venerdì 22 giugno 2012

Il "Quarto Segreto"



«NON ESISTE» PERCHE’ DISTRUTTO? Il “Quarto Segreto”, l’antipapa massone e Fatima 2010

Mese mariano 2012


«In quelle tre occasioni formali [gli incontri ufficiali del card. Bertone con suor Lucia], durate circa quindici-sedici ore in tutto, noi abbiamo avuto solo trenta righe di un comunicato stampa. Cosa si sono detti il Cardinale e l’ultima veggente di Fatima, in quelle ore?»
(Il dottor Giuseppe De Carli, paladino con il card. Bertone della "tesi ufficiale", due mesi prima della repentina morte).



SCHEDA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO



Solideo Paolini, «Non esiste» perché distrutto? Il “Quarto Segreto”, l’antipapa massone e Fatima 2010. Pro manuscripto, primavera 2012, 132 pagine con 242 note, a offerta (orientativamente 13 euro).


L’opera fa il punto della discussione sul cosiddetto Quarto Segreto (ovvero, fuor di metafora, la parte inedita del Terzo Segreto di Fatima). Richiamando l’attenzione in particolare su tre questioni: che fine ha fatto quel testo (tranquilli, solo l’originale), che oggi non c’è ma ieri c’era; un suo «dettaglio» terribile, tra i vari motivi che hanno reso problematico il pubblicarlo; la revisione “ufficiale” iniziata dal Pontefice regnante tornando, umile pellegrino, dalla Madonna di Fatima nel maggio 2010 (dalla presentazione in anteprima a Gubbio, il 27 aprile, e poi a Chiaravalle, il 12 maggio).


Il nuovo libro va richiesto direttamente all’autore, ad esempio tramite l’indirizzo di posta elettronica di riferimento: infoctm@cattolicitradizionalistimarche.org .


Solideo Paolini



LAUS DEO et MARIAE

NOI PER BENEDETTO - 29 GIUGNO 2012 - PIAZZA SAN PIETRO - ORE 11


LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

BEATO PIO IX, IL PAPA DELL'IMMACOLATA, "il Papa scomodo"



Beato Pio IX, "Il papa scomodo", di F. Cannone prefato da de Mattei

FABRIZIO CANNONE, Il Papa scomodo. Storia e retroscena della beatificazione di Pio IX, Ed. Ares 2012




Prefazione di Roberto de Mattei


L’8 febbraio 1878, don Giovanni Bosco scriveva: “Oggi alle 3.30 si estingueva il sommo e incomparabile astro della Chiesa, Pio IX. Roma è tutta in costernazione e credo lo stesso in tutto il mondo. Entro brevissimo tempo sarà certamente sugli altari” . (1). 


Queste parole del santo piemontese riassumono i sentimenti del mondo cattolico alla notizia della morte di Giovanni Maria Mastai Ferretti, che con il nome di Pio IX aveva governato la Chiesa dal 1846 al 1878. Don Bosco era dotato di spirito profetico, ma la sua previsione sulla rapida canonizzazione di Pio IX si rivelò questa volta fallace. Fin dal 24 maggio 1878, giorno della festa, di Maria Auxilium Christianorum, i vescovi del Veneto indirizzarono al nuovo Pontefice Leone XIII, un’istanza canonica per avviare il processo di canonizzazione del defunto pontefice; molte furono le richieste che seguirono nel corso degli anni e dei decenni, ma fu solo nel 2000 che Papa Mastai, beatificato da Giovanni Paolo II, avrebbe iniziato la sua ascesa agli altari. Dopo la sua beatificazione si apre ora l’ultima fase, quella della canonizzazione, che gli darà ufficialmente il titolo di Santo.

La storia del processo di canonizzazione di Pio IX e della sua fama di santità è l’oggetto dell’approfondito studio di Fabrizio Cannone, frutto del suo dottorato di ricerca; uno studio che ci permette di dare all’iter processuale uno sguardo di insieme e ci offre nuovi elementi per una riflessione storiografica.
Segno di contraddizione durante tutto il suo lungo pontificato (1846-1878), Pio IX continuò ad esserlo anche dopo la morte. La traslazione delle sue spoglie da San Pietro presso la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura, nella notte del 13 luglio 1881, suscitò reazioni furibonde. La processione notturna, a cui presero parte, oltre a numerosi prelati, uomini e donne del popolo, fu attaccata da facinorosi che tentarono di assaltare il carro funebre, per gettare al Tevere la salma di Pio IX. La notizia dell’oltraggio suscitò indignazione in tutto il mondo, non solo da parte dei cattolici, ed ebbe come conseguenza di accrescere la venerazione per il Pontefice. Il conte Giovanni Acquaderni, già in prima linea nella promozione del culto del Papa, prese l’iniziativa di erigergli un maestoso sepolcro nella basilica di San Lorenzo iniziando una raccolta di fondi su scala internazionale. È in questa sontuosa cappella che ancora oggi riposano le spoglie di Papa Mastai.


