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mercoledì 30 maggio 2018

GRANDE E' L'UMILIAZIONE CHE MI INFLIGGETE... - ed era il 23 maggio...

Ballerini nel Presbiterio del Santuario di Maria Ausiliatrice

Gli inganni sono finiti
di Cristina Siccardi
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Lui e lei, due ballerini di danza classica, hanno svolto la loro “ispirata” performance nella Basilica di Maria Ausiliatrice il 23 e il 24 maggio scorsi. Braccia e gambe che si libravano nell’aria, quell’aria che deve rimanere SACRA e che nessuno deve permettersi di profanare. Possiamo ben pensare come San Giovanni Bosco avrebbe reagito ad una simile desacralizzazione… Avrebbe fatto come Gesù nel Tempio di Gerusalemme. Don Bosco fu il portavoce di Maria Santissima – fu la Madonna a chiedere al fondatore dei Salesiani una chiesa sul luogo dove versarono il proprio sangue i martiri Tebei e nella cripta è presente il punto in cui Maria Santissima apparve[1] – nell’edificazione di questo magnifico Santuario mariano, che quest’anno festeggia i suoi 150 anni (1868-2018).
La prima pietra venne posta il 27 aprile 1865 alla presenza del Principe Amedeo di Savoia, Duca d’Aosta; il 23 settembre 1866 fu terminata la grande cupola di 19 metri di diametro e nel 1867 la chiesa venne finita con il posizionamento della grande statua della Madonna, opera di Camillo Boggio, sulla sommità della cupola stessa. La consacrazione e l’inaugurazione ebbero luogo il 9 giugno 1868.
La facciata è in stile neo-rinascimentale sul modello palladiano della chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, con un timpano, retto da quattro colonne, sul quale sono poste le statue dei martiri Solutore, Avventore e Ottavio. A lato del timpano sono le statue di san Massimo e di san Francesco di Sales. Sull’architrave sotto il timpano sta la scritta: Maria auxilium christianorum ora pro nobis e sotto il rosone la statua in marmo di Gesù tra i fanciulli. Tra le colonne, a destra e a sinistra della fascia centrale, due altorilievi rappresentano san Pio V annunciante la vittoria di Lepanto e Pio VII incoronante Maria Santissima.
Come hanno potuto i Salesiani, con un Padre fondatore come hanno avuto, permettere che nel Sacro Presbiterio avvenisse una cosa simile? Lo hanno fatto per adeguarsi a spettacoli che ormai stanno diventando una consuetudine nelle chiese (cfr http://www.aldomariavalli.it/2018/05/25/un-ballerino-davanti-allaltare/) in questa grama età degli abusi liturgici (da 50 anni a questa parte), dell’apostasia, della religione dell’uomo che si è fatto dio (per usare l’espressione, che fa tremare i polsi del credente, usata da Paolo VI in chiusura del Concilio Vaticano II), del rispetto umano a dispetto e disprezzo per la Trinità e per Maria Santissima.
Come si può notare nel programma, che riportiamo in calce, l’intervento dei due danzatori non è presente. Un informatore ce l’ha segnalato attraverso facebook… e sì, perché oggi i socialnetwork non sono soltanto utili alla politica, ma anche alla Chiesa. Quante volte possiamo renderci conto delle scandalose profanazioni che avvengono nelle Case di Dio attraverso i social? Così, proprio su facebook, la ballerina ha pubblicato le foto del suo “spettacolo”, esibito su un “palcoscenico” di alto livello… In tal modo abbiamo potuto fare un confronto fra il programma ufficiale della Basilica e gli orari postati dalla danzatrice classica stessa e siamo giunti a questa conclusione: il 23 maggio, mentre dalle 20,30 alle 21,30 si svolgeva la «Celebrazione penitenziale» il “pubblico” che attendeva le confessioni veniva allietato dallo spettacolo all’Altare maggiore; mentre il 24 maggio, prima della Messa delle 18,30, presieduta  da Don A. Fernandez Artime, Rettor Maggior dei Salesiani, il “pubblico” è stato intrattenuto dai ballerini nel luogo più SACRO della Basilica.
