..."Quante volte dovrò perdonare?" chiese un giorno Pietro a Gesù. E Gesù rispose: "Settanta volte sette", ossia un numero illimitato di volte. Perché Gesù sapeva che l'uomo, anche se rigenerato dalla Grazia, anche se nutrito dall'Eucarestia, anche se confermato nella Grazia dalla Confermazione, anche se elevato dal Sacerdozio, sempre sarebbe stato "l'uomo", l'uomo bisognoso di compatimento e perdono, perché facile all'errare.
E presto, nel seno della Chiesa, per orgoglio o per tiepidezza, sorsero separazioni ed eresie. Ecco gli gnostici, i nicolaiti, i simoniti, i bileamiti. E più tardi gli antipapi, l'epoca trista della Corte pontificia in Avignone, e quella ancor più trista del nepotismo e di quanto ad esso fu congiunto. Astro perpetuo, come ogni astro, anche la Chiesa ha le sue fasi. Fiamma che non si spegne, come ogni fiamma ha alternative di divampamento e di affievolimento.Ma poiché il suo Capo, Gesù, e la sua Anima, lo Spirito Santo, sono eterni e perfettissimi, ed eterno ed infinito è il loro potere e volere, così Essa può avere momentanee fasi di discesa e di affievolimento. Ma non può cadere del tutto, né del tutto spegnersi. Anzi, dopo una di queste fasi, come persona scossa da un assopimento o persona rinvigorita da una medicina potente, Essa torna desta e vigorosa nel suo servizio e nella sua mirabile missione universale. Ed è da dirsi che proprio in ciò che è penoso vedersi in Essa – momentanei rilassamenti o persecuzione di nemici – è la causa di una sua novella fase ascendente.
Coloro che hanno facile l'orgoglio, o facile il fare critiche e il giudicare tutti, meno se stessi, diranno, dopo queste parole: "Ma Essa è cosa soprannaturale! Quindi non può scemare nella sua perfezione". Così diranno i primi. Ed i secondi diranno: "Se fosse come vogliono dire che sia, sarebbe perfetta in tutte le sue membra. Invece…" e citeranno casi e casi più o meno veramente biasimevoli, dico veramente perché talvolta una cosa può avere apparenza non buona e in sostanza non essere malvagia.
E sbaglieranno entrambi. Perché la Chiesa è, sì, una società o congregazione di membra elette, rigenerate alla Grazia dal Battesimo, confermate e perfezionate nelle virtù e nei doni dalla Cresima, nutrite dall'Eucarestia, mondate dall'assoluzione conseguente alla Penitenza, sovvenute nella loro nuova missione di sposi e di procreatori dal Matrimonio, o nell'altra di pastori d'anime dall'Ordine sacro. Ed inoltre la Chiesa, come Corpo mistico, è santa nel suo Capo, nella sua Anima, nella sua Legge, nella sua dottrina e in molti suoi membri. Questo sì. Né le membra inferiori sono da disprezzarsi, perché molte volte "le membra che sembrano più deboli sono quelle più necessarie", perché con la loro vita umile, santa, nascosta, vissuta e offerta per tutta la società dei cristiani, contribuiscono ad aumentare i tesori spirituali di tutto il mistico Corpo, e anche perché "Dio ha disposto il Corpo in maniera da dare maggior onore alle membra che non ne avevano". Ossia sovente Egli trae i santificatori, coloro che trascinano con l'azione e l'esempio anime innumerevoli a Dio, da quelli che sono "i minimi" nel mistico Corpo, senza gradi né ordinazioni, ma ricchi in giustizia perché identificatisi al Cristo in ogni loro azione. Sì, la Chiesa, come società dei fedeli, veramente tali, dal Ss. suo Capo, è santa, e mai la santità, che dal Capo scende e circola per tutte le sue membra, verrà totalmente meno. Ma non tutte sante sono le membra, ché l'uomo è l'uomo anche se è cattolico, e uomo resta anche se appartiene alla Chiesa in una qualunque delle sue parti.
