venerdì 18 gennaio 2013

Beato Egidio



La testimonianza dei tre gigli



Tra le montagne, al di là del bel lago azzurro, secoli fa, vi era una regione selvaggia e disabitata. Approfittando dell'isolamento offerto dai monti e dai boschi, un ordine di monaci osservanti vi edificò un'abbazia, che, in quei tempi felici, giunse ad annoverare più di duecento religiosi. Tra questi c'era un buon frate di nome Alessandrino, uomo colto che cercava di approssimarsi a Dio studiando le Sacre Scritture e i venerandi testi lasciati dai sapienti dottori del passato. Per anni era cresciuto in sapienza e virtù. Ad un certo punto constatò di aver toccato i limiti della sua intelligenza, mentre gli incommensurabili insegnamenti e i misteri cristiani seguivano il loro volo verso l'infinito.
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"l'uomo di Dio colpì il suolo col suo bastone,
e subito apparve un altro straordinario giglio,
che in bellezza e biancore superava i primi
due."...
Cominciò allora a sentirsi afflitto, poiché provava una grande soddisfazione a comprendere tutto quanto sottoponeva all'analisi del suo intelletto. La sua costernazione si aggravò quando, un giorno, analizzò con particolare attenzione questo passo latino che canta la verginità di Maria: Post partum, Virgo, inviolata permansisti (Dopo il parto, o Vergine, sei rimasta intatta). - Ma come!... Sarà stato proprio così? - si domandava Frate Alessandrino. Decise allora di cercare nei libri un maggiore chiarimento, ed anche dopo aver consultato decine dei più rinomati autori, ritenne il suo dubbio non pienamente soddisfatto. Non ci dilungheremo di più... basti dire che il sospetto è come una malattia contagiosa, e a partire dal momento in cui il povero monaco vacillò su questo punto della dottrina, l'incertezza a poco a poco si diffuse nella sua anima, per naufragare, alcuni mesi dopo, in un amaro turbinio di sfiducia e dubbi.

Soffriva chiuso nel suo isolamento, poiché si vergognava di rivelare agli altri il suo tumulto interiore, ma un giorno, mentre passeggiava nel giardino, vide un anziano frate converso che si prendeva cura dei fiori. "Non sarà un male, parlarne con questo poveretto. Egli certamente non si metterà a ridere di me e neppure si scandalizzerà dei problemi che mi preoccupano". Con questi pensieri in mente, intavolò una conversazione col vecchio giardiniere. Dopo qualche tempo, il frate converso - sorridendo e senza smettere di potare i rosai - gli disse, col suo caratteristico accento campagnolo: - Eh, fratello... penso che nei libri non troverai le risposte a queste domande. Perché non vai a chiederlo al beato Egidio? - Beato Egidio? Chi è costui? Non conosco quest'uomo.

- Certo che non lo conosci. Lui vive là in cima, sulla montagna, da più di sessant'anni, pregando e facendo penitenza. È un monaco, un eremita solitario. Un santo! Vai là, sono sicuro che non sarà un viaggio inutile. Frate Alessandrino si mise a riflettere un po', considerando molto sensato il consiglio del frate giardiniere. Non perse tempo. Chiese l'autorizzazione al superiore e la mattina seguente, prima che spuntasse l'aurora, partì per la montagna. Fu una lunga ed estenuante camminata. Dopo ore passate percorrendo un sentiero sassoso, egli scorse molto in basso le lontane pianure inframmezzate dai fiumi che, visti dall'alto, sembravano stretti fili serpeggianti.

Alla fine arrivò all'ingresso della grotta dove, come gli era stato indicato, viveva il virtuoso anacoreta. Non ebbe bisogno di attendere: sembrava che l'eremita Egidio lo stesse aspettando, tanto prontamente apparve sulla soglia del suo rifugio. Quanti anni avrà avuto? Forse più di cento, impossibile dirlo con esattezza. Sebbene segnato dall'età, il suo aspetto era di un candore impressionante, superato appena dal bianco immacolato della lunga barba che gli oltrepassava la cintola, svolazzando al vento e brillando al sole. Frate Alessandrino aprì la bocca per parlare ma, prima ancora di pronunciare una parola, l'eremita gli disse: - Fratello, la Santissima Madre di Dio, Maria, era vergine prima di dare alla luce Gesù per noi! Dicendo questo, batté col suo bastone al suolo. Quale non fu la sorpresa dell'insicuro monaco nel veder spuntare un bellissimo e candido giglio nell'esatto punto dove Egidio aveva colpito! Costui tornò a battere nella terra, affermando: - Fratello, Maria Santissima era vergine mentre dava alla luce Gesù per noi! Immediatamente sorse un secondo giglio, più bello del primo. Per la terza volta, l'uomo di Dio colpì il suolo col suo bastone, esclamando: - Fratello, Maria Santissima era vergine dopo aver dato alla luce Gesù per noi! Subito apparve un altro straordinario giglio, che in bellezza e biancore superava i primi due.