Papa Leone XIII non lesinò gli elogi pubblici al suo predecessore, ma malgrado l’aumento della devozione popolare e le numerose richieste, si mostrò reticente ad aprire la causa di canonizzazione, anche per non inasprire lo scontro con il nuovo Stato italiano. Non parve invece esitante san Pio X il quale, nel 1904, cinquantenario del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, promosse le inchieste preliminari sulla fama di santità (virtù in grado eroico e miracoli) del proprio predecessore e il 7 dicembre 1907 ne introdusse il processo di beatificazione.
Papa Sarto aveva abolito il “non expedit” piano, a cui si era attenuto anche Leone XIII, ma la sua linea di governo, per la chiara impostazione “religiosa”, ben diversa da quella “diplomatica” del predecessore, esprimeva una forte continuità con il pontificato di Papa Mastai. Mons. Antonio Cani, primo postulatore, registra l’universale fama di santità che da trent’anni circondava il Pontefice, “il che conferma anche meglio che la venerazione goduta dal Servo di Dio in vita era diretta alla santità, più che alla dignità che lo rivestiva” (art. 387) (2); e, come rileva Cannone, sembra esprimere una velata critica a Leone XII, affermando che “era riserbata al sovrano Pontefice regnante, erede del nome e delle virtù del gran Pio, la gloria di gettare la prima pietra per la piramide da innalzarsi a la santità di lui” (art. 395) (3) .


Il processo romano, detto ordinario, iniziato nel 1907 durerà sino al 1922, mentre accanto ad esso furono istruiti i processi regionali, detti rogatoriali, nei luoghi dove Pio IX visse e operò: a Senigallia dal 1908 al 1915, a Spoleto nel 1916, a Imola dal 1908 al 1916, a Napoli dal 1907 al 1913. Nel complesso si trattò di 243 testimonianze “de visu vel de auditu a videntibus”, tutte cioè di persone che avevano avuto rapporti col Servo di Dio o conservavano il ricordo di testimoni diretti, rilasciate da ecclesiastici e da non pochi laici. L’enorme materiale raccolto confluì quindi nei dodici poderosi volumi della Positio.


L’impulso dato da Pio X alla Causa di Papa Mastai si attenuò però sotto i suoi successori Benedetto XV e Pio XI. Non era in discussione la santità di Pio IX, ma l’opportunità politica di un gesto pubblico e solenne quale era e rimane la beatificazione di un Servo di Dio che abbia svolto un ruolo pubblico. Pio IX, pur italianissimo, era il Papa dell’“antirisorgimento”, mentre il Fascismo si presentava come una “Rivoluzione nazionale” che proprio nel Risorgimento gettava le sue radici. La beatificazione di Pio IX sarebbe apparsa un atto pubblico che avrebbe nuociuto al nuovo clima di collaborazione tra la Santa Sede e il Regime fascista.


Nel 1927, don Luigi Orione fu chiamato ad affiancare mons. Antonio Cani come Vice-Postulatore della causa di Pio IX. Alla morte di mons. Cani, però, il sacerdote di Tortona non fu nominato Postulatore, come molti si aspettavano, proprio perché, in concomitanza con la avvenuta Conciliazione, l’11 febbraio 1929, la causa fu nuovamente sospesa per volontà di Pio XI.


Don Orione continuò a promuovere la devozione verso Pio IX: ne parlò, ne scrisse, ne raccolse e diffuse le reliquie. Parlando ai novizi di Villa Moffa, il 4 dicembre 1937, spiegava le difficoltà che aveva incontrato, e stava incontrando la Causa di Pio IX con l’intervento del demonio: La Causa di Beatificazione di Pio IX ha avuto un arresto. Il demonio tenta di impedire che la Causa di Beatificazione continui, perché non vuole la glorificazione del Papa dell’Immacolata”.


