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martedì 29 giugno 2021

Il delitto più grande!

  


...Il delitto più grande! Distruggere la fede e la fiducia. La fede nelle verità della Rivelazione. La fiducia nella bontà e onnipotenza divina. La prima distruzione fa crollare tutto un mondo di cose credute e che erano incentivo potente a vivere da figli di Dio, cancella tutto un poema luminoso che celebra le bontà infinite del Signore. La seconda fa sì che l'uomo, sconfortato dalle esperienze vissute, dica: "A che vale pregare, sacrificarsi, vivere da giusti, se poi si è ugualmente percossi così?". È il dubbio che sorge! È il conseguente rilassamento della fede, dei costumi! È la preghiera abbandonata! È la disperazione, talora! Ecco i frutti della scienza disgiunta dalla Sapienza.

   I frutti del maledetto albero della scienza, non reso buono dall'innesto della Sapienza. Volete tutto conoscere, tutto investigare, tutto spiegare. Ma l'intelletto dell'uomo, e specie dell'uomo decaduto, intelletto leso per la Colpa d'origine, intelletto leso per la concupiscenza mentale, non può tutto conoscere. Anche Adamo, pur essendo stato fatto "re" di tutto il creato, aveva ricevuto un divieto: "Non mangiare del frutto dell'albero della scienza del bene e del male, perché quel giorno che ne mangerai morrai". Non ubbidì, volle tutto conoscere, e morì prima nella Grazia, poi nella carne. Anche ora troppi, avendo di fronte i due alberi — quello che dà la Vita, ossia Gesù-Redentore-Salvatore-Parola che dà la Vita eterna, e l'albero della scienza che dà frutti generalmente di morte — tendono la mano a questo e non a quello, gustano di questo e non di quello, e si dànno la morte, e dànno la morte.
   Tutta colpevole la scienza? No. Come nessun uomo è totalmente malvagio e perennemente malvagio, così la scienza non è sempre e tutta malvagia e colpevole. Vi sono scienziati che usano il loro sapere ad opere di bene. Altri che, pervenuti a scoperte di mezzi omicidi, le distruggono, preferendo rinunciare alla gloria umana, che a loro verrebbe per tale scoperta, pur di risparmiare nuovi flagelli all'umanità. Altri ai quali, perché sono veramente cristiani, lo studio scientifico aumenta la religione, aumenta le virtù soprannaturali e morali.
   Costoro sono benedetti da Dio e benefattori dell'Umanità. E andrebbero imitati da tutti gli altri. Invece no. Ascoltati, presi per suffragio delle loro deduzioni, sono gli altri scienziati, quelli che tutto scrutano e spiegano umanamente, vedendo tutto col loro occhio umano, materiale, che guarda in basso, guarda la Terra e i suoi segreti, come fanno gli animali e peggio di essi. Perché in verità si direbbe che gli animali, molti di essi, sappiano lodare le cose, almeno le cose belle del Creato, le cose buone, grati al sole che li scalda, all'acqua che li disseta, ai frutti della Terra che li sfamano, all'uomo che li ama, molto meglio degli uomini.

   L'uomo, creatura ragionevole, dotata di spirito e di vita soprannaturale, dovrebbe saper guardare in alto, al Cielo, a Dio. Purificare la sua pupilla e il suo sapere attraverso la contemplazione delle opere divine, attraverso alla fede che Egli le ha fatte, vedere il segno incancellabile che esse tutte portano impresso e che le testifica fatte da Dio.
   Religione e fede, religione e carità, rendono attivamente buono l'investigare umano. Privo di queste forze spirituali, o avendo queste forze in misura non perfetta, l'investigare umano cade in errore, e trae altri in errore, e in indebolimento o morte della fede.

   Per apparire attualiconsoni ai tempi, che in verità non sono certo tempi da elogiarsi, non respingete le luci, tutte le luci che vi vengono direttamente dalla Rivelazione, dalla Sapienza, e indirettamente dall'investigare sapiente di scienziati cristiani che si sono innalzati a Dio per poter penetrare anche nei misteri del mondo, ma penetrarvi con spirito buono onde conoscerne la verità, verità che conferma l'opera di Dio e a Lui ne dà lode. Non prendete invece, per apparire attuali e consoni ai tempi, quelle "profondità di satana", come sono dette nell'Apocalisse c.II v.24, o quanto meno "del mondo", le quali non sono conformi alla Rivelazione, per spiegare quanto è, ed è unicamente per onnipotenza e opera divina.

