario. Da essa deriva la fede nel­la potenza del Rosario, e poi viene l'amore nel recitarlo. Il Mio Cuore è sempre contento quando vede nei vostri cuori la stima, la fede, la speranza, l'amore.

Il Rosario è il Mio bene. Perciò è odiato da quel­li che Mi odiano. Poveretti! Ogni volta che sono discesa sulla terra per il mio amore e la mia pietà per voi, Io vi ho ricordato il Rosario. È il dono della Mia Misericordia. Abbiate fiducia! È arrivato il tempo che il mio Rosario diventi la vostra arma. È nel Rosario che dovete cercarmi e trovarmi. Io sono vicina a voi! Mio figlio ha detto: "I vostri cuori non si turbino! Non abbiate paura!"



Uniti agli angeli.


"Nelle mani dei Santi, il Rosario fu sempre lo stesso, anche se un tem­po era molto più corto. Ma lo reci­tavano con tutta la loro anima  ardente, con l'umiltà e la riconoscen­za per questo "salterio" di Maria. Essi si univano così agli Angeli, ri­manendo sotto la loro influenza. Si sentivano talmente uniti in una po­tente armata, lottando contro l'infer­no, per ottenere la salvezza delle anime!

Erano così fedeli al Rosario che gli consacravano il loro tempo migliore. Così facevano scorrere con amore ogni grano del rosario, sperando di ritrovarli nell'eternità. È su di loro che si sono realizzate le Mie promesse e le parole di Mio Figlio: "La fede trasporta le montagne". I miracoli, in quei tempi, erano talmente universali, che per alcuni potevano diventare una cosa comune.

E coloro che hanno già perso la semplicità del cuore, dei quali Satana ha offuscato la ragione e deformato il giudizio e la co­noscenza della verità, questi poveri eretici hanno rifiutato il Rosario, che è il primo ostacolo contro la colpa e il peccato. E sono diventati nemici.


Il Rosario deve riacquistare la sua antica importanza e il suo valore. È per mezzo del rosario che deve realizzarsi l'unità delle nazioni nella medesima fede, e questo de­ve accadere prima del "compimento del mondo".


Tutto questo è detto per voi e per tut­ti. Tutto questo è in Me e per Me, grazie alla potenza del primo miste­ro del Rosario nel quale si trovano tutte le promesse, perché ho detto: "Io sono la serva del Signore".

Ci sono persone che non vogliono servire, non vogliono servire né Me Stessa, né Dio, né loro stessi".

"Bisogna avere una fiducia senza li­miti nella potenza del Rosario. Non deve essere considerato come un fardello, ma come un grande dono d'amore.  A chi sa questo, il Rosario non peserà mai, ma gli darà delle ali".

La via facile e sicura.


Io voglio sempre parlarvi, anche se voi non volete. 
Amo parlare so­prattutto tramite il Rosario, durante il Rosario e nel Rosario. È in es­so che Io vi parlo della mia devozione suprema per Dio, della mia vita, delle mie preghiere, del mio lavoro, e della mia unione con Dio attraverso l'amore e la sottomissio­ne alla sua Santa Volontà. Vi parlo dei sentimenti del mio Cuore, cuore di una madre, la più addolorata, ma che in fondo alla sua anima, è la più felice.

La mia felicità deriva dal possesso di Gesù e di una fede suprema nella gloria di Dio. Mostrando il Rosario, Io vi dico che questa via è sicura, infallibile, unica, predestinata. È accessibile a tutti, e grazie a me, è una via, co­me dite voi "aperta, spianata".

Le tracce della via del Rosario, sono forti e visibili, e quando la percorrete, Io cammino con voi, al vostro fianco. Perché allora tante preoc­cupazioni e turbamenti tra voi? Se solo vi decideste a questo atto di volontà, a questo primo sforzo, Io sono con voi su questa via. Dovete saperlo e ricordarlo.

Penetrate spes­so nei sentimenti del mio Cuore. Ed ora, fate scorrere lentamente nel vo­stro pensiero tutti i Misteri dal Mio "fiat" gioioso, attraverso il fiat più doloroso, fino al più umile dei "fiat" nei misteri gloriosi, la cui corona è il mio "Magnificat" costante.

È il Mio testamento per Voi, ma un testamento vivente, perché nei miste­ri, Io sono del tutto viva e presente. Io osservo come lo ricevete, in che modo agite e quanto in ogni Mio figlio, ci sia di Me e della mia eredità".


Distrugge l'eresia.


"Nella contemplazione, il Mio Cuore si è infiammato. Oggi è il primo sabato del mese, e i Miei figli si riuniscono di nuovo nel mondo intero. Io ne ho molti, molti, ed è la gioia del mio Cuore Immacolato.
Io li vedo tutti: quelli che per la prima volta mi regalano i loro "primi saba­ti", e quelli che non lo vogliono fare; e ancora quelli che una volta lo facevano ma che ora non lo voglio­no più fare.


Di Gesù si è detto che tutto ciò che faceva, lo faceva bene. Di Sua Madre, si è detto lo stesso. Allora, se volete fare del vostro meglio, dovete imitare il Figlio di Dio e Sua Mare unendovi a loro.
Recitando il Rosario, bisogna chiedersi: 

- Di questo mistero, che posso applicare nella mia vita? 
- Come posso unirmi a Maria e a Suo Figlio? 
- Come posso scoprire ciò che mi è utile affinché il frutto sia buo­no e che tutto ciò che farò, lo faccia bene?