Fu sotto Papa Pio XII, dopo la guerra, che la causa riprese slancio, con la pubblicazione delle Positiones e del Decreto di Introduzione della Causa, emanato il 7 dicembre del 1954, a firma del cardinale Amleto Cicognani (AAS, XXII (1955) (4)). Questa fu celebrata dal 1955 al 1956 con 1’escussione d’altri 19 testi sulle virtù e sui “miracoli” di Papa Mastai. Il nuovo postulatore mons. Alberto Canestri, pubblicò un ragguaglio di ben 133 “miracoli” attribuiti all’intercessione del Servo di Dio Papa Pio IX. Ancora sotto Pio XII apparvero il Decreto sul non-culto (18 febbraio 1955) e il Decreto sulla validità del processo apostolico (15 maggio 1957). I1 25 ottobre 1956 ci fu un altro dei previsti adempimenti: l’esumazione e il riconoscimento della salma. Il corpo fu trovato intatto ed il fatto fu rilevato anche dai rappresentanti della stampa presenti.


Quando nel 1962 uscì la Nova Positio super Virtutibus, a cura del cardinale Ferdinando Antonelli, Pio XII era morto e gli era succeduto Giovanni XXIII, che sembrò manifestare interesse per la prosecuzione del processo di canonizzazione, autorizzando la presentazione della Causa davanti alla Congregazione preparatoria, il cui “Decretum ad ulteriora” fu emesso il 4 luglio del 1963, un mese dopo la morte del Papa, a cui era intanto succeduto Paolo VI. Sotto Papa Montini, il processo di canonizzazione di Pio IX conobbe però un nuovo rallentamento e sembrò arenarsi. Al cardinale Gaetano Aloisi Masella successe come Ponente, o Relatore Generale il cardinale Francesco Carpino e al cardinale Antonelli, come Promotore della Fede, il padre Raffaele Perez Fernandez. Dopo che quattro cardinali (Pietro Parente, Sergio Guerri, Umberto Mozzoni e Pietro Palazzini) il 6 novembre 1973 inoltrarono una supplica al Papa Paolo VI perché disponesse la ripresa della causa, il padre Perez, sollecitato ancora dai card. Palazzini e Parente, fece conoscere le 13 obiezioni emerse durante le sedute antepreparatoria e preparatoria. Nella sua relazione del 19 aprile 1974, padre Perez afferma tra l’altro che “si rimane perplessi dinanzi alle incalcolabili conseguenze negative che derivarono per la vita della Chiesa in Italia dalla politica di irriducibile intransigenza alle aspirazioni italiane di unificazione e indipendenza nazionale e del non aver riconosciuto l’irreversibilità del fatto storico: una ‘miopia collettiva’ da cui non andò immune il Pontefice” (5). La relazione si conclude con queste significative parole: “Si teme, da parte di alcuni Padri, che i tempi non siano ancora maturi, e che una eventuale glorificazione del Servo di Dio, pur tanto insigne e benemerito per la Chiesa, possa scatenare una nuova campagna da parte di liberali e altri anticlericali; potrebbe anche (a giudizio di alcuni) suonare biasimo alla giusta linea successivamente instaurata e promossa, non sempre corrispondente alla linea di pensiero e di azione segnata da Pio X” (6).


La posizione dubbiosa di padre Perez sembra riflettere quella di Paolo VI, che nel primo centenario della morte di Papa Mastai, commemorò il suo predecessore con una Messa solenne celebrata in San Petro il 5 marzo 1978. In questa occasione Paolo VI affermò però che la complessità dei fatti che si verificarono e i problemi che si posero nel corso del pontificato di Pio IX rendevano necessario “un ulteriore periodo di decantazione, perché la prospettiva si allarghi, perché si faccia maggior luce, perché si comprendano meglio gli avvenimenti e le loro motivazioni più profonde e più vere, in modo che, fugato ogni residuo di passionale animosità e di pregiudizio, la personalità di questo Pontefice possa emergere nella sua dimensione di autenticità umana, di irradiante bontà e di esemplare virtù” (7).
Altrettanto riduttiva fu la posizione dell’Avvocato della Causa, lo svizzero Carlo Snider, nominato nel novembre del 1976, secondo cui, per portare avanti con successo il Processo di Pio IX era necessario ammettere gli “errori” del Pontefice, anche se questi errori non avrebbero invalidato né il suo magistero né la sua ricerca di santità. “Pio X si è comportato con assoluta rettitudine di animo e propositi, e (…) questa rettitudine non è venuta meno neppure quando, per motivi indipendenti dalla sua volontà, il Papa ha seguito un indirizzo pratico rivelatosi poi poco opportuno” (8). Si trattava della nuova linea “post-conciliare”, che cercava di evitare ogni occasione di “scontro” tra Chiesa e mondo. Per gli stessi motivi, come mi confermò in un colloquio privato il Cardinale Palazzini, allora Prefetto della Compagnia per la Causa dei Santi, venivano bloccate le cause di beatificazione dei martiri della Rivoluzione Francese e della Guerra di Spagna e veniva rinviata quella del servo di Dio Carlo di Asburgo.


