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giovedì 16 maggio 2019

Te Deum + Omelia IV di san Bernardo



OMELIA IV


1. Non v’è dubbio che tutto ciò che diciamo a lode della Madre, appartiene anche al Figlio, e viceversa, quando onoriamo il Figlio non smettiamo di glorificare la Madre. Poiché se, secondo Salomone, il figlio saggio è gloria del padre (Pr 13, 1), quanto è maggiormente glorioso diventare la madre della stessa Sapienza? Ma perché tentare di lodare la Vergine, della quale già tessono le lodi i Profeti, l’Angelo e l’Evangelista? Io pertanto non lodo, non oso farlo; ma ripeto con devozione ciò che per bocca dell’Evangelista ha già spiegato lo Spirito Santo. Disse infatti ancora l’Angelo: Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre (Lc 1, 32). Sono parole dell’Angelo alla Vergine riguardo al Figlio promesso, con le quali si promette che possederà il regno di Davide. Nessuno dubita che il Signore Gesù sia disceso dalla stirpe di Davide. Ma mi domando come Dio gli abbia dato il trono di Davide suo padre, dal momento che egli non regnò in Gerusalemme, anzi, quando le turbe volevano farlo re, egli non accettò, e anche davanti a Pilato protestò: Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18, 36). E poi che grande cosa si promette a lui che siede sui Cherubini, che il Profeta vide sedere su di un trono eccelso ed elevato, di sedere sul trono di Davide suo padre? Ma noi conosciamo un’ altra Gerusalemme, diversa da quella attuale, nella quale ha regnato Davide, molto più nobile e più ricca di questa. Penso che qui venga significata quella Gerusalemme celeste, secondo il modo di dire, che spesso troviamo nelle Scritture di nominare il significante per la cosa significata. In realtà Dio gli diede il trono di Davide suo padre quando fu costituito da lui Re su Sion suo santo monte. Ma qui si comprende meglio di quale regno abbia parlato il Profeta, perché non disse: «in Sion» ma «sopra Sion». Forse è stato detto sopra perché in Sion regnò Davide: Un frutto delle tue viscere io porrò sul tuo trono (Sal 131, 11) , e un altro Profeta ha detto di lui: Siederà sul trono di Davide e sopra il suo regno (Is 9, 7). Vedi come dappertutto trovi sopra? Sopra Sion, sopra il trono, sopra il soglio, sopra il regno. Il Signore Dio gli darà dunque il trono di Davide suo padre, non quello tipico, ma quello vero, non temporale, ma eterno, non terreno, ma celeste. E vengono queste cose dette di Davide, perché il suo regno, il suo trono temporale era figura di quello eterno.

2. E regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine (Lc 1, 32-33). Anche qui, se prendiamo per casa di Giacobbe quella temporale, come regnerà in eterno sudi essa che non è eterna? Dobbiamo dunque cercare una casa di Giacobbe che sia eterna, sulla quale regni in eterno colui il cui regno non avrà fine. E poi infine non è forse quella di Giacobbe una casa ribelle, che empiamente lo ha rinnegato e insipientemente respinto davanti a Pilato, quando a lui che, mostrando loro Gesù, diceva: Dovrò crocifiggere il vostro Re? (Gv 19, 15) ad una voce gridò: Non abbiamo Re all’infuori di Cesare? (ivi). 

Cerca pertanto presso l’apostolo Paolo, ed egli ti spiegherà chi è Giudeo veramente e chi lo è solamente in apparenza, e quale è la circoncisione secondo lo spirito e quale quella che si fa nella carne, e ti insegnerà a distinguere l’Israele spirituale da quello carnale, e i figli di Abramo secondo la fede e i figli secondo la carne. Così egli dice: Non tutti infatti quelli che discendono da Israele sono Israeliti, né quelli che sono seme di Abramo sono suoi figli (Rm 9, 6-7). Continua il ragionamento e dì: «Non tutti quelli che discendono da Giacobbe sono da ritenersi casa di Giacobbe. E Giacobbe è lo stesso che Israele». Considera nella casa di Giacobbe solo coloro che si dovranno trovare perfetti nella fede di Giacobbe, o piuttosto riconoscerai in essi la spirituale ed eterna casa di Giacobbe sulla quale regnerà in eterno il Signore Gesù. Chi di noi, secondo l’interpretazione del nome di Giacobbe, vorrà soppiantare il diavolo dal suo cuore, lottare contro i vizi e le concupiscenze perché non regni il peccato nel suo corpo mortale, ma regni in lui Gesù adesso perla grazia e in eterno per la gloria? 
Beati coloro nei quali Gesù regnerà in eterno, perché anch’essi regneranno con lui, e questo regno non avrà fine. Oh quanto è glorioso quel regno nel quale si sono radunati i re, si sono riuniti per lodare e glorificare colui che è sopra tutti Re dei re e Signore dei Signori, nella splendidissima contemplazione rifulgeranno i giusti come il sole nel regno del loro Padre! 

Oh se Gesù si ricordasse anche di me peccatore, secondo la bontà che egli usa con il suo popolo, quando verrà il suo regno! Oh se in quel giorno, quando consegnerà a Dio Padre suo il regno, si degnasse di visitarmi con la sua salvezza, perché io possa vedere la felicità dei suoi eletti e godere della gioia del suo popolo, e lodarti anch’io con la tua eredità. 

Vieni frattanto, o Signore Gesù, togli via gli scandali dal tuo regno, che è l’ anima mia, perché tu, come è tuo diritto, regni in essa. Viene infatti l’avarizia, e pretende per sé un trono in me; viene la iattanza, e brama di dominarmi, la superbia anche vuole essere mio re. La lussuria dice: «Io regnerò»; l’ambizione, la detrazione, l’invidia e l’ira lottano in me per il possesso di me, per avere su di me il sopravvento e la supremazia. Ma io, per quanto posso, resisto, e aiutato (dalla grazia) non cedo. Protesto di volere Gesù come mio Signore; a lui mi sottometto, perché riconosco di essere sua proprietà. Lui considero come mio Dio e mio Signore, e dico: «Non ho altro Re all’infuori di Gesù». Vieni dunque, Signore, disperdili con la tua potenza e regnerai tu in me, perché sei tu il mio Re o Dio mio, che decidi vittorie per Giacobbe (Sal 43, 5).



3. Allora Maria disse all’Angelo: Come è possibile? Non conosco uomo (Lc 1, 34). Dapprima rimase in prudente silenzio, quando ancora dubbiosa pensava che cosa significasse quel saluto, preferendo umilmente non rispondere che parlare a vanvera senza sapere. Ma poi rassicurata, e dopo aver bene riflettuto mentre all’esterno parlava l’Angelo, e Dio all’interno la persuadeva — era infatti con lei il Signore, come aveva detto l’Angelo: Il Signore è con te — così dunque rincuorata dalla fede che cacciava il timore, e dalla gioia che prendeva il posto della timidezza, Maria disse all’Angelo: Come è possibile? Non conosco uomo. Non dubita del fatto, ma chiede circa il modo e l’ordine. 