Ben due Vescovi hanno celebrato la Messa il 24: Cesare Nosiglia, attuale Arcivescovo di Torino e Severino Poletto, già Arcivescovo della città dove ha profuso la sua santità San Giovanni Bosco. A Nosiglia, fra l’altro, piacciono i corpi di ballo, già a Vicenza lo ha dimostrato il 3 giugno 2006, quando sono intervenute delle ballerine durante una Cresima allo Stadio Menti; mentre nel settembre 2009 nel Duomo di Vicenza invitò 30 danzatrici in occasione della scopertura dei nuovi arredi velati di bianco. Questa la cronaca del 6 settembre di quell’anno de «Il Giornale di Vicenza» per fissare l’evento che fece da cornice ad un orribile nuovo altare ed un altrettanto orribile ambone di disarte contemporanea:
«In un’atmosfera gotica da “nome della Rosa”, per alcuni minuti la Cattedrale è rimasta sospesa nel buio, dimostrando con più forza la sua presenza. Perfetto l’incipit del Mascioni sapientemente modulato dalle mani abili di Margherita Dalla Vecchia: c’è Arvo Pärt con Annum per annum e Trivium. La melodia è minimale, scorrevole, soffusa con la scelta delle registrazioni più delicate, flautate, mentre s’avanza la croce, simbolo di Cristo, portata davanti all’altare da una ballerina in bianco. […] Le coreografie di Caterina Bernardi, Elisabetta Cortella e Margherita Pirotto sono abbastanza lineari ma solo in alcuni passaggi riescono a sottolineare la potenza evocativa dello svelarsi del messaggio celebrativo. D’altronde l’intera serata va letta attraverso l’analisi simbolica ed evocativa. Per fortuna alla musica non è riservato un ruolo marginale, nè di ripiego. Anzi, quando Dalla Vecchia arriva alla partitura di Boëllmann con la sua Suite Gotica per Grande Organo op.25 le tre tastiere magnificano in toto il Segno (anche se gli effetti fumo rossastri attorno all’altare velato ci paiono più chic che eleganti..).
Ad hoc gli effetti di luce creati ad arte da “Fabbrica Lumiére’ che interagisce anche con immagini video proiettate nella lunetta centrale dell’abside. Si possono vedere in verticalità e illuminate come mai accade, le preziosità del paramento Civran. L’elemento pittorico del ‘500 risalta grazie ad un sapiente gioco di luce e di ombre, di vuoti e di pieni e le colonne della navata centrale ricevono fasci di luce in tricromia grazie all’uso di barre a led: viola, rosso, azzurro, si mescolano mentre senza soluzione di continuità la musica diviene ancora più celebrativa.
Anche le immagini del video in movimento che attingono ad elementi significativi di maestri della Storia dell’arte occidentale, siglati nei momenti centrali della Natività. Passione, crocifissione, concorrono ad aumentare il clima di tensione emotiva per scoprire il primo nuovo arredo di Castagna: la cattedra, scoperta da tre ballerine avvolte dalla vis ritmica della elettrica Toccata di Heiller, infarcita di cluster e di sonorità nuove. Poi sono le note pure del Gregoriano riprese da Duruflé nel suo Choral varié sur le Veni Creator op.4 a segnare un altro passaggio significativo: l’ambone. Dalla potenza evocativa della parola si giunge al climax dell’altare, simbolo inamovibile della potenza di Cristo».
Quando la Basilica di Maria Ausiliatrice il 9 giugno 1868 venne inaugurata e consacrata c’era anche Don Bosco, il quale, come riporteranno le cronache, rimase estasiato dai celestiali cori che i suoi ragazzi eseguirono in quella beata occasione. Quando si prega davanti al maestoso quadro ideato da Don Bosco ed eseguito dal pittore Lorenzone si rimane estasiati e nulla può distrarre: lì è rappresentata tutta la Fede, lì è condensata tutta la dottrina della Chiesa.
Guardate questo video della Messa Pontificale per la conclusione del Pellegrinaggio di Pentecoste a Chartres del 21 maggio scorso https://www.youtube.com/watch?v=egK-ZCoTMx0&vl=it e confrontatelo con quest’altro https://www.youtube.com/watch?v=aeFxPczDv4s della Santa Messa per la festa di Maria Ausiliatrice del 24 maggio scorso e vedrete da Voi la differenza. È già sufficiente prestare attenzione alla quantità di chierichetti (piccoli chierici) e al coro. Le vocazioni per nuovi chierici nella Tradizione non mancano, nella neochiesa si pensa non solo ad accorpare le parrocchie, ma addirittura le diocesi. Questa chiesa dei rivoluzionari è destinata a finire per autodistruzione.