Quando molte membra divengono più "uomo razionale" che "uomo divinizzato", allora la Chiesa conosce un periodo di discesa, dal quale poi risorge perché Essa stessa comprende che occorre sorgere per poter far fronte ai nemici esterni ed interni. Gli aperti nemici già al servizio dell'Avversario e dell'Anticristo, e i nemici sottili che sgretolano l'edificio della fede, e conseguentemente raffreddano la carità, per voler dare una versione nuova ai misteri e prodigi di Dio col mezzo di quelle "profondità di satana e di spirito del mondo" di cui già si è parlato.
Non dicano, coloro che hanno facile l'orgoglio: "La Chiesa non può conoscere ciò, perché sempre sarà santa".
È detto, e da parola divina parlante ai Profeti, e dalla divina incarnata Parola del Padre parlante ai suoi eletti, che "grandi abominazioni quale la gelosia, e orribili abominazioni quale l'adorazione a idoli umani (e la scienza priva di sapienza ne è uno) e perversione con l'adorazione a ciò che non è da venerarsi" verranno nel Tempio, e che "dopo che sarà ucciso il Cristo e non sarà più suo il popolo che lo rinnegherà, la città e il santuario saranno distrutti da un popolo che verrà, il cui scopo sarà la devastazione, e finita essa verrà la desolazione decretata… e verranno meno le ostie e i sacrifici, e nel tempio sarà l'abominazione della desolazione, che durerà sino alla fine"; e ancora, a conferma diretta, da parte della Parola, alle parole dei suoi annunciatori, i profeti: "Quando vedrete l'abominio della desolazione nel luogo santo,… allora la tribolazione sarà grande, quale non fu dal principio dei secoli… e dopo la tribolazione… vedranno il Figlio dell'Uomo". E la carità che si raffredderà in troppi cuori sarà uno dei segni precursori della fine.
È detto. E verrà. Aprite gli occhi spirituali, per leggere le predizioni del Cielo! Se li aprirete, leggerete la verità, e vedrete quali sono i veri segni della fine, e come essa sia già in atto.
Per Colui che è eterno, un secolo è men di un minuto. Quindi non è detto che sia domani. Ma se ancor lungo sarà il cammino perché tutto sia compiuto, le cose che già avvengono vi dicono che già si è iniziato il processo finale.
Le grandi abominazioni: la gelosia dove dovrebbe essere solo carità fraterna, l'eccesso di amore alla scienza umana dove dovrebbe essere solo amore fedele alla Sapienza fonte della Rivelazione, compromessi tra ciò che dà utile terreno e ciò che dà utile soprannaturale per avere l'utile immediato, il Cristo ucciso in troppe anime, troppo suo popolo divenuto rinnegatore del suo Salvatore. Queste le cose preparatorie.
Poi "il popolo che verrà", con lo scopo di devastare. Un altro profeta disse: "Quando il popolo del settentrione… Un gran tumulto dalle terre del settentrione… Ecco venire dal settentrione…".
L'una e l'altra predizione sono tanto chiare che basta alzar gli occhi e saper vedere, e voler vedere, per capire.
L'una e l'altra predizione sono tanto chiare che basta alzar gli occhi e saper vedere, e voler vedere, per capire.
E che devasterà? Oh! non solo gli edifici ed i paesi. Ma soprattutto la fede, la morale, le anime. E non tutte le anime devastate saranno anime comuni. E i sacrifici e le ostie verran meno non potendosi più aver libertà di culto, e temendo, in molti, d'esser presi per questo.
Già, pur non essendo ancora in atto la devastazione e la persecuzione, molti rinnegano la via già scelta, perché l'abominio si spande come perfida gramigna, e la carità si raffredda mentre sorgono i falsi profeti di cui parla il Cristo nel capo 24 di Matteo e Paolo nel c.II della II epistola ai Tessalonicesi.
Per ora quelli soli. Ma poi verrà colui che essi precorrono: l'Anticristo, al quale essi avranno preparato la via affievolendo la carità, così come il Battista aveva preparato le vie al Cristo insegnando la carità, di cui era pieno essendo "ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre", come mezzo indispensabile per potersi unire a Cristo e vivere la vita di Dio. (Sugli insegnamenti di carità del Battista vedere Luca c.III v. 10-14).
In verità, la carità è il legame che tiene unita la comunità cattolica a Dio e ai fratelli. Nella e dalla carità è l'unione e l'alimento delle anime, e la loro santificazione e quella di sempre nuove anime. Se viene a mancare la carità subentra l'amor proprio. E la differenza tra i due amori è questa.
L'amore vero e santo, comandato e consigliato da Dio, è ricerca di Dio, è riconoscimento della sua onnipotenza visibile in tutte le cose, è elevazione a Dio. E tutto serve a questa elevazione per chi ha in sé la carità, che è pietà attiva per tutte le necessità del prossimo, perché in ogni prossimo la carità ci fa vedere un fratello, e sentiamo Gesù in lui, Gesù che soffre delle sofferenze del povero, del malato, del perseguitato, o che soffre perché un figlio del Padre sta divenendo un figliol prodigo che lascia la casa del Padre in cerca di un falso benessere, soffre perché uno dubita di avere un Padre, e occorre persuaderlo in questo esserci un Padre buonissimo perché egli non cada in desolazione e in peccato.
L'amor proprio, invece, è ricerca di se stessi, è successivo amore a se stessi, è azione fatta per glorificare se stessi agli occhi del mondo. È quindi concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e orgoglio della vita, e da questa pianta dai tre rami vengono poi la vanagloria, la durezza di cuore, la superbia, la smania delle umane lodi, l'ipocrisia, lo spirito di dominio, la convinzione di sapersi guidare da sé, scrollando via da sé ogni comando o consiglio dell'Amore e di chi parla in nome dell'Amore.
Per ora quelli soli. Ma poi verrà colui che essi precorrono: l'Anticristo, al quale essi avranno preparato la via affievolendo la carità, così come il Battista aveva preparato le vie al Cristo insegnando la carità, di cui era pieno essendo "ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre", come mezzo indispensabile per potersi unire a Cristo e vivere la vita di Dio. (Sugli insegnamenti di carità del Battista vedere Luca c.III v. 10-14).
In verità, la carità è il legame che tiene unita la comunità cattolica a Dio e ai fratelli. Nella e dalla carità è l'unione e l'alimento delle anime, e la loro santificazione e quella di sempre nuove anime. Se viene a mancare la carità subentra l'amor proprio. E la differenza tra i due amori è questa.
L'amore vero e santo, comandato e consigliato da Dio, è ricerca di Dio, è riconoscimento della sua onnipotenza visibile in tutte le cose, è elevazione a Dio. E tutto serve a questa elevazione per chi ha in sé la carità, che è pietà attiva per tutte le necessità del prossimo, perché in ogni prossimo la carità ci fa vedere un fratello, e sentiamo Gesù in lui, Gesù che soffre delle sofferenze del povero, del malato, del perseguitato, o che soffre perché un figlio del Padre sta divenendo un figliol prodigo che lascia la casa del Padre in cerca di un falso benessere, soffre perché uno dubita di avere un Padre, e occorre persuaderlo in questo esserci un Padre buonissimo perché egli non cada in desolazione e in peccato.
L'amor proprio, invece, è ricerca di se stessi, è successivo amore a se stessi, è azione fatta per glorificare se stessi agli occhi del mondo. È quindi concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e orgoglio della vita, e da questa pianta dai tre rami vengono poi la vanagloria, la durezza di cuore, la superbia, la smania delle umane lodi, l'ipocrisia, lo spirito di dominio, la convinzione di sapersi guidare da sé, scrollando via da sé ogni comando o consiglio dell'Amore e di chi parla in nome dell'Amore.
Si credono liberi e re perché, secondo loro, nessuno è meglio di loro; perché, sempre secondo loro, sono già stabiliti sulle vette del sapere e del potere. Invece sono schiavi come nessuno lo è. E di loro stessi, e del nemico di Dio, e dei servi del nemico di Dio. Schiavi, servi, nudi, ciechi. Schiavi di sé stessi, e servi o schiavi del nemico e dei nemici di Dio. Nudi delle vesti ornate, delle vesti delle nozze con la Sapienza, delle vesti candide per il convito nei Cieli e per seguire osannando l'Agnello. Ciechi, o per lo meno miopi, per essersi guastati la vista spirituale con inutili investigazioni umane.