   Altrove ancora vi è tiepidezza nel servizio di Dio e orgoglio di sé. La concupiscenza triplice trionfa là dove dovrebbero essere regine le virtù, e fa poveri e senza luce quelli che sono tiepidi e orgogliosi. Poveri di quanto è necessario per essere giusti e di quanto è necessario avere per fare dei propri sudditi dei giusti. Chi è tiepido non può scaldare chi è freddo. E chi è senza luce non la può comunicare. E chi è avaro dei doni grandi che Dio gli ha dato, non può fare ricchi i suoi agnelli. Tiene per sé il pascolo, permette solo che il suo gregge si pasca dell'indispensabile per non perire del tutto, senza pensare che nel gregge vi sono dei deboli che hanno bisogno di esser nutriti in misura più grande, grandissima talora, per non morire.

   Non basta essere individualmente santi, non peccare per se stessi, per essere pastori buoni. Occorre santificare, occorre vegliare perché altri non pecchino, e se si sa che qualche agnello ha peccato e si è ferito mortalmente nello spirito, non attendere che venga a chiedere guarigione, ma andare a lui, curarlo, guarirlo. Anche se respinge, tornare una, due, dieci, cento volte, non solo in veste di predicatore che richiama al dovere con parole di rimprovero, ma con altri mezzi: da amico, da medico, da padre. E se si sa che uno sta sviandosi, non lasciare andare le cose così, ma intervenire, con pazienza e dolcezza, per ricondurlo sulla via buona.

   L'apostolato del sacerdote non si limita alla Messa quotidiana, alla Confessione, alla spiegazione evangelica e dottrinale in chiesa. Vi è molto più da fare fuori della chiesa. Avvicinare i propri sudditi, portare la parola di Dio e della morale là dove in chiesa non si va o si va poco e male, là dove un membro, anche uno solo, della famiglia, in chiesa non va, là dove un membro, anche uno solo, della famiglia, manca ai suoi doveri di padre, di madre, di sposo, di figlio, di cittadino, di persona morale.

   In quante famiglie vi sono dolori, situazioni penose, peccati! Quanto campo d'apostolato in questi primi nuclei della società umana, in queste piccole chiese in cui, sacerdoti senza ordinazioni, ma con un compito ben specifico, anzi con due compiti ben specifici — continuare la creazione col procreare, collaborando perciò con Dio che crea l'anima per ogni individuo procreato dall'uomo e dalla donna, e generare nuovi figli adottivi a Dio — due si amano e vivono uniti. O almeno lo dovrebbero fare. Ma talvolta non lo fanno. Vengono reciprocamente meno ai loro doveri di marito e di moglie, e vengono meno ai loro doveri verso i figli, trascurando di fare di essi dei veri cristiani, lasciandoli andare dove non possono divenire migliori, dando loro esempi non buoni, non curando la loro formazione religiosa, lasciando che cattivi compagni e membri di partiti antidio li avvicinino e traviino.

   Le terre di missione non sono soltanto nell'Africa, nelle Americhe, nell'Asia e in diversi arcipelaghi. Anche l'Europa, anche l'Italia, sono terra di missione, per chi ha spirito missionario e vista soprannaturale. Ogni paese, dai minimi alle grandi città, ogni zona parrocchiale, ogni casa, può essere zona di missione, luogo ove estirpare la zizzania per seminarvi il buon grano, luogo di bonifica spirituale, luogo di ricostruzione in Cristo. Ricostruzione del Regno di Dio nella famiglia e nei singoli suoi componenti.

   "Voi siete il sale della Terra e la luce del mondo". Il Maestro, Sapienza infinita, ha empito del suo sale i suoi eletti, ed ha dato ad essi la facoltà di trasmettere questo sale, che deve salare, ai loro successori. Il Maestro, vera Luce del mondo, ha empito della sua Luce i suoi eletti, ed ha dato ad essi ordine di illuminare ogni uomo e di trasmettere questo potere ai loro successori. Egli, poi, da Pontefice eterno, continua ad infondere sale e luce nel Corpo mistico perché mai in esso vengano meno, anche se tiepidezze di membra potrebbero produrre carestia di sale e di luce.

   La Chiesa è "Madre". Quale la madre che mentre è in gestazione non si nutre e vive in maniera da dar vita a creature sane? Anche la Chiesa, nei singoli pastori, più o meno alti di grado, deve fornire ai suoi figli i sali che mantengono integra e forte la vita spirituale.
   La Chiesa è la "Sposa di Cristo", e Cristo è Sole, è Oriente, è Stella del mattino, è Luce infinita. Lo Sposo dona alla Sposa le sue ricchezze e proprietà, gliele comunica perché Essa le comunichi a tutti i suoi membri, e specie a quelli destinati ad illuminare; perciò i suoi pastori più o meno alti di grado devono esser "luce" per illuminare gli agnelli.

   Ma la luce presuppone la fiamma. La fiamma, l'ardore. Un incendio fiammeggia quando arde e consuma. Anche l'apostolo fiammeggia, e quindi illumina e scalda, e accende anche, se arde e si consuma. Ma se, per paura di consumarsi, per paura d'esser preso di mira dai nemici della Luce, per paura di faticare troppo, resta tiepido, diventa insipido — e le cose insipide vengono respinte — diventa pigro, non dà più luce, si spegne come astro che ha finito di splendere nei cieli, non splende più nel suo cielo, in quello spirituale.

   Che se poi alla perdita della luce che viene da incendio di carità, se a questa perdita, che è causata da orgoglio di sé, si unisce l'egoismo — e l'egoismo è il contrario dell'altruismo che è linfa del cristiano: "il comandamento mio è questo: che vi amiate scambievolmente come Io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di quello di colui che dà la vita per i suoi amici""Se diciamo di aver comunione con Dio e camminiamo nelle tenebre siamo bugiardi e non pratichiamo la verità. Se invece camminiamo nella luce, come Dio sta nella luce, siamo in comunione scambievole… Chi osserva la parola di Dio, in lui è perfetta la carità di Dio…""Se uno dice: 'Io amo Dio' e non ama il fratello, è bugiardo, perché chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?" — se accade questo, allora il pastore è un morto.

   Il cristianesimo è carità. Carità dei potenti verso i piccoli, dei piccoli verso i potenti, carità dei superiori verso gli inferiori, sempre carità. Se non c'è carità il cristianesimo si spegne e gli succedono l'egoismo e la tiepidezza, il sale diviene insipido, la lucerna non splende ma fuma, o viene messa sotto al moggio perché non sia disturbata. E le anime, le povere anime degli agnelli, restano abbandonate, non trovano calore, luce, sapore, si indeboliscono, si smarriscono. Povere anime che hanno tanto bisogno di aiuto più sono deboli!

   Queste manchevolezze, vive e forti nelle chiese non più alimentate dalle Acque vive che sgorgano da sotto i fianchi dell'altare del vero Tempio, non sono assenti anche nella Chiesa vera. Santo è il suo Corpo, santissimo il suo Capo e la sua Anima. Non tutte sante ne sono le membra, perché l'appartenenza più o meno intrinseca col Corpo non muta la natura umana dell'uomo. È l'uomo che deve costantemente lavorare a rigenerarsi, a ricrearsi,
 a supercrearsi per raggiungere la perfezione ed avere somiglianza quanto più si può perfetta col Cristo, Capo della Chiesa, con lo Spirito Santo, Anima della Chiesa. Somiglianza col Cristo mediante una vita di "alter Christus". Somiglianza con lo Spirito Santo mediante la carità, santità, purezza, fortezza, pietà e ogni altro attributo proprio del Santificatore.