Satana ha inventato delle eresie per impedire il Rosario, per privare gli uomini del Rosario, perché ogni mistero del Rosario distrugge l'eresia.


Io desidero essere chiamata.

"Io sarò vicina a coloro che Mi chia­mano. Non è mai invano che vengo invocata. Vengo sempre a por­tare grazie numerose e il grande amore del Mio Materno Cuore. Io desidero essere chiamatadesidero accordarvi grazie.
Il Mio cuore è pieno d'Amore, e per questo vi invi­to a pregare il Rosario; ed insisto perché sia recitato bene".

MEDITAZIONE 
DI BARBARA KLOSOWNA

"Di Gesù si dice che tutto ha com­piuto nel miglior modo. Lo stesso si può dire della Sua Santa Madre.
 Tutto si compie nel Rosario. Noi possiamo ritrovare ogni mistero nella nostra vita, se ci raccogliamo e riflettiamo.
Gesù ha attribuito la bontà soltanto a Dio. Ma noi dob­biamo aspirare a possedere in noi tale virtù, fino ad esserne comple­tamente sommersi.
Il Rosario ha un valore immenso per l'imitazione di Gesù Cristo e della Santa Vergine. Ci insegna co­me fare e ci facilita il lavoro interiore per conoscere noi stessi.
Non sempre il Rosario ci fa scoprire questo doppio abisso della mise­ria umana e della Misericordia di Dio. Ma arriva il tempo in cui ciò si verifica inconsciamente.
È bene pertanto, recitando il rosario, fare i seguenti confronti: l'Uomo-Dio agisce così, come pure la Sua Santa Madre: l'Uomo-Dio soffre così, come pure la Sua Santa Madre. E per me, qual è il mio po­sto in questo mistero? Che inse­gnamento dà alla mia vita?
 L'importante è che sia recitato con una fede viva, affinché sia fortifi­cata e rianimata in ogni mistero.
La Madre di Dio vuole che la no­stra fede sia fortificata e conferma­ta nel Rosario, fino al punto di spez­zare le rocce e fare dei miracoli!

Di fronte a così tante grazie e be­nefici che possiamo ricevere, dob­biamo dunque pregare meglio il Rosario e recitarlo con un fervore rinnovato!".

Traduzione da "Stella Maris" - Ottobre 2009.
Tratto dal SEGNO DEL SOPRANNATURALE SITO WEB http://www.edizionisegno.it



AVE MARIA!
AMDG

Insuperabile modello d'omelia che traccia il volto e il cuore d'un autentico Pastore



OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Domenica, 6 gennaio 2013

Cari fratelli e sorelle!
Per la Chiesa credente ed orante, i Magi d’Oriente che, sotto la guida della stella, hanno trovato la via verso il presepe di Betlemme sono solo l’inizio di una grande processione che pervade la storia. Per questo, la liturgia legge il Vangelo che parla del cammino dei Magi insieme con le splendide visioni profetiche di Isaia 60 e delSalmo 72, che illustrano con immagini audaci il pellegrinaggio dei popoli verso Gerusalemme. Come i pastori che, quali primi ospiti presso il Bimbo neonato giacente nella mangiatoia, personificano i poveri d’Israele e, in genere, le anime umili che interiormente vivono molto vicino a Gesù, così gli uomini provenienti dall’Oriente personificano il mondo dei popoli, la Chiesa dei gentili – gli uomini che attraverso tutti i secoli si incamminano verso il Bambino di Betlemme, onorano in Lui il Figlio di Dio e si prostrano davanti a Lui. La Chiesa chiama questa festa “Epifania” – l’apparizione, la comparsa del Divino. Se guardiamo il fatto che, fin da quell’inizio, uomini di ogni provenienza, di tutti i Continenti, di tutte le diverse culture e tutti i diversi modi di pensiero e di vita sono stati e sono in cammino verso Cristo, possiamo dire veramente che questo pellegrinaggio e questo incontro con Dio nella figura del Bambino è un’Epifania della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini (cfr Tt 3,4).

Seguendo una tradizione iniziata dal Beato Papa Giovanni Paolo II, celebriamo la festa dell’Epifania anche quale giorno dell’Ordinazione episcopale per quattro sacerdoti che d’ora in poi, in funzioni diverse, collaboreranno al Ministero del Papa per l’unità dell’unica Chiesa di Gesù Cristo nella pluralità delle Chiese particolari. Il nesso tra questa Ordinazione episcopale e il tema del pellegrinaggio dei popoli verso Gesù Cristo è evidente. Il Vescovo ha il compito non solo di camminare in questo pellegrinaggio insieme con gli altri, ma di precedere e di indicare la strada. Vorrei, però, in questa liturgia, riflettere con voi ancora su una domanda più concreta. In base alla storia raccontata da Matteo possiamo sicuramente farci una certa idea di quale tipo di uomini debbano essere stati coloro che, in seguito al segno della stella, si sono incamminati per trovare quel Re che, non soltanto per Israele, ma per l’umanità intera avrebbe fondato una nuova specie di regalità. 

Che tipo di uomini, dunque, erano costoro? E domandiamoci anche se, malgrado la differenza dei tempi e dei compiti, a partire da loro si possa intravedere qualcosa su che cosa sia il Vescovo e su come egli debba adempiere il suo compito.
Gli uomini che allora partirono verso l’ignoto erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto. Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo. Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande. Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica. Ma non volevano soltanto sapere tante cose. Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esista, dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere. Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell’interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui. Erano ricercatori di Dio.