Frate Alessandrino cadde in ginocchio, ammutolito per lo stupore e la meraviglia di fronte allo spettacolo a cui assisteva. Nel frattempo , il monaco Egidio continuò: - Ma... quando un uomo pretende fare in modo che la grandezza di Dio entri nei ristretti limiti della sua intelligenza, rischia pericolosamente di veder marcire nel suo cuore il prezioso dono della fede! Aveva appena finito di pronunciare queste parole, che i tre magnifici gigli marcirono contemporaneamente, diventando grigi e rinsecchiti. Comprendendo che questi gigli erano un simbolo della virtù della fede marcita nella sua anima pervasa dal dubbio, l'infelice Fra Alessandrino si chinò, coprì il volto con le mani e versò lacrime amare e abbondanti.

Impassibile, l'austero solitario proseguì: - Tuttavia, hai cercato l'aiuto dei tuoi fratelli, riconoscendo di non possedere le forze per superare i tuoi mali. Con questo, hai praticato uno degli atti più graditi al nostro Creatore: l'umiltà. Fratello, il pentimento sincero attira il perdono di Dio, la cui grazia può restaurare le nostre anime, rendendole ancora più belle di quello che erano prima della mancanza. In quell'istante i tre gigli miracolosamente si ripresero, diventando ancora più bianchi e rigogliosi di quanto lo erano stati poco prima. Detto questo, il beato Egidio, senza aggiungere più una parola, entrò con calma e serenità nella sua povera grotta, lasciando lo stupefatto monaco, attonito e senza parole, in ginocchio davanti ai magnifici gigli ricomposti.

Fra Alessandrino si sentì allora pervaso da una profonda pace. Tutti i suoi dubbi scomparvero, facendo posto ad un'ardente fede e ad una tenera devozione a Maria Santissima, come mai aveva sperimentato prima. Con ogni precauzione, conservò i tre preziosi gigli fino alla fine della sua vita, come testimonianza irrefutabile della perpetua verginità della Madre di Dio, della quale divenne instancabile apostolo, non smettendo mai di predicare, con parole infiammate d'amore, questa verità di fede che prima gli aveva causato un grande tormento, ora gli produceva un'ineffabile dolcezza nel cuore: Post partum, Virgo, inviolata permansisti.

Autore: Karina de Fátima Carmona Araújo


(Revista Araldi del Vangelo, Febbraio/2008, n. 58, p. 46 à 47)

1. L'umiltà di Maria


Fondamento e custode delle virtù 


1. L'umiltà di Maria


« L'umiltà è fondamento e custode delle virtù », dice san Bernardo, e con ragione. Senza umiltà, infatti, non vi può essere alcun'altra virtù in un'anima. Anche se essa possiede tutte le virtù, tutte verranno meno se viene meno l'umiltà. 
Al contrario, come san Francesco di Sales scrisse alla beata suor Giovanna di Chantal, Dio ama tanto l'umiltà, che subito accorre dove la vede. Questa bella virtù così necessaria era sconosciuta nel mondo, ma il Figlio stesso di Dio venne ad insegnarla sulla terra con il suo esempio e volle che specialmente in essa noi cercassimo d'imitarlo: « Imparate da me che sono mite ed umile di cuore » (Mt 11,29). 

Come fu la prima e più perfetta discepola di Gesù Cristo in tutte le virtù, così Maria lo fu anche nell'umiltà, per cui meritò di essere esaltata sopra tutte le creature. 
Fu rivelato a santa Metilde che la prima virtù esercitata dalla Vergine fin dalla fanciullezza fu l'umiltà. Il primo atto dell'umiltà di cuore è avere un basso concetto di sé. Maria ebbe sempre un così basso concetto di se stessa, come fu ugualmente rivelato a santa Metilde, che, pur vedendosi arricchita di grazie più degli altri, non si mise mai al di sopra di nessuno.

