sabato 31 dicembre 2011

BETHLEHEM - GOLGOTA - SURREXIT!

BETHLEHEM

GOLGOTA

SURREXIT!




Betlemme-Golgota-Risurrezione: 
3 tappe rivissute dalla Vergine SS.ma e da tutti i Santi, 
nella luce della santa Messa e del Tabernacolo.

Disse Gesù

<<Chi vuol venire dietro a Me: 
rinneghi se stesso, 
prenda la sua croce, 
e mi segua>>.

COR MUNDUM CREA IN ME, DEUS!

O Mater mea et spes mea, Maria, 
Tu quoque exaudi me et ora Iesum pro me.


AVE MARIA!
AMDG et BVM

MiL - Messainlatino.it: Grazie Santo Padre ! Un anno con il Papa ( video)


MiL - Messainlatino.it: 31 dicembre 2011


Cari Amici,internet ci offre anche piccoli momenti di svago che vorremmo utilizare per ringraziare (Te Deum) il Buon Dio per averci donato Benedetto XVI e al tempo stesso, stringerci attorno al Santo Padre attraverso un piccolo video che lo riprende nelle immagini più significative di questi anni, con piccoli pensieri sparsi tratti dalle sue ispirate parole. 

E' un modo, semplice e spontaneo per dire coralmente : 
GRAZIE SANTO PADRE ! 

Ringraziamo per questo ulteriore e squisito gesto di amore per il Papa e per la Chiesa la signora LDCaterina63. 


Auguri a tutti nel Signore !  


 "BUON ANNO" Santo Padre!
e Benediteci!


AVE MARIA!
AMDG

AVE MARIA, ROSA MISTICA, ORA PRO NOBIS



AVE
MARIA!


Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa



Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi


27.12.11


La Mamma parla agli eletti



Figli cari e tanto amati, la Madre del Cielo è con voi, in modo speciale ed unico, per aiutarvi e sostenervi in questi tempi duri e difficili. Figli cari, il Mio Sguardo penetra nei vostri cuori e vede che molti non sono ancora pronti, mentre il tempo scorre rapido e prepara cose nuove, non opera di uomo, ma di Dio. Sempre le redini della storia sono state nelle Mani di Dio, ma ora lo sono ancora di più, perché si deve realizzare il grande Progetto del Padre caro. Figli del mondo, Egli vuole condurre ogni uomo a salvezza, ma sono molti, ancora, coloro che non vogliono accettare la Volontà di Dio, il Mio Cuore ha un grande Dolore per ogni figlio ribelle perché sa la sua terribile fine. Capite, figli del mondo, che la Madre è con voi per aiutarvi e sostenervi nella purificazione. Posso fare molto per voi se siete docili, umili, obbedienti, nulla posso fare se tenete chiuse le porte del cuore. Figli amati, il Padre caro ha un Progetto sublime, che vuole realizzare per tutti i popoli e le nazioni del mondo, è Progetto dettato dal Suo Amore meraviglioso. Se cooperate tutti, vi salvate tutti e, dopo un breve travaglio, ci sarà la grande felicità, ma se tutti non volete cooperare, le cose andranno in modo diverso. Figli amati, figli tanto cari al Mio Cuore, sono fra voi per prendervi per mano e salvarvi; otterrò da Dio, anche per i docili e gli umili, un’attenuazione delle pene. Figli cari del mondo, siate tutti docili ed umili, otterrò molto per voi se tali volete essere. Figli amati, poco posso fare per i ribelli che tengono chiuso e sigillato il cuore, capite bene le Mie Parole ed apritevi tutti all’Amore meraviglioso di Dio. Insieme, uniamo i cuori per adorarLo. Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio.

                       

                                                                                              Maria Santissima

AVE MARIA!
AMDG

I vescovi che disobbediscono al papa non pretendano d’essere poi obbediti da clero e fedeli.

