sabato 21 aprile 2012

I santi non vanno al bar...?



I santi non vanno al bar...

Gilberto Borghi


Se oggi non si riesce a declinare la santità anche nei gesti più banali e quotidiani della vita, alimentiamo ancora di più la frattura tra umano e spirituale




Ma si può parlare della santità in classe? Forse qualcuno storce il naso. 

A prima vista non sembra un tema culturale, troppo spirituale e troppo "dentro" allo specifico della vita di fede. 

Qualche altro invece può pensare che sarebbe bene parlarne spesso, rischiando una sovrapposizione infausta tra catechesi e insegnamento della religione. Come al solito, i miei studenti si beffano delle nostre categorie con le quali cerchiamo di organizzare la realtà e attraversano confini per noi invalicabili, in nome della semplice e concreta umanità che avvertono dentro di sé.

"Vabbé, prof, ma in soldoni, quale sarebbe l'obiettivo del cristianesimo? Quando abbiamo parlato del buddhismo l'ho capito, Ma il cristianesimo dove vorrebbe arrivare?".

Enrico, in una quinta abbastanza interessata, mette sul piatto una domanda non male. "Mi sembra logico: che tutti diventino cristiani, ma credo sia un po' impossibile - ribatte Giancarlo". "No, Giangi, - faccio io - al massimo si può dire che il cristianesimo vorrebbe che tutti diventassero santi"

"Addirittura! - interviene Lucia -. Ma prof, le sembra una roba sensata? Per essere santi bisogna non fare peccati ed essere sempre buoni. Santo mi fa pensare alle immagini dei santini, occhi dolci, mani giunte, collo piegato. E' una roba medievale prof.!" "E comunque se è così, - di nuovo Enrico - uno su un milione ci arriva, e allora vuol dire che la Chiesa non funziona mica tanto".

Mamma mia, che idea hanno di santità! A colpirli è una immagine in cui primeggia la distanza abissale rispetto alla vita normale e l'atteggiamento sdolcinato e agiografico che, senza volere, filtra dai nostri linguaggi. I santi ci sono proposti come modelli attraenti, per renderci la vita di fede più concreta. 

E invece, i miei studenti ne hanno una percezione che ottiene esattamente l'effetto opposto: "Prof, ma a me proprio non piacerebbe per niente essere così, preferisco restare normale". Ancora Lucia, che nella sua semplice dichiarazione affronta quello che secondo me è "la questione" di oggi sulla santità, la sua "anormalità", la sua "distanza" rispetto alla vita quotidiana.

Ma i santi non vanno al bar? Non raccontano barzellette? Non si stravaccano mai sul divano? Stanno sempre e solo con le mani giunte, gli occhi dolci e il collo torto, come pensa Lucia? 
Certo i miei studenti mancano forse di una vita di fede sufficiente per "leggere" in questi segni una forma di amore profondo per Dio. Ma è anche vero che se oggi non si riesce a declinare la santità anche nei gesti più banali e quotidiani della vita, alimentiamo ancora di più la frattura tra umano e spirituale, dando cibo agli estremismi di vario tipo. E' indubbio che soffriamo di un deficit di incarnazione quando parliamo di santità. Anche perché spesso continuiamo a pensare che santi sono solo quelli con "bollo" della Chiesa.

"Ragazzi, credo che siate vittime di un equivoco drammatico, sulla santità - faccio io - Un mio amico (Federico, che saluto) pochi giorni fa mi ha raccontato la storia di Rabbi Sussja di Hanipol. Potrebbe aiutarvi a capire. (è presa e rimaneggiata da qui) C'è un ebreo che muore. Si presenta all'ingresso dell'aldilà e si mette in fila per il giudizio finale. La fila è lunga e di lontano riesce però a scorgere Dio che, ad ogni persona che si presenta, fa una domanda. E nota che moltissimi, dopo questa domanda, si mettono a piangere. Allora inizia a preoccuparsi: "Ma che domanda mi farà? I comandamenti? Bhè non ho ucciso, non ho rubato, ho mentito su cose da poco... O forse, se sono andato in Sinagoga? Bhè si, spesso, anche se qualche volta avrei potuto esserci di più. Ma no, impossibile che mi chieda questo. Ah, forse mi chiederà come mai non sono diventato come Mosè, fedele guida del popolo, o forse come Abramo, l'uomo dalla fede incrollabile..." E mentre si arrovella così, non si accorge che è arrivato il suo turno. Alza gli occhi e d'improvviso incrocia lo sguardo di Dio, che gli chiede: "Perché non sei diventato te stesso?"

