Lc 2, 1-3
Vedo ancora la casa di Nazareth. La piccola stanza dove abitualmente sta Maria per i suoi pasti. Adesso Ella
lavora intorno a della tela bianca. Posa il lavoro per accendere una lucerna, perché scende la sera ed Ella non
vede più bene nella luce verdastra che entra dalla porta socchiusa sull'orto. Chiude anche la porta.
Vedo che ormai è molto grossa nel corpo. Ma ancora tanto bella. Il passo è sempre svelto, e gentile ogni suo
atto. Nessuna di quelle pesantezze che si notano nella donna quando è prossima a dare alla luce un bambino.
Solo nel viso Ella è mutata. Ora è «la donna». Prima, al tempo dell'Annuncio, era una giovinetta dal visetto
sereno e ignaro, un viso da bambino innocente. Dopo, in casa di Elisabetta, al momento della nascita del
Battista, il suo viso si era già affinato in una grazia più matura. Adesso è il volto sereno, ma dolcemente
maestoso, della donna che ha raggiunto la sua piena perfezione nella maternità.
Non ricorda più la sua cara «Annunziata» di Firenze, padre. Quando era fanciulla, io ve la ritrovavo. Adesso
il volto è più lungo e magro, l'occhio più pensoso e grande. Insomma è quello che è Maria anche ora in
Cielo. Perché ora ha ripreso l'aspetto e l'età del momento in cui nacque il Salvatore.
La sua è l'eterna giovinezza di chi non solo non ha conosciuto corruzione di morte, ma nemmeno
appassimento di anni. Il tempo non l'ha toccata, questa Regina nostra e Madre del Signore che ha creato il
tempo; e se nello strazio del tempo di Passione - strazio che per Lei è incominciato molto, molto avanti,
potrei dire da quando Gesù ha iniziato l'evangelizzazione - Ella è apparsa invecchiata, questo invecchiamento
era come un velo messo dal dolore sulla sua incorruttibile persona.
Infatti, dal momento che Ella rivede Gesù
risorto, Ella torna la creatura fresca e perfetta che era avanti questo strazio, quasi che, baciando le Piaghe Ss.,
abbia bevuto un balsamo di giovinezza che annulla l'opera del tempo e, più ancora che del tempo, del dolore.
Infatti, anche otto giorni sono, quando ho visto la discesa dello Spirito Santo, il giorno di Pentecoste, io
vedevo Maria «bella, bella, bella e fatta d'un subito più giovane» come scrivevo, e prima avevo scritto: «Ella
pare un angelo azzurro». Gli angeli non hanno vecchiaia. Sono eternamente belli dell'eterna giovinezza,
dell'eterno presente di Dio che riflettono in loro.
La giovinezza angelica di Maria, angelo azzurro, si completa e raggiunge l'età perfetta - che Ella ha portato
seco nei Cieli e che conserverà in eterno nel suo santo corpo glorificato, quando lo Spirito inanella la sua
Sposa e l'incorona agli occhi di tutti - ora, e non più nel segreto di una stanza ignota al mondo, col solo
testimone di un arcangelo.
Ho voluto fare questa digressione perché mi pareva necessaria. Ora torno alla descrizione.
Maria, dunque, ora si è fatta veramente «donna», piena di dignità e grazia. Anche il suo sorriso è mutato in
dolcezza e maestà. Come è bella!
Entra Giuseppe. Pare torni dal paese, perché entra dalla porta di casa e non da quella del laboratorio. Maria
alza il capo e gli sorride. Anche Giuseppe le sorride. Ma pare che lo faccia a fatica, come chi è preoccupato.
Maria l'osserva interrogativamente. Poi si alza per prendere il mantello che Giuseppe si sta levando e lo
piega e ripone su una cassapanca.
Giuseppe si siede presso la tavola. Appoggia un gomito su essa e il capo sulla mano, mentre con l'altra,
soprappensiero, si pettina e spettina alternativamente la barba.
«Hai qualche pensiero che ti cruccia?» chiede Maria. «Ti posso consolare?».