MESSA ANTICA: MASSA DI GIOVANI
Don Nicola Bux, una chiacchierata nella sua Puglia




I vescovi che disobbediscono al papa non pretendano d’essere poi obbediti da clero e fedeli. Negli episcopati: un gallicanesimo strisciante che si crede autosufficiente. La riforma litugica: non era una delle impellenze volute dal concilio. L’esclusivismo di chi si professa ecumenico.

a cura di Francesco Mastromatteo

Una inarrestabile crescita di consensi, specie presso i giovani. Non ha dubbi don Nicola Bux circa l’avanzata della Tradizione cattolica soprattutto tra le giovani generazioni in seguito al Motu Proprio con cui Benedetto XVI ha “liberalizzato” il rito antico ormai quattro anni fa. Abbiamo chiesto a don Nicola, professore dell’università Lateranense, insigne teologo e studioso di liturgia molto vicino a Papa Ratzinger, un bilancio della situazione, dal punto di vista privilegiato di uno dei massimi cultori della materia liturgica. Lo abbiamo incontrato nel corso di un dibattito politico a margine del quale non ha lesinato critiche apertis verbis a un sottosegretario dell’attuale governo, la cui dichiarata fede cattolica e vicinanza ai movimenti pro-vita non ha impedito di votare un finanziamento a Radio Radicale, come del resto hanno fatto altri parlamentari cattolici.

Don Bux, persino l’inserto di un quotidiano non certo filo cattolico come Repubblica ha dovuto riservare un servizio alla diffusione della messa in latino secondo il Messale del 1962. Qualcosa sta cambiando?
Il bilancio è senz’altro positivo: c’è un crescendo di tale opportunità data dal Papa a tutta la Chiesa. Essa si è diffusa senza imposizioni, dopo che il Motu Proprio del 2007 ha aperto una breccia. Si è ormai fatta strada l’idea che il rito antico non è mai stato abolito, e che la riforma liturgica non era una delle necessità impellenti volute dal Concilio. L’ostilità verso la messa in latino era sostenuta attraverso tesi infondate, come quella per cui nei primi secoli il sacerdote celebrasse rivolto verso il popolo, mentre dopo avrebbe dato le spalle al popolo: espressione fasulla, visto che il sacerdote era rivolto verso il Signore.
Una Messa antica ma amata dai giovani: non è un paradosso?
Basta andare in giro come faccio io per celebrazioni e conferenze: non solo in Italia ma all’estero il rito antico si diffonde sempre più proprio tra i più giovani. A mio parere ciò è dovuto al fatto che i ragazzi si approcciano alla fede ricercando il senso del Mistero, e lo trovano in maniera evidente nella Messa celebrata in forma straordinaria. Il ritorno al rito tradizionale non è secondario per la fede: esso favorisce in una dimensione verticale l’incontro con Dio in un mondo contemporaneo in cui lo sguardo dell’uomo è ripiegato su se stesso e sulla dimensione materiale dell’esistenza. In questo senso ha favorito una sorta di “contagio” spirituale benefico.
Qualche mese fa la Pontificia Commissione Ecclesia Dei ha emanato un documento, l’istruzione sull’applicazione del Motu Proprio. C’è chi ha parlato di una sorta di richiamo ai vescovi a venire incontro alle richieste dei fedeli…
È una traduzione in indicazioni concrete del Motu Proprio. La media dei vescovi, che all’inizio erano perplessi, ora può cominciare a muoversi nella direzione giusta. Questa istruzione incoraggia i vescovi ad esaudire le richieste dei fedeli sensibili alla messa antica, che deve essere considerata da tutti una ricchezza della liturgia romana.
Non è un mistero che parecchi episcopati non abbiano apprezzato questa scelta, e cerchino in tutti i modi di ostacolarla, comportandosi da veri e propri ribelli verso il Papa…
Esiste senz’altro una forma di neogallicanesimo strisciante, per cui alcuni settori della Chiesa pensano di essere autosufficienti da Roma. Ma chi ragiona in questi termini non è cattolico. I vescovi che disobbediscono al Papa si mettono nelle condizioni di non essere a loro volta obbediti da parroci e fedeli.
Nella Chiesa si è sempre detto: lex orandi lex credendi. La liturgia è saldamente legata alla teologia. Papa Benedetto XVI ha fissato come bussola del suo Magistero la continuità con la Tradizione e un gesto forte è stato quello di togliere la scomunica ai lefebvriani. Cosa ne pensa?
Penso sia stato un gesto di grande carità. Rompere la comunione è facile, il difficile è ricucire, ma Cristo ha voluto che fossimo tutti una sola cosa e questo per noi deve essere un imperativo. L’opera meritoria del Papa evidenzia la sua grande pazienza, ma d’altronde se così non fosse assisteremmo ad un paradosso: mentre si postula tanto il dialogo con i non cattolici e addirittura con i non cristiani, come si può essere pregiudizialmente ostili all’idea di riunirsi con chi ha la stessa fede? Lo stesso Benedetto XVI in quell’occasione citò opportunamente la lettera di San Paolo ai Galati: “Se vi mordete e divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri”. Il dramma attuale della Chiesa è l’esclusivismo da parte di chi si professa ecumenico.
In questa occasione si parlava di politica e valori. “Questione morale” è un’espressione di cui molti esponenti di partito si riempiono la bocca…
Sento parlare molto in giro della necessità di “codici etici” per i partiti, ma di un’etica non meglio precisata. Può mai derivare dall’uomo la fonte di ciò che è bene o male? Bisognerebbe tornare ai Dieci Comandamenti, le uniche vere tavole etiche che derivano da Dio.