La difesa di Pio IX, in quegli anni in cui era difficile difendere l’ortodossia della fede, si deve soprattutto al postulatore mons. Alberto Canestri (1882-1970) e poi a mons. Antonio Piolanti (1911-2001), che ne raccolse l’eredità. Mons. Canestri pubblicò dal 1954 fino alla morte il bollettino “La Voce di Pio IX”, in cui, contro le interpretazioni “minimaliste” che si facevano strada, non esitava a rivendicare la dimensione, anche pubblica, della figura di Pio IX. Nell’ultimo numero della sua pubblicazione, in un articolo, opportunamente ricordato da Cannone, dal titolo “Non spostiamo i periodi della storia" mons. Canestri indirizzava una “Lettera aperta ai cattolici che in una festa del 1970 si piegassero ad uno dei troppo opportunissimi adattamenti e ad un ecumenismo non religioso ma politico e mi volessero presentare un Pio IX in semplice mitra senza il vecchio triregno di sovrano temporale e padre dei popoli e principe dei suoi giorni (…) Questo è il Pio IX che non poteva essere assolutamente diverso il 20 settembre 1870! Non me lo cambiate in minigonna, in calzoni nel 1970! Nessun me lo camuffi da vessillifero che, cambiata la sua bandiera bianca e gialla, si era preso il tricolore. Questo sarebbe più sacrilego della invasione del 20 settembre: dipingere calunniosamente un Pio IX non Pio IX. Facciamone il santo coerente a sé stesso. Progressisti fate almeno un esame di coscienza, non dico sulla vostra fede, della quale ormai mi fate tanto dubitare, ma sulla virtù naturale della sincerità” (9).
Nel primo numero dell’ultimo anno di vita del bollettino, parlando della commemorazione di Pio IX celebrata dall’allora mons. Pietro Palazzini, si dice che “il venerando mons. Alberto Canestri (…) era rappresentato da mons. Antonio Piolanti, segretario della Pontificia Accademia Teologica Romana” (10). Fu proprio mons. Antonio Piolanti, già Rettore della Pontificia Università Lateranense, ad essere nominato postulatore della causa il 31 maggio 1971 e a prendere il testimone di mons. Canestri portando avanti, come ricorda Cannone, “con analoghi intenti e simile sensibilità teologica, ma con ben altra competenza, coinvolgimenti e dimensione culturale, la difesa dell’eredità di Papa Mastai, fino al definitivo successo, ottenuto con la beatificazione nell’anno del Grande Giubileo, a cui il Piolanti (che morì l’anno seguente), pur nella sua avanzata vecchiezza, poté essere testimone”.


Fu a mons. Piolanti che si deve la creazione, nel 1972, della rivista quadrimestrale “Pio IX. Studi e ricerche sulla vita della Chiesa dal Settecento ad oggi”, che si affermò come una pubblicazione di alto livello culturale, arricchita dalla collaborazione di noti storici italiani e stranieri. Poco dopo, nel 1975, fece la sua comparsa il primo volume della collana Studi piani, fondata anch’essa e diretta dall’infaticabile Postulatore.


Con la morte di Paolo VI, nel 1978, cambiò il clima culturale e la causa di beatificazione riprese il suo corso. Poté aver luogo allora la terza congregazione, quella generale, che 1’11 dicembre 1984 si pronunciò affermativamente sulla eroicità delle virtù. Giovanni Paolo II ordinò che il decreto che attribuiva a Pio IX il titolo di venerabile, fosse reso di pubblica ragione il 6 luglio 1985. Il 15 gennaio 1986 la Consulta medica della Congregazione per le cause dei Santi attestò l’inspiegabilità naturale e scientifica della guarigione di Sr. Marie-Thérèse de St-Paul, carmelitana di Nantes, miracolosamente guarita da grave malattia ossea. Quando tutto pareva ormai pronto, nel 1987, un ultimo scrupolo portò alla costituzione d’una nuova speciale commissione di 7 membri, presieduta dal cardinale Alfonso Maria Stickler, che avrebbero dovuto pronunziarsi sull’opportunità della beatificazione. Al termine della quarta seduta, la commissione passò alla votazione: 5 membri di essa furono per il si, uno per il si con riserva, con un solo voto nettamente negativo, quello del gesuita Giacomo Martina, considerato peraltro il più autorevole storico di Pio IX: bastò questo per bloccare di nuovo, se pur momentaneamente, la felice conclusione d’un iter quasi centenario.