Non chiede cioè se questo avverrà, ma come avverrà. Quasi dicesse: «Sapendo il mio Signore, testimone della mia coscienza, il voto della sua serva di non conoscere uomo, per quale legge o in quale ordine piacerà a lui che si compia questo? Se sarà necessario che io venga meno al mio voto per partorire un tale figlio, io sono contenta di tale figlio, ma mi dispiace per il proposito; tuttavia, sia fatta la sua volontà. Se invece concepirò restando vergine, e tale rimarrò nel parto, il che non è impossibile se a lui piacerà, allora saprò veramente che egli ha riguardato l’umiltà della sua serva». Come dunque avverrà questo, poiché non conosco uomo? L’Angelo le rispose: Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo(Lc 1, 34-35). 
Più sopra è stato detto che Maria era piena di grazia; e adesso in che senso si dice: Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell’Altissimo stenderà la sua ombra su di te? Fu forse possibile che fosse piena di grazia e non avesse ancora lo Spirito Santo, che è il datore delle grazie? E se già lo Spirito Santo era in lei, come le si promette che egli verrà di nuovo? Forse per questo non è stato detto semplicemente: «Verrà in te», ma «sopravverrà», perché già c’era prima in lei molta grazia, ma ora le viene annunziato che sopravverrà per la pienezza di una grazia più abbondante che effonderà su di lei. Ma essendo già piena, come potrà ricevere ancora quel di più? E se è capace di ricevere ancora qualche cosa, come si può dire che prima fosse piena? O forse la prima grazia aveva soltanto riempito il suo spirito, e la seguente doveva compenetrare anche il suo grembo, in quanto cioè la pienezza della divinità che prima abitava in lei, come in molti Santi, spiritualmente, doveva cominciare ad abitare in essa anche corporalmente, come in nessun altro Santo?

4. Dice dunque l’Angelo: Lo Spirito Santo sopravverrà in te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Che cosa vuol dire: Su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo? Chi può capire capisca (Mt 19, 12). Chi infatti, tranne forse colei che sola meritò di farne la felicissima esperienza, sarebbe in grado di comprendere e discernere con la sua ragione in quale maniera quello splendore inaccessibile si sia infuso nelle viscere della vergine, e come, perché essa fosse in grado di sopportare che colui che è inaccessibile entrasse in lei, dalla particella animata di quel corpo a cui si unì, egli facesse ombra al resto del corpo? 
E forse massimamente per questo è stato detto: su te stenderà la sua ombra, perché si trattava di un mistero, e ciò che la Trinità sola e con la sola Vergine volle operare fu fatto conoscere solo a colei a cui fu dato di farne esperienza. 
Diciamo dunque: Lo Spirito Santo scenderà sudi te, e con la sua potenza di fecondità, e la potenza dell’Altissimo stenderà su di te la sua ombra, cioè: la potenza e la sapienza di Dio, Cristo, coprirà e nasconderà, adombrandolo nel suo segretissimo consiglio, il modo con cui tu concepirai per opera dello Spirito Santo, in modo che sia noto solo a lui e a te. 

Come se l’Angelo rispondesse alla Vergine: «Perché chiedi a me quello che tra poco sperimenterai in te? Lo saprai, lo saprai, e felicemente lo saprai, ma te lo farà conoscere lui che lo realizzerà in te. Io sono mandato solo per annunziare il verginale concepimento, non per operarlo. Solo chi lo concede può spiegarlo, solo chi lo riceve può apprenderlo. Perciò anche il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1, 35). 
Che è quanto dire: Poiché non concepirai per opera di uomo, ma dello Spirito Santo, concepirai la potenza dell’Altissimo, cioè il Figlio di Dio: Perciò il Santo che nascerà da te, sarà chiamato Figlio di Dio, vale a dire: non solo colui che, venendo dal seno del Padre nel tuo grembo stenderà su di te la sua ombra, ma anche quello che da te assumerà, sarà ormai chiamato Figlio di Dio, a quel modo che anche colui che è generato dal Padre prima dei secoli, sarà ormai considerato pure figlio tuo. Così dunque quello che è nato dal Padre sarà tuo, e quello che da te nascerà sarà del Padre, non però due figli, ma uno solo. E sebbene uno sia nato da te e l’altro dal Padre, non vi sarà un Figlio del Padre e un Figlio tuo (distinto dal primo), ma un solo Figlio di entrambi.

5. Perciò il Santo che da te nascerà, sarà chiamato Figlio di Dio. Vedi con quanta riverenza ha detto: il Santo che nascerà da te. Perché questa semplice parola Santo,senza aggiunte? Credo perché non trovò nessun nome che esprimesse in modo più degno e appropriato quell’eccellente, magnifico e venerabile che dalla purissima carne della Vergine, con la propria anima, doveva essere unito all’Unico (Figlio) del Padre. Se avesse detto: «santa carne», ovvero «santo nome», o «santo bambino», gli sarebbe sembrato di dire poco. Perciò disse in modo indefinito Santo perché quello che la Vergine generò fu senza dubbio santo, e singolarmente Santo, sia per la santificazione dello Spirito, sia per l’assunzione da parte del Verbo.

6. E l’Angelo aggiunse: Ed ecco Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei nella sua vecchiaia (Lc 1, 36). Che ragione c’era di annunziare alla Vergine anche il concepimento da parte di questa donna sterile? Volle forse l’Angelo confermare con un recente miracolo la Vergine ancora dubbiosa e incredula a quanto le aveva predetto? Certamente no. Leggiamo come l’incredulità di Zaccaria fu da questo stesso Angelo castigata; di Maria invece non leggiamo che sia stata rimproverata di qualche cosa a questo riguardo, anzi, sappiamo che la sua fede fu lodata per bocca di Elisabetta: Beata te, disse, che hai creduto, perché si compiranno le cose dette a te dal Signore. Ma a Maria Vergine viene annunziato che la parente sterile ha concepito anche lei, onde al gaudio sia aggiunto altro gaudio, mentre al miracolo si unisce un altro miracolo. 
Ora era necessario che in anticipo un grande incendio di letizia e di amore infiammasse il cuore di colei che stava per concepire con il gaudio dello Spirito Santo il Figlio diletto del Padre. Solo infatti un cuore pieno di devozione e di gioia era adatto ad accogliere tanta sovrabbondanza di dolcezza e di allegrezza. 

Ovvero la gravidanza di Elisabetta viene annunziata a Maria perché la Vergine la conoscesse per mezzo dell’Angelo prima di saperlo da altri; la cosa infatti ben presto si sarebbe divulgata dappertutto, né conveniva che la Madre di Dio sembrasse tenuta all’oscuro dei disegni del Figlio, se fosse rimasta ignara di quelle cose che così da vicino si compivano sulla terra. 

Ovvero piuttosto il concepimento di Elisabetta fu annunziato a Maria affinché, mentre veniva informata sulla venuta e del Salvatore, e del Precursore, tenendo a mente il tempo e l’ordine degli avvenimenti, essa fosse in grado di disporre in seguito la verità agli scrittori e ai predicatori del Vangelo, essendo stata da principio istruita dal cielo su tutti i misteri. 

O ancora, la maternità di Elisabetta viene annunziata a Maria, affinché, sentendo che questa è anziana e gravida, pensi di recarle aiuto, lei che è nel fiore dell’età, e così, mentre Maria si affretta a visitarla, venga dato luogo e occasione al piccolo Profeta Giovanni di offrire le primizie del suo ufficio (di Precursore) al Signore più piccolo ancora, e mentre fanno a gara la devozione delle madri e dei figli, eccitata dall’uno e dall’altro, ne risulta un insieme meraviglioso di prodigi.


