VOLUME I CAPITOLO 19
XIX. Maria e Giuseppe alla volta di Gerusalemme.
27 marzo 1944.
19.1Assisto alla partenza per andare da S. Elisabetta.
Giuseppe è venuto a prendere Maria con due ciuchini grigi: uno per sé, uno per Maria. Le due bestiole hanno la sella abituale, ma una è aumentata[54] da un bizzarro arnese, che poi comprendo essere fatto per portare il carico: una specie di portabagagli sul quale Giuseppe assicura un piccolo cofano di legno — un bauletto, diremmo ora — che ha portato a Maria per riporvi i suoi indumenti senza che l’acqua possa bagnarli.
Sento Maria che ringrazia molto Giuseppe per questo dono previdente, nel quale sistema quanto leva da un fagotto che aveva prima preparato.
19.2Chiudono la porta di casa e si mettono in cammino. È lo spuntare del giorno, perché vedo l’aurora rosare appena ad oriente. Nazareth dorme ancora. I due mattinieri viaggiatori incontrano unicamente un mandriano, che spinge avanti le sue pecorelle trotterellanti l’una contro l’altra, incastrate l’una fra le altre come tanti cunei, e belanti. Gli agnellini belano più di tutti con voce acuta e sottile, e vorrebbero cercare, anche camminando, la poppa materna. Ma le madri si affrettano al pascolo e li invitano a trottare loro pure col loro belato più forte.
Maria guarda e sorride e, posto che si è fermata per lasciar passare la mandra, si curva sulla sua sella e carezza le miti bestiole, che passano rasente al ciuchino. Quando giunge il pastore con un agnellino appena nato fra le braccia e si ferma a salutare, Maria ride carezzando sul musetto roseo l’agnellino belante disperatamente, e dice: «Cerca la mamma. Eccola la mamma. Non ti lascia, no, piccolino». Infatti la pecora madre si strofina al pastore e si alza in piedi per leccare sul musetto il suo nato.
La mandra passa con rumore di acqua sulle fronde, e lascia dietro a sé la polvere sollevata dagli zoccoletti in corsa e tutto un ricamo di pedate sulla terra della via.
Giuseppe e Maria riprendono il cammino. Giuseppe ha il suo mantellone, Maria è avvolta in una specie di scialle a righe, perché la mattina è molto fresca.
Ormai sono in campagna e vanno l’una vicino all’altro. Parlano raramente. Giuseppe pensa ai suoi affari e Maria segue i suoi pensieri e, raccolta come è in essi, sorride ad essi e sorride alle cose quando, uscendo dalla sua concentrazione, gira lo sguardo su quanto la circonda. Di tanto in tanto guarda Giuseppe, e un velo di serietà mesta le oscura il viso; poi le torna il sorriso anche nel guardare questo suo sposo previdente, che poco parla, ma che se parla è per chiederle se è comoda e se non ha bisogno di nulla.
19.3Ora le strade si sono popolate di altre persone, specie nelle vicinanze di qualche paese o dentro allo stesso. Ma i due non fanno molto caso alle persone che incontrano. Vanno sui loro ciuchini trotterellanti in un gran suonare di bubboli, e si fermano solo una volta, all’ombra di un boschetto, per mangiare un poco di pane e ulive e bere ad una fonte che scende da una grotticella, e un’altra per ripararsi da un acquazzone violento che si abbatte all’improvviso fuori da un nuvolone scuro scuro.
Si sono messi al riparo del monte, contro una sporgenza del masso che li copre dal più forte dell’acqua. Ma Giuseppe vuole assolutamente che Maria si metta il suo mantellone di lana impermeabile, sul quale l’acqua scivola via senza bagnare, e Maria deve cedere alla premurosa insistenza dello sposo che, per rassicurarla sulla sua propria immunità, si mette sulla testa e sulle spalle una piccola coperta bigia, che era sulla sella. La coperta del ciuchino, probabilmente. Ora Maria pare un fraticello, col cappuccio che le incornicia il volto e il mantello marrone che le si chiude alla gola e la copre tutta.
L’acquazzone rallenta, ma si muta in pioggia noiosa e fina. I due riprendono ad andare per la strada già tutta fangosa. Ma è primavera, e dopo qualche tempo torna il sole a fare più comodo il cammino. I due ciuchini zampettano più volentieri sulla via.
Non vedo altro, perché la visione cessa qui.