Questo divengono per aver rinunciato alla primogenitura, ossia alla più alta figliolanza, quella da Dio, per un povero piatto di lenticchie, cibo terreno. È piatto di lenticchie la sostituzione delle opere sapienziali, soprannaturali, e soprattutto della Grande Rivelazione che va accettata e creduta senza mezze misure. È piatto di lenticchie il sostituire ciò con libri scientifici, che sono, per perfetti che siano, sempre libri scritti da un uomo. Potranno perciò parere più chiari, e certo più comprensibili per chi sa solo leggere la lettera, restare alla superficie di una cosa, per chi non può penetrare oltre per pesantezza propria. Ma non trasformano l'uomo. Non lo portano in alto. I libri ispirati, invece, quei libri di cui l'Autore è Dio, per chi li sa leggere, sono mezzo di trasformazione e unione in Dio e con Dio, e di elevazione.
Tutto quanto viene da Dio è mezzo di elevazione, di trasformazione e di più intima unione con Dio. Gli stessi miracoli, di specie diversa, miracoli di guarigioni di corpi e di spiriti, specie queste, sono mezzo di trasformazione e unione con Dio. Quanti, increduli o peccatori, poterono esser fatti credenti e redenti per il prodigio di un miracolo!
Il miracolo non va negato per ossequio al razionalismo. Non il miracolo della Creazione, non quello di una guarigione d'anima o di carne. La materia fu tratta dal nulla e ordinata al suo singolo fine da Dio. Un'anima morta o malata di malattia spirituale inguaribile, fu guarita da Dio, con questo o quel mezzo, ma sempre da Dio. Un corpo condannato a morire può da Dio esser guarito. Sempre da Dio, anche se Egli si serve di un'apparizione o di un giusto per convertire e guarire uno spirito, o della particolare fiducia in un santo per guarire una carne.
I razionalisti sappiano vedere. Grande cosa la ragione. Gran-de cosa essere creatura razionale. Ma più grande cosa è lo spirito. E più grande è essere creatura spirituale, ossia che sa d'avere lo spirito, e quello mette in primo luogo come re del suo io e come cosa eletta più di tutte le altre. Perché se la ragione aiuta l'uomo a esser uomo e non bruto, lo spirito, quando sia re nell'io, fa dell'uomo il figlio adottivo di Dio, gli dà somiglianza con Lui, gli permette di partecipare alla sua Divinità e ai suoi eterni beni. Predomini quindi lo spirito sulla ragione e sulla carne o umanità. E non regni il razionalismo che nega, o vuole spiegare ciò che va creduto per fede e che, nell'essere spiegato, anzi nel tentativo di venire spiegato, viene leso; e lesa, se non morta, viene la fede.
I razionalisti sappiano vedere. Depongano le lenti opache del razionalismo. Esse non li serviranno. Anzi esse faranno vedere le verità alterate. Proprio come una lente, non adatta all'occhio indebolito, serve a far vedere peggio ancora. Chi pende verso il razionalismo è già un indebolito nella vista spirituale. Quando poi lo elegge, mette lenti inadatte al suo indebolito vedere, e vede malamente del tutto. Sappiano vedere. Vedere bene, e il Bene. Vedere Dio nel suo continuo perfetto operare col mantenere la Creazione che ebbe vita per il suo Volere, col rendere la salute e la vita dove già è certa la morte.
Come possono, coloro che vogliono spiegare la creazione e la vita come autogenesi e poligenesi, negare che l'Onnipotente possa meno di ciò che poté creare al principio, e non era neppure materia, ma solo caos, e poi erano solo cose limitate e imperfette? È logico, puramente logico e ragionevole, che si possa ammettere il miracolo del caos che da sé si ordina, e genera da sé la cellula, e la cellula si evolve in specie, e questa specie in altre sempre più perfette e numerose, mentre si definisce che Dio non poté fare da Sé tutta la creazione? È logico e ragionevole sostenere l'evoluzione della specie, anzi di una data specie sino alla forma animale più perfetta perché dotata di parola e di ragione, anche solo di queste, quando si vede, da millenni, che ogni creatura animale non ha acquistato ragione e parola pur convivendo con l'uomo?