   Più le membra si sforzano di esser sante, e più la Chiesa trionfa. Perché la santità delle membra, parlo delle più elette, si riversa sulle membra inferiori, le eleva, le accende, le rende strumento di santificazione e di conversione verso membra già quasi morte o morte affatto.
   L'apostolato sacerdotale, se è quale Gesù lo volle e lo vuole, suscita la grande forza dell'apostolato laico. Grande forza perché penetra con più facilità per ogni dove. Nelle famiglie, nelle fabbriche, nelle diverse categorie di professionisti, può avvicinare dei pervertiti da capi partito o da perversioni psicofisiche; smantellare i castelli di menzogne; distruggere i falsi miraggi suscitati dai servi dell'anticristo, in atto ora come mai sinora nella storia del mondo; neutralizzare, con la carità di fatti e non di parole, con la verità delle azioni e non con le false parole delle più false ideologie, il veleno sparso nascostamente dall'astuto serpente di ora, che per ora ancora si limita ad esser "serpente", in attesa di assumere il suo ultimo aspetto di Anticristo trionfante per il suo breve e orrendo trionfo.
   Ma se si rilassa lo spirito nelle membra superiori, se l'apostolato laico non è coadiuvato da quello sacerdotale in misura piena, è inevitabile che succeda quanto successe in Israele, quando, Tempio e Sinagoga essendo decaduti dalla giustizia, anche le classi elette, umanamente, poterono esser cagione di scandalo, di oppressione, di rovina per il popolo.

   Era scritto che il Cristo dovesse morire per opera dei Sacerdoti, Scribi e Farisei. Ma Dio, nel dare le anime a quei sacerdoti, scribi e farisei che avrebbero avversato il suo Verbo sino a farlo morire sulla croce, non aveva creato anime speciali di deicidi, di crudeli, di ingiusti, di avidi di potere, di menzogneri. No. Aveva creato per loro anime in tutto uguali a quelle di tutti gli uomini. Uguali per creazione, divenute poi uguali per lesione del Peccato originale; come uguale era la Legge e la Rivelazione per tutto Israele; come uguale era la libertà di volere che avevano i sommi e i minimi.
   Ma troppo si era illanguidita la giustizia in troppi del Tempio e delle Sinagoghe, e il sacro Tempio era divenuto "spelonca di ladri" (Matteo-Marco-Luca) ed ipocriti erano divenuti i discendenti degli Assidei. I degenerati discendenti degli Assidei. Perché questi erano stati uomini di alta e vera morale, di totale fedeltà alla Legge e dottrina di Mosè, di nobili sentimenti d'amor patrio, per cui seppero combattere e morire per salvare la nazione dai sopraffattori e dai corruttori. Invece unicamente rigoristi all'esterno — mentre dentro, e nell'ombra, erano "sepolcri imbiancati pieni di putredine", e benché si professassero "i separati" dai più, non erano separati dal peccato — erano i farisei. E con loro lo erano gli scribi che avevano deformato e resa impossibile nella sua pratica la Legge, tanto l'avevano gravata di tradizioni messe da loro. Essendo accaduto tutto questo, le loro anime poterono divenire deicide, e la loro libertà, quella libertà che Dio aveva loro data, la usarono per uccidere il Figlio di Dio.

   Uccidere il Figlio di Dio! Calunniarlo! Presentarlo per ciò che non era!
   Ma è solo peccato di allora? No. Anche ora c'è quel peccato. E se non direttamente si alza la mano a schiaffeggiare, a torturare, ad uccidere il Cristo, ancora la si alza su Lui, presente nei suoi servi. Perché è ancora Gesù che soffre in coloro che sono perseguitati. Quale che sia la persecuzione che viene loro data.
   Saulo di Tarso personalmente non uccideva i cristiani, ma "approvava il loro assassinio" e "desolava la Chiesa entrando nelle case e portando via uomini e donne che faceva mettere in prigione". Era un anticristo in atto lui stesso, lui che poi sarà l'Apostolo e Vaso d'elezione, lui che poi combatterà così bene contro l'anticristo, subito sorto nelle diverse regioni dove erano sorte le chiese di Gesù.
   Ma mentre "spirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore"munito di lettere per le sinagoghe di Damasco onde poter condurre prigionieri a Gerusalemme quanti avesse trovato di quella fede", andava a Damasco, che gli avvenne? L'incontro col Cristo presso Damasco. E che gli disse il Cristo? Forse gli chiese: "Perché perseguiti i miei servi?" No. Gli disse: "Perché mi perseguiti?".
 Gesù era il perseguitato. È Gesù che soffre la persecuzione nei suoi servi. Perché Gesù è in essi. Continua in essi la sua Passione. E chi perseguita il servo di Dio, il figlio adottivo di Dio e fratello di Gesù, ancora colpisce la Parola del Padre, il Figlio Unigenito del Padre, Gesù che è, come Dio, nel Padre e nei veri cristiani.