 Spiegando quel passo del Cantico dei cantici: « Mi hai ferito il cuore, sorella mia sposa... con un solo capello del tuo collo » (Ct 4,9 Volg.), l'abate Ruperto dice che questo capello del collo della sposa fu appunto l'umile concetto che Maria ebbe di sé, con cui ferì il cuore di Dio; « che cosa c’è infatti più sottile di un capello? ». Non già che la santa Vergine si stimasse peccatrice, perché l'umiltà è verità, come dice santa Teresa, e Maria sapeva di non aver mai offeso Dio. Non che non confessasse di aver ricevuto da Dio maggiori grazie di tutte le altre creature, perché un cuore umile ben riconosce i favori speciali del Signore per umiliarsi ancor più; ma la divina Madre, alla luce più grande che aveva per conoscere l'infinita grandezza e bontà del suo Dio, conosceva meglio la sua piccolezza. Perciò si umiliava più di ogni altro e con la sposa del Cantico dei cantici diceva: « Non guardate che io sono bruna, perché mi ha abbronzato il sole » (Ct 1,5). San Bernardo commenta: « In confronto al suo splendore, mi trovo nera ». Infatti, dice san Bernardino, « la Vergine aveva sempre un rapporto attuale con la divina maestà e con il proprio niente ». 
Come una mendicante, se indossa una ricca veste che le è stata donata, non se ne insuperbisce, ma nel vederla tanto più si umilia davanti al suo donatore perché più si ricorda della sua povertà, così Maria, quanto più si vedeva arricchita, tanto più si umiliava, ricordandosi che tutto era dono di Dio. La Vergine stessa disse alla benedettina santa Elisabetta: « Sappi che io mi ritenevo la creatura più spregevole e indegna della grazia 
di Dio ». 

San Bernardino afferma: « Come nessuna creatura, dopo il Figlio di Dio, s'innalzò sulle vette della grazia quanto Maria, così nessuna creatura scese più in basso nell'abisso dell'umiltà » Inoltre è atto di umiltà nascondere i doni celesti. Maria volle tacere a san Giuseppe la grazia di essere divenuta Madre di Dio, anche se pareva necessario informarlo, per dissipare i sospetti che lo sposo poteva avere sulla sua onestà vedendola incinta, o almeno per liberarlo dal turbamento. San Giuseppe infatti, non potendo dubitare della castità di Maria e d'altra parte ignorando il mistero, « decise di rimandarla in segreto » (Mt 1,19); e, se l'angelo non gli avesse rivelato che la sposa aveva concepito per opera dello Spirito Santo, l'avrebbe lasciata.

Inoltre l'umile rifiuta le lodi per sé e le riferisce tutte a Dio. Maria si turbò nel sentirsi lodare dall'angelo Gabriele e quando santa Elisabetta le disse: « Benedetta tu fra le donne... A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?... Te beata che hai creduto... » (Lc 1), la Vergine, attribuendo tutte quelle lodi a Dio, rispose con l'umile cantico: « L'anima mia magnifica il Signore ». Come se dicesse: Elisabetta, tu lodi me, ma io lodo il Signore a cui solo è dovuto l'onore. Tu ammiri che io venga a te; io ammiro la divina bontà: « il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore ». Tu mi lodi perché ho creduto; io lodo il mio Dio che ha voluto esaltare il mio niente: « perché ha considerato la bassezza della sua serva » (Lc 1,46-48). 
Maria disse a santa Brigida: « Perché mi umiliavo tanto e ho meritato tanta grazia, se non perché ho saputo e pensavo di non essere e di non avere niente? Perciò non volli la mia lode, ma soltanto quella del donatore e del creatore». 
Parlando dell'umiltà di Maria, sant'Agostino esclama: « O beata umiltà, che donò Dio agli uomini, aprì il paradiso e liberò le anime dagli 
inferi ». 
E’ proprio degli umili il servire, e Maria non esitò ad andare a servire Elisabetta per tre mesi. Dice dunque san Bernardo: « Elisabetta si meravigliava che Maria fosse venuta, ma ancor più si stupisca che sia venuta non per essere servita, ma per servire ». 