Il 21 dicembre 1999 Giovanni Paolo II promulgò il decreto sul miracolo e finalmente, il 3 settembre 2000, iscrisse solennemente nell’albo dei beati Pio IX, assieme a Giovanni XXIII, all’arcivescovo Tommaso Reggio, al prete Guillaume-Joseph Chaminade e al monaco Colomba Marmion. Di Pio IX, Papa Wojtyla disse in quell’occasione: “In mezzo agli eventi turbinosi del suo tempo, egli fu esempio di incondizionata adesione al deposito immutabile delle verità rivelate. Fedele in ogni circostanza agli impegni del suo ministero, seppe sempre dare il primato assoluto a Dio e ai valori spirituali. Il suo lunghissimo pontificato non fu davvero facile ed egli dovette soffrire non poco nell’adempimento della sua missione al servizio del Vangelo. Fu molto amato, ma anche molto odiato e calunniato” (11). Il 4 aprile del 2000 nella Cripta della Basilica di S. Lorenzo, venne effettuato il rito che precede ogni beatificazione e canonizzazione: la ricognizione dei resti mortali del ven. Pio IX. La salma apparve composta e perfettamente conservata, come era stata riscontrata nella precedente ricognizione del 1956.


La beatificazione di Pio IX suscitò numerose polemiche (12). Per alcuni settori del cattolicesimo progressista la beatificazione di Pio IX si poneva in discontinuità con il Concilio Vaticano II, da essi considerato come “evento fondatore” di una nuova ecclesiologia. Eppure, per giustificare le “novità” del Concilio e vincere le resistenze conservatrici questi stessi settori, negli anni precedenti, avevano invocato la tesi della “continuità” del Concilio con la tradizione precedente. Ora, una volta, acquisite le riforme, il Concilio veniva presentato come come un “punto di non ritorno”. “Globalmente – affermava Giuseppe Alberigo – il Vaticano II a proposito del rapporto chiesa-storia ha segnato una macroscopica inversione di tendenza rispetto all’orientamento prevalente nel cattolicesimo da almeno quattro secoli” . Nella misura in cui è stato “un evento di transizione epocale”, il Vaticano II, infatti, “da un lato (…) è punto di arrivo e di conclusione del periodo posttridentino e controversista, e – forse – dei lunghi secoli ‘costantiniani’; da un altro è anticipazione e punto di partenza di un nuovo ciclo storico” (14).


In questa prospettiva la beatificazione di Pio IX, il Papa del Sillabo e della infallibilità pontificia appariva come un inaccettabile “ritorno” a quella tradizione che si pretendeva definitivamente abbandonata. Significativo è quanto annotava sul suo diario, il 14 ottobre 1962, il padre Yves Congar. Dopo aver appreso “che la beatificazione di Pio IX è veramente stata presa in seria considerazione: il Papa la vorrebbe per stabilire un collegamento tra Vaticano II e Vaticano I”, Congar aggiungeva: “Più ci penso, più trovo che Pio IX sia stato un uomo meschino e rovinoso. È il primo responsabile dell’orientamento negativo che ha pesato per 60 anni sul cattolicesimo francese. Quando gli eventi lo invitavano ad abbandonare l’orribile menzogna della ‘Donazione di Costantino’ e ad assumere un atteggiamento evangelico non ha avvertito questa chiamata e ha sprofondato la Chiesa nella rivendicazione del potere temporale. Fu un atteggiamento che fa ancora sentire tutto il suo peso sulla Chiesa di oggi: un apparato pesante e costoso, grandioso e infatuato di sé stesso, prigioniero del proprio mito di grandezza temporale; tutto questo, che rappresenta la parte non cristiana della Chiesa romana e che condiziona, anzi impedisce l’apertura a un compito pienamente evangelico e profetico, tutto questo viene dalla menzogna della Donazione di Costantino. In questi giorni lo posso vedere in modo evidente. Nulla avverrà di decisivo finché la Chiesa romana non avrà COMPLETAMENTE abbattuto le sue pretese feudali e temporali. È necessario che tutto questo sia DISTRUTTO E LO SARA’” (15) . Queste sorprendenti parole del futuro cardinale ci fanno comprendere il clima arroventato di quegli anni e le cause delle polemiche che seguirono la beatificazione di Pio IX.
Avendo Giovanni Paolo II deciso la beatificazione, si trattava di ridurre la portata del pontificato di Pio IX, seperando in lui la dimensione privata da quella “pubblica”, presentandolo come santo sul piano personale ma politicamente sprovveduto sul piano pubblico.