L’11 settembre del 1976 L’Arcivescovo Marcel Lefebvre incontra Paolo VI a Castel Gandolfo e in quell’occasione propone: «A me pare che aprendo un po’ il ventaglio delle possibilità di fare oggi quello che si faceva in passato, tutto si aggiusterebbe. Questa sarebbe la soluzione immediata. Come ho detto, io non sono capo di un movimento. Sono pronto a rimanere chiuso per sempre nel mio Seminario. La gente prende contatto con i miei sacerdoti e rimane edificata. Sono giovani che hanno il senso della Chiesa: sono rispettati nella strada, nel metro, dappertutto. Gli altri sacerdoti non portano più l’abito talare, non confessano più, non pregano più. E la gente ha scelto: ecco i preti che vogliamo» e, quindi, il “ribelle” Lefrebvre chiede al Papa se è a conoscenza del fatto che ci sono «almeno quattordici canoni che sono utilizzati in Francia per la preghiera Eucaristica». Paolo VI risponde: «Non solo quattordici, ma un centinaio… Ci sono abusi; ma è grande il bene portato dal Concilio. Non voglio tutto giustificare; come ho detto sto cercando di correggere là dov’è necessario. Ma è doveroso, in pari tempo, riconoscere che ci sono segni, grazie al Concilio, di vigorosa ripresa spirituale fra i giovani, un aumento di senso di responsabilità fra i fedeli, i sacerdoti, i vescovi».
Chi è stato ribelle: Lefebvre o la Chiesa conciliare?
Grazie ad Internet, oggi, gli “opinionisti teologi” e gli “opinionisti ecclesiastici” non possono più ingannarci. La Chiesa della Tradizione è la degna Sposa di Cristo. La chiesa protestantizzata, socialistoide, assembleare, grossolana, che dà le spalle al Tabernacolo, che inneggia a se stessa, che fa “curriculum” per i ballerini è indegna al culto di Dio e non salva le anime.
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[1] Nel 1884 don Bosco rivelerà a pochi suoi figli Salesiani una visione avuta molti anni prima, legata al Santuario di Maria Ausiliatrice: «Gli era parso di trovarsi sul margine a settentrione del Rondò o Circolo Valdocco, e spingendo lo sguardo dalla parte della Dora, fra gli altissimi alberi che in quel tempo allineati ornavano il corso ora detto Regina Margherita, vide in giù, alla distanza di circa settanta metri vicino alla via Cottolengo, in un campo seminato di patate, meliga, fagiuoli e cavoli, tre bellissimi giovani, splendenti di luce. Stavano fermi in piedi in quello spazio che nel sogno precedente gli era stato indicato come teatro del glorioso martirio dei tre soldati della legione Tebea. Questi lo invitarono a discendere e a venire con loro. D. Bosco si affrettò, e come li ebbe raggiunti, fu da essi accompagnato con grande amorevolezza verso l’estremità di quel terreno nel quale ora s’innalza maestosa la Chiesa di Maria Ausiliatrice. D. Bosco percorso un breve tratto passando di meraviglia in meraviglia, fu innanzi a una Matrona magnificamente vestita di indicibile avvenenza, maestà e splendore, presso alla quale distinse un senato di vegliardi in aspetto di principi. A lei come a Regina facevano nobilissimo corteggio innumerevoli personaggi ornati di una grazia e ricchezza abbagliante. Intorno intorno si stendevano altre schiere fin dove si poteva spingere lo sguardo. Quella Signora, che era comparsa ove adesso è collocato l’altar maggiore della Chiesa grande, invitò D. Bosco ad avvicinarsi. Come le fu dappresso, gli manifestò quei tre giovani che lo avevano a lei condotto, essere i martiri Solutore, Avventore ed Ottavio; e con ciò sembrava indicargli come di quel luogo sarebbero stati gli speciali patroni. Quindi con un incantevole sorriso sulle labbra, e con affettuose parole lo incoraggiò a non abbandonare i suoi giovani,ma di proseguire con sempre maggior ardore nell’opera intrapresa; gli disse che incontrerebbe ostacoli gravissimi, ma che questi sarebbero tutti vinti ed abbattuti dalla confidenza che egli avrebbe posta nella Madre di Dio e nel suo Divin Figlio. In fine gli mostrò poco distante una casa, che realmente esisteva, e che poi egli seppe essere proprietà di un certo signor Pinardi; e una chiesuola, precisamente nel sito dove ora è la chiesa di S. Francesco di Sales col fabbricato annesso. Alzando quindi la destra esclamò con voce ineffabilmente armoniosa: HAEC EST DOMUS MEA: INDE GLORIA MEA. Al suono di queste parole, D. Bosco rimase talmente commosso, che si riscosse, e la figura della Vergine SS., che tale era la Matrona, e tutta la visione, lentamente svanì come nebbia al levare del sole. Egli intanto, confidando nella bontà e misericordia divina, ai piedi della Vergine aveva rinnovata la consacrazione di tutto se stesso alla grande opera alla quale era chiamato» (Lemoyne, Memorie biografiche di don Giovanni Bosco, vol. II, ed. 1901, capo XXXVI, § 343-344).