(foto del blog cattolico Portodimarebis di Taranto)

AVE MARIA!
AMDG

SANTA ELISABETTA CANORI MORA. Come visse quel Natale


Elisabetta Canori Mora nasce a Roma il 21 novembre 1774 da Tommaso e Teresa Primoli. La sua è una famiglia benestante, profondamente cristiana e attenta all’educazione dei figli. Il padre era importante proprietario terriero e gestiva molte tenute agricole, un gentiluomo vecchio stampo, amministrava senza avidità disdegnando il sopruso e la sopraffazione. I coniugi Canori hanno dodici figli, sei dei quali muoiono nei primi anni di vita. Quando nasce Elisabetta trova cinque fratelli maschi ed una sorella, Maria; dopo due anni arriva un’altra sorella, Benedetta. Nel giro di pochi anni, i cattivi raccolti, la moria di bestiame e l’insolvenza dei creditori, cambia la situazione economica e Tommaso Canori si trova costretto a ricorrere all’aiuto di un fratello che abita a Spoleto che si fa carico delle nipoti Elisabetta e Benedetta. Lo zio decide di affidare le nipoti alle Suore Agostiniane del monastero di S. Rita da Cascia, qui Elisabetta si distingue per ...
... intelligenza, profonda vita interiore e spirito di penitenza. Rientrata a Roma, conduce per alcuni anni vita brillante e mondana, facendosi notare per raffinatezza di tratto e bellezza. Elisabetta giudicherà questo periodo della sua vita un “tradimento”, anche se la sua coerenza morale non viene meno e la sua sensibilità religiosa è in qualche modo salvaguardata. Un alto prelato che conosce bene i problemi economici e le qualità spirituali della famiglia Canori, propone di far entrare Elisabetta e Benedetta nel monastero delle Oblate di S. Filippo, facendosi carico di tutte le spese. Benedetta accetta e si fa suora nel 1795, Elisabetta no, non se la sente di lasciare la famiglia in difficoltà.
Il 10 gennaio 1796 nella chiesa di Santa Maria in Campo Corleo, si celebra il matrimonio con Cristoforo Mora, ottimo giovane, colto, educato, religioso, ben avviato nella carriere di avvocato. Il matrimonio è una scelta maturata attentamente ma, dopo alcuni mesi, la fragilità psicologica di Cristoforo Mora compromette tutto. Allettato da una donna di modeste condizioni, tradisce la moglie e si estranea dalla famiglia, riducendola sul lastrico. Elisabetta alle violenze fisiche e psicologiche del marito risponde con una totale fedeltà.