Questo sdoppiamento di personalità della cultura liberale è privo di fondamento. Ogni gesto pubblico di Pio IX, anche politico e sociale, scaturì dalla sua profonda vita interiore e può essere compreso solo all’interno di una intima e corrente armonia fra vita interiore e vita pubblica. “Non esiste, infatti – ha ricordato mons. Gherardini, ultimo postulatore – un Pio IX politico diverso dal Pio IX Papa, ma il Papa Pio IX che trattò sempre la politica da Papa” (16). Il mito del “Papa liberale”, fu una indebita scomposizione dell’unità di personalità di Pio IX, del suo essere Papa e del suo agire da Papa.
Lo sforzo di Papa Mastai di conformare alla volontà di Dio ogni sua azione, pubblica e privata, è stato riconosciuto come eroico dalla Chiesa e confermato soprannaturalmente dal miracolo richiesto per la beatificazione. D’altra parte non possiamo dimenticare che Giovanni Maria Mastai Ferretti, come Vicario di Cristo e Capo della Chiesa universale, ha occupato la più alta carica visibile sulla terra all’interno del Corpo Mistico di Cristo. Il suo pontificato di 32 anni, non è stato una passeggera esperienza, ma il momento centrale e culminante della sua vita, ed è in tutte le sue espressioni che dobbiamo cercare le ragioni della sua santità.
La santità di Pio IX è legata dunque proprio all’esercizio del suo pontificato, al ruolo pubblico che egli svolse nella Chiesa universale tra il 1846 e il 1878. Egli è stato beatificato innanzitutto per la virtù eroica dimostrata nello svolgere le funzioni caratteristiche del Papa, che sono quelle di pascere, reggere e governare la Chiesa universale.
La beatificazione di Pio IX, il 3 settembre, non riguarda solo uno spicchio della personalità del Pontefice, ma tutto l’uomo, nella vita, negli scritti, nelle opere, passate al vaglio di una minuziosa e severa inchiesta canonica, culminata nel decreto con cui, il 6 luglio del 1985, Giovanni Paolo II decretava l’eroicità delle virtù di Giovanni Maria Mastai Ferretti, riconoscendogli il titolo di Venerabile.
La beatificazione del 3 settembre 2000 ha illuminato di nuova luce non solo gli atti culminanti del suo pontificato, come la proclamazione del dogma dell’Immacolata e l’indizione del Concilio Vaticano I, ma tutti i suoi gesti privati e pubblici: le riforme politiche, sociali e amministrative e il Sillabo, lo straordinario impulso missionario che impresse alla Chiesa e la rinascita culturale e morale del cattolicesimo nell’ottocento.
La beatificazione di Pio IX, avviata da san Pio X e realizzata da Giovanni Paolo II, assume perciò lo stesso valore della canonizzazione di san Pio X, realizzata da Pio XII: si tratta di un atto che, come ogni beatificazione e canonizzazione, implica una “politica religiosa”. Lo studio dell’iter processuale delle cause di beatificazione aiuta a comprendere non solo le figure dei beati e dei santi elevati agli Altari, ma anche la visione della Chiesa e della società dei Pontefici che li elevano.
Roberto de Mattei



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1. Giovanni Bosco, Epistolario, Torino 1955-59, vol. III, p. 294.
2. Processo romano per la causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Papa Pio IX, Torre del Greco 1903.
3. Ivi
4. Ivi
5. Novissima Positio super virtutibus, Roma 1984, p. 13.
6. Novissima Positio super virtutibus, Roma 1984, p. 15.
7. Omelia in vol. XVI (1979=), pp. 179-187, riportata in OR, 7 settembre 2000).
8. Novissima Positio super virtutibus, p. 200.
9. “La Voce di Pio IX”, LXXXXIV (1970), pp. 1-2.
10. Ibidem , XCII (1970), p. 1.
11. Giovanni Paolo II, Omelia del 3 settembre 2000 in Insegnamenti, vol. XXIII/2 (2002), p. 309.
12. Cfr. l’articolo di mons. Brunero Gherardini, Pio IX. Una parola chiara, in “Divinitas” XLIV (2001), pp. 91-108, ora in Il beato Pio IX, cit.
13. Cfr. Giuseppe Alberigo, Transizione epocale?, nell’opera da lui diretta, Storia del Concilio Vaticano II, Il Mulino, Bologna, vol. 5, p. 614 (616-636).
14. Ivi, p. 631,
15. Yves Congar, Diario del Concilio, vol. I, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, pp. 152-153.
16. Brunero Gherardini, Il beato Pio IX. Studi e ricerche, Ed. Pro Verbo, Prato 2001, p. 239.