Ma con ciò giungiamo alla domanda: come dev’essere un uomo a cui si impongono le mani per l’Ordinazione episcopale nella Chiesa di Gesù Cristo? Possiamo dire: egli deve soprattutto essere un uomo il cui interesse è rivolto verso Dio, perché solo allora egli si interessa veramente anche degli uomini. Potremmo dirlo anche inversamente: un Vescovo dev’essere un uomo a cui gli uomini stanno a cuore, che è toccato dalle vicende degli uomini. Dev’essere un uomo per gli altri. Ma può esserlo veramente soltanto se è un uomo conquistato da Dio. Se per lui l’inquietudine verso Dio è diventata un’inquietudine per la sua creatura, l’uomo. 

Come i Magi d’Oriente, anche un Vescovo non dev’essere uno che esercita solamente il suo mestiere e non vuole altro. No, egli dev’essere preso dall’inquietudine di Dio per gli uomini. Deve, per così dire, pensare e sentire insieme con Dio. Non è solo l’uomo ad avere in sé l’inquietudine costitutiva verso Dio, ma questa inquietudine è una partecipazione all’inquietudine di Dio per noi. Poiché Dio è inquieto nei nostri confronti, Egli ci segue fin nella mangiatoia, fino alla Croce. “Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano!”, prega la Chiesa nel Dies irae

L’inquietudine dell’uomo verso Dio e, a partire da essa, l’inquietudine di Dio verso l’uomo devono non dar pace al Vescovo. È questo che intendiamo quando diciamo che il Vescovo dev’essere soprattutto un uomo di fede. Perché la fede non è altro che l’essere interiormente toccati da Dio, una condizione che ci conduce sulla via della vita. La fede ci tira dentro uno stato in cui siamo presi dall’inquietudine di Dio e fa di noi dei pellegrini che interiormente sono in cammino verso il vero Re del mondo e verso la sua promessa di giustizia, di verità e di amore. In questo pellegrinaggio, il Vescovo deve precedere, dev’essere colui che indica agli uomini la strada verso la fede, la speranza e l’amore.

Il pellegrinaggio interiore della fede verso Dio si svolge soprattutto nella preghiera. Sant’Agostino ha detto una volta che la preghiera, in ultima analisi, non sarebbe altro che l’attualizzazione e la radicalizzazione del nostro desiderio di Dio. Al posto della parola “desiderio” potremmo mettere anche la parola “inquietudine” e dire che la preghiera vuole strapparci alla nostra falsa comodità, al nostro essere chiusi nelle realtà materiali, visibili e trasmetterci l’inquietudine verso Dio, rendendoci proprio così anche aperti e inquieti gli uni per gli altri.

 Il Vescovo, come pellegrino di Dio, dev’essere soprattutto un uomo che prega. Deve essere in un permanente contatto interiore con Dio; la sua anima dev’essere largamente aperta verso Dio. Le sue difficoltà e quelle degli altri, come anche le sue gioie e quelle degli altri le deve portare a Dio, e così, a modo suo, stabilire il contatto tra Dio e il mondo nella comunione con Cristo, affinché la luce di Cristo splenda nel mondo.
Torniamo ai Magi d’Oriente. Questi erano anche e soprattutto uomini che avevano coraggio, il coraggio e l’umiltà della fede. Ci voleva del coraggio per accogliere il segno della stella come un ordine di partire, per uscire – verso l’ignoto, l’incerto, su vie sulle quali c’erano molteplici pericoli in agguato. Possiamo immaginare che la decisione di questi uomini abbia suscitato derisione: la beffa dei realisti che potevano soltanto deridere le fantasticherie di questi uomini. Chi partiva su promesse così incerte, rischiando tutto, poteva apparire soltanto ridicolo. Ma per questi uomini toccati interiormente da Dio, la via secondo le indicazioni divine era più importante dell’opinione della gente. La ricerca della verità era per loro più importante della derisione del mondo, apparentemente intelligente.
Come non pensare, in una tale situazione, al compito di un Vescovo nel nostro tempo? L’umiltà della fede, del credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò che apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel nostro tempo. L’agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri. Perciò, 

il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi. “Chi teme il Signore non ha paura di nulla”, dice il Siracide (34,16). Il timore di Dio libera dal timore degli uomini. Rende liberi!
In questo contesto mi viene in mente un episodio degli inizi del cristianesimo che san Luca narra negli Atti degli Apostoli. Dopo il discorso di Gamaliele, che sconsigliava la violenza verso la comunità nascente dei credenti in Gesù, il sinedrio chiamò gli Apostoli e li fece flagellare. Poi proibì loro di predicare nel nome di Gesù e li rimise in libertà. San Luca continua: “Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù. E ogni giorno … non cessavano di insegnare e di annunciare che Gesù è il Cristo” (At 5,40ss). Anche i successori degli Apostoli devono attendersi di essere ripetutamente percossi, in maniera moderna, se non cessano di annunciare in modo udibile e comprensibile il Vangelo di Gesù Cristo. E allora possono essere lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per Lui. Naturalmente vogliamo, come gli Apostoli, convincere la gente e, in questo senso, ottenerne l’approvazione. Naturalmente non provochiamo, ma tutt’al contrario invitiamo tutti ad entrare nella gioia della verità che indica la strada. L’approvazione delle opinioni dominanti, però, non è il criterio a cui ci sottomettiamo. Il criterio è Lui stesso: il Signore. Se difendiamo la sua causa, conquisteremo, grazie a Dio, sempre di nuovo persone per la via del Vangelo. Ma inevitabilmente saremo anche percossi da coloro che, con la loro vita, sono in contrasto col Vangelo, e allora possiamo essere grati di essere giudicati degni di partecipare alla Passione di Cristo.