Ogni animale, da millenni è quale fu fatto. Ci sarà stato impiccolimento strutturale, ci saranno stati incroci per cui, dalle razze prime create, vennero altre razze ibride. Ma per passare di epoche e di millenni mai si vide che il toro cessasse d'esser tale, e tale il leone, e tale il cane, che pur convive con l'uomo da secoli e secoli. E neppure mai si vide che le scimmie, col passare dei millenni e coi contatti con l'uomo, di cui possono, sì, imitare i gesti ma non possono imparare la favella, divenissero uomini, almeno animali uomini. Sono le stesse creature inferiori che smentiscono, con l'evidenza dei fatti, le elucubrazioni dei cultori della scienza solo razionale. Quali erano, sono. Testimoniano dell'onnipotenza di Dio con la varietà delle specie. Ma non si sono evolute. Quali erano sono rimaste, coi loro istinti, le loro leggi naturali, la loro speciale missione, che non è inutile, mai, anche se in apparenza può parerlo. Dio non fa opere inutili e totalmente nocive. Il veleno stesso del serpente è utile e ha la sua ragione d'essere.
I razionalisti sappiano vedere. Si levino le lenti del razionalismo scientifico, e vedano alla luce di Dio, col mezzo della Parola divina che parlò per bocca dei patriarchi e profeti del Tempo antico, e dei santi, mistici o contemplatori del Tempo nuovo, ai quali sempre un Unico Spirito rivelò o ricordò cose nascoste e cose passate, alteratesi nella verità, passando di bocca in bocca. Vedano soprattutto col mezzo della Parola incarnata e Luce del mondo: Gesù, il Maestro dei maestri, il quale non ha cambiato una sillaba della Rivelazione contenuta nel Libro, ma, Egli che essendo Onniscienza e Verità tutto sapeva nella interezza della Verità, l'ha anzi confermata e riportata, nel senso talora svisato ad arte dai rabbi d'Israele, alla primiera forma che è l'unica vera.
Voler aggiungere a quanto la Sapienza ha rivelato, la Tradizione ha tramandato, la Parola ha confermato e spiegato, è aggiungere orpello all'oro.
*Non sono i gettoni della scienza quelli che aprono le porte del Regno dei Cieli.
*Ma lo sono le auree monete della Fede nelle verità rivelate,
le auree monete della Speranza nelle promesse eterne,
le auree monete della Carità praticata perché s'è creduto e sperato, quelle che dànno agli spiriti dei giusti e poscia alle carni e agli spiriti dei giusti il loro posto nella Città eterna di Dio.
Mai sarà abbastanza detto che la scienza è paglia che empie ma non nutre, è fumo che offusca ma non illumina, che, ove sopraffaccia fede e sapienza, è veleno spirituale che uccide, è zizzania che dà frutto di falsi profeti di un verbo nuovo e di nuove teorie che non sono verbo divino né divina dottrina.
Altrove, dove non è quanto più sopra s'è detto, vi è chi sembra vivo ed è morto. Ossia chi non ha che l'apparenza di ciò che dovrebbe essere, in tutto simile ad una statua bella e ben ornata, ma che è insensibile e non può comunicare ad altri la vita che non possiede. Bocche che parlano perché non possono tacere. Ma che non persuadono, perché manca nella loro parola quella potenza che convince. Non sono convinti essi stessi, e non possono convincere. Strumenti meccanici che parlano anche bene, come eloquenza, ma senz'anima.
Ci sono sempre stati. Sono quelli dalla vocazione sbagliata. Entusiasti al principio. Poi il loro entusiasmo si spegne lentamente. E non hanno coraggio di ritirarsi. Meglio un pastore di meno a un pastore che pare vivo ed è morto nello spirito, o molto prossimo a morire. Al suo posto potrebbe andare uno vivo, per dare vita. Ma il falso, il più falso dei rispetti umani, li trattiene dal confessare apertamente: "Non sono più capace e mi ritiro".
Ci sono sempre stati. Giuda di Keriot ne è il prototipo. Meglio era per lui ritirarsi al permanere e giungere al supremo delitto. "Colui che dopo aver messo la mano all'aratro si volge indietro non è atto al Regno di Dio" ha detto il Maestro divino. E chi non è atto è meglio che si ritiri anziché far perire molti, farne mormorare più ancora, recar nocumento al Sacerdozio con lo scandalo dato.
La folla generalizza, e vede più facilmente il male del bene. Quando si comprende d'esser morti alla missione, ci si ritiri, ma non si permetta che la folla giudichi, generalizzando e nuocendo a tutta la classe. I rami destinati a dar linfa ai frutti, se divengono sterili vanno tagliati, perché non solo sono inutili, ma levano vigore alla pianta sol per ornarsi di pompose e inutili foglie.