O MARIA
MADRE DI PUREZZA
GIGLIO DI PUREZZA SENZA MACCHIA
INTERCEDI PER NOI

San Giovanni Fisher, Vescovo e Martire: «Non c'è uomo più colto né vescovo più santo».



 San Giovanni Fisher, Vescovo e Martire
Martirologio RomanoSanti Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso Moro, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule.

Giovanni Fisher nacque a Beverly nel 1469. Umanista e teologo apprezzato, fu cancelliere dell'università di Cambridge e vescovo di Rochester.
Di lui diceva Erasmo: «Non c'è uomo più colto né vescovo più santo».
Subì numerose pressioni perché riconoscesse il matrimonio di Enrico VIII con Anna Bolena e l'Atto di Supremazia nel quale il re veniva dichiarato «Capo supremo dopo Cristo della Chiesa d'Inghilterra».
Al suo rifiuto, venne giustiziato il 22 giugno del 1535.

...
 Giovanni Fisher e Tommaso Moro, decapitato il 6 luglio 1535, vennero proclamati Santi nel 1935, esattamente 400 anni dopo la loro morte. 
Il Beato Giovanni Paolo II proclamò Tommaso Moro patrono dei politici e dei governanti.

 Lo svegliano in cella: "Sono le 5. Alle 10 sarai decapitato". Risponde: "Bene, posso dormire ancora un paio d’ore".
 Questo è Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, nella Torre di Londra, estate del 1535. 
Un maestro di coraggio elegante (come il suo amico Tommaso Moro, già Gran cancelliere del regno, anche lui nella Torre aspettando la scure).
Figlio di un orefice, Giovanni è stato a Cambridge come studente e poi come promotore del suo sviluppo, aiutato da Margherita di Beaufort, nonna di Enrico VIII. 
Sacerdote nel 1491, nel 1514 lascia Cambridge perché nominato vescovo di Rochester, e si dedica solo alla diocesi. 
Ma la rivoluzione luterana, con i suoi riflessi inglesi, lo porta in prima fila tra i difensori della Chiesa di Roma, con i sermoni dottrinali e con i libri, tra cui il De veritate corporis et sanguinis Christi in Eucharistia, del 1522, ammirato in tutta Europa per la splendida forma latina.
E fin qui egli si trova accanto a re Enrico, amante della cultura e “difensore della fede”. 

 Il conflitto scoppia con il divorzio del re da Caterina d’Aragona per sposare Anna Bolena. 
E si fa irreparabile con l’Atto di Supremazia del 1534, che impone sottomissione completa del clero alla corona. 
Giovanni Fisher dice no al divorzio e no alla sottomissione, dopo aver visto fallire una sua proposta conciliante: giurare fedeltà al re "fin dove lo consenta la legge di Cristo". 
Poi un’altra legge, l’Atto dei Tradimenti, è approvata da un Parlamento intimidito, che ha tentato invano di attenuarla: così, chi rifiuta i riconoscimenti e le sottomissioni, è traditore del re, e va messo a morte. 

Nella primavera 1534 viene portato alla Torre di Londra Tommaso Moro, e poco dopo lo segue Giovanni Fisher.
Sanno che cosa li aspetta. 
E il papa Paolo III immediatamente nomina Fisher cardinale, sperando così di salvarlo: e invece peggiora tutto. 
 Enrico VIII infatti dice: "Io farò in modo che non abbia più la testa per metterci sopra quel cappello".

Come previsto, i processi per entrambi, distinti, finiscono con la condanna a morte. 
Ma loro due, da cella a cella e senza potersi vedere, vivono sereni l’antica amicizia e si scambiano lettere e doni: un mezzo dolce, dell’insalata verde, del vino francese, un piatto di gelatina... 
Sono regali di un loro amico italiano, Antonio Bonvini, commerciante in Londra e umanista. 

Alle 10 del 22 giugno 1535, Giovanni Fisher va al patibolo.
Per tre volte gli promettono la salvezza se accetta l’Atto di Supremazia. 
Lui risponde con tre affabili no, e muore sotto la scure. La sua testa viene esposta in pubblico all’ingresso del Ponte sul Tamigi. 
Quindici giorni dopo uno dei carnefici la butterà nel fiume, per fare posto alla testa di Tommaso Moro. 
Nel 1935, in Roma, papa Pio XI li proclamerà santi insieme. 
 E sempre insieme li ricorda la Chiesa. 