I Magi hanno seguito la stella, e così sono giunti fino a Gesù, alla grande Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfrGv 1,9). Come pellegrini della fede, i Magi sono diventati essi stessi stelle che brillano nel cielo della storia e ci indicano la strada. I santi sono le vere costellazioni di Dio, che illuminano le notti di questo mondo e ci guidano. San Paolo, nella Lettera ai Filippesi, ha detto ai suoi fedeli che devono risplendere come astri nel mondo (cfr 2,15).


Cari amici, ciò riguarda anche noi. Ciò riguarda soprattutto voi che, in quest’ora, sarete ordinati Vescovi della Chiesa di Gesù Cristo. Se vivrete con Cristo, a Lui nuovamente legati nel Sacramento, allora anche voi diventerete sapienti. Allora diventerete astri che precedono gli uomini e indicano loro la via giusta della vita. In quest’ora noi tutti qui preghiamo per voi, affinché il Signore vi ricolmi con la luce della fede e dell’amore. Affinché quell’inquietudine di Dio per l’uomo vi tocchi, perché tutti sperimentino la sua vicinanza e ricevano il dono della sua gioia. Preghiamo per voi, affinché il Signore vi doni sempre il coraggio e l’umiltà della fede. Preghiamo Maria che ha mostrato ai Magi il nuovo Re del mondo (Mt 2,11), affinché ella, quale Madre amorevole, mostri Gesù Cristo anche a voi e vi aiuti ad essere indicatori della strada che porta a Lui. Amen.

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

GESU' MARIA VI AMO
SALVATE ANIME!

Recente intervista a Mons.Luigi Negri, ora Arcivescovo di Ferrara-Comacchio.






Di Camillo Langone ( su Il Foglio del 31-08-2012)

Il più cattolico dei pochi vescovi italiani cattolici si trova all’estero, a San Marino. “Lei vive in una cartolina!” esclamò Benedetto XVI l’estate scorsa, durante la visita nella diocesi.

“Sì, ma è una cartolina che non viene spedita mai” rispose monsignor Luigi Negri.

Un altro vescovo sicuramente cristiano, sebbene di prosa un po’ democristiana (monsignor Crepaldi), alligna a Trieste che è città importante però ai confini della nazione e del dibattito.Un terzo vescovo sul quale metterei la mano sul fuoco (monsignor Oliveri) risiede in fondo alla Liguria, fra Albenga e Imperia, che non sarà ancora Francia ma certo non è il cuore dell’Italia.
E’ come se i fautori di una “presenza cattolica vissuta senza compromessi” fossero tenuti a distanza di sicurezza dalle cattedre metropolitane o comunque
cruciali, dove evidentemente i compromessi sono ritenuti indispensabili. Se Negri fosse stato vescovo di Udine, il corpo malato di Eluana Englaro (“vittima di un omicidio di stato”) avrebbe trovatousbergo nella chiesa locale, che invece reagì con molta flemma.
Se fosse stato vescovo di Torino o anche solo di Manfredonia (da cui dipende San Giovanni Rotondo) Mario Botta e Renzo Piano si sarebbero dovuti acconciare a costruire chiese a forma di chiesa e non di centrale termica o di hangar.
Negri sarebbe riuscito perfino a far mettere in posizione visibile il tabernacolo, che gli architetti nichilisti tanto odiano, contro il quale tanto si accaniscono.
O avrebbe risolto il problema alla radice chiamando al loro posto Pier Carlo Bontempi, che sta all’architettura italiana contemporanea come Sua Eccellenza sta alla chiesa cattolica di oggi.

Domanda: San Marino è davvero un’isola (o una cartolina, per dirla col Papa) felice?

Risposta: In occasione della sua visita Benedetto XVI ha celebrato una liturgia nello stadio di Serravalle alla presenza di 22.000 persone.
L’intera diocesi, comprensiva di San Marino e Montefeltro, supera di poco i 60.000 abitanti: quindi c’era una persona su tre.D: Come se a una singola messa di Milano partecipassero un milione e mezzo di persone.R: Il Papa ha avuto la percezione che anche uno stadio può diventare una cattedrale. Il coro di oltre duecento persone ha intonato i canti della tradizione e la maggior parte dei presenti si è comunicata in bocca.
D: Non come a Parma dove nel santuario della Steccata il celebrante spende omelie per dire che l’ostia si può legittimamente ricevere sia in mano sia sulla lingua, però in mano è meglio.
E quindi ciò che fa il Papa nelle sue messe è peggio.R: Guardi, né il clero né il popolo cristiano si formano più attorno al magistero, si lasciano convivere i magisteri paralleli, modi di pensare e concepire e comunicare la fede che hanno come riferimento un teologo, un ecclesiastico, non il vescovo di Roma…
D: Almeno siamo certi che a San Marino e in Montefeltro il punto di riferimento è Pietro.R: Questo Papa è assolutamente grande nel magistero e i sette anni da vescovo che mi sono stati concessi sono stati bellissimi.
Ho cercato di ridare esistenza ed energia al popolo cristiano, interpretando il mio ruolo non come fornitore di servizi, liturgici o solidaristici, ma come ridestatore della coscienza di un’intera comunità.
D: Però anche nella ridente Repubblica di San Marino sta per sbarcare la sodomia di stato, contro la quale lei ha diffuso un messaggio di esplicita condanna. Reazioni?R: Tutte le volte che faccio un intervento ricevo mail entusiaste e mail piene di insulti.
C’è stata la canea radical-chic, la stessa che c’è in Italia quando si tocca il medesimo argomento, ma il comune sentire del nostro popolo è molto diverso. Io ho voluto indicare un’immagine di chiesa che forte della sua identità si assume la responsabilità di intervenire nelle vicende sociali.
D: Un po’ come fanno i vescovi americani a cui spesso lei si riferisce.R: Sì, vorrei citare la studentessa di New York che ha scritto al cardinale Dolan, uomo
di chiesa che si batte per salvaguardare i diritti non solo della chiesa ma dell’intera società: “Eminenza, io sono con lei non perché sono credente ma perché sono americana”.
D: Bello, però temo che in Italia le cose vadano in senso opposto e non mi stupirei che una studentessa le scrivesse:“Eccellenza, io non sono con lei non perché non sono credente ma proprio perché lo sono”. Nei giorni scorsi Marco Pannella l’ha attaccata su Radio Radicale dicendo all’incirca così (provo a tradurre dal suo italiano stentato): “Nel nostro paese le grandi vittorie sui diritti civili sono state rese possibili dai cattolici che hanno agito in aperta disobbedienza rispetto alle loro guide”.R: Non nego la presenza di cattolici tra le loro file ma bisogna capire se questi possono ancora considerarsi tali.
Divorzio e aborto hanno distrutto la nostra società, distruggendo la famiglia che ne è la cellula fondamentale. I radicali promuovono un’esperienza umana individualista, egoista: salvo poi fare i moralisti con le esperienze degli altri. (Qui vorrei dire a Negri che gli applausi tributati dal Meeting a Mario Monti, nemico della domenica e quindi della civiltà cristiana, mi sembrano dare ragione a Pannella. Ma non glielo dico perché: 1) le mani spellate di Emilia Guarnieri e Giorgio Vittadini non rappresentano tutti i ciellini, anzi, la maggior parte di loro in privato se ne dispera; 2) Gianfranco Polillo, sottosegretario montiano all’Economia, non aveva ancora pronunciato la seguente frase: “Per far ripartire il paese c’è bisogno di turni di lavoro su sette giorni settimanali”; 3) mica mi posso inimicare il più cattolico dei pochi vescovi italiani cattolici, altrimenti poi chi mi resta? Però qualcosa sull’applausificio ciellino devo pur dirlo e adesso glielo dico).
D: Lei Monti lo avrebbe applaudito?R: No, io non applaudo nessun politico, non è giusto che un vescovo applauda un politico. Applaudo solo grandi testimonianze etiche e culturali: al Meeting ho applaudito Walesa, Madre Teresa di Calcutta…
D: Bisognerebbe spiegare che c’è un tempo per gli applausi e un tempo per i fischi. Mi sembra un aspetto dell’emergenza educativa… E avrebbe mandato un messaggio ai musulmani al termine del ramadan, come ha fatto Scola?R: Io non ce li ho i musulmani.
D:Vescovo fortunato: ma com’è possibile?R: Nella mia diocesi non sono una presenza organizzata.
Non ho nulla contro di loro ma io devo pensare a far crescere un popolo cristiano il quale poi si assumerà la responsabilità di un dialogo, di un rapporto.
Di questo ne risponderò a Dio: perché solo se il popolo cristiano sarà forte non si farà manipolare dai poteri mondani, occidentali o islamici che siano.
D: Come sono messi i seminari?R: Male. Se noi continuiamo a pensare che il clero che esce dai seminari sia formato a praticare l’evangelizzazione ci illudiamo. E’ un clero di retroguardia, un clero fanalino di coda, incapace di portare certezze esaltanti, propositive.
Mentre il grande Origene diceva che bisogna vivere la fede con entusiasmo: bisogna essere entusiasti della fede.
D: E invece l’entusiasmo scarseggia.R: E invece, anziché il cristianesimo inteso come incontro con Cristo, da un lato abbiamo l’esegetismo, l’esegesi fai-da-te, e dall’altro una concezione della fede moralistica e sociopolitica.
D: Come se la passano le scuole cattoliche di cui lei si è occupato a lungo? Sopravviveranno all’Imu?R: Erano in crisi anche prima dell’Imu. A fronte di uno sgravio per le finanze pubbliche di proporzioni enormi lo stato ha sempre restituito le briciole e adesso neanche più quelle.
D: I cattolici in politica che cosa ci stanno a fare? Secondo me niente, e secondo lei?R: Devo dire con amarezza che i cattolici impegnati nei due schieramenti non hanno fatto un solo gesto per riaprire la questione della libertà di educazione.
Eravamo giunti a ottenere che il sistema scolastico non fosse più considerato doppio (pubblico-privato) ma unico: un sistema scolastico pubblico all’interno del quale potevano convivere la forma statale e quella paritaria.
Mentre oggi siamo al tracollo, basti pensare che le scuole private sono inserite nel redditometro come bene di lusso.
Dalla dichiarazione dei redditi si possono detrarre le spese veterinarie ma non le rette scolastiche.
D: Nonostante che il governo sia ingombro di ministri sedicenti cattolici.R: Lo stato si è reso inadempiente anche in passato, sia con i governi di centrodestra
che con i governi di centrosinistra.