Gli umili se ne stanno in disparte e si scelgono il posto peggiore. Perciò Maria, osserva san Bernardo, quella volta che Gesù stava predicando in una casa (Mt 12), desiderava parlargli ma non volle « interrompere il discorso di suo Figlio con la sua autorità di madre e non entrò nella casa in cui egli parlava ». Per la stessa ragione, stando nel cenacolo con gli apostoli, Maria volle mettersi all'ultimo posto. Leggiamo in san Luca: 
« Tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, assieme con le donne e con Maria, madre di Gesù » (At 1,14). Non che san Luca non conoscesse i meriti della divina Madre, per cui avrebbe dovuto nominarla in primo luogo; ma poiché Maria si era messa all'ultimo posto nel cenacolo, dopo gli apostoli e le altre donne, san Luca menziona tutti i presenti secondo l'ordine in cui stavano collocati. E’ questo il pensiero di un autore. Dice san Bernardo: « Giustamente l'ultima è diventata la prima perché, pur essendo la prima di tutti, si comportava come se fosse 
l'ultima »
Infine gli umili amano le manifestazioni di disprezzo. Perciò non si legge che Maria fosse presente in Gerusalemme quando nella Domenica delle palme il Figlio fu ricevuto dal popolo con tanti onori. Invece al momento della morte di Gesù la Vergine non si astenne dal comparire in pubblico sul Calvario, affrontando il disonore di essere riconosciuta come madre del condannato, che moriva da infame con una morte infame. Maria disse a santa Bngida: « Che cosa c'è di più spregevole di essere considerata incapace, di avere bisogno di tutto e di credersi la più indegna di tutti? Tale, o figlia, fu la mia umiltà, questa la mia gioia e questa la mia volontà, perché non avevo altro pensiero che di piacere unicamente a mio Figlio ».

Alla venerabile suor Paola da Foligno fu dato in un'estasi di comprendere quanto fu grande l'umiltà della santa Vergine. Parlandone al suo confessore, la religiosa, piena di stupore, diceva: « Ah padre, l'umiltà della Madonna! Nel mondo non vi è neppure un minimo grado di umiltà in confronto a quella di Maria ». 

Una volta, il Signore fece vedere a santa Brigida due dame, una tutta fasto e vanità. « Questa, le disse, è la superbia. L'altra che vedi, con atteggiamento modesto, rispettosa verso tutti, con il pensiero rivolto unicamente a Dio e che si considera come un niente, è l'umiltà e si chiama Maria ». Dio volle in tal modo manifestarci che la sua beata Madre era così umile, che era l'umiltà stessa. E certo che per la nostra natura corrotta dal peccato non c'è forse, dice san Gregorio Nisseno, nessuna virtù più difficile da praticare che l'umiltà. Ma non c’è altra via: non potremo mai essere veri figli di Maria se non siamo umili. Dice san Bernardo: « Se non puoi imitare la verginità dell'umile, imita l'umiltà della Vergine ». Ella aborrisce i superbi, chiama a sé soltanto gli umili: « Chi è fanciullo venga a me » (Pro 9,4). 
Riccardo di san Lorenzo afferma: « Maria ci protegge sotto il mantello dell'umiltà ». 
La Madre di Dio stessa così parlò a santa Brigida: « Anche tu, figlia mia, vieni e nasconditi sotto il mio mantello; questo mantello è la mia 
umiltà ». Poi disse che la considerazione della sua umiltà è un buon mantello che riscalda. Ma come il mantello non riscalda se non chi lo porta, non solo con il pensiero, ma anche in opera, così, aggiunse, « la mia umiltà non giova, se non ci si sforza di imitarla. Perciò, figlia mia, rivestiti di questa umiltà ».

Quanto sono care a Maria le anime umili! San Bernardo scrive: « La Vergine riconosce e ama quelli che la amano ed è vicina a coloro che la invocano, specialmente a quelli che vede conformi a sé nella castità e nell'umiltà ». Perciò il santo esorta tutti coloro che amano Maria ad essere umili: « Sforzatevi di emulare questa virtù, se amate Maria ». Martino d'Alberro della Compagnia di Gesù per amore della Vergine era solito scopare il convento e raccoglierne le immondizie. Un volta, riferisce il padre Nieremberg, gli apparve la divina Madre e ringraziandolo gli disse: « Quanto mi è cara quest'azione fatta per amor mio!». 

Dunque, mia Regina, non potrò mai essere tuo vero figlio se non sono umile. Non vedi che i miei peccati dopo avermi reso ingrato verso il mio Signore mi hanno fatto diventare anche superbo? Madre mia, poni tu rimedio alla mia situazione: per i meriti della tua umiltà ottienimi di essere umile, divenendo così figlio tuo. Amen.

