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domenica 5 aprile 2020

METTITI ALL'ULTIMO POSTO

III. l’esortazione di Cristo a praticare sempre l’umiltà

13. “Quando sei invitato alle nozze, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più su di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! allora dovrai con vergogna metterti all’ultimo posto” (Lc 14,8-9). E la Glossa commenta: Quando per la grazia della fede, chiamato dal predicatore, ti unisci ai membri della chiesa, non insuperbirti gloriandoti dei tuoi meriti, come tu fossi migliore degli altri.
Osserva che in questa terza parte il Signore tocca due argomenti: la superbia, quando dice: “Non metterti al primo posto”; l’umiltà quando aggiunge: “Mettiti all’ultimo posto”. È una grande superbia, nelle nozze, vale a dire nella chiesa di Gesù Cristo, volersi mettere al primo posto, cioè occupare le più alte cariche. Infatti il Signore ha detto: “Amano i primi seggi nelle sinagoghe” (Mt 23,6), essi che saranno privati dei secondi.
O sciagurata ambizione, che non sai ambire le cose veramente grandi! Qual tenace esploratore – dice Bernardo parlando dell’ambizioso superbo – si aggira arrampicandosi mani e piedi, per potersi infiltrare in qualche modo nel patrimonio del Crocifisso, e non sa, il miserabile, che quello è prezzo di sangue (cf. Mt 27,6). “Non mangerete carne con sangue”, dice la Genesi (Gn 9,4). Mangia carne con sangue chi, vivendo carnalmente, dissipa nei suoi eccessi il patrimonio del Crocifisso. E quindi sarà eliminato dal popolo di Dio (cf. Es 12,15). Non metterti dunque al primo posto perché, come dice il Signo­re: “Io detesto la superbia di Giacobbe e odio le sue case” (Am 6,8). Sulle alture si fanno sacrifici agli idoli (cf. 3Re 3,2-3). Il Signore è concepito a Nazaret, in un posto umile; invece viene crocifisso nel luogo più alto di Gerusalemme. “Non metterti, dunque, al primo posto”.
Dice Gregorio: “Non è certo in grado di coltivare l’umiltà quando è sulla vetta, chi non ha mai smesso di fare il superbo quando era nei posti più insignificanti. Tu che aspiri alle più alte cariche cerchi, così facendo, la rovina dell’anima tua, la perdita della tua buona riputa­zione, il pericolo per il tuo corpo, perché quanto più alta è la tua posizione, tanto più rovinosa sarà la caduta. È proprio il colmo della follia esporsi a sì grandi pericoli. “Non metterti dunque al primo posto”, perché poi dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto, all’inferno.

14. E su tutto questo hai anche la concordanza nel primo libro dei Maccabei, dove si racconta che Àlcimo, avendo comperato con il denaro il sommo pontificato (cf. 1Mac 7,21), “ebbe un attacco apoplettico, la sua bocca restò impedita, rimase tutto paralizzato: non poté più dire una parola né dare disposizioni per la sua casa. E morì in quel tempo con grandi sofferenze” (1Mac 9,55-56).
Àlcimo s’interpreta “fermento di malvagio disegno”, ed è figura del simoniaco il quale, con il fermento del denaro – nel loro conciliabolo non entri l’anima mia (cf. Gn 49,6) perché il loro convegno è riunione di malvagi – corrompe lo spirito di quelli che vendono colombe. Il simoniaco, per il fatto che, senza essere chiamato da Dio come Aronne, vuole salire a dignità ecclesiastiche, dopo essere colpito da paralisi come Àlcimo, morirà senza confessione, senza testamento e in mezzo a grandi sofferenze, e con somma vergogna dovrà occupare l’ultimo e più immondo posto dell’inferno, lui che in questo mondo voleva comparire primo e circondato di gloria.
Fratello, “mettiti dunque all’ultimo posto”, così meriterai di sentirti dire: “Vieni più in su” (Lc 14,10). Dice il filosofo: Per non cadere, lìmitati alle piccole cose (Seneca), perché, dice anche Salomone, “chi costruisce la casa troppo alta, va in cerca di rovina” (Pro 17,16). Per questo, ci dice l’Apostolo, Abramo abitò nelle tende, insieme con Isacco (cf. Eb 11,9). “Mettiti dunque all’ul­timo posto”.
L’ultimo posto è il pensiero della morte, e chi sempre ci pensa non ha alcuna voglia di mettersi al primo posto. Dice Girolamo: Chi pensa abitualmente che dovrà morire, non ha alcuna difficoltà a disprezzare tutte le cose. In questo ultimo posto, o fratello, fissa la tua dimora; siediti lì, guardando e salutando da lontano la celeste Gerusalemme (cf. Eb 11,13), il cui architetto e costruttore è Dio stesso (cf. Eb 11,10), e sii convinto di essere su questa terra soltanto pellegrino e ospite (cf. Eb 11,13). E così mettiti all’ulti­mo posto, senza mai preferirti ad alcuno, reputandoti più indegno di tutti; allora ti senti­rai dire: “Amico, vieni più in su”. Ti riconosce come amico dalla tua umiltà, colui che ti manda indietro per la tua presunzione.
Amico è come dire animi custos, cioè custode dell’animo (dello spirito). L’umiltà è la custode delle virtù, e chi la pratica custodisce il suo animo perché non fugga da lui, nulla essendo più fugace dell’animo. “Con ogni cura custodisci il tuo cuore” (Pro 4,23), è detto nel libro dei Proverbi. Vuoi quindi essere amico di Dio? Custodisci il tuo cuore, ossia conserva il tuo animo, perché se esso ti fuggisse, lo pagheresti con la tua anima5.