E’ un tema cruciale, se non c’è educazione libera non ci sono personalità mature e se non ci sono personalità mature non c’è dialogo ma un pensiero maggioritario che si impone su persone incapaci di usare il cuore e la ragione. Il mio maestro…
D: Don Giussani?R: Don Giussani. Negli anni Sessanta diceva: “Mandateci in giro nudi ma lasciateci
la libertà di educazione”.
D: Adesso siamo nudi e senza libertà di educazione.
Ciò nonostante lei ha sempre avuto un occhio di riguardo per Berlusconi, atteggiamento che le viene spesso rinfacciato dai colleghi, ad esempio da monsignor Bettazzi, il vescovo emerito di Ivrea.R: Berlusconi ha avuto il merito di impedire, con la sua discesa in campo, un colpo
di stato cattogiustizialista. C’è un ottimo libro postumo di Baget Bozzo, si intitola “Giuseppe Dossetti. La costituzione come ideologia politica”…
D: Gran bel titolo.R: Chiarisce tutta la questione.
D: Come la mettiamo con i politici tipo Casini che si dicono cattolici e poi, sulla scorta di piccoli calcoli di bottega, varano alleanze con una sinistra ideologica e nichilista?R: Il mio grande amico Augusto Del Noce disse con chiarezza, trent’anni fa, che per arrivare al potere il Partito comunista avrebbe venduto l’anima diventando un partito radicale di massa. E questo è puntualmente avvenuto.
D: Casini quindi sta vendendo l’anima a chi se l’è già venduta. Ma anche oltre l’Udc non vedo molti politici desiderosi di tenersela stretta, l’anima.R: Secondo me c’è un’assoluta incultura sia nel centrodestra che nel centrosinistra mentre la politica o diventa cultura forte o rimane piccolo cabotaggio.
Questi politici incolti più del massmediaticamente corretto non sono capaci di pensare.
D: Lei al posto di “politicamente corretto” usa spesso l’espressione “massmediaticamente corretto”. Mi sembra un aggiustamento di tiro necessario.R: Perché i politici vanno a rimorchio dei media, anche a costo di piegarsi a sovversioni
totali del buon senso.

Avanza quella che Hannah Arendt chiamava democrazia totalitaria, una democrazia solo procedurale dove ciò che io definisco massmediaticamente corretto prende il posto di ciò che prima era il riferimento culturale che nasceva dalla fede.
D: Come si può superare questo annichilimento della politica?R: Con cristiani presenti, coerenti e intraprendenti.
D: E la crisi della chiesa?R: Lo ha detto il Papa come se ne esce, bisogna tornare a seguire davvero il suo magistero, senza se e senza ma.
D: La mia paura è che gli anticristiani appaiano più vitali, più divertenti. Ad esempio gli omosessuali sono riusciti a imporre di farsi chiamare “gay”, gai, un termine per nulla neutro, pieno di connotazioni positive.
Se loro sono gai noi cristiani non possiamo che risultare tristi, proibizionisti, ossessionati dal peccato, negativi.R: Se i cristiani non capiscono che la loro è una vita vera, perciò bella, non sono in grado di contestare la società di oggi. Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai giovani, ha ricordato che Gesù non dice dei no alle esigenze autentiche del cuore ma soltanto dei sì alla vita, all’amore, alla libertà.

D
: La presente crisi economica fa male o fa bene alla fede?R: La crisi è innanzitutto antropologica. In Europa, non solo in Italia, prima è arrivata la crisi della fede, che non è stata più intesa come ricchezza.
Conseguenza inevitabile della perdita di questa ricchezza è stata la povertà: inizialmente morale e adesso anche materiale.

AVE MARIA VIRGO POTENS!

sabato 9 marzo 2013

Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica.






BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 27 febbraio 2013
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale.
Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno.
Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.
Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).
In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.
Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore.
Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!
Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre.
Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.
A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!
In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.
Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.
Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.
Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito.
Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.
Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie!



Saluti:
Je vous salue cordialement chers pèlerins de langue française, en particulier les personnes venant de France, de Belgique et des pays francophones qui ont voulu m’accompagner en étant présentes ici ou par la radio et la télévision. Je vous demande de vous souvenir de moi devant Dieu et de prier pour les Cardinaux appelés à élire un nouveau Successeur de l’Apôtre Pierre. Priez aussi pour que le Seigneur l’accompagne de la lumière et de la force de son Esprit ! Que Dieu vous bénisse ! Merci.