Maria Mater gratiæ,
Dulcis Parens clementiæ,
Tu nos ab hoste protege,
Et mortis hora suscipe.


Beata Maria Baouardy




È commovente sentirle dire, parlando di se stessa: 

«Sono un frutto cattivo, un frutto marcio, gettato nel letamaio dei miei peccati. Chi vorrà di questo frutto? Nes­suno: lasciatelo sulla concimaia. Ma tu, giardiniere, guarda: in questo frutto, il Si­gnore ha messo un piccolo seme. Prendi questo seme, fa un buco nella terra, getta il chicco in questo buco, coprilo con la buona terra attendi, abbiate pazienza: da questo chicco verrà un albero, ed esso porterà buoni frutti grazie alle tue cure. Tu servirai questo frutto alla tavola del Signore, tutti lo vedranno, si mangerà di que­sto frutto e si loderà il Signore».

Ecco un affascinante paragone, pieno della dottrina più elevata e più pratica. 
«Dopo la Comunione, diceva un giorno, un vecchio mi ha detto: Gesù vuole veni­re a casa tua nel cuore della notte; per preparargli una cella, ascolta ciò che vuo­le.: vuole una piccola cella molto povera, molto semplice. Vuole un lettino, simbo­lo del silenzio; in questo lettino, vuole un materasso sempre nuovo con degli atti di umiltà sempre nuovi; vuole un cuscino di carità, una coperta di pazienza, le gran­di tende bianche dell'unione, che impediscono al vento della tentazione di raffred­dare la carità. Gesù vuole anche una lampada da notte: il bicchiere di questa lam­pada è la fede e la speranza, l'olio è la preghiera continua, il sughero che galleggia, è l'amore di Dio, che eleva l'anima al di sopra della terra, lo stoppino è la dedizione, che si sacrifica e dimentica i suoi interessi per la felicità degli altri; infine la luce che illumina, è l'obbedienza e la purezza di intenzione».

Protegat nos dextera tua, Mater Dei; 
et da refrigerium, 
et solatium animabus nostris.

giovedì 17 gennaio 2013

Racconti Mariani (1): "Va, ti confessa".





1. *
In Germania un certo uomo cadde in un grave peccato; non volendo confessarlo per rossore, ed all'incontro non potendo sopportare il rimorso della coscienza, andò per buttarsi al fiume; ma poi si trattenne, e piangea pregando Dio che ce lo perdonasse senza confessione. Una notte dormendo si sentì scuotere ad una spalla con una voce che gli disse: Va, ti confessa. Andò alla chiesa, ma neppure si confessò. Un'altra notte intese la stessa voce. Torna alla chiesa, ma ivi giunto disse che prima volea morire, che confessare quel peccato. Ma volendo già tornare in casa volle prima andare a raccomandarsi a Maria SS., la cui immagine stava nella stessa chiesa, ed appena inginocchiato si sentì tutto mutato. S'alzò subito, chiamo il confessore e, piangendo dirottamente per la grazia ricevuta dalla Vergine, si confessò intieramente; e dopo disse che aveva inteso maggior contento, che se avesse guadagnato tutto l'oro del mondo (Ann. Soc. 1650, ap. Aur., Aff. scamb., t. 3, c. 7).




* Esempio 1. - AURIEMMA, Affetti scambievoli tra la Vergine Santissima e suoi divoti, parte 2, cap. 7. Bologna, 1681, II, pag. 116-118. Dice S. Alfonso, con Auriemma, Ann. Soc. 1650. Probabilmente: IO. NADASI, Annales Mariani Societatis Iesu, ab anno 1521 usque ad hodierna tempora. Romae, 1658. Ma il fatto riferito non s'incontra all'anno 1650.





REGINA SANCTORUM OMNIUM, ORA PRO NIOBIS! 

martedì 15 gennaio 2013

Dio ha scritto le Sue Leggi nel vostro cuore, le ha scritte col Suo Dito; seguitele con gioia ed Egli, Gesù, benedirà la vostra vita.




Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

05.01.13


Eletti, amici cari, in Me vivete, con Me raccogliete. Per Me operate con fedeltà ed avrete il premio che spetta agli amici cari del Mio Cuore.



Sposa amata, hai compreso le Mie Parole?