7. Non si pensi però che così grandi meraviglie siano operate dall’Angelo che le ha preannunziate. Se cerchi chi ne sia il realizzatore (l’autore), senti che cosa dice l’Angelo: Nulla è impossibile a Dio (Lc 1, 37); come se dicesse: Queste cose io prometto con tanta fiducia, contando, non sulla mia, ma sulla potenza di colui che mi ha mandato, perché nulla è impossibile a Dio. Che cosa infatti ci può essere di impossibile per lui che ha fatto tutte le cose per mezzo del Verbo? Mi colpisce anche questo nelle parole dell’Angelo, che egli non ha detto: Non sarà impossibile presso Dio ogni fatto, ogni opera, ma ogni Parola. Di proposito ha detto: ogni parola, perché come è facile agli uomini dire quello che vogliono, anche quando poi non possono per nulla farlo, così è facile, anzi immensamente più facile a Dio tutto quello che essi possono esprimere con la parola. 

Dico più chiaro: se per gli uomini fosse così facile fare come dire quello che vogliono, anche per essi non sarebbe impossibile ogni parola: ma invece ha ragione il proverbio che asserisce esserci molta distanza tra il dire e il fare, ma questo presso gli uomini, non presso Dio, nel quale si identifica il parlare col fare, il volere con il parlare; perciò presso Dio solo non sarà impossibile ogni parola. Per esempio: i Profeti poterono prevedere e predire che la Vergine e la sterile avrebbero concepito e partorito; ma potevano forse essi far sì che esse concepissero o partorissero? Ma Dio che diede loro di poter prevedere, come poté facilmente preannunziare allora per bocca loro quello che volle, così con la stessa facilità può adesso realizzare da se stesso ciò che aveva promesso. In realtà in Dio la parola non è diversa dall’intenzione, perché egli è la verità, né l’azione differisce dalla parola, perché è potenza, né il modo discorda dal fatto, perché è sapienza, e per questo non sarà impossibile presso Dio ogni parola.

8. Hai sentito, o Vergine, il fatto, hai sentito anche il modo in cui esso avverrà: entrambi meravigliosi, entrambi giocondi. Giubila, o figlia di Sion, ed esulta grandemente, figlia di Gerusalemme. E poiché al tuo orecchio è stato dato annunzio di gioia e di letizia, vogliamo anche noi sentire da te la lieta risposta che desideriamo, onde finalmente esultino le ossa umiliate. Hai udito il fatto, e hai creduto; credi anche circa il modo che ti è stato spiegato. Hai udito che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà per opera dello Spirito Santo, non per opera d’uomo. L’Angelo aspetta una risposta; è ormai tempo infatti che ritorni a colui che l’ha mandato. Aspettiamo anche noi una parola di compassione, o Signora, noi sui quali miserevolmente grava la sentenza di condanna. Ed ecco che ti è offerto il prezzo della nostra salvezza: se tu acconsenti, noi saremo immediatamente liberati. Siamo stati tutti creati dal sempiterno Verbo di Dio, ed ecco moriamo; una tua breve risposta ci può risanare e richiamare alla vita. Te ne supplica, o Vergine pia, Adamo piangente, esule dal paradiso con la misera stirpe. 
Questo implorano Abramo, Davide e gli altri santi Patriarchi, cioè, i padri tuoi, che abitano anch’ essi nella regione dell’ ombra di morte. 
Questo aspetta tutto il mondo, prostrato ai tuoi piedi: e giustamente, perché dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione degli schiavi, la liberazione dei dannati, insomma, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua famiglia umana. Da questo, o Vergine, la tua risposta. 

O Signora, rispondi, pronunzia quella parola che la terra, gli inferi e gli abitanti del cielo aspettano. Lo stesso Re e Signore di tutti, quando si è invaghito della tua bellezza, altrettanto desidera anche la tua risposta di consenso, dalla quale fa dipendere la salvezza del mondo. Sei piaciuta a lui nel silenzio: ora gli piacerai pronunziando una parola, mentre ti grida dal cielo: O bella tra le donne, fammi sentire la tua voce (Ct 1, 7). Se dunque tu gli fai udire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza. Non è forse questa che chiedevi con gemiti, che per giorni e notti pregando sospiravi? E allora? Sei tu a cui è fatta questa promessa, o dobbiamo aspettare un’altra? No, no, li proprio tu e non un’altra. Tu sei quella Vergine promessa, quella vergine aspettata, desiderata, dalla quale il tuo santo padre Giacobbe, vicino a morire, sperava la vita eterna, dicendo: Aspetterò la tua salvezza, o Signore, nella quale infine e per la quale lo stesso Dio nostro Re ha disposto dall’eternità di operare la salvezza sulla nostra terra.

Perché dunque sperare da un’altra quello che è offerto a te? Perché sperare da un’altra quello che ora si compirà in te, purché tu dia con una parola il tuo consenso? Rispondi dunque presto all’Angelo, anzi, attraverso l’Angelo rispondi al Signore. Rispondi una parola, e accogli la Parola: pronunzia la tua e accogli la divina; proferisci la parola che passa, e abbraccia quella eterna. Perché indugi? Perché tremi? Credi, acconsenti e accogli. L’umiltà si faccia audace, la verecondia fiduciosa. 
In questo momento non è conveniente affatto che la verginale semplicità dimentichi la prudenza. In questo solo caso, o Vergine prudente, non temere la presunzione, perché anche se è gradita la verecondia nel silenzio, ora però e più necessaria la pietà che ti spinga a parlare. Apri, o Vergine beata, il cuore alla fiducia, le labbra alla parola, le tue viscere al Creatore. Ecco, l’aspettato da tutte le genti sta fuori e bussa alla porta. Oh, se mentre tu indugi egli passasse oltre, e tu dovessi ricominciare a cercare l’amato dell’anima tua! (Cfr. Ct 3, 1). Alzati, corri, apri! Sorgi con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo consenso!


9. Ecco, disse Maria, l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola (Lc 1, 38). La grazia divina di solito si accompagna con l’ umiltà. Dio infatti resiste ai superbi, ma dà la grazia agli umili (1 Pt 5, 5). Ecco, dice, l’ancella del Signore. Qual è questa sublime umiltà che viene meno negli onori, e non diviene insolente nella gloria? Viene prescelta a Madre di Dio, e si nomina ancella: non è segno di mediocre umiltà il non dimenticare di esserlo quando viene offerta una gloria così grande. Non è grande cosa essere umile nell’abiezione; veramente grande e rara virtù l’umiltà negli onori. Se avvenisse che la Chiesa, tratta in inganno dalle mie ipocrisie, promuovesse me, misero omiciattolo a qualche posto onorifico, anche mediocre, permettendo ciò Iddio per i miei peccati o a causa di quelli dei sudditi, io subito, dimentico di quello che sono stato, mi stimerei quale sono reputato dagli uomini, i quali non vedono il cuore. 
Credo alla riputazione, invece di badare alla coscienza, attribuisco non l’onore alle virtù, ma le virtù agli onori, stimandomi tanto più santo quanto più posto in alto. Si possono vedere parecchi nella Chiesa, divenuti nobili da ignobili che erano, passati dalla povertà alla ricchezza, subito gonfiarsi, dimenticare la primitiva abiezione, vergognarsi della loro origine e disprezzare i parenti rimasti nell’ombra di una povera condizione. Si possono anche vedere uomini danarosi rincorrere gli onori ecclesiastici, ostentare una santità che non hanno, avendo mutato l’abito, ma non il cuore, stimandosi degni della dignità a cui sono pervenuti con i loro intrighi e attribuendo ai loro meriti, se oso dirlo, quello che hanno ottenuto con il denaro. Ometto quelli che sono accecati dall’ambizione: e l’onore stesso che ottengono è per essi materia di superbia.