I offer a warm and affectionate greeting to the English-speaking pilgrims and visitors who have joined me for this, my last General Audience. Like Saint Paul, whose words we heard earlier, my heart is filled with thanksgiving to God who ever watches over his Church and her growth in faith and love, and I embrace all of you with joy and gratitude.
Ein herzliches »Vergelt’s Gott« sage ich allen Brüdern und Schwestern deutscher Sprache – euch, liebe Freunde, die ihr zu dieser letzten Generalaudienz meines Pontifikats gekommen seid, und allen zu Hause. Und ich danke der Traunsteiner Blaskapelle, daß sie uns die Bayernhymne so schön gespielt hat. Der Herr trägt die Kirche immer, er leitet sie auch in schwierigen Zeiten. Diese Sicht dürfen wir nie verlieren. Wir dürfen stets gewiß sein, der Herr ist uns nahe und umfängt uns mit seiner Liebe. Im Gebet bleiben wir, liebe Freunde, einander nahe, und im Gebet ist der Herr uns nahe. So grüße ich euch alle von ganzem Herzen. Der Herr segne euch und die Kirche in unseren Landen.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y de los países latinoamericanos, que hoy han querido acompañarme. Os suplico que os acordéis de mí en vuestra oración y que sigáis pidiendo por los Señores Cardenales, llamados a la delicada tarea de elegir a un nuevo Sucesor en la Cátedra del apóstol Pedro. Imploremos todos la amorosa protección de la Santísima Virgen María, Madre de la Iglesia. Muchas gracias. Que Dios os bendiga.
Amados peregrinos de língua portuguesa, agradeço-vos o respeito e a compreensão com que acolhestes a minha decisão. Continuarei a acompanhar o caminho da Igreja, na oração e na reflexão, com a mesma dedicação ao Senhor e à sua Esposa que vivi até agora e quero viver sempre. Peço que vos recordeis de mim diante de Deus e sobretudo que rezeis pelos Cardeais chamados a escolher o novo Sucessor do Apóstolo Pedro. Confio-vos ao Senhor, e a todos concedo a Bênção Apostólica.
Saluto in lingua araba:
البَابَا يُصْلِي مِنْ أَجَلِ جَمِيعِ النَّاطِقينَ بِاللُّغَةِ العَرَبِيَّةِ. لِيُبَارِك الرَّبّ جَمِيعَكُمْ.
Traduzione italiana:
Il Papa prega per tutte le persone di lingua araba. Dio vi benedica tutti.
Saluto in lingua polacca:
Witam serdecznie wszystkich Polaków. Ostatnia audiencja generalna jest okazją, by podziękować Bogu za nasze wspólne spotkania. Dziękuję za waszą obecność tu w Rzymie w minionych latach, za wspólną modlitwę, za wszelkie dowody bliskości, sympatii i pamięci. Dziękuję Bogu za pielgrzymkę do Polski na początku mojego pontyfikatu i serdeczne przyjęcie jakiego doznałem. Mając wielkiego orędownika przed Bogiem, błogosławionego Jana Pawła II, „trwajcie mocni w wierze!” (por. 1 Kor 16, 13). Proszę was nadal o modlitwę w mojej intencji i w intencjach Kościoła. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.
Traduzione italiana:
Saluto cordialmente tutti i Polacchi. L’ultima l’udienza generale è l’occasione per esprimere gratitudine a Dio per questi momenti di incontro. Vi ringrazio per la vostra costante presenza qui a Roma negli anni trascorsi, per ogni espressione di vicinanza, di simpatia e di ricordo. Rendo grazie a Dio per il mio pellegrinaggio in Polonia all’inizio del mio pontificato e per la calorosa accoglienza che ho sperimentato in quella occasione. Avendo un grande intercessore presso Dio, il Beato Giovanni Paolo II, “state saldi nella fede!” (cfr. 1 Cor 16, 13). Vi chiedo di continuare a pregare per me e per la Chiesa. Sia lodato Gesù Cristo.
Saluto in lingua croata:
Srdačno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike! Dragi prijatelji, hvala na vašoj ljubavi i blizini. Pod zaštitom Majke Marije, ostanimo povezani u molitvi i vjeri u Krista Uskrslog. Rado blagoslivljam vas i vaše obitelji. Hvaljen Isus i Marija!
Traduzione italiana:
Cordialmente saluto tutti i pellegrini croati! Cari amici, vi ringrazio per il vostro affetto e la vicinanza. Sotto la protezione della Madre celeste, rimaniamo uniti nella preghiera e nella fede in Cristo Risorto. Volentieri benedico tutti voi e le vostre famiglie. Siano lodati Gesù e Maria!
Saluto in lingua ceca:
S láskou zdravím poutníky z České republiky. Děkuji vám za vaši přítomnost a zvu vás, abyste ve světě věrně svědčili o radostné zvěsti spásy. Rád žehnám vám a vašim rodinám. Chvála Kristu!
Traduzione italiana:
Saluto con affetto i pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca e, nel ringraziarli per la loro presenza li invito ad essere nel mondo testimoni fedeli della Buona Novella della salvezza. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!
Saluto in lingua slovacca:

S láskou vítam pútnikov zo Slovenskej republiky. 
Bratia a sestry, ďakujem vám za modlitby a pozornosť, ktorými ste sprevádzali moju službu Nástupcu svätého Petra a zo srdca žehnám vás i vaše rodiny vo vlasti.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Repubblica Slovacca.
Fratelli e sorelle, vi ringrazio per le preghiere e per l’attenzione con le quali avete accompagnato il mio servizio di Successore di San Pietro e cordialmente benedico voi e le vostre famiglie in Patria.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua rumena:
Lăudat să fie Isus Cristos! Adresez un salut cordial credincioşilor de limba română, mai ales celor de la Oradea! Vă primesc cu bucurie şi vă doresc ca pelerinajul vostru să aducă roade bune pentru voi şi comunităţile voastre. Vă binecuvântez din toată inima!
Traduzione italiana:
Sia lodato Gesù Cristo! Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua rumena, specialmente a quelli provenienti da Oradea. Vi accolgo volentieri ed auspico che il vostro pellegrinaggio apporti frutti di bene a voi ed alle vostre comunità. Di cuore vi benedico!
* * *
Rivolgo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. Grazie per il vostro affetto e amore. Grazie! Cari amici, grazie per questi otto anni tra di voi e vi ringrazio per la vostra partecipazione così numerosa a questo incontro, come pure per il vostro affetto e per la gioia della vostra fede. Sono sentimenti che ricambio cordialmente, assicurando la mia preghiera per voi qui presenti, per le vostre famiglie, per le persone a voi care, per la cara Italia e Roma.
Il mio pensiero si rivolge, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il Signore riempia del suo amore il cuore di ciascuno di voi, cari giovani, perché siate pronti a seguirlo con entusiasmo; sostenga voi, cari malati, perché accettiate con serenità il peso della sofferenza; e guidi voi, cari sposi novelli, perché facciate crescere le vostre famiglie nella santità.

