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giovedì 11 settembre 2014

Orazione mentale o Meditazione. Metodi e suggerimenti

Il Padre Adolfo Tanquery, nel Compendio di Teologia Ascetica e Mistica, nel libro I della Parte Seconda a pag. 433, paragrafo 692 e ss.,  così descrive l' Esercizio Spirituale chiamato orazione mentale


692. Negli Esercizi Spirituali, S. Ignazio propone parecchi metodi di meditazione, secondo gli argomenti su cui si medita e i risultati che si vogliono ottenere. Il metodo che è generalmente più conveniente agl'incipienti è il metodo delle tre potenze, che si chiama così perchè vi si esercitano le tre principali facoltà: la memoria, l'intelletto e la volontà. Si trova esposto nella prima settimana a proposito della meditazione sul peccato.


693. 1° Principio della meditazione. Comincia con una preghiera preparatoria, con cui si chiede a Dio che tutte le nostre intenzioni ed opere siano unicamente rivolte al servizio e alla lode della Divina Maestà: ottima direzione d'intenzione.
Vengono subito appresso due preludi: a) il primo, che è la composizione del luogo, ha per fine di fissar l'immaginazione e la mente sul soggetto della meditazione, onde tener più facilmente lontane le distrazioni: 1) se è oggetto sensibile, per es. un mistero di Nostro Signore, uno se lo rappresenta il più vivamente possibile, non come fatto avvenuto da molto tempo ma come ne [sic] fosse egli stesso spettatore e vi prendesse parte; ciò che serve certamente a far più impressione; 2) se è oggetto invisibile, per esempio il peccato, "la composizione del luogo sarà di vedere con gli occhi dell'immaginazione e considerare l'anima mia imprigionata in questo corpo mortale; e tutto l'uomo, cioè il corpo e l'anima, esiliato in questa valle di lacrime, tra gli animali privi di ragione"; ossia si considera il peccato in alcuno dei suoi effetti, per subito concepirne orrore.
b) Il secondo preludio "sarà di chiedere a Dio ciò che voglio e desidero, per esempio la vergogna e la confusione di me stesso" alla vista dei miei peccati. Il fine pratico, la risoluzione, apparisce chiaramente fin da principio: in omnibus respice finem.

694. 2° Il corpo della meditazione consiste nell'applicazione delle tre potenze dell'anima (la memoria, l'intelletto e la volontà) a ogni punto della meditazione. Si applica per ordine ognuna delle potenze a ognuno dei punti, tranne che un punto solo porga materia sufficiente per tutta la meditazione. Non è però necessario fare in ogni meditazione tutti gli atti indicati: è bene fermarsi agli affetti e ai sentimenti suggeriti dal soggetto.
a) L'esercizio della memoria si fa richiamando, non in particolare ma nel complesso, il primo punto da meditare; così, dice S. Ignazio, "l'esercizio della memoria intorno al peccato degli Angeli consiste nel pensare come furono creati nello stato di innocenza; come non vollero servirsi della libertà per porgere al loro Creatore e Signore l'ossequio e l'obbedienza a lui dovuti; come, essendosi l'orgoglio impadronito della loro mente, passarono dallo stato di grazia allo stato di malizia, e furono dal cielo precipitati nell'inferno".

b) L'esercizio dell'intelletto consiste nel riflettere più in particolare sullo stesso argomento. S. Ignazio non dà altre spiegazioni, ma vi supplisce il P. Roothaan, osservando che il dovere dell'intelletto è di riflettere sulle verità proposte dalla memoria, di applicarle all'anima e ai suoi bisogni, di trarne conseguenze pratiche, di pesare i motivi delle nostre risoluzioni, di considerare in qual modo abbiamo finora conformato la condotta alle verità che meditiamo e come dobbiamo farlo in appresso.

c) La volontà ha due doveri da adempiere: esercitarsi in pii affetti e far buone risoluzioni. 1) Gli affetti devono certamente diffondersi per tutta la meditazione o essere almeno molto frequenti, perché son essi che fanno della meditazione una vera preghiera; ma bisogna moltiplicarli soprattutto verso la fine della meditazione. Non occorre affannarsi di come esprimerli: i modi più semplici sono sempre i migliori. Quando ci sentiamo compresi da un buon sentimento, è bene nutrirlo quanto più è possibile, fino a che la nostra devozione sia soddisfatta. 2) Le risoluzioni saranno pratiche, atte a migliorare la vita, e quindi particolari, appropriate allo stato presente, possibili a eseguirsi lo stesso giorno, fondate su ragioni sodeumili e quindi accompagnate da preghiere per ottenere la grazia di metterle in pratica.

695. 3° Viene infine la conclusione, che comprende tre cose: la ricapitolazione delle diverse risoluzioni già prese; pii colloqui con Dio Padre, con Nostro Signore, colla SS. Vergine o con qualche Santo; finalmente la rivista della meditazione, ossia l'esame sul come si è meditato, per rilevarne le imperfezioni e rimediarvi.