"Siate santi perché io sono santo" (Lv 19,2). La parola ebraica kadosh (santo) ha a che fare con l'idea della differenza, della distinzione, dell'essere qualcuno di differenziato e diverso da un altro. 
E allora l'invito biblico è da intendersi nel senso di inventare quella forma assolutamente unica e irripetibile di rapporto con Dio e di vita personale, che solo io sono in grado di "tessere", perché solo io posso essere me stesso. Se no mancherebbe qualcosa alla bellezza e all'armonia del paradiso. Amerai il tuo Dio con tutto te stesso e il prossimo tuo come te stesso. Ma se il "te stesso", nel tentativo di essere perfetto, si perde, l'amore per Dio e per il prossimo diventano impossibili.

"Ecco, appunto prof., Dio non mi chiede di essere santo, ma di essere me stesso". Enrico non lo riesce ancora a vedere, ma in fondo non c'è differenza


LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

Il demonio, vinto, ritorna sempre alla carica.

B. MARIA DI GESÙ CROCIFISSO
Mariam Baouardy
 Beata Maria di Gesù Crocifisso (Mariam) (Baouardy)
nascita: 5.1.1846 luogo: Abellin, Galilea
morte: 26.8.1878 luogo: Betlemme

Carmelitana


Il demonio, vinto, ritornò alla carica. 
Suor Maria aveva ottenuto di fare, per qua­ranta giorni, un digiuno a pane ed acqua, secondo l'intenzione del Sommo Ponte­fice.

Satana si adoperò per farglielo abbandonare. La sbatté, un giorno, con violen­za, contro una porta, il cui lucchetto di ferro le procurò alla testa una ferita profonda ma ella chiese di continuare il suo digiuno malgrado la viva sofferenza che prova­va.

 Un altro giorno, la gettò dall'alto della scala. Nessuno si trovava lì al momento della caduta, e Maria non disse niente tutto il giorno. Si accorsero soltanto che cam­minava con molta fatica. Ben presto la sua gamba si gonfiò. Il medico che era sta­to chiamato, constatò una frattura del piede, e ordinò un riposo assoluto di venti giorni. La beata Maria degli Angeli, di cui si celebrava la festa il giorno dopo, la guarì subito, e fino alla fine dei quaranta giorni, la novizia poté restare fedele al suo digiuno.

Quante volte al refettorio scoprì nel suo piatto un formicaio di vermi! 
Spesso sentiva, in quello che le servivano, un odore di cadavere. 
Tuttavia mangiava tutto, felice che Satana le fornisse queste occasioni per mortificarsi.

 Talvolta questo spi­rito infernale le toglieva il suo pezzo di pane, di cui non aveva preso che due boc­coni; tal' altra lanciava la sua scodella in mezzo al refettorio: la novizia, senza scon­certarsi, chiedeva il permesso di raccogliere con la lingua la zuppa rovesciata a terra per mano del demonio, e quest'atto d'umiltà non faceva che aumentare la rabbia del tentatore.

LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

venerdì 20 aprile 2012

SUSSIDI - Pasquali ed Eucaristici - di Papa Benedetto XVI (2006 - 2012).

 

SUSSIDI Pasquali ed Eucaristici
"Surrexit Christus spes mea!" - Antologia di brani pasquali dagli Insegnamenti di Papa Benedetto XVI (2006 - 2012)
a cura di d. Roberto Leoni → scarica il file

"Surrexit Dominus vere!" - Omelie di Papa Benedetto XVI nella Veglia Pasquale (2006 - 2012)
a cura di d. Roberto Leoni → scarica il file
"Dominus Est!" - Omelie del Papa Benedetto XVI nella Solennità del Corpus Domini (2005 - 2011)
a cura di d. Roberto Leoni → scarica il file
Il Santissimo Sacramento dell'Eucaristia nel Catechismo della Chiesa Cattolica
a cura di d. Roberto Leoni → scarica il file

Il Santissimo Sacramento dell'Eucaristia nei Documenti del Concilio Vaticano II
a cura di d. Roberto Leoni → scarica il file

LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!

martedì 17 aprile 2012

"La Bella Signora delle Tre Fontane"


Luci e contatti 

della grande mistica 

Maria Valtorta

con le Apparizioni della Vergine

"La Bella Signora delle Tre Fontane"

 Via Laurentina, 450 - ROMA










LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!


