L’odio per la donna del femminismo
L’odio che il femminismo, ideologia propagandistica malsana e contro natura, ha innescato nei confronti dell’uomo fin dal suo sorgere, ovvero dalla fine del XIX secolo, prosegue la sua strada distruttiva della famiglia e del vivere sociale.
Da che mondo e mondo chi uccide è un assassino, uomo o donna che sia, invece le femministe hanno escogitato il «femminicidio», un neologismo che identifica i casi di omicidio la cui vittima è una donna, i motivi, quindi, sono basati sul sesso (uomo/donna), oggi denominato «genere» (vedasi LGBT), visto che, per queste menti antiscientifiche oltre che antinaturali, esistono multiformi tipologie del vivere la sessualità.
Il vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli, spiega così il significato del termine «femminicidio»: «Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte».
Nell’ordinamento penale italiano il lemma ha fatto la sua comparsa con il decreto legge del 14 agosto 2013, n. 93 (convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119) recante «Nuove norme per il contrasto della violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime».