1Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
2II Signore vi benedica e vi custodisca.
3Mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia.
4Rivolga a voi il suo volto e vi doni la sua pace; a voi, sorelle e figlie
mie, 5e a tutte coloro che verranno dopo di voi e rimarranno in questa nostra
comunità e alle altre tutte, che in tutto l’Ordine persevereranno sino alla
fine in questa santa povertà.
6 Io, Chiara, serva di Cristo, pianticella del santo padre nostro Francesco,
sorella e madre vostra e delle altre Sorelle Povere, benché indegna, 7prego il
Signore nostro Gesù Cristo per la sua misericordia e per l’intercessione della
sua santissima madre Maria, del beato arcangelo Michele e di tutti i santi
Angeli di Dio, [del beato padre nostro Francesco] e di tutti i santi e le sante
di Dio, 8perché lo stesso Padre celeste vi doni e vi confermi questa santissima
benedizione in cielo e in terra: 9in terra, moltiplicandovi, con la sua grazia
e le sue virtù, fra i suoi servi e le sue serve nella Chiesa militante; 10in
cielo, esaltandovi e glorificandovi nella Chiesa trionfante fra i suoi santi e
sante.
11Vi benedico in vita mia e dopo la mia morte, come posso e più di quanto
posso, con tutte le benedizioni, 12con le quali lo stesso Padre delle
misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i suoi figli e le sue
figlie spirituali, 13e con le quali ciascun padre e madre spirituale benedisse
e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen.
14Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre
sorelle, 15e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al
Signore.
16Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con
Lui. Amen.
LE LETTERE
A SANTA AGNESE DI PRAGA
1Alla venerabile e santissima vergine, Donna Agnese, figlia dell’esimio e
illustrissimo re di Boemia, 2Chiara, indegna serva di Gesù Cristo ed ancella
inutile delle Donne recluse del monastero di San Damiano, sua suddita in tutto
e serva, si raccomanda in ogni modo con particolare rispetto, mentre augura di
conseguire la gloria della eterna felicità.
3All’udire la stupenda fama della vostra santa vita religiosa, che non a me
soltanto è giunta, ma si è sparsa magnificamente su tutta quasi la faccia della
terra, sono ripiena di gaudio nel Signore e gioisco; 4e di questo possono
rallegrarsi non soltanto io, ma tutti coloro che servono o desiderano servire
Gesù Cristo.
5Il motivo è questo: mentre potevate più di ogni altra godere delle
fastosità, degli onori e delle dignità mondane, ed anche accedere con una
gloria meravigliosa a legittimi sponsali con l’illustre Imperatore, – unione
che, del resto, sarebbe stata conveniente alla vostra e sua eccelsa condizione
–, 6tutte queste cose voi avete invece respinte, e avete preferito con tutta
l’anima e con tutto il trasporto del cuore abbracciare la santissima povertà e
le privazioni del corpo, 7per donarvi ad uno Sposo di ancor più nobile origine,
al Signore Gesù Cristo, il quale custodirà sempre immacolata e intatta la vostra
verginità.
8Il suo amore vi farà casta, le sue carezze più pura, il possesso di Lui vi
confermerà vergine. 9Poiché la sua potenza è più forte d’ogni altra, più larga
è la sua generosità; la sua bellezza è più seducente, il suo amore più dolce ed
ogni suo favore più fine. 10Ormai stretta nell’amplesso di Lui, Egli ha ornato
il vostro petto di pietre preziose; alle vostre orecchie ha fissato
inestimabili perle; 11e tutta vi ha rivestita di nuove e scintillanti gemme,
come a primavera, e vi ha incoronata di un diadema d’oro, inciso col simbolo
della santità.
12Perciò, sorella carissima, o meglio signora degna di ogni venerazione,
poiché siete sposa, madre e sorella del Signor mio Gesù Cristo, 13insignita
dello smagliante stendardo della inviolabile verginità e della santissima
povertà, riempitevi di coraggio nel santo servizio che avete iniziato per
l’ardente desiderio del Crocifisso povero. 14Lui per tutti noi sostenne il
supplizio della croce, strappandoci dal potere del Principe delle tenebre, che
ci tratteneva avvinti con catene in conseguenza del peccato del primo uomo, e
riconciliandoci con Dio Padre.
15O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne.
16O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il
regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata.
17O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il
cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose
furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa. 18Disse
egli, infatti: Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i nidi, ma il
Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo; e quando lo reclinò
sul suo petto, fu per rendere l’ultimo respiro.
19Se, dunque, tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine,
volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero, 20affinché
gli uomini – che erano poverissimi e indigenti, affamati per l’eccessiva
penuria del nutrimento celeste –, divenissero in Lui ricchi col possesso dei
reami celesti; 21esultate e godete molto, ripiena di enorme gaudio e di
spirituale letizia. 22Invero voi, che avete preferito il disprezzo del mondo
agli onori, la povertà alle ricchezze temporali, e avete affidato i vostri
tesori, piuttosto che alla terra, al cielo, 23ove non li corrode ruggine, non
li consuma il tarlo, non li scoprono né rubano i ladri, voi riceverete
abbondantissima ricompensa nei cieli, 24e avete meritato degnamente di essere
chiamata sorella, sposa e madre del Figlio dell’Altissimo Padre e della
glo¬riosa Vergine.
25Certamente voi sapete, – ne sono sicurissima – che il regno dei cieli il
Signore lo promette e dona solo ai poveri, perché quando si amano le cose
temporali, si perde il frutto della carità; 26e che non è possibile servire a
Dio e a Mammona, perché o si ama l’uno e si ha in odio l’altro, o si serve il
secondo e si disprezza il primo. 27E l’uomo coperto di vestiti non può
pretendere di lottare con uno ignudo, perché è più presto gettato a terra chi
offre una presa all’avversario; 28e neppure è possibile ambire la gloria in
questo mondo e regnare poi lassù con Cristo; ed è più facile che un cammello
passi per una cruna di un ago, che un ricco salga ai reami celesti. 29Perciò
voi avete gettato le vesti superflue, cioè le ricchezze terrene, a fine di non
soccombere neppure in un punto nella lotta e di poter entrare nel regno dei
cieli per la via stretta e la porta angusta.
30È magnifico davvero e degno di ogni lode questo scambio: rifiutare i beni
della terra per avere quelli del cielo, meritarsi i celesti invece dei terreni,
ricevere il cento per uno e possedere la vita beata per l’eternità.
31Per questo ho ritenuto opportuno supplicare con umili preghiere,
nell’amore di Cristo, la vostra maestà e la vostra santità, per quanto io
posso, a voler perseverare con coraggio nel suo santo servizio, 32progredendo
di bene in meglio, di virtù in virtù, affinché Colui, al quale servite con
tutto l’amore, si degni concedervi il desiderato premio.
33Vi scongiuro ancora nel Signore, come posso, di tener presenti nelle
santissime vostre preghiere me, vostra serva, sebbene inutile, e con me tutte
le altre sorelle di questo monastero, che tanto vi venerano, 34affinché, col
soccorso di esse, possiamo meritarci la misericordia di Gesù Cristo e insieme
con voi gioire dell’eterna visione.
35State bene nel Signore, e pregate per me.
1Alla figlia del Re dei re, alla serva del Signore dei dominanti, alla
sposa degnissima di Gesù Cristo e perciò regina nobilissima Donna Agnese,
2Chiara, ancella inutile e indegna delle Donne Povere, invia il suo saluto e
l’augurio di vivere sempre in perfetta povertà.
3Rendo grazie all’Autore della grazia, dal quale, come crediamo, viene ogni
bene sommo ed ogni dono perfetto, perché ti ha adornata di tanti riconoscimenti
di virtù e ti ha illustrata con segni di così alte perfezioni, 4che, fatta
diligente imitatrice del Padre, in cui è ogni perfezione, meriti di divenire a
tua volta perfetta, talmente che i suoi occhi non trovino in te nessun segno di
imperfezione.
5E questa è la perfezione, per la quale il Re stesso ti unirà a sé
nell’etereo talamo, dove siede glorioso su un trono di stelle, 6che tu,
stimando cosa vile la grandezza di un regno terreno e sdegnando l’offerta di un
connubio imperiale, 7per amore della santissima povertà, in spirito di profonda
umiltà e di ardentissima carità, ricalchi con assoluta fedeltà le orme di Colui
del quale hai meritato d’essere sposa.
8Ma ti so ricca d’ogni virtù, e perciò rinuncio ad un lungo discorso e non
voglio aggravarti di troppe parole, 9anche se tu non troveresti nulla di
superfluo in quelle parole che potrebbero arrecarti qualche consolazione. 10E
giacché una sola è la cosa necessaria, di essa soltanto ti scongiuro e ti
avviso per amore di Colui, al quale ti sei offerta come vittima santa e
gradita. 11Memore del tuo proposito, come un’altra Rachele, tieni sempre
davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò
che fai, fallo bene; non arrestarti; 12ma anzi, con corso veloce e passo
leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permette di ritardarne
l’andare, 13avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei
assicurata. 14E non credere, e non lasciarti sedurre da nessuno che tentasse
sviarti da questo proposito o metterti degli ostacoli su questa via, per
impedirti di riportare all’Altissimo le tue promesse con quella perfezione alla
quale ti invitò lo Spirito del Signore.
15Riguardo a questo, perché tu possa percorrere più sicura la strada dei
divini mandati, attieniti ai consigli del venerabile padre nostro frate Elia,
ministro generale, 16ed anteponili ai consigli di qualsiasi altro e ritienili
più preziosi per te di qualsiasi dono. 17E se qualcuno ti dice o ti suggerisce
altre iniziative, che impediscano la via di perfezione che hai abbracciata o
che ti sembrino contrarie alla divina vocazione, pur portandoti con tutto il
rispetto, non seguire però il consiglio di lui, 18ma attaccati, vergine
poverella, a Cristo povero.
19Vedi che Egli per te si è fatto oggetto di disprezzo, e segui il suo
esempio rendendoti, per amor suo, spregevole in questo mondo. 20Mira, o
nobilissima regina, lo Sposo tuo, il più bello tra i figli degli uomini,
divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e
in tutto il corpo ripetutamente flagellato, e morente perfino tra i più
struggenti dolori sulla croce. Medita e contempla e brama di imitarlo.
21Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai; se con Lui piangerai, con Lui
godrai; se in compagnia di Lui morirai sulla croce della tribolazione,
possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi, 22e il tuo nome
sarà scritto nel Libro della vita e diverrà famoso tra gli uomini. 23Perciò
possederai per tutta l’eternità e per tutti i secoli la gloria del regno
celeste, in luogo degli onori terreni così caduchi; parteciperai dei beni
eterni, invece che dei beni perituri, e vivrai per tutti i secoli.
24Addio sorella e, a causa del Signore tuo Sposo, signora carissima. 25Abbi
a cuore di raccomandare al Signore nelle tue devote orazioni me, assieme alle
mie sorelle, che tutte godiamo per i beni che il Signore opera in te con la sua
grazia. E raccomandaci con insistenza anche alle preghiere delle tue sorelle.
i
1Alla signora in Cristo veneratissima e sorella degna d’amore più di tutte
le creature mortali, Agnese, germana dell’illustre Re di Boemia, ma ora
soprattutto sorella e sposa del sommo Re dei cieli, 2Chiara, umilissima e
indegna ancella di Cristo e serva delle Donne Povere, augura salutare gaudio
nell’Autore della salvezza e quanto di meglio essa possa desiderare.
3Le liete notizie del tuo benessere, del tuo stato felice e dei tuoi
prosperi progressi nella corsa che hai intrapresa per la conquista del celeste
palio, mi riempiono di tanta gioia; 4e tanto più respiro di esultanza nel
Signore, perché so e ritengo che tu supplisci magnificamente alle imperfezioni
che sono in me e nelle altre sorelle nella nostra imitazione degli esempi di
Gesù Cristo povero ed umile.
5Davvero posso rallegrarmi, e nessuno potrebbe strapparmi da questa gioia,
6poiché ho raggiunto quello che ho desiderato sotto il cielo, dal momento che
vedo te trionfare in una maniera, direi, terribile e incredibile, sostenuta da
una prerogativa meravigliosa della sapienza che procede da Dio medesimo, sulle
astuzie dello scaltro serpente, sulla superbia, che è rovina dell’umana natura,
e sulla vanità, che rende fatui i cuori degli uomini. 7E ti ammiro ancora
stringere a te, mediante l’umiltà, con la forza della fede e le braccia della
povertà, il tesoro incomparabile, nascosto nel campo del mondo e dei cuori
umani, col quale si compra Colui che dal nulla trasse tutte le cose; e, per
avvalermi delle parole medesime dell’Apostolo, ti stimo collaboratrice di Dio stesso
e sostegno delle membra deboli e vacillanti del suo ineffabile Corpo.
9Chi potrebbe, dunque, impedirmi di rallegrarmi per sì mirabili motivi di
gaudio?
10Gioisci, perciò, anche tu nel Signore sempre, o carissima. 11Non
permettere che nessun’ombra di mestizia avvolga il tuo cuore, o signora in
Cristo dilettissima, gioia degli Angeli e corona delle tue sorelle.
12 Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua
anima nello splendore della gloria, 13colloca il tuo cuore in Colui che è
figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della
contemplazione, nella immagine della divinità di Lui. 14Allora anche tu
proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza
che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio per coloro che lo amano. 15Senza
concedere neppure uno sguardo alle seduzioni, che in questo mondo fallace ed
irrequieto tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il loro cuore, con tutta te
stessa ama Colui che per amor tuo tutto si è donato.
16La sua bellezza ammirano il sole e la luna; i suoi premi sono di pregio e
grandezza infiniti. 17Voglio dire quel Figlio dell’Altissimo, che la Vergine ha
partorito, senza cessare di essere vergine. 18Stringiti alla sua dolcissima
Madre, la quale generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere,
19eppure ella lo raccolse nel piccolo chiostro del suo santo seno e lo portò
nel suo grembo verginale.
20Chi non sdegnerebbe con orrore le insidie del nemico dell’umano genere,
che facendo brillare innanzi agli occhi il luccicore delle cose transitorie e
delle glorie fallaci, tenta annientare ciò che è più grande del cielo?
21Sì, perché è ormai chiaro che l’anima dell’uomo fedele, che è la più
degna di tutte le creature, è resa dalla grazia di Dio più grande del cielo.
22Mentre, infatti, i cieli con tutte le altre cose create non possono contenere
il Creatore, l’anima fedele invece, ed essa sola, è sua dimora e soggiorno, e
ciò soltanto a motivo della carità, di cui gli empi sono privi. 23È la stessa Verità
che lo afferma: Colui che mi ama, sarà amato dal Padre mio, e io pure lo amerò;
e noi verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora.
24A qual modo, dunque, che la gloriosa Vergine delle vergini portò Cristo
materialmente nel suo grembo, 25tu pure, seguendo le sue vestigia, specialmente
dell’umiltà e povertà di lui, puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo
spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. 26E conterrai in te Colui dal
quale tu e tutte le creature sono contenute, e possederai ciò che è bene più
duraturo e definitivo anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti
di questo mondo.
27Come si ingannano, molte volte, al riguardo, re e regine di questo mondo!
28Quand’anche elevassero la loro superbia fino al cielo e toccassero quasi col
capo le nubi, alla fine saranno dissolti nel nulla, come spazzatura.
29Passando ora al quesito che mi hai sottoposto, credo di poterti
rispondere così. 30Tu mi domandi quali feste il gloriosissimo padre nostro san
Francesco ci raccomandò di celebrare con particolare solennità, pensando, se
ben ho capito, che si possa in esse usare una certa maggior larghezza nella
varietà dei cibi. 31Nella tua prudenza certamente saprai che, salvo le deboli e
le inferme, – verso le quali ci insegnò e ci comandò di usare ogni discrezione
con qualsiasi genere di cibi –, 32nessuna di noi, che sia sana e robusta,
dovrebbe prendere se non cibi quaresimali, tanto nei giorni feriali che nei
festivi, digiunando ogni giorno 33ad eccezione delle domeniche e del Natale del
Signore, nei quali giorni possiamo prendere il cibo due volte. 34Ed anche nei
giovedì, dei periodi non di digiuno, ciascuna può fare come le piace, cioè chi
non volesse digiunare non vi è tenuta.
35Ma noi, che siamo in buona salute, digiuniamo tutti i giorni, eccetto le
domeniche e il Natale. 36Non siamo però tenute al digiuno – così ci ha
insegnato il beato Francesco in un suo scritto –, durante tutto il tempo
pasquale e nelle feste della Madonna e dei santi Apostoli, a meno che cadessero
il venerdì. 37Ma, come ho detto sopra, noi che siamo sane e robuste, consumiamo
sempre cibi quaresimali.
38Siccome però, non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la
robustezza del granito, 39anzi siamo piuttosto fragili e inclini ad ogni
debolezza corporale, 40ti prego e ti supplico nel Signore, o carissima, di
moderarti con saggia discrezione nell’austerità, quasi esagerata e impossibile,
nella quale ho saputo che ti sei avviata, 41affinché, vivendo, la tua vita sia
lode del Signore, e tu renda al Signore, un culto spirituale ed il tuo
sacrificio sia sempre condito col sale della prudenza.
42Ti auguro di stare sempre bene nel Signore, con la premura con la quale
lo potrei augurare a me stessa. Raccomanda me e le mie sorelle nelle tue sante
orazioni.
1A colei che è la metà dell’anima sua e santuario di un singolare e
cordialissimo amore, all’illustre regina, sposa dell’Agnello e Re eterno, a
Donna Agnese, madre sua carissima e figlia tra le altre la più amata, 2Chiara,
serva indegna di Cristo ed ancella inutile delle serve del Signore dimoranti
nel monastero di San Damiano in Assisi, invia il suo saluto 3e l’augurio di
poter sciogliere un cantico nuovo, in compagnia delle altre santissime vergini,
davanti al trono di Dio e dell’Agnello e di accompagnare l’Agnello ovunque
vada.
4O madre e figlia, sposa del Re di tutti i secoli, non stupirti se non ti
ho scritto di frequente come l’anima tua e la mia parimenti desiderano e
bramano, 5e non credere assolutamente che l’incendio dell’amore verso di te sia
divenuto meno ardente e dolce nel cuore della tua madre. 6Il solo ostacolo alla
nostra corrispondenza è stato la scarsità dei messaggeri e l’insicurezza delle
strade.
7Ma oggi, che si presenta l’occasione di scrivere alla tua carità, ecco mi
rallegro con te e con te gioisco nel gaudio dello Spirito, o sposa di Cristo,
8poiché, come quell’altra santissima vergine Agnese, tu, slacciandoti da tutte
le ricchezze e vanità del mondo, ti sei meravigliosamente unita in sposa
all’Agnello immacolato, che toglie i peccati del mondo.
9Te veramente felice! Ti è concesso di godere di questo sacro convito, per
poter aderire con tutte le fibre del tuo cuore a Colui, 10la cui bellezza è
l’ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo. 11L’amore di lui
rende felici, la contemplazione ristora, la benignità ricolma. 12La soavità di
lui pervade tutta l’anima, il ricordo brilla dolce nella memoria. 13Al suo
profumo i morti risorgono e la gloriosa visione di lui formerà la felicità dei
cittadini della Gerusalemme celeste.
14E poiché questa visione di lui è splendore dell’eterna gloria, chiarore
della luce perenne e specchio senza macchia, 15ogni giorno porta l’anima tua, o
regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente
il tuo volto, 16perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno,
vestita e circondata di varietà, 17e sii adorna dei variopinti fiori di tutte
le virtù e ancora di vesti splendenti, quali convengono alla figlia e sposa del
sommo Re.
18In questo specchio poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e
l’ineffabile carità; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio,
diffuso su tutta la superficie dello specchio.
19Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe avvolto in
poveri pannicelli. 20O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! 21Il Re degli
angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia!
22Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà, e insieme ancora la
beata povertà, le fatiche e pene senza numero ch’Egli sostenne per la
redenzione del genere umano.
23E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul
legno della croce e su di essa morire della morte più infamante. 24Perciò è lo
stesso specchio che, dall’alto del legno della croce, rivolge ai passanti la
sua voce perché si fermino a meditare: 25O voi tutti, che sulla strada passate,
fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio; 26e rispondiamo, dico a
Lui che chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: Non mi abbandonerà mai
il ricordo di te e si struggerà in me l’anima mia.
27Lasciati, dunque, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più
fortemente da questo ardore di carità!
28Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori
eterni, 29e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore:
30Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza
del tuo profumo.
31Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi introduca nella tua cella
inebriante. 32Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi
abbracci deliziosamente e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca.
33Stando in questa contemplazione, abbi memoria della tua madre poverella,
34ben sapendo ch’io porto il tuo caro ricordo inseparabilmente impresso nel
profondo del mio cuore, perché tu sei per me la più cara tra tutte.
35Che cosa potrei ancora dirti? E meglio che la parola umana rinunci qui ad
esprimerti il mio affetto per te; solo l’anima, nel suo linguaggio silenzioso,
riuscirebbe a fartelo sentire. 36E poiché, o figlia benedetta, la mia lingua è
del tutto impotente ad esprimerti meglio l’amore che ti porto; queste poche
cose che ti ho scritto in modo così imperfetto, quasi dimezzando il pensiero,
sono tutto quanto ho potuto dirti.
37Ti prego però, che tu voglia ugualmente accogliere queste mie parole con
benevolenza e devozione, ascoltando in esse soprattutto l’affetto materno di
cui sono ripiena, in ardore di carità verso di te e delle tue figlie ogni
giorno; e ad esse raccomanda assai in Cristo me e le mie figlie. 38Queste
stesse mie figlie poi, in particolare la vergine prudentissima Agnese, sorella
nostra, si raccomandano vivamente nel Signore a te e alle tue figlie.
39Addio, figlia mia carissima, a te e alle tue figlie, fino al trono di gloria
del gran Re, e pregate per noi.
40Con tutta la premura e l’amore che posso raccomando finalmente alla tua
carità i latori della presente lettera, i nostri carissimi frate Amato, caro a
Dio e agli uomini, e frate Bonagura. Amen.
1A Ermentrude, sorella carissima, Chiara d’Assisi, umile ancella di Gesù
Cristo, augura salute e pace.
2Ho appreso, sorella carissima, che, con l’aiuto della grazia del Signore,
sei fuggita dal fango di questo mondo; 3ne provo grande allegrezza e mi
congratulo con te; e ancor più grande è la mia gioia perché so che tu e le tue
figlie con coraggio camminate nella via della virtù. 4Rimani, dunque, o
carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E
certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita. 5Il tempo della
fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa è eterna. Non ti abbaglino gli
splendori del mondo, che passa come ombra. 6Non ti sorprendano le vuote
immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili
dell’inferno e spezza da forte le sue tentazioni. 7Sostieni di buona voglia le
avversità, e la superbia non rigonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste
ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono.
8Rendi fedelmente a Dio quello che hai promesso con voto, ed Egli ti darà
la ricompensa. 9Alza i tuoi occhi al cielo, o carissima, poiché è un invito per
noi, e prendi la croce e segui Cristo che ci precede. 10Poiché dopo molte e
varie tribolazioni, è Lui che ci introdurrà nella sua gloria. 11Ama con tutto
il cuore Dio, e Gesù, suo Figlio crocifisso per noi peccatori, e non cada mai
dalla tua mente il ricordo di Lui. 12Medita senza stancarti il mistero della
croce e i dolori della Madre ritta ai piedi della croce.
13Sii sempre attenta e vigile nella preghiera. 14Porta alla sua
consumazione il bene che hai incominciato, e adempi il mistero che hai
abbracciato in santa povertà e in umiltà sincera.
15Non temere, o figlia: Dio, che è fedele in tutta le sua promesse e santo
nelle sue opere, effonderà su di te e su tutte le tue figlie la sua benedizione
copiosa. 16Egli sarà il vostro aiuto, il vostro insuperabile conforto, come è
il nostro Redentore e la nostra eterna ricompensa.