10. Ma vedo, e questo è più penoso, che taluni dopo aver disprezzato la pompa del mondo, nella scuola dell’umiltà imparano piuttosto la superbia, e sotto le ali del Maestro mite ed umile diventano maggiormente insolenti e più impazienti nel chiostro di quanto lo sarebbero stati nel mondo. Ma quel che è peggio è che parecchi nella casa di Dio non sopportano di essere tenuti in poco conto, mentre a casa loro non potevano essere che gente trascurabile; sicché dove gli onori sono ambiti da molti, essi non meritarono di trovar posto, ma vogliono apparire degni di onore dove gli onori sono da tutti disprezzati. Vedo ancora altri, e anche questo è doloroso, i quali, dopo essersi aggregati alla milizia di Cristo, si immischiano di nuovo in affari secolari, nuovamente si immergono nelle cupidigie terrene, molto preoccupati di innalzare muri, trascurando i costumi, sotto pretesto anche del bene comune, vendono parole ai ricchi e ossequi alle matrone, non dando ascolto a quanto prescritto dal loro Sovrano di non desiderare le cose altrui e di non muovere lite per rivendicare le cose proprie, non dando retta a quanto l’Apostolo per ordine del Re divino proclama altamente: È già un delitto per voi il fatto di avere liti. Perché non sopportate piuttosto di venir frodati? (1 Cor 6, 7) 
Così dunque hanno crocifisso a sé il mondo e se stessi al mondo costoro che prima erano appena conosciuti nel loro villaggio o paese, e ora vanno in giro per le città, frequentano le curie e son diventati conoscitori di re e famigliari ai principi? Per non dire del loro abito nel quale si ricerca non il calore, ma il colore, e si dà più importanza al culto delle vesti che a quello delle virtù? Peggiori delle donnicciole schiave della moda, lo dico con vergogna, tali monaci affettano il lusso negli abiti, che non rispondono più ad una necessità, né rispettano la forma stabilita nell’ordine, e rappresentano solo più un ornamento, e non un’armatura per i soldati di Cristo che dovrebbero prepararsi alla battaglia, e innalzare contro le potestà dell’aria la bandiera della povertà, molto temuta dagli avversari. Invece essi, mostrando nella mollezza degli abiti un segno di pace, senza combattere si danno inermi in mano ai nemici. Tutti questi mali non hanno che questa origine: abbiamo messo da parte quell’umiltà per la quale avevamo lasciato il mondo, e allora, trascinati di nuovo dalle vane passioni dei secolari, siamo come cani che ritornano al vomito.

11. Sentiamo pertanto noi tutti che siamo in questa condizione che cosa ha risposto colei che veniva prescelta a Madre di Dio, ma non dimenticava l’ umiltà.Ecco, disse, l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola. Si faccia indica un desiderio, non esprime un dubbio, e dicendo: Si faccia di me secondo la tua parola mostra piuttosto l’affetto di chi desidera che l’aspettativa di un effetto come di chi dubita. Ma non c’è difficoltà a intendere quel «si faccia» come l’espressione di una preghiera. Nessuno infatti chiede nell’orazione se non ciò che crede e opera. Ora Dio vuole essere pregato anche riguardo a ciò che promette. E perciò prima promette molte cose che ha deciso di concedere, affinché dalla promessa sia eccitata la devozione, e così quello che avrebbe dato gratuitamente, lo meriti la devota orazione.

Così il pio Signore, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino, ci sprona a farci dei meriti a nostro vantaggio: egli ci previene dandoci quello che poi egli premia, agisce gratuitamente, ma in modo da non premiarci senza nostro merito. Questo comprese la Vergine prudente, quando al dono preveniente della gratuita promessa, unì il merito della sua orazione, dicendo: Si faccia di me secondo la tua parola. Si faccia di me secondo la tua parola riguardo al Verbo. Il Verbo che era in principio presso Dio, si faccia carne dalla mia carne secondo la tua parola. Venga a me il Verbo, non pronunciato che passi, ma concepito che rimanga, rivestito cioè di carne, non di aria. Venga a me il Verbo, non solo a colpire l’orecchio, ma visibile agli occhi, che si possa palpare con le mani, portare in braccio. Né si faccia per me parola scritta e muta, ma incarnata e viva, non scritto con muti segni su pelli di morte, ma in forma umana impressa nelle mie caste viscere, e questo, non mediante l’opera di una penna morta, ma per opera dello Spirito Santo.

Si faccia cioè a me come a nessun altro prima di me e a nessun altro dopo di me. Ora molte volte e in vari modi Dio ha parlato un tempo ai Padri per mezzo dei Profeti. Ad alcuni parlò nell’orecchio, ad altri parlò per la loro bocca, ad altri si manifestò nelle opere delle loro mani, come riferisce la Scrittura. Quanto a me prego che il Verbo di Dio s’incarni nel mio grembo, secondo la tua parola. Non voglio che venga a me solennemente declamato, o da figure rappresentato, o con l’immaginazione sognato, ma nel silenzio ispirato, personalmente incarnato, corporalmente inviscerato. Il Verbo pertanto, che in sé non poteva, né aveva bisogno di essere fatto, si degni di essere fatto in me e a me secondo la tua parola. E sia fatto in generale a tutto il mondo, ma specialmente sia fatto in me secondo la tua parola.

Ho esposto il brano evangelico così come ho potuto, e non ignoro che non piacerà a tutti; anzi che per questo sarò oggetto di indignazione da parte di molti, e, o sarò giudicato di aver fatto cosa superflua, odi essere un presuntuoso, in quanto ho osato mettere mano a un nuovo commento dopo che i Padri avevano già commentato molto diffusamente questo testo medesimo. Ma se uno parla dopo i Padri senza nulla dire contro i Padri, penso che ciò non debba dispiacere, né ai Padri, né ad alcun altro. Dove poi ho riferito cose già dette dai Padri, mentre cerco di evitare così ogni forma di presunzione perché non venga a mancare il frutto della devozione, ascolterò con pazienza quelli che mi accusano d’aver fatto cosa superflua. Sappiano tuttavia coloro che mi deridono per un commento ozioso e per nulla necessario, che io non ho tanto inteso fare un’esposizione del Vangelo, quanto di prendere occasione dal Vangelo per dire quello di cui mi era dolce parlare. Ma se ho peccato, seguendo questa mia devozione più che l’utilità comune, la pia Vergine Maria, a cui con somma devozione ho dedicato quest’umile lavoro, sarà abbastanza potente per ottenermene il perdono presso il suo misericordioso Figlio.