Mi dici: “Dolce Amore, alla Tua Luce tutto mi è chiaro: ciò che dici, ciò che fai, ciò che programmi. Noi, Tuoi piccoli più piccoli, raccogliamo con Te perché Tu ci permetti di costruire; infatti, un giorno dicesTi: “Chi non raccoglie con Me, Gesù, disperde.” Noi, Dolce Gesù, vogliamo essere costruttori, ma non potremmo esserlo senza il Tuo Aiuto. Vuoi che noi operiamo con fedeltà per poterci tenere sempre stretti a Te, al Tuo Cuore, meraviglioso, perché questo è il premio che Tu Gesù vuoi dare: tenerci per sempre vicino a Te nell’eternità! Penso con gioia al Tuo Progetto, Gesù, che è per ogni uomo. Tu gli dici: “Vuoi che Io realizzi in te il Mio Progetto?” Queste Parole dici ed attendi la risposta. Spesso, Dolce Amore, devi attendere a lungo, perché trovi l’uomo distratto; ma, quando la risposta è sì, Tu, Gesù, entri in un cuore e fai cose stupende!”

Sposa cara, voglio, infatti, per Me tutti i cuori non per avere, ma per dare. Pensi che Io, Io, Dio, abbia bisogno di qualcosa? No, certo, piccola Mia. No, certo; ma voglio dare all’uomo il Mio Tutto, prima sulla terra e, poi, in Cielo, ripristinando il Progetto fatto agli albori della storia.

Mi dici: “Dolce Amore, ho capito che tale e quale mai più sarà, perché allora non c’erano il dolore e la morte; l’uomo viveva beato sulla terra, sotto il Tuo Sguardo amoroso e, poi, senza passare per la morte, entrava nel Cielo per goderne le Delizie.”

Piccola sposa, nessuno deve vedere la morte con terrore, ma deve capire che essa apre un’altra fase della vita: è una porta che apre un mondo nuovo che sarà come l’ha preparato durante l’esistenza terrena. Sposa amata, com’è importante anche un solo giorno di vita! L’hanno compreso gli uomini della terra?

Mi dici con tristezza: “Temo che ben pochi l’abbiano compreso; nel terzo millennio l’uomo vive come se mai dovesse morire e lascia passare, incostruttivo, il prezioso tempo. Ogni giorno dovrebbe essere costruttivo per il Tuo Regno, ma, spesso, non lo è affatto, perché l’uomo si lascia prendere dalle cose vane e dimentica quelle essenziali per la sua salvezza. Dolce Amore, ecco che Tu, con Tenerezza, vuoi il suo risveglio e spesso usi le prove che sono secondo il bisogno. Dolce Amore, c’è un lamento generale sulla terra, per le prove di purificazione. Non si è compreso che, senza di queste, la salvezza sarebbe di ben pochi, di un numero molto esiguo.”

Sposa cara, bene hai parlato, le prove, anche dure, preparano la salvezza delle anime. Esse sono sempre proporzionate alle forze: nessuno mai è stato provato al di sopra delle sue forze e mai lo sarà. Piccola sposa, porta al mondo il Mio Messaggio d’Amore: ognuno accolga la prova come una grande Grazia e la sopporti, benedicendoMicol cuore e con la mente; se farà questo, ogni prova dura diverrà più blanda e la gioia non cesserà di scorrere nei cuori.

Mi dici: “Dolce Amore, sono pochi quelli che capiscono che la prova è grande Grazia. Vorrei che tutti lo capissero e che Ti benedicessero per tutto ciò che fai, che permetti, che progetti. Se così facessero, subito, gli uomini della terra, certo, in essa scorrerebbero latte e miele e tutti sarebbero felici. Gesù, adorato Signore, Ti benedico per il Tuo Progetto, per ogni Tuo Progetto che scaturisce dal Tuo Cuore meraviglioso, tutto Amore, solo Amore, sempre Amore!”

Sposa amata, beato chi ha orecchi per intendere le Mie Parole per poi viverle ogni giorno. Resta, felice, in Me. Godi le Delizie del Mio Amore. Ti amo.
                                                                                  Vi amo.

                                                                                              Gesù





05.01.13


La Mamma parla agli eletti



Figli amati e tanto cari, Dio ha scritto le Sue Leggi nel vostro cuore, le ha scritte col Suo Dito; seguitele con gioia ed Egli, Gesù, benedirà la vostra vita. Sono con voi per aiutarvi, perché vi amo immensamente. Insieme, uniamo i cuori per l’adorazione a Gesù.
Ti amo, angelo Mio.

                                                                                              Maria Santissima

AVE MARIA!