PREGARE IL SILENZIO
“....Mentre il silenzio avvolgeva ogni cosa
e la notte era a metà del suo corso
la Tua Parola onnipotente, o Signore,
venne dal Tuo trono regale....” (Sapienza 18, 14-15)
Il silenzio è il canto più perfetto
“ La preghiera ha per padre il silenzio e per madre la
solitudine” ha detto Girolamo Savonarola.
Solo il silenzio, infatti, rende possibile l'ascolto, cioè
l'accoglienza in sé non solo della Parola, ma anche della presenza di Colui che
parla.
Così il silenzio apre il cristiano all'esperienza
dell'inabitazione di Dio: il Dio che noi cerchiamo seguendo nella fede il
Cristo risorto, è il Dio che non è esterno a noi, ma abita in noi.
Dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: “...Se uno mi ama.
osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui...” (Gv. 14,23).
Il silenzio è linguaggio di amore, di profondità di presenza
dell'altro.
Del resto, nell'esperienza amorosa, il silenzio è spesso
linguaggio molto più eloquente, intenso e comunicativo di una parola.
Purtroppo oggi il silenzio è raro, è la cosa che più manca
all'uomo moderno assordato dai rumori, bombardato dai messaggi sonori e visivi,
derubato della sua interiorità, quasi scalzato via da essa.
Non stupisce pertanto l'indirizzarsi di molti verso vie di
spiritualità estranee al cristianesimo.
Dobbiamo confessarlo: abbiamo bisogno del silenzio!
Sul monte Oreb, il profeta Elia, sentì prima un vento
impetuoso, poi un terremoto, quindi un fuoco, e infine “....la voce di
un silenzio sottile..” (1 Re 19,12): come udì quest'ultima, Elia si coprì
il volto con il mantello e si mise alla presenza di Dio.
Dio si fa presente ad Elia nel silenzio, un silenzio
eloquente.
La rivelazione del Dio biblico non passa solo attraverso la
parola, ma avviene anche nel silenzio.
Il Dio che si rivela nel silenzio e nella parola esige
dall'uomo l'ascolto, e all'ascolto è essenziale il silenzio.
Certo, non si tratta semplicemente dell'astenersi dal
parlare, ma del silenzio interiore, quella dimensione che ci restituisce a noi
stessi, ci pone sul piano dell'essere, di fronte all'essenziale.
E' dal silenzio che può nascere una parola acuta, penetrante,
comunicativa, sensata, luminosa, perfino, oserei dire, terapeutica, capace di
consolare.
Il silenzio è custode dell'interiorità.
Certo, si tratta di un silenzio definito sì negativamente
come sobrietà e disciplina nel parlare e perfino come astensione da parole,ma
che da questo primo momento passa ad una dimensione interiore: cioè al far
tacere i pensieri, le immagini, le ribellioni, i giudizi, le mormorazioni che
nascono nel cuore.
Infatti è “...dal di dentro, cioè dal cuore umano,
che escono i pensieri malvagi..” (Marco 7,21).
E' il difficile silenzio interiore quello che si gioca nel
cuore, luogo della lotta spirituale, ma proprio questo silenzio profondo genera
la carità, l'attenzione all'altro, l'accoglienza dell'altro.
Sì, il silenzio scava nel nostro profondo uno spazio
per farvi abitare l'Altro, per farvi rimanere la Sua Parola, per radicare in
noi l'amore per il Signore; al tempo stesso, e in connessione con ciò, esso ci
dispone all'ascolto intelligente, alla parola misurata, E così, il doppio
comando dell'amore di Dio e del prossimo, è ottemperato da chi sa custodire il
silenzio.
Può dire Basilio: “Il silenzioso diventa fonte di grazia per
chi ascolta”.
A quel punto si può ripetere, senza timore di cadere nella
retorica, l'affermazione di E. Rostand: “Il silenzio è il canto più
perfetto, la preghiera più alta”.
In quanto conduce all'ascolto di Dio e all'amore del
fratello, alla carità autentica, cioè alla vita in Cristo, allora il silenzio è
preghiera autenticamente cristiana e gradita a Dio.
Tacere e ascoltare
Dice la Legge:
“Ascolta, Israele, il Signore Dio tuo” (Dt.
6,3).
Non dice: “Parla”, ma “Ascolta”.
La prima parola che Dio dice è questa: “Ascolta”.
Se ascolti, proteggerai le tue vie; e se cadrai, subito ti
correggerai.
Come ritroverà il proprio cammino il giovane che ha smarrito
la strada?
Meditando le parole del Signore.
Anzitutto taci, e ascolta..... (S. Ambrogio)