Sull'uso di salve come
formula di saluto
Quesito:
Molti lettori hanno notato il rilancio nell'italiano contemporaneo della
formula di saluto salve e domandano quali siano i contesti più
adatti in cui utilizzarla; a questa domanda ha risposto Raffaella Setti
sul n. 39 (ottobre 2009) della
nostra rivista La Crusca per voi.
Sull'uso di salve come
formula di saluto
«La formula di saluto salve è un'espressione tradizionale
giuntaci direttamente dal latino e attestata in ogni epoca per l'italiano. Si
tratta della forma dell'imperativo del verbo latino salvĒre 'essere in buona
salute' ed è quindi un'espressione augurale, 'salute a te', che si è fissata in
una formula di saluto perdendo il contatto con il significato etimologico. In
latino era spesso associata a vale 'addio' nella formula di
commiato vale atque salve 'addio e stai bene', mentre già
nell'italiano rinascimentale si documentano casi che testimoniano la
specializzazione delle due formule: salve come saluto
d'incontro e vale come saluto di commiato. Una lettera di Leon
Battista Alberti a Matteo de' Pasti del 1454 si apre appunto con salve e
si chiude con vale, ma gli esempi potrebbero continuare numerosi.
Nel tempo il legame con il significato etimologico si è opacizzato e salve ha
subito un'evoluzione semantica simile a molte altre formule allocutive di
saluto come pronto (risposta telefonica che deriva dall'avviso
che era pronto il collegamento), ma anche arrivederci (augurio
di potersi rivedere) e ciao (che deriva dal veneziano e
originariamente significava 'schiavo', 'servo vostro'). Non deve stupirci
che salve abbia progressivamente ampliato i contesti d'uso,
anche a scapito di altre locuzioni di saluto, poiché nel sistema dell'italiano
manca una forma di livello medio: a fronte di un'ampia scelta di saluti di
formalità medio-alta (buon giorno, arrivederci, addio fino
a arrivederla, ossequi), e del saluto informale per
eccellenza ciao, risulta assolutamente carente la fascia di media
formalità.
Il generale abbassamento del livello di formalità nei rapporti che
caratterizza il nostro tempo ha indubbiamente favorito il recupero e il
rilancio di questa forma di saluto che sentiamo e vediamo utilizzata in nuovi
contesti e con funzioni più ampie. Fino a qualche decennio fa salve era
considerato valido solo come saluto d'ingresso e si poteva trovare come
espressione di commiato in generi particolari di scrittura (ad esempio nel
fumetto disneyano, come messo in rilievo nel recente studio di Daniela Pietrini, Parola
di papero, Firenze, Cesati, 2008), mentre oggi questa distribuzione d'uso
non sembra più così rigida. I messaggi di posta elettronica sono attualmente la
tipologia testuale in cui si assiste, forse in modo più evidente, al
proliferare di salve: la formula appare come risolutiva quando ci
siano incertezze sul grado di formalità del registro da tenere con
l'interlocutore (spesso più di uno e talvolta assolutamente sconosciuto) e non
risulta vincolante rispetto al momento della giornata in cui scriviamo o in cui
viene letto il nostro messaggio.
Proprio per questa sua "genericità", salve può
non piacere o essere avvertito come un modo sbrigativo e poco coinvolgente di
salutare, ma non si tratta certo di una forma da evitare o di cui dobbiamo
scandalizzarci».
cià-o
SIGN Saluto confidenziale
dal veneto: s'ciavo schiavo, a sua volta dal latino sclavus col medesimo significato e con cui venivano indicate le persone di etnia slava (identico etimo), visto che il maggior numero di schiavi del mediterraneo erano di questa etnia.
Salutare dicendo "schiavo" può parere strano. Ma così come altre espressioni di saluto - ad esempio "servo suo" - è il retaggio di un rispetto, profondo o di convenienza che fosse, che si rinnovava ad ogni incontro mettendosi simbolicamente a disposizione dell'altro come un servo, come uno schiavo.
Questa parola, poi, è diventata una cifra dell'italianità, un saluto ormai internazionale e di grande carattere - che proprio per questa nobiltà acquisita, magari si potrebbe pensare di non considerare più così informale e strettamente confidenziale, ma adatto ad un numero di circostanze più ampio. Circostanze che per certo, fin dal saluto sarebbero meno tirate e tese.
Testo originale pubblicato su unaparolaalgiorno.it: https://unaparolaalgiorno.it/significato/C/ciao
SIGN Saluto confidenziale
dal veneto: s'ciavo schiavo, a sua volta dal latino sclavus col medesimo significato e con cui venivano indicate le persone di etnia slava (identico etimo), visto che il maggior numero di schiavi del mediterraneo erano di questa etnia.
Salutare dicendo "schiavo" può parere strano. Ma così come altre espressioni di saluto - ad esempio "servo suo" - è il retaggio di un rispetto, profondo o di convenienza che fosse, che si rinnovava ad ogni incontro mettendosi simbolicamente a disposizione dell'altro come un servo, come uno schiavo.
Questa parola, poi, è diventata una cifra dell'italianità, un saluto ormai internazionale e di grande carattere - che proprio per questa nobiltà acquisita, magari si potrebbe pensare di non considerare più così informale e strettamente confidenziale, ma adatto ad un numero di circostanze più ampio. Circostanze che per certo, fin dal saluto sarebbero meno tirate e tese.
Testo originale pubblicato su unaparolaalgiorno.it: https://unaparolaalgiorno.it/significato/C/ciao
Ancora: CIAO
"Ciao" è una forma di saluto che siamo abituati a rivolgere verso coloro con i quali abbiamo certa familiarità o confidenza, comunque verso persone che siano almeno nostri "pari grado", cui diamo il "tu", mentre verso i nostri "superiori" o verso i più anziani, le buone maniere prevedono l'utilizzo di forme meno dirette come "buongiorno", "arrivederci", "salve", etc...
In realtà, in origine il dialetto veneto aveva trasformato la parola schiavo in s-ciao o s-ciavo che successivamente nel corso dei secoli fu assimilata dalla lingua italiana trasformandosi nell'odierno usatissimo "ciao" che, però, ai tempi, non significava altro che: "schiavo suo", oppure "servo vostro". Altro che saluto confidenziale....almeno alle origini, era un saluto che esprimeva totale sottomissione e rispetto (sia pure soltanto formale) molto più dell'attuale buongiorno e buonasera !
AMDG et BVM
"Ciao" è una forma di saluto che siamo abituati a rivolgere verso coloro con i quali abbiamo certa familiarità o confidenza, comunque verso persone che siano almeno nostri "pari grado", cui diamo il "tu", mentre verso i nostri "superiori" o verso i più anziani, le buone maniere prevedono l'utilizzo di forme meno dirette come "buongiorno", "arrivederci", "salve", etc...
In realtà, in origine il dialetto veneto aveva trasformato la parola schiavo in s-ciao o s-ciavo che successivamente nel corso dei secoli fu assimilata dalla lingua italiana trasformandosi nell'odierno usatissimo "ciao" che, però, ai tempi, non significava altro che: "schiavo suo", oppure "servo vostro". Altro che saluto confidenziale....almeno alle origini, era un saluto che esprimeva totale sottomissione e rispetto (sia pure soltanto formale) molto più dell'attuale buongiorno e buonasera !