AMDG et DVM

martedì 14 maggio 2019

EN SU CABEZA TENÍA UNA CORONA DE DOCE ESTRELLAS


SOBRE LAS DOCE PRERROGATIVAS DE LA BIENAVENTURADA VIRGEN MARÍA, SEGÚN LAS PALABRAS DEL APOCALIPSIS: «UN PORTENTO GRANDE APARECIÓ EN EL CIELO: UNA MUJER ESTABA CUBIERTA CON EL SOL Y LA LUNA A SUS PIES Y EN SU CABEZA TENÍA UNA CORONA DE DOCE ESTRELLAS»

1. Muchísimo daño, amadísimos, nos causaron un varón y una mujer; pero, gracias a Dios, igualmente por un varón y una mujer se restaura todo. Y no sin grande aumento de gracias. Porque no fué el don como había sido el delito, sino que excede a la estimación del daño la grandeza del beneficio. Así, el prudentísimo y clementísinio Artífice no quebrantó lo que estaba hendido, sino que lo rehizo más útilmente por todos modos, es a saber, formando un nuevo Adán del viejo y transfundiendo a Eva en María. Y, ciertamente, podía bastar Cristo, pues aun ahora toda nuestra suficiencia es de El, pero no era bueno para nosotros que estuviese el hombre solo. 
Mucho más conveniente era que asistiese a nuestra reparación uno y otro sexo, no habiendo faltado para nuestra corrupción ni el uno ni el otro. Fiel y poderoso mediador de Dios y de los hombres es el hombre Cristo Jesús, pero respetan en él los hombres una divina majestad. Parece estar la humanidad absorbida en la divinidad, no porque se haya mudado la substancia, sino porque sus afectos están divinizados. No se canta de El sola la misericordia, sino que también se le canta igualmente la justicia, porque aunque aprendió, por lo que padeció, la compasión, y vino a ser misericordioso, con todo eso tiene la potestad de juez al mismo tiempo. En fin, nuestro Dios es un fuego que consume. ¿Qué mucho tema el pecador llegarse a El, no sea que, al modo que se derrite la cera a la presencia del fuego, así perezca él a la presencia de Dios?

2. Así, pues, ya no parecerá estar de más la mujer bendita entre todas las mujeres, pues se ve claramente el papel que desempeña en la obra de nuestra reconciliación, porque necesitamos un mediador cerca de este Mediador y nadie puede desempeñar tan provechosamente este oficio como María. ¡Mediadora demasiado cruel fué Eva, por quien la serpiente antigua infundió en el varón mismo el pestífero veneno! ¡Pero fiel es Maria, que propinó el antídoto de la salud a los varones y a las mujeres! Aquélla fué instrumento de la seducción, ésta de la propiciación; aquélla sugirió la prevaricación, ésta introdujo la redención. ¿Qué recela llegar a María la fragilidad humana? Nada hay en ella austero, nada terrible; todo es suave, ofreciendo a todos leche y lana. Revuelve con cuidado toda la serie de la evangélica historia, y si acaso algo de dureza o de reprensión desabrida, si aun la señal de alguna indignación, aunque leve, se encuentre en María, tenla en adelante por sospechosa y recela el llegarte a ella. 
Pero si más bien (como es así en la verdad) encuentras las cosas que pertenecen a ella llenas de piedad y de misericordia, llenas de mansedumbre y de gracia, da las gracias a aquel Señor que con una benignísima misericordia proveyó para ti tal mediadora que nada puede haber en ella que infunda temor. Ella se hizo toda para todos; a los sabios y a los ignorantes, con una copiosísima caridad, se hizo deudora. A todos abre el seno de la misericordia, para que todos reciban de su plenitud: redención el cautivo, curación el enfermo, consuelo el afligido, el pecador perdón, el justo gracia, el ángel alegría; en fin, toda la Trinídad gloria, y la misma persona del Hijo recibe de ella la substancia de la carne humana, a fin de que no haya quien se esconda de su calor.

3. ¿No juzgas, pues, que esta misma es aquella mujer vestida del sol? Porque, aunque la misma serie de la visión profética demuestre que se debe entender de la presente Iglesia, esto mismo seguramente parece que se puede atribuir sin inconvenente a María. Sin duda ella es la que se vistió corno de otro sol. Porque, así como aquél nace indiferentemente sobre los buenos y los malos, así también esta Señora no examina los méritos antecedentes, sino que se presenta exorable para todos, para todos clementísima, y se apiada de las necesidades de todos con un amplísimo afecto. Todo defecto está debajo de ella y supera todo lo que hay en nosotros la fragilidad y corrupción, con una sublimidad excelentísima en que excede y sobrepasa las demás criaturas, de modo que con razón se dice que la luna está debajo de sus pies. De otra suerte, no parecería que decíamos una cosa muy grande si dijéramos que esta luna estaba debajo de los pies de quien es ¡lícito dudar que fué ensalzada sobre todos los coros de los ángeles, sobre los querubines también y los serafines. Suele designarse en la una no sólo el defecto de la corrupción, sino la necedad del entendimiento y algunas veces la Iglesia del tiempo presente; aquello, ciertamente, por su mutabilidad , la Iglesia por el esplendor que recibe de otra parte. Mas una y otra luna (por decirlo así) congruentísimamente está debajo de los pies de María, pero de diferente modo, puesto que el necio se muda como la luna y el sabio permanece como el sol. En el sol, el calor y el esplendor son estables, mientras que en la luna hay solamente el esplendor, y aun éste es mudable e incierto, pues nunca permanece en el mismo estado. 
Con razón, pues, se nos representa a María vestida del sol, por cuanto penetró el abismo profundísimo de la divina sabiduría más allá de lo que se pueda creer, de suerte que, en cuanto lo permite la condición de simple criatura, sin llegar a la unión personal, parece estar sumergida totalmente en aquella inaccesible luz, en aquel fuego que purificó los labios del profeta Isaías, y en el cual se abrasan los serafines. Así que de muy diferente modo mereció María no sólo ser rozada ligeramerte por el sol divino, sino más bien ser cubierta con él por todas partes, ser bañada alrededor y COMO encerrada en el mismo fuego. Candidísimo es, a la verdad, pero y también calidísimo el vestido de esta mujer, de quien todas las cosas se ven tan excelentemente iluminadas, que no es lícito sospechar en ella nada, no digo tenebroso, pero ni oscuro en algún modo siquiera o menos lúcido, ni tampoco algo que sea tibio o no lleno de fervor.

4. Igualmente, toda necedad está muy debajo de sus pies, para que por todos modos no se cuente María en el número de las mujeres necias ni en el coro de las vírgenes fatuas. Antes bien, aquel único necio y príncipe de toda la necedad que, mudado verdaderamente como la luna, perdió la sabiduría en su hermosura, conculcado y quebrantado bajo los pies de María, padece una miserable esclavitud. Sin duda, ella es aquella mujer prometida otro tiempo por Dios para quebrantar la cabeza de la serpiente antigua con el pie de la virtud, a cuyo calcaño puso asechanzas en muchos ardides de su astucia, pero en vano, puesto que ella sola quebrantó toda la herética perversidad. 
Uno decía que no había concebido a Cristo de la substancia de su carne; otro silbaba que no había dado a luz al niño, sino que le había hallado; otro blasfemaba que, a lo menos, después del parto, había sido conocida de varón; otro, no sufriendo que la llamasen Madre de Dios, reprendía impiísimamente aquel nombre grande, Theocotos, que significa la que díó a luz a Dios. Pero fueron quebrantados los que ponían asechanzas, fueron conculcados los engañadores, fueron confutados los usurpadores y la llaman bienaventurada todas las generaciones. Finalmente, luego que dió a luz, puso asechanzas el dragón por medio de Herodes, para apoderarse del Hijo que nacía y devorarle, porque había enemistades entre la generación de la mujer y la del dragón.