© Copyright 2013 - Libreria Editrice Vaticana

AVE AVE AVE MARIA!
CREDO IN UNUM DEUM...

8.L'ubbidienza di Maria: "Ecce ancilla Domini"



Per l'amore che portava alla virtù dell'ubbidienza, quando l'arcangelo Gabriele le annunziò la nascita di Gesù, Maria non volle chiamarsi con altro nome che quello di serva: « Ecco la serva del Signore ».

«Vera ancella, dice san Tommaso da Villanova, che né con le parole, né con le opere, né con il pensiero si oppose mai all'Altissimo ma, spogliandosi di ogni volontà propria visse sempre e in tutto ubbidiente alla divina volontà ». Ella stessa dichiarò che Dio si era compiaciuto di questa sua ubbidienza: « Ha guardato l'umiltà della sua serva » (Lc 1,48).
Questa è l'umiltà propria di una serva: essere sempre pronta a ubbidire. 

Sant'Agostino dice che la divina Madre con la sua ubbidienza rimediò al danno che avevano fatto i progenitori. ...  L'ubbidienza di Maria fu molto più perfetta di quella di tutti gli altri santi. Inclini al male per il peccato originale, gli uomini provano difficoltà nel bene operare; ma non così la beata Vergine. 

San Bernardino scrive: esente dal peccato originale, «Maria non aveva impedimenti nell'ubbidire a Dio, ma fu come una ruota che si muoveva prontamente ad ogni ispirazione dello Spirito Santo». 
Lo stesso santo aggiunge: «La Vergine tenne sempre gli occhi fissi su ciò che piace a Dio e lo eseguì con fervido consenso». 

Di lei fu detto: «L'anima mia si è liquefatta, quando (il mio diletto) ha parlato » (Ct 5,6). Riccardo di san Lorenzo commenta: « L'anima della Vergine era come un metallo liquefatto per un incendio d'amore, pronta a prendere tutte le forme della divina volontà». 



Maria dimostrò quanto era pronta all'ubbidienza in primo luogo quando per piacere a Dio volle ubbidire anche all'imperatore romano facendo alla volta di Betlemme un viaggio di novanta miglia, in pieno inverno, incinta e povera, tanto che fu costretta a partorire in una stalla. 

Fu ugualmente pronta quando, avvertita da san Giuseppe, si mise subito in cammino la notte stessa per il lungo e penoso viaggio verso l'Egitto. Perché, si domanda il Silveira, la rivelazione di fuggire in Egitto fu fatta a san Giuseppe e non alla beata Vergine che più doveva sentirne la fatica? E risponde: «Perché non le fosse tolta l'occasione di esercitare un atto di ubbidienza alla quale era prontissima». 

Ma soprattutto Maria dimostrò la sua eroica ubbidienza quando, per ubbidire alla divina volontà, offrì alla morte il Figlio suo con tanta fermezza che, come dice sant'Ildefonso, sarebbe stata pronta a crocifiggere il Figlio, se fossero mancati i carnefici. 

Quando la donna del Vangelo esclamò: «Beato il ventre che ti ha 
portato!», Gesù rispose:  «Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 11,27-28). Commentando queste parole, il venerabile Beda scrive che Maria fu più felice per l'ubbidienza alla volontà divina che per essere stata costituita Madre di Dio stesso.

Quindi sono molto graditi alla Vergine quelli che amano l'ubbidienza. 
Una volta ella apparve nella sua cella a un religioso francescano, chiamato Accorso. Ma questi, chiamato ad andare a confessare un infermo, si allontanò come gli ordinava l'ubbidienza. Ritornato, trovò Maria che lo stava aspettando e che lodò molto la sua ubbidienza.

Al contrario, la Vergine rimproverò vivamente un altro religioso che, quando suonò la campanella del refettorio, si trattenne a terminare le sue devozioni. Parlando a santa Brigida della sicurezza che vi è nell'ubbidire al padre spirituale, Maria le disse: «L'ubbidienza conduce tutti alla gloria». 

 San Filippo Neri affermava che Dio non chiede conto delle cose fatte per ubbidienza, poiché egli stesso ha detto: « Chi ascolta voi ascolta me. Chi disprezza voi disprezza me » (Lc 10,16). 

La Madre di Dio rivelò poi a santa Brigida che per merito della sua ubbidienza ha ottenuto dal Signore che tutti i peccatori che ricorrono a lei pentiti, per quanto gravi siano le loro colpe, saranno perdonati. Regina e madre nostra, prega Gesù per noi, ottenendoci per merito della tua ubbidienza di essere fedeli nell'ubbidire alla sua volontà e agli ordini dei padri spirituali. Amen.
COR MARIAE OBEDIENTISSIMUM
ORA PRO NOBIS!