17Preghiamo Dio l’una per l’altra, e così, portando il giogo della carità
vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo. Amen.
BOLLA DI PAPA INNOCENZO IV
1Innocenzo vescovo, servo dei servi di Dio. 2Alle dilette figlie in Cristo
Chiara abbadessa e alle altre sorelle del monastero di San Damiano d’Assisi,
salute e apostolica benedizione.
3La Sede Apostolica suole acconsentire ai pii voti e benevolmente favorire
gli onesti desideri di coloro che chiedono. 4Ora, da parte vostra ci è stato
umilmente richiesto che ci prendessimo cura di confermare con la nostra
autorità apostolica 5la forma di vita, secondo la quale dovete vivere
comunitariamente in unità di spiriti e con voto di altissima povertà, 6che vi
fu data dal beato Francesco e fu da voi spontaneamente accettata, 7quella che
il venerabile nostro fratello vescovo di Ostia e Velletri ritenne bene che
fosse approvata, come è ampiamente contenuto nella lettera scritta a proposito
dallo stesso vescovo.
8Noi pertanto, ben disposti ad accogliere la vostra supplica, ratificando
di buon grado quanto sopra ciò è stato fatto dal medesimo vescovo, lo
confermiamo col potere apostolico e l’avvaloriamo con l’autorità del presente
scritto, 9nel quale facciamo inserire parola per parola il testo della stessa
lettera, che è questo:
10Rinaldo, per misericordia di Dio vescovo di Ostia e Velletri, alla sua
carissima in Cristo madre e figlia Donna Chiara, abbadessa di San Damiano in
Assisi, 11e alle sorelle di lei, presenti e future, salute e paterna
benedizione.
12Poiché voi, figlie dilette in Cristo, avete disprezzato le vanità e i
piaceri del mondo 13e seguendo le orme dello stesso Cristo e della sua
santissima Madre, avete scelto di abitare rinchiuse e di dedicarvi al Signore
in povertà somma per potere con animo libero servire a Lui, 14noi, encomiando
nel Signore il vostro santo proposito, di buon grado vogliamo con affetto
paterno accordare benevolo favore ai vostri voti e ai vostri santi desideri.
15Per questo, accondiscendendo alle vostre pie suppliche, con l’autorità
del signor Papa e nostra, confermiamo in perpetuo per voi tutte e per quelle
che vi succederanno nel vostro monastero e con l’appoggio della presente
lettera avvaloriamo 16la forma di vita e il modo di santa unità e di altissima
povertà, che il beato padre vostro Francesco vi consegnò a voce e in scritto da
osservare e che è qui riprodotta. 17Ed è questa:
1.
NEL NOME DEL SIGNORE
INCOMINCIA LA FORMA DI VITA
DELLE SORELLE POVERE
1La Forma di vita dell’Ordine delle Sorelle Povere, istituita dal beato
Francesco, è questa:
2Osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in
obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.
3Chiara, indegna serva di Cristo e pianticella del beatissimo padre
Francesco, promette obbedienza e riverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi
successori, canonicamente eletti e alla Chiesa Romana.
4E, come al principio della sua conversione, insieme alle sue sorelle,
promise obbedienza al beato Francesco, cosi promette di mantenerla
inviolabilmente ai suoi successori.
5Le altre sorelle siano tenute ad obbedire sempre ai successori del beato
Francesco e a sorella Chiara e alle altre abbadesse, che le succederanno
mediante elezione canonica.
2.
DI COLORO CHE VOGLIONO ABBRACCIARE
QUESTA VITA
E COME DEVONO ESSERE RICEVUTE
1Quando qualcuna, per divina ispirazione, verrà a noi con la determinazione
di abbracciare questa vita, l’abbadessa sia tenuta a chiedere il consenso di
tutte le sorelle, 2e se la maggioranza acconsentirà, la possa accettare, dopo
aver ottenuto licenza dal signor cardinale nostro protettore.
3Se le sembra idonea ad essere accettata, la esamini con diligenza, o la
faccia esaminare intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa.
4E se crede tutte queste cose, ed è risoluta a confessarle fedelmente e ad
osservarle con fermezza sino alla fine; 5e non ha marito, o se l’ha, ha già
abbracciato la vita religiosa con l’autorità del vescovo diocesano ed ha già
fatto voto di continenza; 6e se, inoltre, non è impedita dall’osservare questa
vita da età avanzata o da qualche infermità o deficienza mentale, 7le si
esponga diligentemente il tenore della nostra vita.
8E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda
tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. 9Se ciò non potesse
fare, basta ad essa la buona volontà.
10Si guardino però l’abbadessa e le sue sorelle dal preoccuparsi per le
cose temporali di lei, affinché ne disponga liberamente, come le verrà ispirato
dal Signore. 11Se tuttavia domandasse consiglio, la indirizzino a persone
prudenti e timorate di Dio, col consiglio delle quali vengano distribuiti i
suoi beni.
12Poi, tosati i capelli in tondo e deposto l’abito secolare, le conceda tre
tonache e il mantello. 13Da quel momento non le è più lecito uscire fuori di
monastero, senza un utile, ragionevole, manifesto e approvato motivo.
14Finito poi l’anno della prova, sia ricevuta all’obbedienza, promettendo
d’osservare sempre la vita e la forma della nostra povertà.
15Non si conceda a nessuna il velo durante il tempo della prova. 16Le
sorelle possono avere anche le mantellette per comodità e convenienza del
servizio e del lavoro. 17L’abbadessa poi le provveda di vestimenti con
discrezione, secondo la qualità delle persone, i luoghi e i tempi e i paesi
freddi, conforme vedrà essere richiesto dalla necessità.
18Le giovanette, accolte in monastero prima della legittima età, siano
tosate in tondo 19e, deposto l’abito secolare, indossino un abito da religiosa,
come parrà all’abbadessa. 20Raggiunta poi l’età legittima, vestite alla maniera
delle altre, facciano la loro professione.
21Ad esse, come alle altre novizie, l’abbadessa assegni con sollecitudine
una maestra tra le più assennate del monastero, 22la quale le istruisca con
cura intorno al modo di vivere santamente da religiose e alle oneste costumanze
secondo la forma della nostra professione. 23Le medesime norme si osservino
nell’esame e nell’accettazione delle sorelle che presteranno il loro servizio
fuori del monastero; esse però potranno usare calzature.
24Non si ammetta nessuna a dimorare con noi in monastero se non sia stata
ricevuta secondo la forma della nostra professione.
25E per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveri pannicelli e
adagiato nel presepio, e della sua santissima Madre, ammonisco, prego
caldamente ed esorto le mie sorelle a vestire sempre indumenti vili.
3.
DELL’UFFICIO DIVINO E DEL DIGIUNO.
DELLA CONFESSIONE E COMUNIONE
1Le sorelle che sanno leggere celebrino l’ufficio divino secondo la
consuetudine dei frati minori, e perciò potranno avere i breviari, leggendo
senza canto. 2Se qualcuna, per un motivo ragionevole, a volte non potesse
recitare leggendo le sue Ore, le sia lecito dire i Pater noster, come le altre
sorelle.
3Quelle invece che non sanno leggere, dicano venti¬quattro Pater noster per
il Mattutino, cinque per le Lodi; 4per prima, terza, sesta e nona, per ciascuna
di queste Ore, sette; per il Vespro dodici; per Compieta sette. 5Inoltre dicano
ancora per i defunti sette Pater noster con il Requiem per il Vespro e dodici
per il Mattutino, 6quando le sorelle che sanno leggere sono tenute a recitare
l’Ufficio dei morti. 7Alla morte poi di una sorella del nostro monastero,
dicano cinquanta Pater noster.
8Le Sorelle digiunino in ogni tempo. 9Ma nel Natale del Signore, in
qualunque giorno cada, possano rifocillarsi due volte. 10Con le giovanette, le
deboli e le sorelle che servono fuori del monastero, si dispensi
misericordiosamente, come parrà all’abbadessa. 11Ma in tempo di manifesta
necessità, le sorelle non siano tenute al digiuno corporale.