Lo storico inglese Hugh Ross Williamson , anglicano convertito al Cattolicesimo, nell’opera The Great Prayer: concerning the Canon of the Massdichiarò che “…la Riforma anglicana si era affermata in seguito all’apostasia di tutti i Vescovi inglesi, eccetto il solo San Giovanni Fisher”. (N.d.R.)

giovedì 21 giugno 2012

...innocéntem non secúti, pæniténtem imitémur.


21 GIUGNO
SAN LUIGI GONZAGA, RELIGIOSO

(+ 1568-1591)
Memoria

LETTURE: Fil 3, 8-14; Sal 15; Mt 13,44-46

Luigi, primogenito del marchese di Mantova, nacque a Castiglione delle Stiviere. Era un ragazzo vivace, impaziente, senza complessi, amava il gioco e si divertiva. La madre, Marta Tana di Chieri, gli insegnò da piccolo a orientare decisamente la sua vita a Dio. E con la sua tenacia vi riuscì. Ricevuta la prima volta l’Eucaristia da san Carlo Borromeo, coltivò una forte unione con Gesù. La grazia fece di lui un santo di grande dominio di sé, interamente votato alla carità. Il suo segreto di eroismo è la preghiera; già a 12 anni aveva deciso di dedicare 5 ore al giorno alla meditazione. Per gradi si sentì attratto alla vita religiosa. Col coraggio delle sue convinzioni, vinse l’opposizione del padre, rinunciò alla primogenitura, e a 16 anni entrò nella Compagnia di Gesù, avendo a maestro spirituale san Roberto Bellarmino. Lui, che riusciva bene negli affari, si dà assai più allo studio, alla preghiera, alla carità: mira alle missioni e al martirio. Gliene venne l’occasione, ma diversa da quelle sognate: scoppiò la peste e Luigi si prodigò talmente che la contrasse e ne morì. Catechista coi ragazzi, premuroso con i poveri e i malati, fatto tutto a tutti: modello e protettore dei giovani che vogliono vivere la propria fede in Cristo.
Luigi fu soprattutto un giovane «generoso»: è questa generosità che il Concilio chiede oggi nel suo «Messaggio ai giovani».

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Canterò senza fine le grazie del Signore
Dalla «Lettera alla madre» di san Luigi Gonzaga (Acta SS., giugno, 5, 878)

Io invoco su di te, mia signora, il dono dello Spirito santo e consolazioni senza fine. Quando mi hanno portato la tua lettera, mi trovano ancora in questa regione di morti. Ma facciamoci animo e puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo, dove loderemo Dio eterno nella terra dei viventi. Per parte mia avrei desiderato di trovarmici da tempo e, sinceramente, speravo di partire per esso già prima d'ora.

La carità consiste, come dice san Paolo, nel «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e nel piangere con quelli che sono nel pianto». Perciò, madre illustrissima, devi gioire grandemente perché, per merito tuo, Dio mi indica la vera felicità e mi libera dal timore di perderlo. Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando la bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto.

O illustrissima signora, guardati dall'offendere l'infinita bontà divina, piangendo come morto chi vive al cospetto di Dio e che con la sua intercessione può venire incontro alle tue necessità molto più che in questa vita.

La separazione non sarà lunga. Ci rivedremo in cielo e insieme uniti all'autore della nostra salvezza godremo gioie immortali, lodandolo con tutta la capacità dell'anima e cantando senza fine le sue grazie. Egli ci toglie quello che prima ci aveva dato solo per riporlo in un luogo più sicuro e inviolabile e per ornarci di quei beni che noi stessi sceglieremmo.

Ho detto queste cose solo per obbedire al mio ardente desiderio che tu, o illustrissima signora, e tutta la famiglia, consideriate la mia partenza come un evento gioioso.
E tu continua ad assistermi con la tua materna benedizione, mentre sono in mare verso il porto di tutte le mie speranze. Ho preferito scriverti perché niente mi è rimasto con cui manifestarti in modo più chiaro l'amore ed il rispetto che, come figlio, devo alla mia madre.

OREMUS

O Dio, principio e fonte di ogni bene, che in san Luigi Gonzaga hai unito in modo mirabile l'austerità e la purezza, fa' che per i suoi meriti e le sue preghiere, se non lo abbiamo imitato nell'innocenza, lo seguiamo sulla via della penitenza evangelica. Per il nostro Signore...
Deus, cæléstium auctor donórum, qui in beáto Aloísio miram vitæ innocéntiam cum pæniténtia sociásti, eius méritis et intercessióne concéde, ut, innocéntem non secúti, pæniténtem imitémur. Per Dóminum.