   Peccato solo di ora? No. Di sempre. E non sempre quelli che perseguitano i servi di Dio e i fratelli più diletti del Cristo sono gli anticristiani dai molti nomi. No. Molte volte la persecuzione viene da quelli che dovrebbero essere di aiuto a questi. Viene da chi, per orgoglio, non vuole che altri, "i minimi", si elevino dove essi non sono stati elevati. Viene da chi, per esser tiepido, non può capire come altri siano fiamma fusa con Fiamma: spirito d'uomo fatto fiamma dalla carità di e per Cristo, fatto una sol cosa con lo Spirito di Cristo, un sol fuoco. Viene da chi non ricorda bene, e comprende meno bene ancora, uno degli inni più belli che abbia il Vangelo: "Sia gloria a Te, Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e ai prudenti e le hai rivelate ai piccoli". Viene da chi "per riguardi personali o per fame di donativi" si fa cieco e manca alla giustizia.

   Errori congiunti alla debolezza dell'uomo, che resta "uomo" anche se ha assunto vesti sacre. Errori che hanno mandato servi di Dio nei roghi e nelle carceri, e che tuttora mettono catene — che anche se non sono materiali certo sono sempre catene — alla doppia libertà dell'individuo eletto servo dal suo Signore: alla libertà dell'uomo che, qualora non faccia cose punibili ai sensi della legge contro lo Stato e contro i suoi simili, è sacra, e alla libertà speciale del servo di Dio di servire Dio come Egli al suo servo lo chiede.
   Prima, molto prima di Gesù, la voce dei Profeti aveva predetto che i popoli che non conoscevano il Signore sarebbero divenuti "suo popolo" al posto di quello che non lo volle riconoscere. Gesù, molti secoli dopo, ammonisce i suoi che "i Gentili avrebbero superato in giustizia molti di loro". E aveva dato l'esempio nel modo da trattare i Gentili e i peccatori per portarli alla Via, Verità e Vita.
   Eppure gli stessi Apostoli, direttamente ammaestrati dalla parola e dall'esempio del Maestro, per il sempre rinascente orgoglio d'essere "ebrei", hanno ostacolo a trattare coi Gentili. L'esempio di Pietro col centurione Cornelio mostri a tutti come l'orgoglio possa rallentare la conquista delle anime o permettere che delle anime non vengano alla Vita. È dovuto intervenire Iddio con un miracolo per persuadere l'Apostolo che "Dio non fa distinzione di persone, ma in qualunque nazione gli è accetto chi lo teme e pratica la giustizia".

   Gesù, e prima di Lui i Profeti, avevano chiaramente istruito sulla sorte del Cristo. Eppure, venuta la sera del Giovedì, per quanto fortificati dalla purificazione e dalla Eucaristia date loro dal Pontefice eterno, ecco che la debolezza dell'uomo, che non viene annullata dalla consacrazione, li fa fuggire pavidi e vergognosi, li fa rinnegare; ed è proprio Pietro, il successore di Gesù nel governo della Chiesa, colui che lo rinnega. E poscia, benché investito dallo Spirito Santo una e una volta, non fu senza incomprensione verso i fratelli nell'esercizio sacerdotale, e debole al punto di avere due modi di vivere per paura di incontrare biasimo o inimicizie.
   L'uomo è l'uomo. "Come fanciullini di fresco nati" che bramano al latte spirituale sincero per crescere e divenire "stirpe eletta, regale sacerdozio, nazione santa, popolo di Dio", così Pietro da uomo si fece santo, eroicamente santo, sempre più santo, divenendo veramente "un altro Cristo" con un lavoro assiduo. Ma prima fu "l'uomo". Come Paolo fu "l'uomo" in cui la legge della carne lottava contro quella dello spirito. L'uomo che dopo esser stato rapito al terzo cielo conobbe ancora lo schiaffo dell'angelo di Satana, lo stimolo della carne. Come "uomo" furono tanti altri servi di Dio, martiri del loro io, beati per aver vinto l'io ed essersi rigenerati in Cristo.

P.P. Rubens - La Donna dell'Apocalisse


AMDG et DVM