12Si confessino almeno dodici volte l’anno, con licenza dell’abbadessa. 13E
devono guardarsi allora dal frammischiare altri discorsi che non facciano al
caso della confessione e della salute dell’anima.
14Si comunichino sette volte l’anno, cioè: nel Natale del Signore, nel
Giovedì santo, nella Resurrezione del Signore, nella Pentecoste,
nell’Assunzione della beata Vergine, nella festa di san Francesco e nella festa
d’Ognissanti.
15Per comunicare le sorelle, sia sane che inferme, è lecito al cappellano
celebrare all’interno.
4.
DELLA ELEZIONE E DELL’UFFICIO DI
ABBADESSA.
DEL CAPITOLO,
DELLE RESPONSABILI DEGLI UFFICI
E DELLE DISCRETE
1Nella elezione dell’abbadessa le sorelle siano tenute ad osservare la
forma canonica.
2Esse poi procurino con sollecitudine di avere il ministro generale o
provinciale dell’Ordine dei frati minori, 3il quale mediante la parola di Dio
le disponga alla perfetta concordia e alla utilità comune nella elezione da
farsi.
4E non si elegga se non una professa. 5E se fosse eletta una non professa o
venisse data in altro modo, non le si presti obbedienza se prima non avrà fatta
la professione della forma della nostra povertà. 6Alla sua morte, si faccia
l’elezione di un’altra abbadessa.
7E se talora sembrasse alla generalità delle sorelle che la predetta non
fosse idonea al servizio e alla comune utilità di esse, 8le dette sorelle siano
tenute ad eleggerne, quanto prima possono e nel modo sopraddetto, un’altra per
loro abbadessa e madre.
9L’eletta poi consideri qual carico ha accettato sopra di sé e a Chi deve
rendere conto del gregge affidatole. 10Si studi anche di presiedere alle altre
più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle, provocate
dal suo esempio, le obbediscano più per amore che per timore.
11Si guardi dalle amicizie particolari, affinché non avvenga che, amando
alcune più delle altre, rechi scandalo a tutte.
12Consoli le afflitte. Sia ancora l’ultimo rifugio delle tribolate perché,
se mancassero presso di lei i rimedi di salute, non abbia a prevalere nelle
inferme il morbo della disperazione.
13Conservi la vita comune in tutto, ma specialmente in chiesa, in
dormitorio, in refettorio, nell’infermeria e nelle vesti. 14E ciò è tenuta a
fare allo stesso modo anche la sua vicaria.
15L’abbadessa sia tenuta a convocare a Capitolo le sue sorelle, almeno una
volta la settimana. 16Ivi, tanto lei quanto le sorelle debbano accusarsi
umilmente delle comuni e pubbliche mancanze e negligenze. 17Ivi ancora discuta
con le sue sorelle circa le cose da fare per l’utilità e il bene del monastero.
18Spesso infatti il Signore manifesta ciò che è meglio al più piccolo.
19Non si contragga alcun debito grave, se non di comune consenso delle
sorelle e per manifesta necessità, e questo per mezzo del procuratore. 20Si
guardi poi l’abbadessa con le sue sorelle dal ricevere alcun deposito in
monastero, 21poiché da ciò nascono spesso disturbi e scandali.
22Allo scopo di conservare l’unità della scambievole carità e della pace,
tutte le responsabili dell’ufficio del monastero vengano elette di comune
consenso di tutte le sorelle. 23E nello stesso modo si eleggano almeno otto
sorelle delle più assennate, del consiglio delle quali l’abbadessa è obbligata
a servirsi in ciò che è richiesto dalla forma della nostra vita.
24Se qualche volta sembrasse utile e conveniente, le sorelle possano anche
e debbano rimuovere le responsabili e le discrete ed eleggerne altre al loro
posto.
5.
DEL SILENZIO, DEL PARLATORIO E DELLA
GRATA
1Le sorelle osservino il silenzio dall’ora di compieta fino a terza,
eccettuate le sorelle che prestano servizio fuori del monastero. 2Osservino
ancora silenzio continuo in chiesa, in dormitorio e in refettorio soltanto
quando mangiano. 3Si eccettua l’infermeria, dove, per sollievo e servizio delle
ammalate, sarà sempre permesso alle sorelle di parlare con moderazione. 4Possano
tuttavia, sempre e ovunque, comunicare quanto è necessario, ma con brevità e
sottovoce.
5Non sia lecito alle sorelle accedere al parlatorio o alla grata, senza
licenza dell’abbadessa o della sua vicaria; 6e quelle che ne hanno licenza, non
ardiscano parlare nel parlatorio, se non alla presenza e ascoltate da due
sorelle.
7Non presumano poi di recarsi alla grata, se non siano presenti, assegnate
dall’abbadessa o dalla vicaria, almeno tre di quelle otto discrete che furono
elette da tutte le sorelle come Consiglio dell’abbadessa. 8Questa forma nel
parlare siano tenute ad osservarla per conto proprio anche l’abbadessa e la sua
vicaria. 9E quanto si è detto per la grata avvenga molto di rado; alla porta
poi non si faccia in nessun modo. 10A detta grata sia applicata dalla parte
interna un panno, che non sia tolto se non quando si predica la divina parola o
alcuna parli a qualcuno. 11Abbia inoltre una porta di legno, ben difesa da due
differenti serrature in ferro, da imposte e chiavistelli, 12affinché, specialmente
di notte, sia chiusa con due chiavi, una delle quali la tenga l’abbadessa e
l’altra la sacrestana; 13e rimanga sempre chiusa, fuorché quando si ascolta il
divino ufficio e per i motivi sopra esposti. 14Non è lecito assolutamente a
nessuna parlare ad alcuno alla grata prima della levata del sole o dopo il
tramonto.
15Al parlatorio poi, vi sia sempre, dalla parte interna, un panno che non
deve essere rimosso per nessun motivo. 16Durante la quaresima di san Martino e
la quaresima maggiore nessuna parli al parlatorio, 17se non al sacerdote per
motivo di confessione o di altra manifesta necessità. Ciò è riservato alla
prudenza dell’abbadessa o della sua vicaria.
6.
LE PROMESSE DEL BEATO FRANCESCO
E DEL NON AVERE POSSEDIMENTI
1Dopo che l’altissimo Padre celeste si degnò illuminare l’anima mia
mediante la sua grazia perché, seguendo l’esempio e gli insegnamenti del
beatissimo padre nostro Francesco, io facessi penitenza, poco tempo dopo la
conversione di lui, liberamente, insieme con le mie sorelle, gli promisi
obbedienza.
2Il beato padre, poi, considerando che noi non temevamo nessuna povertà,
fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzo del mondo, che anzi l’avevamo in
conto di grande delizia, mosso da paterno affetto, scrisse per noi la forma di
vita in questo modo: 3«Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e
ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo
Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo,
4voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come
di loro, attenta cura e sollecitudine speciale».
5*Ciò che egli con tutta fedeltà ha adempiuto finché visse, e volle che dai
frati fosse sempre adempito.
6E affinché non ci allontanassimo mai dalla santissima povertà che
abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venute dopo di noi, poco prima
della sua morte di nuovo scrisse per noi la sua ultima volontà con queste
parole: 7«Io frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà
dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e
perseverare in essa sino alla fine. 8E prego voi, mie signore e vi consiglio
che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. 9E guardatevi molto
bene dall’allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l’insegnamento o il
consiglio di alcuno».
10E come io, insieme con le mie sorelle, sono stata sempre sollecita di
mantenere la santa povertà che abbiamo promesso al Signore Iddio e al beato
Francesco, 11così le abbadesse che mi succederanno nell’ufficio e tutte le
sorelle siano tenute ad osservarla inviolabilmente fino alla fine: 12a non
accettare, cioè, né avere possedimenti o proprietà né da sé, né per mezzo di
interposta persona, 13e neppure cosa alcuna che possa con ragione essere
chiamata proprietà, 14se non quel tanto di terra richiesto dalla necessità, per
la convenienza e l’isolamento del monastero; 15ma quella terra sia coltivata
solo a orto per il loro sostentamento.
7.