**Fare tre stazioni prima di confessarsi




...Anche se voglio recitare l'Ave Maria, mi fermo alle prime parole: 'Vi saluto, Ma­ria', e dico alla santa Vergine: «Tu così buona, così buona, o Madre mia! Tu, Madre di Dio, Madre degli uomini! e noi poveri peccatori! e mi perdo, e mi addormento, impossibile continuare. Come bisogna che mi confessi di non poter pregare».

Aggiungeva: «Ero molto addolorata da qualche tempo riguardo alla contrizione: temevo di non avere un dolore sufficiente per le mie colpe. La mia buona Madre Maria mi ha insegnato a fare tre stazioni prima di confessarmi: la prima, alla porta del Cielo, la seconda, a quella dell'Inferno, la terza nel giardino degli Ulivi. Faccio come mi ha insegnato, e da allora, sono tranquilla».

L'obbedienza!
La novizia amava stare sola con Dio nella sua cella, bastava tuttavia un segno da parte dei superiori perché desistesse. Considerava l'obbedienza in tutte le cose co­me la prima delle virtù religiose. Fu privata un giorno della santa Comunione dal­la Priora, che voleva provarla: Tu hai dovuto fare oggi, le disse la sua maestra a que­sto proposito, un grande sacrificio? «Non parli di sacrificio, le rispose suor Maria; l'obbedienza vale molto di più della comunione; vale più di tutto». E se nostra Ma­dre ti dicesse: dammi il tuo braccio, voglio tagliarlo, che faresti? «Glielo presen­terei dicendole: ecco il mio braccio, lo tagli». E se ella ti dicesse: taglialo tu stes­sa? «Lo taglierei immediatamente con gioia».

Tutto ci viene da Maria!
L'8 agosto, non avendo potuto suor Maria assistere alla Messa a causa del suo stato di sofferenza, la sua maestra andò a visitarla. Voleva chiederle notizie della sua salute, quando la novizia la pregò di non parlarle. Era profondamente raccolta in preghiera. La sua maestra la guardava con religiosa curiosità; tutto ad un tratto, vide che ella si comunicava: «Oh! quanta grazia la Santa Vergine mi ha ottenuto, le disse suor Maria, mi sono comunicata». Ella ripetè la stessa cosa alla Priora: «Sant'Elia, aggiunse, mi ha fatto un sermone: mi permetta, Madre mia, di farmelo scrivere, per non dimenticarlo. Anche santa Teresa è venuta: portava l'abito della Riforma, il suo mantello bianco era luminoso. Mi ha detto: Figlia mia, bisogna amare molto la Madonna, è vostra Madre, e la vostra Regina. Tutto ci viene da Ma­ria, e noi riceviamo tutto tramite Lei».

"Ella è mia Madre!"

La santa Vergine la visitava anche per incoraggiarla a soffrire. Sola nella sua cel­la con la sua maestra, recitava un giorno l'Ave Maria. D'un tratto, s'interruppe e si coprì il viso con le mani, abbagliata da una grande luce soprannaturale. «Ascolta,` disse alla sua maestra, Maria parla», e prestò l'orecchio. Un istante dopo riprese, sempre rivolgendosi alla sua maestra: «Ha capito ciò che Ella ha detto?». Non ri­cevendo risposta, aggiunse: «Esce dalla cella». E colpendosi il petto, esclamò con aria commossa: «Ella è mia Madre!».  L'indomani, la sua maestra le chiese ciò che le aveva detto la santa Vergine. Convinta nella sua incantevole ignoranza che la maestra avesse visto e udito tutto come lei, suor Maria le rispose con sorpresa: «Non lo sa? Ha detto: Benedetta, tre volte benedetta l'anima che soffre. Il tempo è breve, molto breve. Dopo avere sofferto un istante sulla terra, quest'anima sarà sempre con il mio divin Figlio presso il Padre celeste». Ma non ha detto niente di particolare per te? le disse la Maestra. «Oh! sì, ella mi ripete sempre: umiltà, umiltà. Quale è dunque quest'umiltà?».

LAUDETUR  JESUS  CHRISTUS!
LAUDETUR  CUM  MARIA!
SEMPER  LAUDENTUR!