venerdì 16 novembre 2012

La rabbia del diavolo per un’innocente piacere. / L’utilità dei nostri difetti. / Un sollievo preso per amore del Signore.


S. Gertrude la GrandeLe Rivelazioni, III, Capitoli 57-69

57 – La rabbia del diavolo per un’innocente piacere


Una notte, immersa nella consolazione per le molte grazie che il Signore le aveva concesse visitandola, e affaticata insieme per la tensione spirituale, si trovò in uno stato di estrema debolezza. Prese allora un grappolo d’uva nell’intento di ristorare un po’ il Signore in se stessa. Il Signore lo accettò con grande riconoscenza e disse: «Ecco, questo mi compensa dell’amarezza con cui fui abbeverato sulla croce per amor tuo, poiché gusto in questo momento nel tuo cuore una ineffabile dolcezza. Più tu consideri soltanto la mia gloria quando concedi un sollievo al tuo corpo, e più dolce è il ristoro che Io provo nella tua anima».
Quando poi essa gettò per terra le bucce e i semi dell’uva che aveva raccolto nella mano, satana, il nemico di ogni bene, si presentò e si dispose con zelo a raccoglierli a prova della colpa dell’inferma che, contro la sua Regola, aveva mangiato prima di Mattutino. Ma appena ebbe toccato con due dita una delle bucce, immediatamente scottato come da un fuoco intollerabile, si precipitò fuori della stanza con urla terribili, ponendo tuttavia la massima cura a non posare i piedi sulla minima di quelle bucce, il cui contatto gli cagionava così intollerabile supplizio.

58 – L’utilità dei nostri difetti


Un’altra notte, facendo l’esame di coscienza, scoprì in sé il difetto di ripetere spesso: «Dio lo sa!» per semplice abitudine e senza riflettervi. Si rimproverò questa imperfezione e pregò il Signore di correggerla e di concederle la grazia di non pronunziare mai invano il suo nome. Il Signore le rispose con bontà: «E perché vorresti privarmi dell’onore che me ne viene, e privare te stessa della ricompensa che ti assicuri quando, riconoscendo questo o qualsiasi altro difetto, fai il proposito di evitarlo? Ogni volta che un’anima si sforza di vincere per amor mio le sue cattive inclinazioni, essa mi procura tanto onore quanto quando, durante il combattimento, resiste coraggiosamente al nemico per vincerlo e sconfiggerlo col vigore del suo braccio».
Le sembrò poi di riposare dolcemente sul Cuore del Signore e di dirgli, riconoscendo la sua profonda indegnità: «Ecco, Signore amatissimo, ti offro il mio povero cuore perché Tu prenda le tue delizie nei suoi affetti e nei suoi desideri, secondo la pienezza del tuo beneplacito». Il Signore rispose: «Mi riesce più accetto il tuo povero cuore offerto con tanto amore, di un cuore pieno di vigore e di forza: allo stesso modo che un animale del bosco preso alla caccia riesce più accetto di un animale domestico, poiché le sue carni son più tenere e più saporite».

59 – Un sollievo preso per amore del Signore


Le sue infermità le impedivano di prendere parte all’Ufficio Divino in Coro, ma andava sovente ad ascoltare la recitazione per impiegare almeno così le sue forze al servizio di Dio. non le pareva però di portarvi tutta la devozione che avrebbe desiderato, e se ne lamentava spesso col Signore tutta scoraggiata: «O amabilissimo Signore – essa diceva – che ossequio ti posso rendere standomene qui seduta con tanta negligenza, senza far niente, per pronunciare soltanto una o due parole o qualche nota del canto?». Un giorno finalmente il Signore le rispose: «Non proveresti tu un grande piacere se un amico ti offrisse di tanto in tanto una sorsata di eccellente idromele capace di ridarti le forze? Ebbene, ogni parola ed ogni nota da te cantata a mia lode fa provare a me una consolazione anche maggiore».

<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

giovedì 15 novembre 2012

Verso il Signore


Versus Deum per Iesum Christum

"La direzione ultima dell'azione liturgica, mai totalmente espressa nelle forme esterne, è la stessa per il sacerdote e il popolo: verso il Signore". L'introduzione del decano del Sacro Collegio al libro di Uwe Michael Lang
del cardinale Joseph Ratzinger


Al cattolico praticante normale due appaiono i risultati più evidenti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II: la scomparsa della lingua latina e l'altare orientato verso il popolo. Chi legge i testi conciliari potrà constatare con stupore che né l'una né l'altra cosa si trovano in essi in questa forma.

Certo, alla lingua volgare si sarebbe dovuto dare spazio, secondo le intenzioni del Concilio (cfr. Sacrosanctum Concilium 36,2) - soprattutto nell'ambito della liturgia della Parola - ma, nel testo conciliare, la norma generale immediatamente precedente recita: "L'uso della lingua latina, salvo un diritto particolare, sia conservato nei riti latini" (Sacrosanctum Concilium 36,1).

Dell'orientamento dell'altare verso il popolo non si fa parola nel testo conciliare. Se ne fa parola in istruzioni postconciliari. La più importante di esse è la Institutio generalis Missalis Romani, l'Introduzione generale al nuovo Messale romano del 1969, dove al numero 262 si legge: "L'altare maggiore deve essere costruito staccato dal muro, in modo che si possa facilmente girare intorno ad esso e celebrare, su di esso, verso il popolo [versus populum]". L'introduzione alla nuova edizione del Messale romano del 2002 ha ripreso questo testo alla lettera, ma alla fine ha fatto la seguente aggiunta: "è auspicabile laddove è possibile". Questa aggiunta è stata letta da molte parti come un irrigidimento del testo del 1969, nel senso che adesso ci sarebbe un obbligo generale di costruire - "laddove possibile" - gli altari rivolti verso il popolo.

Questa interpretazione, però, era stata respinta dalla competente Congregazione per il Culto divino già in data 25 settembre 2000, quando spiegò che la parola "expedit" [è auspicabile] non esprime un obbligo ma una raccomandazione. L'orientamento fisico dovrebbe - così dice la Congregazione - essere distinto da quello spirituale. Quando il sacerdote celebra versus populum, il suo orientamento spirituale dovrebbe essere comunque sempre versus Deum per Iesum Christum [verso Dio attraverso Gesù Cristo]. Siccome riti, segni, simboli e parole non possono mai esaurire la realtà ultima del mistero della salvezza, si devono evitare posizioni unilaterali e assolutizzanti al riguardo.

Un chiarimento importante, questo, perché mette in luce il carattere relativo delle forme simboliche esterne, opponendosi così ai fanatismi che purtroppo negli ultimi quarant'anni non sono stati infrequenti nel dibattito attorno alla liturgia. Ma allo stesso tempo illumina anche la direzione ultima dell'azione liturgica, mai totalmente espressa nelle forme esterne e che è la stessa per sacerdote e popolo (verso il Signore: verso il Padre attraverso Cristo nello Spirito Santo). La risposta della Congregazione dovrebbe perciò creare anche un clima più disteso per la discussione; un clima nel quale si possano cercare i modi migliori per la pratica attuazione del mistero della salvezza, senza reciproche condanne, nell'ascolto attento degli altri, ma soprattutto nell'ascolto delle indicazioni ultime della stessa liturgia. Bollare frettolosamente certe posizioni come 'preconciliari', 'reazionarie', 'conservatrici', oppure 'progressiste' o 'estranee alla fede', non dovrebbe più essere ammesso nel confronto, che dovrebbe piuttosto lasciare spazio ad un nuovo sincero comune impegno di compiere la volontà di Cristo nel miglior modo possibile.

Questo piccolo libro di Uwe Michael Lang, oratoriano residente in Inghilterra, analizza la questione dell'orientamento della preghiera liturgica dal punto di vista storico, teologico e pastorale. Ciò facendo, riaccende in un momento opportuno - mi sembra - un dibattito che, nonostante le apparenze, anche dopo il Concilio non è mai veramente cessato.
Il liturgista di Innsbruck Josef Andreas Jungmann, che fu uno degli architetti della Costituzione sulla Sacra Liturgia del Vaticano II, si era opposto fermamente fin dall'inizio al polemico luogo comune secondo il quale il sacerdote, fino ad allora, avrebbe celebrato 'voltando le spalle al popolo'. Jungmann aveva invece sottolineato che non si trattava di un voltare le spalle al popolo, ma di assumere il medesimo orientamento del popolo.