«Tu mi consoli sempre, Maria. Ma questa volta ho un grande pensiero. - Per te».
«Per me, Giuseppe? E che mai?».
«Hanno messo un editto sulla porta della sinagoga. È ordinato il censimento di tutti i palestinesi. E bisogna
andare a segnarsi nel luogo di origine. Noi si deve andare a Betlemme...».
«Oh!» interrompe Maria, mettendosi una mano sul seno.
«Ti scuote, vero? È penoso. Lo so».
«No, Giuseppe. Non è questo. Penso... penso alle Sacre Scritture: (Genesi 35, 16-20; 48, 7; Numeri 24, 17;
Michea 5, 1. Il sepolcro di Rachele al Cap 73) Rachele madre di Beniamino e moglie di Giacobbe dal quale
nascerà la Stella, il Salvatore. Rachele sepolta a Betlemme di cui è detto: "E tu, Betlemme Efrata, sei la più
piccola fra le terre di Giuda, ma da te uscirà il Dominatore ". Il Dominatore che è stato promesso alla stirpe
di Davide. Egli nascerà là...».
«Credi... credi d'essere già al tempo? Oh! Come faremo?».
Giuseppe è completamente sgomento. Guarda
Maria con due occhi pietosi.
Ella se ne avvede. Sorride. A sé, sorride, più che a lui. Un sorriso che pare dica: «È un uomo, giusto, ma
uomo. E vede da uomo. Pensa da uomo. Compatiscilo, anima mia, e guidalo a vedere da spirito». Ma la sua
bontà la spinge a rassicurarlo. Non mente, ma storna il suo affanno.
«Non so, Giuseppe. Il tempo è molto
vicino. Ma non potrebbe il Signore rallentarlo per sollevare te da questa preoccupazione? Tutto Egli può.
Non temere».
«Ma il viaggio!... Chissà che folla! Troveremo buon alloggio? Faremo a tempo a tornare? E se... se dovrai
esser Madre là, come faremo? Non abbiamo casa... Non conosciamo più nessuno…».
«Non temere. Tutto andrà bene. Dio fa trovare un ricovero all'animale che genera. Vuoi che non lo faccia
trovare per il suo Messia? Noi fidiamo in Lui. Non è vero? Sempre fidiamo in Lui. Quanto più è forte la
prova e più fidiamo. Come due bambini mettiamo la nostra mano nella sua di Padre. Egli ci guida. Siamo
tutt'affatto abbandonati a Lui. Guarda come ci ha condotti fin qui con amore. Un padre, anche il più buono,
non potrebbe farlo con maggior cura. Siamo suoi figli e suoi servi. Compiamo la sua volontà. Nulla di male
può accaderci. Anche questo editto è sua volontà. Cosa è mai Cesare? Uno strumento di Dio. Da quando il
Padre decise di perdonare all'uomo, ha preordinato i fatti perché il suo Cristo nascesse in Betlemme. Essa, la
più piccola città di Giuda, non era, e già la sua gloria era segnata. Perché questa gloria avvenga e la parola di
Dio non sia smentita - e lo sarebbe se il Messia nascesse altrove - ecco che un potente è sorto, tanto lontano
di qui, e ci ha dominato, ed ora vuole conoscere i sudditi, ora, mentre il mondo è in pace. - Oh! che è la
nostra piccola fatica se pensiamo al bello di questo attimo di pace? Pensa, Giuseppe. Un tempo in cui non vi
è odio nel mondo! Ma può esservi ora più felice per il sorgere della " Stella " la cui luce è divina e il cui
influsso è redenzione? Oh! non aver paura, Giuseppe. Se le strade sono insicure, se la calca renderà difficile
l'andare, gli angeli ci faranno difesa e sponda. Non a noi: al loro Re! Se non troveremo asilo, ci faranno tenda
le loro ali. Nulla ci avverrà di male. Non ci può accadere: Dio è con noi».