A far meglio capire questo metodo, diamo il quadro sinottico dei preludi, del corpo dell'orazione e della conclusione.

I. Preludii.
·        1° Rapido richiamo della verità da meditare.
·        2° Composizione del luogo per mezzo dell'immaginazione.
·        3° Domanda di grazia speciale conforme al soggetto.
II. Corpo della meditazione; si esercita:
·        1° la memoria. Richiamando sommariamente alla mente il soggetto con le principali circostanze.
·        2° l'intelletto. Esamino: 1° Quello che devo considerare in questo soggetto. 2° Quali conclusioni pratiche ne devo trarre. 3° Quali ne sono i motivi. 4° Come ho osservato questo punto. 5° Che devo fare per osservarlo meglio. 6° Quali ostacoli devo allontanare. 7° Quali mezzi usare.
·        3° la volontà. 1° Con affetti fatti in tutto il corso della meditazione, principalmente alla fine. 2° Conrisoluzioni prese alla fine d'ogni punto: pratiche, personali, sode, umili, fiduciose.
III. Conclusione.
·        1° Colloqui: con Dio, con Gesù Cristo, colla SS. Vergine, coi Santi.
·        2° Rivista. 1° Come ho fatto la meditazione? 2° In che e perchè l'ho fatta bene o male? 3° Quali conclusioni pratiche ne ho ricavate, quali domande fatte, quali risoluzioni prese, quali lumi ricevuti? 4° Fissare un pensiero come mazzolino spirituale.

696. Utilità di questo metodo. Come si vede, questo metodo è pienamente psicologico e praticissimo
a) Prende tutte le facoltà, compresa l'immaginazione, e le applica per ordine all'argomento della meditazione, portandovi così una certa varietà, onde una stessa verità viene considerata sotto i suoi diversi aspetti, è voltata e rivoltata nella mente per ben compenetrarsene, per acquistar convinzioni e soprattutto per trarne conclusioni pratiche per quello stesso giorno.

b) Pur insistendo sulla importante parte della volontà, che si risolve con cognizione di causa dopo che furono ben ponderati i vari motivi, non trascura la parte della grazia, perchè viene istantemente chiesta fin da principio e vi si ritorna nei colloqui.

c) È particolarmente adatto agli incipienti; perchè fissa, fin nei minimi particolari, ciò che bisogna fare dalla preparazione alla conclusione, e serve di filo conduttore perchè le facoltà non si sviino. Non suppone del resto profonda conoscenza del domma ma quella soltanto che ce ne dà il catechismo, onde s'adatta ai semplici fedeli”.


venerdì 2 maggio 2014

Il metodo dell’orazione mentale, senza complicarsi la vita



PREGHIERA: il metodo dell’orazione mentale

1. Che cosa si intende per metodo di orazione mentale?
Un metodo di orazione è l’insegnamento che ci spiega la maniera di fare l’orazione agevolmente. Infatti ci indica i vari atti che dobbiamo fare l’un dopo l’altro per riuscir meglio in questo santo esercizio.
2.Esiste un metodo di orazione mentale nell’Ordine carmelitano?
Si, nell’Ordine carmelitano troviamo un metodo di orazione fin dagli inizi della Riforma teresiana. Fu esposto e lo troviamo difatti nelle due più antiche Istruzioni dei Novizi, in quella spagnola (1591) e in quella italiana (1605).
3. Quale è l’origine di questo metodo?
Questo metodo trae l’origine immediata dagli insegnamenti di santa Teresa di Gesù e di san Giovanni della Croce; la sua forma definitiva e concreta, però, fu data dai loro discepoli.
Di questo metodo daremo ora una spiegazione generale, per tornare sulle varie sue parti nelle lezioni seguenti.
4. Quante parti distingue il nostro metodo nell’orazione mentale?
Abitualmente distinguiamo sei o sette parti o atti nell’esercizio dell’orazione mentale cioè: la preparazione – la lettura – la meditazione (col colloquio affettivo) – il ringraziamento – l’offerta – la domanda.
5. Tante distinzioni non sono forse una complicazione?
Questa distinzione delle parti non complica la pratica dell’orazione mentale. Difatti le due prime non sono ancora l’orazione, ma ne costituiscono come la porta d’ingresso; le tre ultime parti, poi, sono puramente complementari e facoltative, cioè verranno tralasciate appena non ne avremo più bisogno; l’orazione si riduce quindi sostanzialmente alla meditazione, accompagnata da una conversazione intima col Signore (colloquio affettivo).
6. In qual modo intendere bene il metodo carmelitano di orazione?
Per intendere bene il metodo carmelitano bisogna tener presente l’idea dell’orazione mentale come è presentata da santa Teresa; ossia che l’orazione consiste in una conversazione intima col Signore, nella quale Gli parliamo specialmente di amore, rispondendo al suo invito ad amarlo. Le varie parti dell’orazione hanno per scopo di condurci agevolmente a questa conversazione amorosa con Lui.