La nascita delle figlie Marianna nel 1799 e Maria Lucina nel 1801 non migliora le cose. Costretta a guadagnarsi da vivere col lavoro delle proprie mani, segue con la massima attenzione le figlie e la cura quotidiana della casa, dedicando nello stesso tempo molto spazio alla preghiera, al servizio dei poveri e all’assistenza degli ammalati. La sua casa diventa punto di riferimento per molte persone che a lei si rivolgono per necessità materiali e spirituali. Svolge un’azione particolarmente attenta alle famiglie in difficoltà. Conosce ed approfondisce la spiritualità dei Trinitari e ne abbraccia l’ordine secolare, rispondendo con dedizione alla vocazione familiare e di consacrazione secolare. La fama della sua “santità”, l’eco delle sue esperienze mistiche e dei suoi “poteri taumaturgici” hanno grande risonanza particolarmente a Roma e nelle sue vicinanze.
Niente, però, incide sul suo stile di vita povero, improntato ad una grande umiltà e ad un generoso spirito di servizio ai poveri e ai lontani da Dio. Dona se stessa per la conversione del marito, per il Papa, la Chiesa e la sua città di Roma, dove muore il 5 febbraio 1825.
E’ sepolta nella Chiesa di San Carlino. Subito dopo la sua morte, il marito si converte, entra nell’Ordine dei Trinitari e diviene, poi frate Minore Conventuale e sacerdote, come gli aveva predetto la consorte. Elisabetta Canori Mora viene beatificata il 24 aprile 1994.
Riguardo al Natale la Beata scrive nel suo diario: “Mi distaccai dalle vanità, vinsi molti ostacoli che m’impedivano d’andare a Dio… Propongo di non desiderare niente che sia di mio profitto, ma di compiere in ogni istante della mia vita la santa volontà di Dio. Figlia mia diletta, offriti al mio celeste Padre a pro della Chiesa: ti prometto il mio aiuto…” (dall’autobiografia). “Una simile madre non si trova al mondo, e io sono indegno di esserle consorte” (il marito Cristoforo alle figlie).
Dal giorno 18 al giorno 24 dicembre 1814 il mio spirito l’ha passata in piangere i propri e gli altrui peccati; ma tratto tratto ero sopraffatta dalla carità di Gesù Cristo, che mi faceva languire di amore. La notte del santissimo Natale, circa le ore sette e mezza italiane, mi portai alla chiesa del santissimo Bambino Gesù, per assistere alle sacre funzioni di quella benedetta notte. Stetti in orazione circa sei ore e mezza, mi parve questo tempo molto breve.
Ecco come passai questo tempo. Mi prostrai dinanzi al mio Dio, protestando di riconoscermi affatto indegna di trattenermi in compagnia di tante anime a lui fedeli, per poterlo in quella santa notte lodare, benedire, ringraziare in compagnia dei santi Angeli, confessando di essere la creatura più vile, che abita la terra, piangendo, parte per la mia ingratitudine, parte per la gioia che sentivo nel mio cuore, alla considerazione del grande amore che ci dimostra Dio in donarci il suo Santissimo Figliolo.
Andava ogni momento più crescendo la gioia del mio cuore, l’intelletto veniva rischiarato da interna luce e lo spirito si andava ingolfando nella penetrazione di questo divino mistero, quando sopraffatto dall’immensità dell’infinito amore di Dio amante di noi miserabilissime sue creature, si perdeva il mio povero intelletto in questo vasto oceano dell’infinita carità di Dio. Pensi in questo tempo ogni idea sensibile, quando da mano invisibile fui condotta al sacro presepio.
Fui condotta sopra un monte, e in certa lontananza vedevo quel piccolo paradiso. Nel vedere il chiarissimo splendore che tramandava quel beato tugurio da ogni intorno, che ai piedi del monte restava. Ah già il mio cuore era impaziente di potermi là approssimare. Ah. Non avrei voluto camminare, ma volare, tanto era il trasporto dell’amore che sentivo verso il nato Signore. Io andavo dicendo tra me: “Voglio morire ai suoi piedi, per il dolore di averlo offeso”.
Intanto l’amore disponeva il mio cuore a fare ogni qualunque sacrifico per compiacere il divino infante. Non so ridire di qual grado fosse la fede, la speranza, la carità, l’umiltà, l’obbedienza, la purità, la povertà che mi fu somministrata dallo Spirito del Signore in quei preziosi momenti. Fui trasmutata in guisa tale che io più non conoscevo me stessa, senza esagerazione, il mio povero spirito apprese una idea angelica, che io stessa, senza ammirata, e nell’ammirazione conoscevo il mio nulla, lodavo e benedicevo l’infinita bontà di Dio, dando tutto a lui l’onore e la gloria; e intanto mi andavo avvicinando al beato presepio; vidi quel beato tugurio ripieno di splendidissima luce, molti erano gli adoratori di quel grazioso infante, vedevo nella suddetta valle, contigua al beato presepio, come già dissi, ripiena di luce che tramandava dappertutto l’alta magnificenza del nato Re del cielo, che per amore dell’uomo si degnò nascere in estrema povertà”.
Don Marcello Stanzione
AVE MARIA!
AMDG