5. Mas ya, si parece que más bien se debe entender la Iglesia en el nombre de luna, poi, cuanto no resplandece de suyo, sino que aquel Señor que dice: Sin mí nada podéis hacer, tendremos entonces evidentemente expresada aquí aquella mediadora de quien poco ha os he hablado. Apareció una mujer, dice San Juan, vestida del sol, y la luna debajo de sus pies . Abracemos las plantas de María, hermanos míos, y postrémonos con devotísimas súplicas a aquellos pies bienaventurados. Retengámosla y no la dejemos partir hasta que nos bendiga, porque es poderosa. Ciertamente, el vellocino colocado entre el rocío y la era, y la mujer entre el sol y la luna, nos muestran a María, colocada entre Cristo y la Iglesia. Pero acaso no os admira tanto el vellocino saturado de rocío como la mujer vestida del sol, porque si bien es grande la conexión entre la mujer y el sol con que está vestida, todavía resulta más sorprendente la adherencia que hay entre ambos. 
Porque ¿cómo en medio de aquel ardor tan vehemente pudo subsistir una naturaleza tan frágil? Justamente te admiras, Moisés santo, y deseas ver más de cerca esa estupenda maravilla; mas para conseguirlo debes quitarte el calzado y despojarte enteramente de toda clase de pensamientos carnales. Iré a ver, dice, esta gran maravilla . Gran maravilla, ciertamente, una zarza ardiendo sin quemarse, gran portento una mujer que queda ilesa estando cubierta con el sol. No es de la naturaleza de la zarza el que esté cubierta por todas partes de llamas y permanezca con todo eso sin quemarse; no es poder de mujer el sostener un sol que la cubre. No es de virtud humana, pero ni de la angélica seguramente. Es necesaria otra más sublime. El Espíritu Santo, dice, sobrevendrá en ti. Y como si respondiese ella: Dios es espíritu y nuestro Dios es un fuego que consume. La virtud, dice, no la mía, no la tuya, sino la del Altísimo, te hará sombra. No es maravilla, pues, que debajo de tal sombra sostenga también una mujer vestido tal.

6. Una mujer, dice, cubierta con el sol. Sin duda cubierta de luz como de un vestido. No lo percibe acaso el carnal: sin duda es cosa espiritual, necedad le parece. No parecía así al Apóstol, quien decía: Vestíos del Señor Jesucristo.¡Cuán familiar de El fuiste hecha, Señora! ¡Cuán próxima, más bien, cuán íntima mereciste ser becha! ¡ Cuánta gracia hallaste en Dios !En ti está y tú en El; a El le vistes y eres vestida por El. Le vistes con la substancia de la carne y El te viste con la gloria de la majestad suya. Vistes al sol de una nube y eres vestida tú misma de un sol. Porque una cosa nueva hizo Dios sobre la tierra, y fué que una mujer rodease a un varón, que no es otro que Cristo, de quien se dice: He ahí un varón; Oriente es su nombre; una cosa nueva hizo también en el cielo, y fué que apareciese una mujer cubierta con el sol. Finalmente, ella le coronó y mereció también ser coronada por El. Salid, hijas de Sión, y ved al rey Salomón en la diadema con que le coronó su Madre. Pero esto para otro tiempo. Entre tanto, entrad, más bien, y ved a la reina en la diadema con que la coronó su Hijo.

7. En su cabeza, dice, tenía una corona de doce estrellas. Digna, sin duda, de ser coronada con estrellas aquella cuya cabeza, brillando mucho más lucidamente que ellas, más bien las adornará que será por ellas adornada. ¿Qué mucho que coronen los astros a quien viste el sol? Como en los días de primavera, dice, la rodeaban las flores de los rosales y las azucenas de los valles. Sin duda la mano izquierda del Esposo está puesta bajo de su cabeza y ya su diestra la abraza. ¿Quién apreciará estas piedras? ¿Quién dará nombre a estas estrellas con que está fabricada la diadema real de María? 

Sobre la capacidad del hombre es dar idea de esta corona y explicar su composición. Con todo eso, nosotros, según nuestra cortedad, absteniéndonos del peligroso examen de los secretos, podremos acaso sin inconveniente entender en estas doce estrellas doce prerrogativas de gracias con que María singularmente está adornada. Porque se encuentran en María prerrogativas del cielo, prerrogativas del cuerpo y prerrogativas del corazón; y si este ternario se multiplica por cuatro, tenernos quizá las doce estrellas con que la real diadema de María resplandece sobre todos. Para mí brilla un singular resplandor, primero, en la generación de María; segundo, en la salutación del ángel; tercero, en la venida del Espíritu Santo sobre ella; cuarto, en la indecible concepción del Hijo de Dios. Así, en estas mismas cosas también resplandece un soberano honor, por haber sido ella la primiceria de la virginidad , por haber sido fecunda sin corrupción, por haber estado encinta sin opresión, por haber dado a luz sin dolor. No menos también con un especial resplandor brillan en María la mansedumbre del pudor, la devoción de la humildad, de magnanimidad de la fe, el martirio del corazón. Cuidado vuestro será mirar con mayor diligencia cada una de estas cosas. Nosotros habremos satisfecho, al parecer, si podemos indicarlas brevemente.

8. ¿Qué es, pues, lo que brilla, comparable con las estrellas, en la generación de María? Sin duda el ser nacida de reyes, el ser de sangre de Abraharn., el ser de la generosa prosapia de David. Si esto parece poco, añade que se sabe fué concedida por el cielo a aquella geeración por el privilegio singular de santidad, que mucho antes fué prometida por Dios a estos mismos Padres, que fué prefigurada con rnisteriosos prodigios, que fué prenunciada con oráculos proféticos. Porque a esta misma señalaba anticipadamente la vara sacerdotal cuando floreció sin raíz, a ésta el vellocino de Gedeón cuándo en medio de la era seca se humedeció, a ésta la puerta oriental en la visión de Ezequiel, la cual para ninguno estuvo patente jamás. Esta era, en fin, la que Isaías, más claramente que todos, ya la prometía como vara que había de nacer de la raíz de Jesé, ya, más manifíestamente, corno virgen que había de dar a luz. 
Con razón se escribe que este prodigio grande había aparecido en el cielo, pues se sabe haber sido prometido tanto antes por el cielo. El Señor dice: El mismo os dará un prodigio. Ved que concebirá una virgen. Grande prodigio dió, a la verdad, porque también es grande el que le dió. ¿En qué vista no reverbera con la mayor vehemencia el brillo resplandeciente de esta prerrogativa? Ya, en haber sido saludada por el ángel tan reverente y obsequiosamente, que podía parecer que la miraba ya ensalzada con el solio real sobre todos los órdenes de los escuadrones celestiales y que casi iba a adora a una mujer el que solía hasta entonces ser adorado gustosamente por los hombres, se nos recomienda el excelentísimo mérito de nuestra Virgen y su gracia singular.

9. No menos resplandece aquel nuevo modo de concepción, por el cual, no en la iniquidad, como las demás mujeres, sino sobreviniendo el Espíritu Santo, sola María concibió y de sola la santificación. Pero el haber engendrado ella al verdadero Dios y verdadero Hijo de Dios, para que uno mismo fuese Hijo de Dios y de los hombres y uno absolutamente, Dios y hombre, naciese de María, abismo es de luz; ni diré fácilmente que aun la vista del ángel no se ofusque a la vehemencia de este resplandor. En lo demás, evidentemente, se ilustra la virginidad por la novedad del mismo propósito de la virginidad por la novedad del mismo propósito, puesto que, elevándose en la libertad de espíritu sobre los decretos de la ley de Moisés, ofreció a Dios con voto la inmaculada santidad de cuerpo y de espíritu juntamente. Prueba la inviolable firmeza de su propósito el haber respondido tan firmemente al ángel que la prometía un hijo: ¿Cómo se hará esto, porque yo no conozco varón? 
Acaso por eso se turbó en sus palabras y pensaba qué salutación sería ésta, porque había oído que la llamaban bendita entre las mujeres la que siempre deseaba ser bendita entre las vírgenes. Y desde aquel punto, ciertamente, pensaba qué salutación sería ésta, porque ya parecía ser sospechosa. Mas luego que en la promesa de un hijo aparecía el peligro manifiesto de la virginidad, ya no pudo disimular más ni dejar de decir: ¿Cómo se hará esto, porque yo no conozco varón? Por tanto, con razón mereció aquella bendición y no perdió ésta, para que así sea mucha más gloriosa la virginidad por la fecundidad y la fecundidad por la virginidad y parezcan ilustrarse mutuamente estos dos astros con sus rayos. Pues el ser virgen cosa grande es, pero ser virgen madre, por todos modos es mucho más. Con razón también sola ella no sintió aquel molestísimo tedio con que todas las mujeres embarazadas son afligidas, pues ella sola concibió sin libidinoso deleite. Por lo cual, en el mismo principio de la concepción, cuando principalmente son afligidas miserablemente las demás mujeres, María con toda presteza sube a las montañas para asistir a Isabel. Subió también a Belén, estando ya cercano el parto, llevando aquel preciosísimo depósito, llevando aquel peso dulce, llevando a quien la llevaba. Así también, en el mismo parto, de cuánto esplendor es el haber dado a luz con un gozo nuevo la nueva prole, siendo sola ella entre las mujeres ajena de la común maldición y del dolor de las que dan a luz. Si el precio de las cosas se ha de juzgar por lo raro de ellas, nada se puede hallar más raro que éstas. Puesto que en todas ellas ni se vió tener primera semejante ni segunda. De todo esto, si fielmente lo miramos, sin duda concebiremos admiración; pero y veneración también, devoción y consolación.

10. Mas lo que todavía resta considerar pide imitación. No es para nosotros el ser antes del nacimiento prometidos prodigiosamente de tantos y tan varios modos ni el ser prenunciados desde el cielo, ni tampoco el ser honrados por el arcángel Gabriel con los obsequios de tan nueva salutación. Mucho menos nos comunican las otras dos cosas a nosotros; ciertamente su secreto es para sí. Porque sola ella es de quien se dice: Lo que en ella ha nacido es del Espíritu Santo. Sola ella es a quien se dice: Lo santo que nacerá de ti se llamará Hijo de Dios . Sean ofrecidas al Rey las vírgenes, pero después de ella, porque ella sola reserva para sí la primacía. Mucho más, ella sola concibió al hijo sin corrupción, le llevó sin opresión, le dió a luz sin dolor. Así, nada de esto se exige de nosotros, pero, ciertamente, se exige algo. Porque por ventura, si también nos falta a nosotros la mansedumbre del pudor, la humildad del corazón, la magnanimidad de la fe, la compasión del ánimo, ¿excusará nuestra negligencia la singularidad de estos dones? Agraciada piedra en la diadema, estrella resplandeciente en la cabeza es el rubor en el semblante del hombre vergonzoso. ¿Piensa acaso alguno que careció de esta gracia la que fué llena de gracias? Vergonzosa fué María. Del Evangelio lo probamos. Porque ¿en dónde se ve que fuese alguna vez locuaz, en dónde se ve que fuese presuntuosa? Solicitando hablar al hijo se estaba afuera, ni con la autoridad que tenía de madre interrumpió el sermón o se entró por la habitación en que el hijo estaba hablando. 
En toda la serie, finalmente, de los cuatro Evangelios (si bien me acuerdo) no se oye hablar a María sino cuatro veces. La primera al ángel, pero cuando ya una y dos veces la había él hablado; la segunda a Isabel, cuando la voz de su salutación hizo saltar de gozo a Juan en el vientre; y, alabando ,entonces Isabel a María, cuidó ella más bien de alabar al Señor; la tercera al Hijo, cuando era ya de doce años, porque ella misma y su padre le habían buscado llenos de dolor; la cuarta, en las bodas, al Hijo y a los ministros. Y estas palabras, sin duda, fueron índice certísimo de su congénita mansedumbre y vergüenza virginal. Puesto que, reputando suyo el empacho de otros, no pudo sufrir, no pudo disimular que les faltase vino. A la verdad, luego que fué increpada por el Hijo, como mansa y humilde de corazón, no respondió, mas ni con todo eso desesperó, avisando a los ministros que hiciesen lo que El les dijese.

11. Y después de haber nacido Jesús en la cueva de Belén, ¿acaso no leemos que vinieron los pastores y encontraron la primera de todos a María? Hallaron, dice el evangelista, a María y a José, y al infante puesto en el pesebre. También los Magos, si hacemos memoria, no, sin María su Madre encontraron al Niño, y cuando ella introdujo en el templo del Señor al Señor del templo, muchas cosas ciertamente oyó a Simeón, así relativas a Jesús como a sí misma, pero, como siempre, mostróse tarda en hablar y solícita en escuchar. María conservaba todas estas palabras, ponderándolas en su corazón; y en todas estas circunstancias no profieren sus labios una sola palabra acerca del sublime misterio de la encarnación del- Señor. 
¡Ay de nosotros, que parece tenemos el espíritu en las narices! ¡Ay de nosotros, que echamos afuera todo nuestro espíritu, y que, según aquello del cómico , llenos de hendiduras nos derramamos por todas partes! ¡Cuántas veces oyó María a su Hijo, no sólo hablando a las turbas en parábolas, sino descubriendo aparte a sus discípulos el misterio del reino de Dios! ¡Vióle haciendo prodigios, vióle pendiente de la cruz, vióle expirando, vióle cuando resucitó, vióle, en fin, ascendiendo a los cielos! Y en todas estas circunstancias, ¿cuántas veces se menciona haber sido oída la voz de esta pudorosísima Virgen, cuántas el arrullo de esta castísima y mansísima tórtola? Ultimamente leemos en los Actos de los Apóstoles que los discípulos, volviendo del monte Olivete, perseveraban unánimemente en la oración. 
¿Quiénes? Hallándose presente allí María, parece obvio que debía ser nombrada la primera, puesto que era superior a todos, así por la prerrogativa de su divina maternidad como por el privilegio de su santidad. Pedro y Andrés, dice, Santiago y Juan, y los demás que se siguen. Todos los cuales perseveraban juntos en oración con las mujeres, y con María, la madre de Jesús . Pues ¿qué?, ¿se portaba acaso María como la última de las mujeres, para que se la pusiese en el postrer lugar? Cuando los discípulos, sobre los cuales aún no había bajado el Espíritu Santo, porque Jesús no había sido aún glorificado, suscitaron entre sí la contienda acerca de la primacía en el reino de Cristo, obraron guiados por miras humanas; todo al revés lo hizo María, pues siendo la mayor de todos y en todo, se humilló en todo y más que todos. Con razón, pues, fué constituída la primera de todos, la que siendo en realidad la más excelsa escogía para sí el último lugar. Con razón fué hecha Señora de todos la que se portaba como sierva de todos. Con razón, en fin, fué ensalzada sobre todos los coros de los ángeles la que con inefable mansedumbre se abatía a sí misma debajo de las viudas y penitentes, y aun debajo de aquella de quien habían sido lanzados siete demonios. Ruégoos, hijos amados, que imitéis esta virtud; si amáis a María, si anheláis agradarla, imitad su modestia. NADA DICE TAN BIEN AL HOMBRE, nada es tan conveniente al cristiano y nada es tan decente al monje en especial.