Giuseppe la guarda e ascolta beato. Le rughe della fronte si spianano, il sorriso torna. Si alza senza più
stanchezza e pena. Sorride. «Tu benedetta, Sole dello spirito mio! Tu benedetta che sai vedere tutto
attraverso la Grazia di cui sei piena! Non perdiamo tempo, allora. Perché bisogna partire al più presto e...
tornare al più presto, perché qui tutto è pronto per il... per il...».
«Per il Figlio nostro, Giuseppe. Deve esser tale agli occhi del mondo, ricordalo. Il Padre ha ammantato di
mistero questa sua venuta e noi non dobbiamo alzarne il velo. Egli, Gesù, lo farà quando sarà l'ora..»
La bellezza del volto, dello sguardo, della espressione, della voce di Maria quando dice questo «Gesù», non è
descrivibile. È già l'estasi.
E su questa estasi cessa la visione.
Dice Maria:
«Non aggiungo molto, perché le mie parole sono già insegnamento.
Richiamo però l'attenzione delle mogli su un punto. Troppe unioni si mutano in disunioni per colpa delle
mogli, le quali non hanno quell'amore che è tutto - gentilezza, pietà, conforto - verso il marito.
Sull'uomo non
pesa la sofferenza fisica che grava sulla donna.
Ma pesano tutte le preoccupazioni morali. Necessità di
lavoro, decisioni da prendere, responsabilità davanti ai poteri costituiti e alla famiglia propria... oh! quante
cose non pesano sull'uomo! E quanto ha bisogno anche lui di conforto!
Ebbene, l'egoismo è tale che al
marito stanco, sfiduciato, avvilito, preoccupato, la donna aggiunge il peso di inutili, e talora ingiusti, lamenti.
Tutto questo perché è egoista. Non ama. Amare non è soddisfare se stessi nel senso e nell'utile. Amare è soddisfare chi si ama, oltre il senso e l'utile,
dando al suo spirito quell'aiuto di che ha bisogno per poter tenere aperte sempre l'ali nei cieli della speranza e
della pace.
Altro punto su cui richiamo l'attenzione. Ne ho già parlato. Ma insisto: la fiducia in Dio.
La fiducia riassume le virtù teologali. Chi ha fiducia è segno che ha fede. Chi ha fiducia è segno che spera.
Chi ha fiducia è segno che ama. Quando uno ama, spera, crede in una persona, ha fiducia. Altrimenti no. Dio
merita questa nostra fiducia. Se la diamo a dei poveri uomini capaci di mancare, perché la si deve negare a
Dio che non manca mai?
La fiducia è anche umiltà. Il superbo dice: "Faccio da me. Non mi fido di costui perché è un incapace, un
mentitore, un prepotente... ". L'umile dice: "Mi fido. Perché non mi dovrei fidare? Perché devo pensare che
io sono meglio di lui?". E con più ragione così dice di Dio: "Perché devo diffidare di Colui che è buono?
Perché devo pensare che io sono capace di fare da me?". Dio all'umile si dona. Ma si ritira a chi è superbo.
La fiducia è anche ubbidienza. E Dio ama l'ubbidiente. L'ubbidienza è segno che noi ci riconosciamo figli di
Lui e riconosciamo Dio per Padre. E un padre non può che amare quando è un vero padre. Dio ci è Padre
vero e Padre perfetto.
Terzo punto che voglio meditiate. Ed è sempre fondato sulla fiducia.
Ogni evento non può accadere se Dio non lo permette. Sei dunque potente? Lo sei perché Dio l'ha permesso.
Sei suddito? Lo sei perché Dio l'ha permesso.
Cerca dunque, o potente, di non fare di questa tua potenza il
tuo male. Sarebbe sempre " tuo male " anche se in principio pare sia male degli altri. Perché se Dio permette,
non strapermette, e se tu passi il segno colpisce e ti frantuma.
Cerca dunque, o suddito, di fare di questa tua
condizione una calamita per attirare su te la celeste protezione. E non maledire mai. Lasciane a Dio la cura.
A Lui, Signore di tutti, spetta di benedire e maledire i suoi creati.
Va' in pace».
AMDG et BVM