15. A questo proposito, nel terzo libro dei Re si racconta che uno dei profeti “si rivolse al Re e gli disse: Il tuo servo era uscito per combattere. Essendosi un uomo dato alla fuga, un altro lo prese, lo condusse da me e mi disse: Custodisci quest’uomo perché se fugge di nuovo pagherai la sua vita con la tua, oppure pagherai un talento d’argento. Mentre io sconvolto mi voltavo di qua e di là, l’uomo improvvisamente scomparve. Il Re d’Israele disse: Tu stesso hai pronunciato la tua condanna!” (3Re 20,39-40).
Tutti noi che siamo entrati in una religione, siamo usciti a combattere contro gli spiriti maligni. In questo combattimento un uomo, cioè il nostro animo, fugge da noi; ma la grazia di Dio riporta in noi il nostro animo, facendoci ridiventare coraggiosi, e dicendo a ciascuno di noi: “Custodisci quest’uomo”, ecc. Custode viene da cura, e cura è come dire cor agitat, muove il cuore. Custodisci dunque quest’uo­mo, abbi cura di lui affinché l’uomo non si cambi in donna, e come una prostituta non fugga da te e corra dietro ai suoi amanti. “Se fuggirà da te, la tua anima, la tua vita risponderà della sua”. Ecco qual è la minaccia del Signore.
Si deve fare attenzione a quello che dice: “Se fuggirà”. Se ne va in un momento ciò che è stato conquistato in lungo tempo (Catone). Nel primo libro dei Re, Saul dice: “Ho visto che il popolo se ne è fuggito da me” (1Re 13,11). E Geremia: “La mia vita è caduta nella fossa” (Lam 3,53).
Ahimè, quante volte il mio animo, dal quale proviene la vita, fugge, cade nella fossa della miseria e nel fango della palude! (cf. Sal 39,3). La mia anima, cioè la mia vita, pagherà dunque per l’anima, oppure dovrò pagare per essa un talento d’argento? Ahimè, Signore Dio, io ho un’anima, ma non sono in grado di pagare un talento di argento, non ho cioè la purezza della vita da mettere sulla bilancia del tuo giudizio. Non farmi pagare dunque con la mia anima questa caduta. Certamente, Signore, i tuoi giudizi sono giusti, e io merito di essere condannato per non aver custodito il tuo deposito (cf. 2Tm 1,12.14), il mio cuore, la mia vita, e quindi merito di essere privato della vita.
“Mentre sconvolto mi voltavo di qua e di là, quell’uomo improvvisamente scomparve”. Ecco come l’animo scompare. Fa’ attenzione alle due parole: “sconvolto” e “mi voltavo”. Sconvolto, il testo latino dice turbatus, come a dire terrae mixtus, mescolato con terra. Non c’è da farsi meraviglia che il tuo animo scompaia, se tu sei sconvolto, cioè immischiato nelle cose della terra. Vuoi perciò conservare il tuo animo? Conserva la tranquillità della tua coscienza. Pensa quanto giustamente ha detto: “Mentre io mi voltavo di qua e di là”: quando tu ti volti di qua, cioè alla carne, o di là, cioè al mondo, perdi il tuo animo. Non devi perciò voltarti a destra o a sinistra, ma camminare diritto sulla via regia, per essere sempre presente a te stesso. E non giudicare mai la vita o le azioni di questo o di quello. Non mormorare mai di nessuno.
“All’improvviso, quello scomparve”. Ogni volta che tu ti volti, se non a Dio o a te stesso, immediatamente il tuo animo scompare. Quindi non voltarti, ma abbi sempre il volto rivolto verso Gerusalemme affinché essa sia nel tuo cuore; e se custodirai il tuo cuore, diverrai amico di Dio. Possa dunque il Signore dirti: “Vieni più in su”. Chi si trova all’ultimo posto, non può che salire più in su, “perché chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11). “E allora ne avrà onore di fronte a tutti i commensali” (Lc 14,10). Infatti, dice sempre Luca: “Li farà accomodare a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37). È veramente un grande onore che il Signore, il Padrone serva il servo.

16. Con questa terza parte del vangelo concorda la terza parte dell’epistola: “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,5-6). Se tu stai all’ultimo posto dell’umiltà, temi il Signore, mantieni la fede e conservi l’innocenza battesimale. Fa’ attenzione alle cinque parole elencate: Il Signore, Dio, Padre, la fede e il battesimo.
Perciò chi vuole sentirsi dire: “Amico, vieni più in su”, mediti sulla potenza del Signore, sulla sapienza di Dio, sulla misericordia del Padre, sull’eccellenza della fede e sul valore del battesimo. Mediti sulla potenza per averne timore, sulla sapienza per provarne il gusto, sulla misericordia per aver fiducia, sull’eccellenza della fede per disprezzare le cose temporali, sul valore del battesimo per combattere sempre valorosamente.
Fratelli carissimi, preghiamo dunque il Signore Gesù Cristo di farci sedere all’ul­timo posto, di custodire il nostro animo, e di farci poi salire fino a lui, che è la gloria, nel regno di coloro che siedono alla sua mensa.
Ce lo conceda egli stesso, che è al di sopra di tutti, che agisce in tutti, che è presente in tutti e che è Dio benedetto nei secoli eterni. E ogni anima umile risponda: Amen, alleluie!


AMDG et DVM