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lunedì 20 maggio 2019

Miriam Stimson, biologa

LA SUORA DELLA DOPPIA ELICA

Miriam Stimson, la biologa che individuò i meccanismi del Dna, era una suora domenicana. Esce negli Usa la sua biografia Una donna che ha speso la sua vita tra la clausura e il suo laboratorio di chimica e ha saputo coniugare molto bene il rapporto tra fede e scienza con il contributo alla scoperta del XX secolo: la doppia elica del Dna. 

È la storia incredibile di suor Miriam Michael Stimson (1913-2002), una suora domenicana del Michigan negli Usa che, nei primi anni ‘50, usando una soluzione di bromuro di potassio (KBr) e la spettroscopia a raggi infrarossi permise di scoprire le basi del Dna. Una rivoluzione nella comunità scientifica degli anni ‘50 rispetto anche ai modelli di Dna proposti da James Waston, Francis Crick e Linus Pauling. Dalla sua intuizione si arriverà, negli anni successivi, a utilizzare la chemioterapia per debellare o almeno curare una malattia mortale come il cancro o conoscere in modo più appropriato malattie come l’Aids. 

È un libro scritto in inglese, il cui titolo tradotto in italiano è: «L’anima del Dna: la vera storia di una suora cattolica e il suo ruolo nella più grande scoperta del secolo XX», Lumina Press, p. 164. 

L’autore è un discepolo della Stimson, lo statunitense di origini giapponesi Jun Tsuji, ricercatore di genetica alla Siena Height University, l’ateneo che ebbe per più di 30 anni la suora domenicana come docente. 
«La grandezza della Stimson - racconta l’autore - è stata quella di imporsi come donna e come suora cattolica in una comunità scientifica, quella degli anni ‘50 fortemente dominata dai maschi e da un establishment, che comprendeva uomini del calibro di James Waston e Francis Crick. Suor Miriam fu una delle prime scienziate a tentare la via del modello della doppia elica del Dna. Il suo metodo e la sua via chimica al Dna è ancora attuale oggi». 

Il volume è il frutto di più di 10 incontri con la scienziata e religiosa, ma anche vuole essere un corollario di aneddoti e di racconti sul difficile ingresso della Stimson nella comunità scientifica Usa degli anni ‘50. Il libro, non a caso, ripercorre tutti gli aspetti dalla vita di suor Miriam, dalla precoce vocazione religiosa all’innata passione per la chimica, alla destrezza nel maneggiare il galvanometro in laboratorio, al suo rapporto molto severo ma anche di «grande fascino per la sua saggezza che aveva con gli allievi, alla «grande fatica» che farà la giovane professoressa di liceo del Michigan, poi divenuta docente universitaria, per ottenere i fondi per la sua ricerca sul Dna, grazie ad istituzioni come la National Cancer Institute o l’American cancer society. 

Ma a introdurre la Stimson alla ricerca scientifica e a spalancare la strada sullo studio della natura chimica dei cromosomi sarà uno dei suoi maestri, George Sperti; e poi, negli anni della ribalta accademica, Erwin Chargaff, uno dei chimici collaboratori di Waston e di Crick. 

Il 1945 è un anno importante per la Stimson perché pubblicherà, per la prima volta, sulla rivista Nature la sua ricerca sui raggi ultravioletti, il suo studio sulla cromatografia (paper crematography) e sull’origine del cancro nelle cellule. 

Finalmente nel 1948 ottiene il dottorato in chimica. Da quella data si susseguiranno, con un certa continuità, le sue pubblicazioni su riviste prestigiose come il Journal of the american chemical society. Vera porta d’ingresso nella comunità scientifica sarà la sua scoperta sul Dna nei primi anni 50: la sperimentazione della spettroscopia a raggi infrarossi e la tecnica di una soluzione di potassio e di bromuro attraverso l’utilizzo di una specie di pressa. 

«La cosa sorprendente - confida nel libro suor Stimson - era la cortina di diffidenza e di ironica leggerezza che si nutriva nei miei confronti da parte della comunità scientifica internazionale solo perché ero un donna e per di più una suora cattolica e quindi incapace a trattare temi così difficili». 

Ma da quella scoperta e dalla fatica di tanti anni di studio arriveranno i primi attestati accademici: dalla sua lezione nel 1951, seconda donna dopo il Nobel madame Marie Curie, alla Sorbona di Parigi al riconoscimento della sua ricerca come cura per il cancro da parte del Chester Beatty Institute of Cancer research di Londra. 

«Una donna genuina e mite - scrive l’autore nelle pagine conclusive del libro - che attraverso la sua fede è riuscita a entrare nel labirinto del Dna e a fare centro: a capire che nella via chimica, quella del bromuro di potassio, v’era la soluzione del problema». 

FILIPPO RIZZI

AMDG et DVM