La liturgia della Parola ha carattere di proclamazione e di dialogo: è rivolgere la parola e rispondere, e deve essere, di conseguenza, il reciproco rivolgersi di chi proclama verso chi ascolta e viceversa.

La preghiera eucaristica, invece, è la preghiera nella quale il sacerdote funge da guida, ma è orientato, assieme al popolo e come il popolo, verso il Signore. Per questo - secondo Jungmann - la medesima direzione di sacerdote e popolo appartiene all'essenza dell'azione liturgica.

Più tardi Louis Bouyer - anch'egli uno dei principali liturgisti del Concilio - e Klaus Gamber, ognuno a suo modo, ripresero la questione. Nonostante la loro grande autorità, ebbero fin dall'inizio qualche problema nel farsi ascoltare, così forte era la tendenza a mettere in risalto l'elemento comunitario della celebrazione liturgica e a considerare perciò sacerdote e popolo reciprocamente rivolti l'uno verso l'altro.
Soltanto recentemente il clima si è fatto più disteso e così, su chi pone domande come quelle di Jungmann, di Bouyer e di Gamber, non scatta più il sospetto che nutra sentimenti 'anticonciliari'. I progressi della ricerca storica hanno reso il dibattito più oggettivo, e i fedeli sempre più intuiscono la discutibilità di una soluzione in cui si avverte a malapena l'apertura della liturgia verso ciò che l'attende e verso ciò che la trascende. In questa situazione, il libro di Uwe Michael Lang, così piacevolmente oggettivo e niente affatto polemico, può rivelarsi un aiuto prezioso. Senza la pretesa di presentare nuove scoperte, offre i risultati delle ricerche degli ultimi decenni con grande cura, fornendo le informazioni necessarie per poter giungere a un giudizio obiettivo. Molto apprezzabile è il fatto che viene evidenziato, a tale riguardo, non solo il contributo, poco conosciuto in Germania, della Chiesa d'Inghilterra, ma anche il relativo dibattito, interno al Movimento di Oxford nell'Ottocento, nel cui contesto maturò la conversione di John Henry Newman. È su questa base che vengono sviluppate poi le risposte teologiche.
Spero che questo libro di un giovane studioso possa rivelarsi un aiuto nello sforzo - necessario per ogni generazione - di comprendere correttamente e di celebrare degnamente la liturgia. Il mio augurio è che possa trovare tanti attenti lettori.

IL LIBRO
Il testo del cardinale Joseph Ratzinger pubblicato in queste pagine, inedito in Italia, è la prefazione che il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ha scritto al libro di Uwe Michael Lang Conversi ad Dominum. Zu Geschichte und Theologie der christlichen Gebetsrichtung, edito lo scorso anno in Svizzera dalla Johannes Verlag di Einsiedeln. Del volume sta uscendo la versione in lingua inglese (Turning towards the Lord: Orientation in Liturgical Prayer) per la casa editrice Ignatius Press di San Francisco (Usa), che detiene il copyright dell'opera.
Uwe Michael Lang è membro dell'oratorio di San Filippo Neri a Londra, ha studiato teologia a Vienna e Oxford, e ha pubblicato numerosi testi su argomenti patristici.
Gianni Cardinale
da "30Giorni", 3/2004www.30Giorni.it
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AVE MARIA! 

Donna divota desiderava sapere quali anime fossero a Gesù più care

ESEMPIO I.

Si narra nel Prato Fiorito, cap. 40/1, che una donna divota desiderava sapere quali anime fossero a Gesù più care; un giorno stando a sentire la Messa, nell'elevarsi la sacra ostia, vide Gesù bambino sull'altare ed insieme con lui tre verginelle. 

Gesù prese la prima e le fece molte carezze. 
Andò alla seconda, e toltole dalla faccia il velo, le diè una gran guanciata e voltò le spalle; ma tra poco vedendola rattristata, il Fanciullo con finezze d'affetto la consolò. 
Si accostò in fine alla terza, la prese quasi adirato per un braccio, la percosse e la cacciò da sé; ma la verginella quanto più vedevasi straziata e discacciata, tanto più si umiliava e gli andava appresso; e cosi finì la visione. 

Essendo poi rimasta quella divota con gran desiderio di sapere il significato di ciò, le apparve di nuovo Gesù e le disse ch'egli tiene in terra tre sorte d'anime che l'amano. Alcune l'amano, ma il loro amore è così debole, che se non sono accarezzate con gusti spirituali, s'inquietano e stanno in pericolo di voltargli le spalle: e di ciò era stata figura la prima verginella. Nella seconda poi le avea figurate quell'anime che l'amano con amore men debole, ma che han bisogno di essere da quando in quando consolate. La terza poi era figura di quell'anime più forti, che benché sempre desolate e prive di consolazioni spirituali, non lasciano di far quanto possono per compiacerlo; e queste disse ch'erano le anime a lui più dilette.


(fatto storico riportato da Sant' Alfonso Maria De' Liguori)

________________
Note:
1 Prato fiorito di vari esempi, lib. 3, cap. 40. Opera di Fra Valerio, cappuccino veneto, dice il Melzi, nel suo Dizionario di opere anonime e pseudonime di Scrittori italiani, v. Ballardini. - Nel Prato fiorito, il racconto comincia così: «Leggesi nello Specchio Historiale..», cioè Speculum historiale Fr. VINCENTII BELLOVACENSIS, O. P.




AVE MARIA PURISSIMA!

Alle radici della liturgia


Santa Messa
Ad orientem
Il sacerdote rivolto al popolo dà alla comunità l'aspetto di un tutto chiuso in se stesso.Essa non è più -nella sua forma - aperta in avanti e verso l'alto, ma si chiude in se stessa.
L'atto con cui ci si rivolgeva tutti verso oriente non era "celebrazione verso la parete",
non significava che il sacerdote "volgeva le spalle al popolo": egli non era poi considerato così importante ...si tratta piuttosto di uno stesso orientamento del sacerdote e del popolo, che sapevano di camminare insieme verso il Signore.
...
Essi non si chiudono in un cerchio,non si guardano reciprocamente,
ma come popolo di Dio in cammino,sono in partenza verso l'oriente,
verso Cristo che avanza e ci viene incontro.

JOSEPH RATZINGER BENEDETTO XVI
Davanti al protagonista
Alle radici della liturgia

AVE MARIA!

mercoledì 14 novembre 2012

Esempi di Gesù Bambino di S. Alfonso Maria de' Liguori

Giovanni Battista Salvi da Sassoferrato 1650.jpg

ESEMPIO VIII.

Si narra nello Specchio degli esempi (Distinz. 8) [9] d'un certo divoto giovinotto per nome Edmondo, inglese, che stando un giorno in campagna con altri fanciulli, egli ch'era amante dell'orazione e della solitudine, soletto si pose a passeggiare per un prato trattenendosi in affetti verso Gesù Cristo. 
Ecco gli apparve un vago bambino che lo salutò: Dio ti salvi, o Edmondo mio caro. E poi l'interrogò se sapea chi era? Rispose Edmondo che no. Ma che no - riprese a dire il celeste fanciullo - quando io vi sto sempre a fianco? Or se volete conoscermi, guardatemi in fronte.Guardò Edmondo e gli lesse in fronte le parole: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum. 
Ed allora gli soggiunse: Questo è il mio nome, e voglio che in memoria dell'amore che ti porto ogni notte ti segni la fronte con quello, ed esso ti libererà dalla morte improvvisa; come anche libererà ognuno che farà lo stesso. Edmondo seguitò a segnarsi sempre poi col nome di Gesù. 
Il demonio una volta l'afferrò le mani, acciocché non si segnasse, ma egli lo vinse coll'orazione, e poi lo costrinse a dire qual fosse l'arme di cui egli più temesse; rispose il demonio ch'erano quelle parole colle quali esso si segnava la fronte.

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Has Quator Sacras Litteras
“I. N. R. I.”
Pollice in fronte scribe, simul, et nomina significata dic: quæ plurimum
valent contra subitaneam, et improvisam mortem. Teste S. Edmundo.

“Iesus Nazarenus Rex Iudeorum: Hic titulus triumphalis JESU CHRISTI Salvatoris mei, præservet me a subitanea, improvisa, et mala morte. Amen.”

Ad maiorem Dei gloriam 
et Beatae Virginis Mariae!