12. Y sin duda que bastante claramente se deja ver en la Virgen, por esta misma mansedumbre, la virtud de la humildad con la mayor brillantez. Verdaderamente, colactáneas son la mansedumbre y la humildad, confederadas más íntimamente en aquel Señor que decía: Aprended de mí, que soy manso y humilde de corazón. Porque así como la altivez es madre de la presunción así la verdadera mansedumbre no procede sino de la verdadera humildad. Mas ni sólo en el silencio de María se recomienda su humildad, sitio que resuena todavía más elocuentemente en sus palabras. Había oído: Lo santo que nacerá de ti se llamará Hijo de Dios, y no responde otra cosa sino que es la sierva de El. De aquí llega la visita a Isabel, y al punto se le revela a ésta por el espíritu la singular gloria de la Virgen. 
Finalmente, admiraba la persona de quien venía, diciendo: ¿De dónde a mí esto, que venga a mi casa la madre de mi Señor? Ensalzaba también la voz de quien la saludaba, añadiendo: Luego que sonó la voz de tu salutación en mis oídos saltó de gozo el infante en mi vientre. Y alababa la fe de quien había creído diciendo: Bienaventurada tú que has creído, porque en tí serán cumplidas las cosas que por el Señor se te han dicho. Grandes elogios, sin duda, pero también su devota humildad, no queriendo retener nada para sí, más bien lo atribuye todo a aquel Señor cuyos beneficios se alababan en ella. Tú, dice, engrandeces a la Madre del Señor, pero mi alma engrandece al Señor. Dices que a mi voz saltó de gozo el párvulo, pero mí espíritu se 1lenó de gozo en Dios, que es mi salud, y éI mismo también, como amigo del Esposo, se llena de gozo a la voz del Esposo. Bienaventurada me llamas porque he creído, pero la causa de mi fe y de mi dicha es haberme mirado la piedad suprema, a fin de que por eso me llamen bienaventurada las naciones todas, porque se dignó Dios mirar a esta su sierva pequeña y humilde.

13. Sin embargo, ¿creéis acaso, hermanos, que Santa Isabel errase en lo que, iluminada por el Espíritu Santo, hablaba? De ningún modo. Bienaventurada ciertamente era aquella a quien miró Dios, y bienaventurada la que creyó, porque su fe fué el fruto sublime que produjo en ella la vista de Dios. Pues por un inefable artificio del Espíritu Santo, a tanta humildad se juntó tanta magnanimidad en lo íntimo del corazón virginal de María, para que (como dijimos antes de la integridad y fecundidad) se volvieran igualmente estas dos estrellas más claras por la mutua correspondencia, porque ni su profunda humildad disminuyó su magnanimidad ni su excelsa magnanimidad amenguó su humildad, sino que, siendo en su estimación tan humilde, era no menos magnánima en la creencia de la promesa, de suerte que aunque no se reputaba a sí misma otra cosa que una pequeña sierva, de ningún modo dudaba que había sido escogida para este incomprensible misterio, para este comercio admirable, para este sacramento inescrutable, y creía firmemente que había de ser luego verdadera madre del que es Dios y hombre. 
Tales son los efectos que en los corazones de los escogidos causa la excelencia de la divina gracia, de forma que ni la humildad los hace pusilánimes ni la niagnanimidad arrogantes, sino que estas dos virtudes más bien se ayudan mutuamente, para que no sólo ninguna altivez se introduzca por la magnanimidad, sino que por ella principalmente crezca la humildad; con esto se vuelven ellos mucho más timoratos y agradecidos al dador de todas las gracias y al propio tiempo evitan que tenga entrada alguna en su alma la pusilanimidad con ocasión de la humildad, porque cuanto menos suele presumir cada uno de su propia virtud, aún en las cosas mínimas, tanto más en cualesquiera cosas grandes confía en la virtud divina.

14. El martirio de la Virgen ciertamente (que entre las estrellas de su diadema, si os acordáis, nombramos la duodécima) está expresado así en la profecía de Simeón como en la historia de la pasión del Señor. Está puesto éste, dice Simeón al párvulo Jesús, como blanco, al que contradecirán, y a tu misima alma (decía a María) traspasará la espada. Verdaderamente, ¡oh madre bienaventurada!, traspasó tu alma la espada. Ni pudiera ella penetrar el cuerpo de tu hijo sin traspasarla. Y, ciertamente, después que expiró aquel tu Jesús (de todos, sin duda,pero especialmente tuyo) no tocó su alma la lanza cruel que abrió (no perdonándole aun muerto, a quien ya no podía dañar) su costado, pero traspasó seguramente la tuya. Su alma ya no estaba allí, pero la tuya, ciertamente, no se podía de allí arrancar. Tu alma, pues, traspasó la fuerza del dolor, para que no sin razón te prediquemos más que mártir, habiendo sido en ti mayor el afecto de compasión que pudiera ser el sentido de la pasión corporal.

15. ¿Acaso no fue para ti más que espada aquella palabra que traspasaba en la realidad el alma que llegaba hasta la división del alma y del espíritu: Mujer, mira tu, hijo? .i Oh trueque! Te entregan a Juan en lugar de Jesús, el siervo en lugar del Señor, el discípulo en lugar del Maestro, el hijo del Zebedeo en lugar del Hijo de Dios, un hombre puro en lugar del Dios verdadero. ¿Cómo no traspasaría tu afectuosísima alma el oír esto, cuando quiebra nuestros pechos, aunque de piedra, aunque de hierro, sola la memoria de ello? No os admiréis, hermanos, de que sea llamada María mártir en el alma. Admírese el que no se acuerde haber oído a Pablo contar entre los mayores crímenes de los gentiles el haber vivido sin tener afecto. Lejos estuvo esto de las entrañas de María, lejos esté también de sus humildes siervos. Mas acaso dirá alguno: ¿Por ventura no supo anticipadamente que su Hijo había de morir? Sin duda alguna. ¿Por ventura no esperaba que luego había de resucitar? Con la mayor confianza. 
Y a pesar de esto, ¿se dolió de verle crucificado? Y en gran manera. Por lo demás, ¿quién eres tú, hermano, o qué sabiduría es la tuya, que admiras más a María compaciente que al Hijo de María paciente? El pudo morir en el cuerpo, ¿y María no pudo morir juntamente en el corazón? Realizó aquello una caridad superior a toda otra caridad; también hizo esto una caridad que después de aquélla no tuvo par ni semejante. 

Y ahora, ¡oh Madre de misericordia!, postrada humildemente a tus pies, como la luna, te ruega la Iglesia con devotísimas súplicas que, pues estás constituída mediadora entre ella y el Sol de justicia, por aquel sincerísimo afecto de tu alma le alcances la gracia de que en tu luz llegue a ver la luz de ese resplandeciente Sol, que te amó verdaderamente más que a todas las demás criaturas y te adornó con las más preciosas galas de la gloria, poniendo en tu cabeza la corona de hermosura. Llena estás de gracia, llena del celestial rocío, sustentada por el amado y rebosando en delicias. Alimenta hoy, Señora, a tus pobres; los mismos cachorrillos también coman de las migajas que caen de la mesa de su Señor; no sólo al criado de Abrahám, sino también a sus camellos dales de beber de tu copiosa cántara de agua, porque tú eres verdaderamente aquella doncella anticipadamente elegida y preparada para desposarse con el Hijo del Altísimo, el cual es sobre todas cosas Dios bendito por los siglos de los siglos. Amén.


AMDG et DVM