7. Come giova la preparazione a questo scopo?
La preparazione deve servire a metterci vicini al Signore; non si può difatti parlare intimamente con una persona se non essendole vicino. Dovremo quindi metterci alla presenza di Dio con fede viva e nell’atteggiamento umile di un’anima che si riconosce figlia di Dio.
8. A che cosa deve servire la lettura?
La lettura serve a procurarci un soggetto per la conversazione affettuosa col Signore. conversazione che può nutrirsi della considerazione di tutti i misteri della santa fede e dei vari doni e grazie da noi ricevuti dal Signore: infatti, in tutto ciò si manifesta l’amore di Dio verso di noi; ma poiché non è possibile parlare ogni volta di tutti questi argomenti insieme, con la lettura possiamo scegliere il soggetto di cui vogliamo presentemente occuparci, e rendere più facile la nostra considerazione, seguendo le spiegazioni e le riflessioni del libro.
9. Perché “meditare”?
La meditazione o riflessione personale che noi facciamo sul dono divino o sul mistero che abbiamo scelto nella lettura, serve a un duplice scopo: l’uno intellettuale e l’altro affettivo. Lo scopo intellettuale è di intendere meglio l’amore di Dio, per noi, come si manifesta nel mistero o nel dono divino che consideriamo, e così convincerci sempre più dell’invito d’amore rivolto da Dio all’anima nostra. Lo scopo affettivo consiste nel muovere la volontà all’esercizio dell’amore ed alla sua manifestazione, rispondendo all’invito divino. La meditazione appare quindi come la preparazione immediata alla conversazione affettuosa col Signore.
10. Come si passa dalla meditazione al colloquio affettivo?
Questo passaggio non si deve fare in un momento preciso, quasi matematicamente determinato, ma in modo del tutto spontaneo. Facendo le proprie riflessioni alla presenza di Dio e vedendo così più chiaramente quanto questo Dio ci ama, l’anima si sente facilmente spinta a dirgli a sua volta parole di amore. Anzi accade spesso che le riflessioni che faceva prima con se stessa, le continui per qualche tempo rivolgendo la parola al Signore e questo giova a farle prendere una coscienza più viva del suo amore per lei. Finalmente però l’anima lascia ogni considerazione per abbandonarsi pienamente all’esercizio dell’amore ed alla sua manifestazione, passa cioè ai colloquio affettivo. In questo l’anima dice e ripete in mille maniere a Dio che Lo ama, che desidera amarlo di più, che desidera provargli il suo amore.
11. E’ importante questo colloquio?
Il colloquio è importantissimo ed è la parte centrale dell’orazione. In esso infatti si realizza direttamente il concetto che santa Teresa aveva dell’orazione mentale che consiste in una conversazione intima col Signore, nella quale rispondiamo al suo amore per noi. Perciò l’anima, nella stia orazione, potrà occupare in esso molto tempo e anche tutta l’ora.
12. Quale scopo hanno le ultime tre parti dell’orazione?
Le ultime tre parti o atti dell’orzione, cioè, il ringraziamento, l’offerta e la domanda, servono a prolungare più agevolmente la nostra conversazione affettuosa col Signore. Non sono infatti altro che atti affettivi più determinati, cioè vari modi di manifestare il nostro amore.
13. Quale è il nostro atteggiamento in queste parti?
Nel ringraziamento manifestiamo al Signore la nostra umile gratitudine per i doni da Lui ricevuti. Nell’offerta, spinti dalla riconoscenza amorosa, vogliamo dare anche, noi qualche cosa al Signore. Nella domanda, o preghiera, umilmente convinti della nostra indigenza e fragilità, e desiderosi tuttavia di amare veramente il Signore, chiediamo il suo aiuto per riuscirvi ed esser fedeli ai propositi formati nell’offerta. Questi atti sono quindi, veramente, un prolungamento del colloquio affettivo, nato spontaneamente dalla meditazione.
14. Si deve osservare un ordine determinato nel seguire queste parti dell’orazione?
L’ordine indicato sopra è quello più logico; ma nell’orazione si può usare una grande libertà: possiamo ordinare queste parti come riesce più spontaneo. Anzi, possiamo riprendere più volte la stessa parte. Ciò vale anche per la meditazione e il colloquio affettivo che possono, anche frequentemente, alternarsi in una stessa orazione.
15. Sono necessarie le ultime parti?
No, questi atti sono facoltativi. Infatti un’anima che può occuparsi sufficientemente nel colloquio affettivo senza ricorrere ad essi, lo può fare senz’altro. Ma, al principio della vita d’orazione, l’attenzione dell’anima è spesso aiutata da una certa varietà di atti; e in questo caso l’anima farà bene a ricorrere ad essi.
Fonte: FlosCarmeli