Sempre vi fu, nelle cose create perfette da Dio, una parte che non seppe rimanere tale. La prima defezione vi fu nell'esercito angelico, ed è un mistero impenetrabile come possa essere accaduta in spiriti creati in grazia, che vedevano Iddio, ne conoscevano l'Essenza e gli Attributi, le opere e i disegni futuri. Pure si ribellarono, non seppero permanere nel loro stato di grazia, e da spiriti di luce, viventi nella gioia e nella conoscenza soprannaturale, divennero spiriti di tenebre, viventi nell'orrore.
La seconda defezione fu quella dei Progenitori, e anch'essa è cosa inspiegabile. Come poté accadere che due Innocenti, che godevano dei benefici innumerevoli di Dio e, per il loro felice stato di grazia e degli altri doni, erano in grado di conoscere e amare Dio come nessun altro uomo — eccetto il Figlio dell'Uomo e la Madre di Lui, perché pieni d'Innocenza e Grazia — potessero ascoltare, ubbidire il tentatore, e preferirlo, ad ascoltare la voce di Dio che li ammaestrava amorosamente e chiedeva loro una sola ubbidienza? Facile ubbidienza. Perché essi non avevano necessità di cogliere quel frutto per essere sazi di ogni appetito. Avevano tutto. Dio li aveva fatti ricchi di tutto quanto era loro necessario per essere felici, sani di corpo e di spirito. Pure si ribellarono, disubbidirono, non seppero permanere nel loro stato di grazia, e da creature viventi nella gioia e nella conoscenza soprannaturale divennero infelici nello spirito, nel cuore, nella mente, nelle membra. Affaticate queste per il lavoro, impaurita la mente per le difficoltà del domani immediato e del domani futuro ed eterno, affranto il cuore per l'uccisione di un figlio e la perfidia di un altro, abbattuto lo spirito, ormai avvolto nelle caligini della colpa che impedivano allo stesso di comprendere le amorose guide del Padre Creatore.
La terza grande, misteriosa, inspiegabile defezione è quella di Giuda di Keriot che spontaneamente volle essere di Cristo, che per tre anni godé del suo amore, si nutrì della sua Parola e che, perché deluso nei suoi sogni concupiscenti, lo vendette per trenta denari, divenendo da apostolo, ossia eletto alla più alta dignità spirituale, il traditore dell'Amico, il deicida e il suicida.
Queste le defezioni più grandi. Ma sempre ve ne sono, sebbene minori. Perché l'uomo è l'uomo. Perché ciò che è creato mai è eternamente perfetto come lo è il Creatore, eccettuato il Regno celeste dove solo spiriti confermati in grazia, e non più soggetti al peccare, hanno dimora, ed eccettuato il Figlio dell'Uomo e la Madre sua. Il primo perché era il Dio-Uomo, e quindi, come aveva unito alla sua persona d'Uomo la sua Persona di Dio, così aveva unito le sue perfezioni divine alle sue perfezioni umane. La seconda perché ai doni straordinari di cui Dio la colmò dal suo concepimento corrispose con una buona volontà ed una fedeltà raggiungenti una potenza quale nessuno dei santi mai la raggiunse e raggiungerà.
E che l'uomo sia talora imperfetto non costituisce colpa imperdonabile. Dio è anche Misericordia. Ed è Pazienza. Egli attende il ravvedimento di chi erra, e perdona se esso ravvedimento è sincero. Quindi ogni uomo che cade può rialzarsi ed essere di nuovo giusto. Anzi può divenire più giusto, perché, conscio della sua debolezza, può essere meno orgoglioso di sé e più misericordioso verso i suoi simili nel ministero o nella sorte d'uomini. Dio trae anche dal male il bene, quando l'uomo non si rifiuta ai suoi inviti e consigli e a quelli di altri suoi fratelli più santi di lui. Ma quando vede l'uomo ostinato nelle sue imperfezioni, pago di un quietismo che non gli fa commettere né il bene né il male, di un quietismo che fa di lui uno che pare vivo ma è morto, e col suo esser tale provoca la morte e il languore di molti, allora Dio viene a lui "come un ladro, né essi sapranno in quale ora verrà".
Disse il Maestro ai suoi: "I vostri fianchi siano cinti ed accese nelle vostre mani le lucerne". Non disse già: "Riposate, dormite, perché ormai voi siete eletti, e siete a posto". Il servo di Dio è un operaio, e Dio vuole che operi ad ogni ora della sua giornata terrena. E tanto più operi, più ha da Dio ricevuto speciali amorosi doni d'elezione. "A chi molto fu dato molto sarà richiesto". E operi sull'esempio dato dal Maestro, esempio di pazienza, misericordia e amore instancabile. Perché come si vorrebbe vedere misurate da Dio le proprie debolezze, con ugual misura si deve misurarle alle altre creature, onde non incorrere nel rigore di Dio per aver con rigore, verso gli altri, misurato. "Con la misura da voi usata per misurare vi sarà rimisurato, e con giunta".
Altrove ancora vi è poca virtù, praticata in forma eroica, ma fedeltà alla Parola sia per sé stesso, sia col lavorare perché altri gli siano o gli divengano fedeli, e costanza nel confessare il Nome del Signore anche davanti a schernitori o nemici del cattolicesimo. Non di persecutori, ma di oppositori, ma di sviati, ma di ignoranti di esso Nome e di Colui che lo porta. Quanti sono della "sinagoga di satana" o di quella del mondo, perché non sono istruiti nella Verità. Istruiti con pazienza e amore, secondo lo spirito del Vangelo, del suo Autore: Gesù, della sua Custode e Dispensiera: la Chiesa Romana.
Anime che sono nelle tenebre ma che tendono istintivamente alla Luce. Anime che sono nell'errore di un culto idolatra o separato, ma che tendono istintivamente alla Verità. Anime che per loro propria natura tendono al Bene e appartengono così anche senza saperlo all'anima della Chiesa, e alle quali basta una mano, una parola, un aiuto apostolicamente fraterni, per divenire membra vive del Corpo mistico e adoratori del vero Dio.
Ora, poiché è certo che chi salva o dà vita anche ad un'anima sola salva la propria e dà ad essa il premio della Vita eterna, perché Dio è infinitamente riconoscente a chi gli dona un figlio, è parimenti certo che Dio perdonerà molte cose a chi si industria di far entrare nelle vie del Signore — le vie che conducono al Cielo — molte anime, tenendo aperta la porta della misericordia, della verità, della sapienza: l'Evangelo; perché tutti quanti vogliano, dietro l'invito del ministro di Dio, entrarvi, trovino facile il farlo.
Da questa rassegna e confronto tra le sette chiese di allora e lo stato attuale delle diverse religioni e chiese, viene quindi l'ammonimento e l'incitamento a non lasciar morire la carità; a non seguire umane dottrine, troppo simili a quella di Balaam, che sono ragione di scandalo, di avvelenamento e fornicazione spirituale dei piccoli, per quanto è "scandalo", e dei grandi per le altre due cose; a combattere quanti e chiunque abbia commercio o pratichi persone e atti di tenebre, fornicando con le potenze del male e della menzogna, e nutrendosi di cibi mentali sacrificati od offerti agli idoli di una scienza e di una curiosità impure; a scuotere da sé il quietismo e a tornar vivi, per dare la vita; a riparare alla debole virtù lavorando con tutte le forze che si hanno per portare altri alla conoscenza di Dio e dell'Evangelo e, conseguentemente, alla virtù, onde i salvati perorino essi stessi presso il Padre dei Cieli e di tutti gli uomini, per il loro salvatore; ad ardere per ardere, a splendere per illuminare, a staccarsi da quanto è concupiscenza anche solo di ricchezze, di potere, di salute e tranquilla comodità umana, per rivestirsi delle cose soprannaturali ed essere liberi, senza ostacoli nel lavoro apostolico.
Allora coloro che vollero divenire santi, vincendo tutte le cose contrarie alla santità, riceveranno il "nome nuovo", si nutriranno dell'"albero della vita", della "manna nascosta", saranno rivestiti della "candida veste", coronati della "corona" di gloria celeste, fatti "colonna" del Tempio eterno, e "siederanno sul trono" che è preparato per i vincitori.