DEL MODO DI LAVORARE
1Le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, lavorino,
dopo l’ora di terza, applicandosi a lavori decorosi e di comune utilità, con
fedeltà e devozione, 2in modo tale che, bandito l’ozio, nemico dell’anima, non
estinguano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre
cose temporali devono servire.
3E l’abbadessa o la sua vicaria sia tenuta ad assegnare in capitolo,
davanti a tutte, il lavoro che ciascuna dovrà svolgere con le proprie mani. 4Ci
si comporti allo stesso modo quando qualche persona mandasse delle elemosine,
affinché si preghi in comune per lei.
5E tutte queste cose vengano distribuite dall’abbadessa o dalla sua vicaria
col consiglio delle discrete a comune utilità.
8.
CHE LE SORELLE NON SI APPROPRINO DI
NULLA.
DEL CHIEDERE L’ELEMOSINA
E DELLE SORELLE AMMALATE
1Le sorelle non si approprino di nulla, né della casa, né del luogo, né
d’alcuna cosa, 2e come pellegrine e forestiere in questo mondo, servendo al
Signore in povertà e umiltà, con fiducia mandino per la elemosina. 3E non
devono vergognarsi, poiché il Signore si fece per noi povero in questo mondo.
4È questo quel vertice dell’altissima povertà, che ha costituto voi, sorelle
mie carissime, eredi e regine del regno dei cieli, vi ha reso povere di
sostanze, ma ricche di virtù. 5Questa sia la vostra parte di eredità, che
introduce nella terra dei viventi. 6Aderendo totalmente ad essa, non vogliate
mai, sorelle dilettissime, avere altro sotto il cielo, per amore del Signore
nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre.
7Non sia lecito ad alcuna sorella mandare lettere, o ricevere o dare cosa
alcuna fuori del monastero, senza licenza dell’abbadessa. 8Né sia lecito tenere
cosa alcuna che non sia stata data o permessa dall’abbadessa. 9Che se le venga
mandato qualche cosa dai parenti o da altri, l’abbadessa gliela faccia
consegnare. 10La sorella poi, se ne ha bisogno, la possa usare; se no, né
faccia parte caritatevolmente alla sorella che ne ha bisogno. 11Se poi le fosse
stato mandato del denaro, l’abbadessa, con consiglio delle discrete, le faccia
procurare ciò di cui ha bisogno.
12Riguardo alle sorelle ammalate, l’abbadessa sia fermamente tenuta, da sé
e per mezzo delle altre sorelle, a informarsi con sollecitudine di quanto
richiede la loro infermità, sia quanto a consigli, sia quanto ai cibi ed alle altre
necessità, 13e a provvedere con carità e misericordia, secondo la possibilità
del luogo. 14Poiché tutte sono tenute a provvedere e a servire le loro sorelle
ammalate, come vorrebbero essere servite esse stesse nel caso che incorressero
in qualche infermità.
15L’una manifesti all’altra con confidenza la sua necessità. 16E se una
madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta maggiore cura deve una
sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale!
17Quelle che sono inferme, potranno usare pagliericci e avere guanciali di
piuma sotto il capo; 18e quelle che hanno bisogno di calze e di materasso di
lana, ne possano usare. 19Le suddette inferme, poi, quando vengono visitate da
quelli che entrano nel monastero, possano, ciascuna per proprio conto, rispondere
brevemente con qualche buona parola a chi rivolge loro la parola.
20Le altre sorelle, invece, che pur ne hanno licenza, non ardiscano parlare
a quelli che entrano nel monastero, se non alla presenza e ascoltate da due
discrete, designate dal¬l’abbadessa o dalla sua vicaria. 21Questa forma nel
parlare siano tenute ad osservarla anche l’abbadessa e la sua vicaria.
9.
DELLA PENITENZA
DA IMPORRE ALLE SORELLE CHE PECCANO,
E DELLE SORELLE
CHE PRESTANO SERVIZIO FUORI DEL
MONASTERO
1Se qualche sorella, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente
contro la forma della nostra professione e, ammonita due o tre volte
dall’abbadessa o da altre sorelle, 2non si sarà emendata, mangi per terra pane
e acqua in refettorio, alla presenza di tutte le sorelle, tanti giorni quanti
sarà stata contumace, 3e, se l’abbadessa lo riterrà necessario, sia sottoposta
a pena anche più grave. 4Frattanto, finché rimarrà ostinata, si preghi affinché
il Signore disponga il suo cuore a penitenza.
5Tuttavia, l’abbadessa e le sue sorelle si guardino dallo adirarsi e
turbarsi per il peccato di alcuna, 6perché l’ira e il turbamento impediscono la
carità in se stesse e nelle altre.
7Se accadesse, il che non sia, che fra una sorella e l’altra sorgesse
talvolta, a motivo di parole o di segni, occasione di turbamento e di scandalo,
8quella che fu causa di turbamento, subito, prima di offrire avanti a Dio
l’offerta della sua orazione, non soltanto si getti umilmente ai piedi
dell’altra domandando perdono, 9ma anche con semplicità la preghi di
intercedere per lei presso il Signore perché la perdoni. 10L’altra poi, memore
di quella parola del Signore: «Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre
vostro celeste perdonerà voi, 11perdoni generosamente alla sua sorella ogni
offesa fattale».
12Le sorelle che prestano servizio fuori del monastero, non rimangano a
lungo fuori, se non lo richieda una causa di manifesta necessità. 13E devono
andare per via con onestà e parlare poco, affinché possano essere sempre motivo
di edificazione per quanti le vedono. 14E si guardino fermamente dall’avere
rapporti o incontri sospetti con alcuno. 15Né facciano da madrine a uomini o
donne, affinché per queste occasioni non nasca mormorazione o turbamento.
16Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere del mondo. 17E di
quanto si dice o si fa dentro siano tenute a non riferire fuori dal monastero
nulla che possa provocare scandalo. 18Se capitasse a qualcuna di mancare in
queste due cose, per semplicità, spetta alla prudenza dell’abbadessa imporle
con misericordia la penitenza. 19Se invece lo facesse per cattiva consuetudine,
l’abbadessa, secondo la qualità della colpa, col consiglio delle discrete
imponga una penitenza.
10.
DELLA AMMONIZIONE
E CORREZIONE DELLE SORELLE
1L’abbadessa ammonisca e visiti le sue sorelle e le corregga con umiltà e
carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma
della nostra professione.
2Le sorelle suddite, poi, ricordino che hanno rinunciato alla propria
volontà per amore di Dio. 3Quindi siano fermamente tenute a obbedire alle loro
abbadesse in tutte le cose che hanno promesso al Signore di osservare e che non
sono contrarie all’anima e alla nostra professione.
4L’abbadessa poi, usi verso di loro tale familiarità che possano parlarle e
trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, 5poiché così deve
essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte le sorelle.
6Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le
sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine
di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione.
7Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della
scambievole carità, che è il vincolo della perfezione.
8E quelle che non sanno di lettere, non si curino di apprenderle, 9ma
attendano a ciò che soprattutto debbono desiderare: avere lo Spirito del
Signore e la sua santa operazione, 10a pregarlo sempre con cuore puro e ad
avere umiltà, pazienza nella tribulazione e nella infermità, 11e ad amare quelli
che ci perseguitano, riprendono e accusano, 12perché dice il Signore: «Beati
quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il
regno dei cieli. 13Chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo».
11.
DELLA CUSTODIA DELLA CLAUSURA
1La portinaia sia matura come condotta e prudente, e sia di età
conveniente. Di giorno rimanga ivi in una cella aperta, senza uscio. 2Le si
assegni anche una compagna idonea, la quale, quando ci sarà bisogno, faccia in
tutto le sue veci.
3La porta sia ben difesa da due differenti serrature in ferro, da imposte e
chiavistelli, 4affinché, specialmente di notte, sia chiusa con due chiavi, una
delle quali la tenga la portinaia, l’altra l’abbadessa. 5E di giorno non si
lasci mai senza custodia e sia stabilmente chiusa a chiave. 6Badino poi, con
ogni diligenza e procurino che la porta non rimanga mai aperta, se non il
minimo possibile secondo la convenienza. 7E non si apra affatto a chiunque
voglia entrare, ma solo a coloro cui sia stato concesso dal sommo pontefice o
dal nostro signor cardinale.
8E non permettano che alcuno entri in monastero prima della levata del
sole, né vi rimanga dopo il tramonto, se non l’esiga una causa manifesta,
ragionevole e inevitabile. 9Qualora per la benedizione dell’abbadessa, o per la
consacrazione a monaca di qualche sorella, o per qualche altro motivo, venga
concesso a qualche vescovo di celebrare la Messa nell’interno del monastero, si
accontenti del minor numero possibile di compagni e ministri che siano di buona
fama.
10Quando poi fosse necessario introdurre nel monastero qualcuno per
compiervi dei lavori, l’abbadessa con sollecitudine ponga alla porta una
persona adatta, 11che apra solo agli addetti ai lavori e non ad altri. 12Tutte
le sorelle si guardino, allora, con somma diligenza, che non siano vedute da
coloro che entrano.
12.
DEL VISITATORE, DEL CAPPELLANO
E DEL CARDINALE PROTETTORE
1Il nostro visitatore sia sempre dell’Ordine dei frati minori, secondo la
volontà e il mandato del nostro cardinale. 2E sia tale che ne conosca bene
l’integrità di vita. 3Sarà suo compito correggere, tanto nel capo che nelle
membra, le mancanze commesse contro la forma della nostra professione. 4Egli,
stando in luogo pubblico, donde possa essere veduto dalle altre, potrà parlare
a molte o a ciascuna in particolare, secondo riterrà più conveniente, di ciò
che spetta all’ufficio della visita.
5Chiediamo anche in grazia, allo stesso Ordine, un cappellano con un
compagno chierico, di buona fama, discreto e prudente, e due frati laici,
amanti del vivere santo e onesto, 6in aiuto alla nostra povertà, come abbiamo
avuto sempre misericordiosamente dal predetto Ordine dei frati minori; 7e
questo per amore di Dio e del beato Francesco.
8Al cappellano non sia lecito entrare in monastero senza il compagno. 9Ed
entrando, stiano in luogo pubblico, così che possano vedersi l’un l’altro ed
essere veduti dagli altri. 10È loro lecito entrare per la confessione delle
inferme che non potessero recarsi in parlatorio, per comunicare le medesime,
per l’Unzione degli infermi, per la raccomandazione dell’anima. 11Per le
esequie poi, e le messe solenni dei defunti, o per scavare o aprire la
sepoltura, o anche per rassettarla, possono entrare persone idonee a
sufficienza, secondo il prudente giudizio dell’abbadessa.
12Inoltre le sorelle siano fermamente tenute ad avere sempre come
governatore, protettore e correttore, quel cardinale della santa Chiesa romana
che sarà stato assegnato ai frati minori dal signor Papa; 13affinché suddite
sempre e soggette ai piedi della stessa santa Chiesa, salde nella fede
cattolica, osserviamo in perpetuo la povertà e l’umiltà del Signore nostro Gesù
Cristo e della sua santissima Madre, e il santo Vangelo, come abbiamo
fermamente promesso. Amen.
14Dato a Perugia, il 16 settembre, l’anno decimo del pontificato del signor
papa Innocenzo IV.
15Pertanto a nessuno sia lecito invalidare questa scrittura della nostra
conferma od opporvisi temerariamente.
16Se qualcuno poi presumerà di attentarlo, sappia che incorrerà nello
sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.
Dato in Assisi, il 9 agosto, l’anno undicesimo del nostro pontificato.
1Nel nome del Signore. Amen.
2Tra gli altri benefici, che abbiamo ricevuto ed ogni giorno riceviamo dal
nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali siamo molto tenute a
rendere a Lui glorioso vive azioni di grazie, 3grande è quello della nostra
vocazione. E quanto più essa è grande e perfetta, tanto maggiormente siamo a
lui obbligate. 4Perciò l’Apostolo ammonisce: «Conosci bene la tua vocazione».
5Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e con
l’esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco, vero amante e
imitatore di lui.
6Dobbiamo, perciò, sorelle carissime, meditare gli immensi benefici di cui
Dio ci ha colmate, 7specialmente quelli che Egli si è degnato di operare tra
noi per mezzo del suo diletto servo, il beato padre nostro Francesco, 8e non
solo dopo la nostra conversione, ma fin da quando eravamo ancora tra le vanità
del secolo.
9Mentre infatti, lo stesso Santo, che non aveva ancora né frati né
compagni, quasi subito dopo la sua conversione, 10era intento a riparare la
chiesa di San Damiano, dove, ricevendo quella visita del Signore nella quale fu
inebriato di celeste consolazione, 11sentì la spinta decisiva ad abbandonare
del tutto il mondo, in un trasporto di grande letizia e illuminato dallo
Spirito Santo, profetò a nostro riguardo ciò che in seguito il Signore ha
realizzato.
12Salito sopra il muro di detta chiesa, così infatti allora gridava, a voce
spiegata e in lingua francese, rivolto ad alcuni poverelli che stavano lì
appresso: 13«Venite ed aiutatemi in quest’opera del monastero di San Damiano,
14perché tra poco verranno ad abitarlo delle donne, e per la fama e santità
della loro vita si renderà gloria al Padre nostro celeste in tutta la sua santa
Chiesa».
15Possiamo, dunque, ammirare in questo fatto la grande bontà di Dio verso
di noi: 16Egli si è degnato, nella sovrabbondante sua misericordia e carità, di
ispirare tali parole al suo Santo a proposito della nostra vocazione ed
elezione. 17Non solo di noi, però, il beatissimo nostro padre predisse queste
cose, ma anche di tutte le altre che avrebbero seguito questa santa vocazione,
alla quale il Signore ci ha chiamate.
18Con quanta sollecita disponibilità e con quanta applicazione di spirito e
di corpo dobbiamo perciò eseguire i comandamenti di Dio e del padre nostro
Francesco, perché, con l’aiuto divino, possiamo riconsegnare a lui,
moltiplicati, i talenti ricevuti!
19Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e
specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle
che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, 20affinché
esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel
mondo.
21Avendoci, dunque, Egli scelte per un compito tanto elevato, quale è
questo, che in noi si possano specchiare tutte coloro che chiama ad essere
esempio e specchio degli altri, 22siamo estremamente tenute a benedire e a
lodare il Signore, ed a crescere ogni giorno più nel bene. 23Perciò, se vivremo
secondo la predetta forma di vita, lasceremo alle altre un nobile esempio e,
attraverso una fatica di brevissima durata, ci guadagneremo il pallio della beatitudine
eterna.
24Dopo che l’altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e
grazia, di illuminare il mio cuore perché incominciassi a fare penitenza,
dietro l’esempio e l’ammaestramento del beatissimo padre nostro Francesco,
25poco tempo dopo la sua conversione, io, assieme alle poche sorelle che il
Signore mi aveva donate poco tempo dopo la mia conversione, liberamente gli
promisi obbedienza, 26conforme alla ispirazione che il Signore ci aveva
comunicata attraverso la lodevole vita e l’insegnamento di lui.
27Il beato Francesco poi, costatando che, nonostante la debolezza e
fragilità del nostro corpo, non avevamo indietreggiato davanti a nessuna
penuria, povertà, fatica e tribolazione, né ignominia o disprezzo del mondo,
28che, anzi, sull’esempio dei santi e dei suoi frati, tutto ciò stimavamo sommo
diletto – cosa questa che lui stesso ed i suoi frati avevano potuto verificare
più volte –, molto se ne rallegrò nel Signore.
29Perciò, mosso da un sentimento di paterno affetto verso di noi, obbligò
se stesso e la sua Religione ad avere sempre diligente cura e speciale
sollecitudine di noi, allo stesso modo che per i suoi frati.
30E così, per volontà del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco,
venimmo ad abitare accanto alla chiesa di San Damiano. 31Qui, in breve tempo il
Signore, per sua misericordia e grazia, ci moltiplicò assai, perché si
adempisse quanto egli stesso aveva preannunciato per bocca del suo Santo.
32Prima, infatti, avevamo dimorato, ma solo per poco tempo, in altro luogo.
33In seguito egli scrisse per noi una forma di vita, e principalmente che
perseverassimo nella santa povertà. 34Né si accontentò, durante la sua vita
terrena, di stimolarci con molte esortazioni e col suo esempio all’amore e alla
osservanza della santissima povertà, ma anche ci lasciò molti ammaestramenti
scritti, affinché, dopo la sua morte, non ci allontanassimo in nessun modo da
essa; 35poiché anche il Figlio di Dio, mentre viveva sulla terra, mai volle
allontanarsi da questa santa povertà. 36Ed il beatissimo padre nostro
Francesco, seguendo le sue orme, scelse per sé e per i suoi frati questa santa
povertà del Figlio di Dio, né mai, finché visse, se ne allontanò in nessuna
maniera, né con la parola né con la vita.
37Ed io, Chiara, che sono, benché indegna, la serva di Cristo e delle
Sorelle Povere del monastero di San Damiano e pianticella del padre santo,
poiché meditavo, assieme alle mie sorelle, la nostra altissima professione e la
volontà di un tale padre, 38ed anche la fragilità delle altre che sarebbero
venute dopo di noi, temendone già per noi stesse dopo la morte del santo padre
nostro Francesco – che ci era colonna e nostra unica consolazione dopo Dio e
sostegno –, 39perciò più e più volte liberamente ci siamo obbligate alla
signora nostra, la santissima povertà, perché, dopo la mia morte, le sorelle
che sono con noi e quelle che verranno in seguito abbiano la forza di non
allontanarsi mai da essa in nessuna maniera.
40E come io sono stata sempre diligente e sollecita nell’osservare io
medesima, e nel fare osservare la santa povertà, che abbiamo promessa al
Signore e al santo padre nostro Francesco, 41così le sorelle che succederanno a
me in questo ufficio, siano obbligate ad osservarla e a farla osservare dalle
altre fino alla fine.
42Ma ancora, per maggior sicurezza, mi preoccupai di ricorrere al signor
papa Innocenzo, durante il pontificato del quale ebbe inizio il nostro Ordine,
ed ai successori di lui, perché confermassero e corroborassero con i loro
papali privilegi, la nostra professione della santissima povertà, che
promettemmo al nostro beato padre, 43affinché mai, in nessun tempo ci
allontanassimo da essa.
44Per la quale cosa, piegando le ginocchia e inchinandomi profondamente,
anima e corpo, affido in custodia alla santa madre Chiesa romana, al sommo
Pontefice, e specialmente al signor cardinale che sarà deputato per la
Religione dei frati minori e nostra, tutte le mie sorelle, le presenti e quelle
che verranno, 45perché, per amore di quel Signore, che povero alla sua nascita
fu posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce,
46abbia cura di far osservare a questo suo piccolo gregge – questo che
l’altissimo Padre, per mezzo della parola e dell’esempio del beato padre nostro
Francesco, generò nella sua santa Chiesa, proprio per imitare la povertà e
l’umiltà del suo diletto Figlio e della sua gloriosa Madre vergine –, 47la
santa povertà, che a Dio e al beato padre nostro Francesco abbiamo promessa, e
si degni ancora di infervorare e conservare le sorelle in detta povertà.
48Inoltre, come il Signore donò a noi il beatissimo padre nostro Francesco
come fondatore, piantatore e sostegno nostro nel servizio di Cristo e in quelle
cose che promettemmo a Dio ed al medesimo nostro padre, 49ed egli, finché
visse, ebbe sempre premurosa cura di coltivare e far crescere noi, sua
pianticella, con la parola e con le opere sue; 50così io affido le mie sorelle,
presenti e future al successore del beato padre nostro Francesco e ai frati
tutti del suo Ordine, 51perché ci siano d’aiuto a progredire sempre di più nel
bene nel servizio di Dio e soprattutto nell’osservare meglio la santissima
povertà.
52Se poi dovesse succedere in qualche tempo, che le dette sorelle
lasciassero questo monastero di San Damiano e si trasferissero altrove, siano
nondimeno tenute, ovunque abitassero dopo la mia morte, ad osservare la stessa
forma della povertà, che abbiamo promessa a Dio e al beatissimo padre nostro
Francesco. 53Tuttavia, tanto colei che sarà in ufficio [di abbadessa], quanto
le altre sorelle, abbiano sempre sollecitudine e precauzione di non acquistare
né accettare terreno attorno al sopraddetto monastero, se non in quella
quantità che esigesse l’estrema necessità di un orto per coltivarvi degli
erbaggi. 54Se poi in qualche tempo dovesse occorrere, per un conveniente
isolamento del monastero, di avere un po’ di terreno fuori del recinto
dell’orto, non permettano d’acquistarne più di quanto richiede l’estrema
necessità; 55detto terreno poi non sia lavorato né seminato, ma rimanga sempre
inarato e incolto.
56Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle,
presenti e future, che si studino sempre di imitare la via della santa
semplicità, dell’umiltà e della povertà, ed anche l’onestà di quella santa
vita, 57che ci fu insegnata dal beato padre nostro Francesco fin dal principio
della nostra conversione a Cristo. 58Per mezzo di queste virtù, e non per i
nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia del Donatore, lo stesso
Padre delle misericordie, effondano sempre il profumo della loro buona fama su
quelle che sono lontane, come su quelle che sono vicine.
59E amandovi a vicenda nell’amore di Cristo, quell’amore che avete nel
cuore, dimostratelo al di fuori con le opere, 60affinché le sorelle, provocate
da questo esempio, crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità.
61Ancora prego colei che sarà al governo delle sorelle, che si studi di
presiedere alle altre più con le virtù e la santità della vita, che per la
dignità, 62affinché, animate dal suo esempio, le sorelle le prestino
obbedienza, non tanto per l’ufficio che occupa, ma per amore. 63Sia essa,
inoltre, provvida e discreta verso le sue sorelle, come una buona madre verso
le sue figlie; 64e specialmente si studi di provvedere a ciascuna nelle sue
necessità con quelle elemosine che il Signore manderà. 65Sia ancora tanto
affabile e alla portata di tutte, che le sorelle possano manifestarle con
fiducia le loro necessità e 66ricorrere a lei ad ogni ora con confidenza, come
crederanno meglio, per sé o a favore delle sorelle.
67Le sorelle poi, che sono suddite, ricordino che è per amore del Signore
che hanno rinunciato alla propria volontà. 68Quindi voglio che obbediscano alla
loro madre, come di loro spontanea volontà promisero a Dio; 69affinché la loro
madre, osservando la carità, l’umiltà e l’unione che regna tra loro, trovi più
leggero il peso che sostiene per ufficio 70e, per merito della loro santa vita,
ciò che è molesto e amaro si tramuti per lei in dolcezza.
71Ma poiché stretta è la via e il sentiero, ed angusta la porta per la
quale ci si incammina e si entra nella vita, pochi son quelli che la percorrono
e vi entrano; 72e se pure vi sono di quelli che per un poco di tempo vi
camminano, pochissimi perseverano in essa. 73Beati però quelli cui è concesso
di camminare per questa via e di perseverarvi fino alla fine!
74E perciò noi, che siamo entrate nella via del Signore, guardiamoci di non
abbandonarla mai, per nostra colpa o negligenza o ignoranza. 75Recheremmo
ingiuria a così grande Signore, alla sua Madre vergine, al beato padre nostro
Francesco, a tutta la Chiesa trionfante ed anche alla Chiesa di quaggiù. 76Sta
scritto, infatti: Maledetti quelli che si allontanano dai tuoi comandamenti.
77Per questa ragione, io piego le mie ginocchia davanti al Padre del
Signore nostro Gesù Cristo, affinché, per i meriti della gloriosa santa Vergine
Maria sua Madre, del beatissimo padre nostro Francesco e di tutti i santi, 78lo
stesso Signore, che ci ha donato di bene incominciare, ci doni ancora di
crescere nel bene e di perseverarvi fino alla fine. Amen.
79Questo scritto, perché sia meglio osservato, io lascio a voi, sorelle mie
amatissime e carissime, presenti e future, in segno della benedizione del
Signore, del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione della vostra
madre e serva.
"AVE MARIA!"