Vangelo dello pseudo Matteo
[1, 1] I genitori di Maria. In quei giorni c'era a Gerusalemme un uomo di nome Gioacchino,
della tribù di Giuda. Pascolava le sue pecore e temeva il Signore con semplicità e bontà.
All'infuori dei suoi greggi non aveva altra preoccupazione; da essi nutriva tutti i timorati di Dio,
e offriva il doppio a coloro che lo servivano faticando nella dottrina. Degli agnelli, delle pecore,
della lana e di tutte le altre cose che possedeva, egli faceva tre parti: una parte la dava agli
orfani, alle vedove, ai pellegrini e ai poveri; la seconda parte la dava alle persone consacrate al
culto di Dio; la terza parte la riservava per sé e per casa sua.
[2] Mentre egli così agiva, il Signore gli moltiplicava i greggi, sicché nel popolo d'Israele non
c'era uomo come lui. Aveva iniziato a comportarsi così dall'età di quindici anni. A vent'anni,
prese in moglie Anna, figlia di Achar della sua tribù, cioè della tribù di Giuda, della stirpe di
Davide. Ma pur avendo convissuto con lei per vent'anni, da lei non ebbe figli, né figlie.
[2, 1] E avvenne che nei giorni festivi, tra quanti offrivano incenso al Signore si trovasse pure
Gioacchino a preparare le sue offerte alla presenza del Signore. Un sacerdote di nome Ruben,
avvicinatosi, gli disse: "Non ti è lecito stare tra quelli che offrono sacrifici a Dio, poiché Dio non
ti ha benedetto dandoti una discendenza in Israele". Pieno di vergogna davanti al popolo si
allontanò piangendo dal tempio del Signore; e non ritornò a casa, ma si recò dalle sue bestie
portando con sé, nei monti, i pastori in una terra lontana; e così per cinque mesi Anna, sua
moglie, non pot‚ avere sue notizie.
[2] Essa piangendo nella sua preghiera diceva: "Signore, Dio santissimo di Israele, non mi hai
dato figli, e perché mi hai tolto il marito? Ecco che sono già due mesi che non vedo mio marito.
Non so neppure se è morto! Se lo sapessi morto gli darei la sepoltura". Mentre piangeva
abbondantemente, entrò nell'orto di casa sua, si prostrò in preghiera, e innalzò suppliche
davanti al Signore. Poi, levatasi dalla preghiera, alzò gli occhi a Dio e vide un nido di passeri su
di un albero di alloro; sospirando, levò una voce al Signore dicendo: "Signore Dio onnipotente
che hai dato figli a ogni creatura, alle bestie e ai giumenti, agli animali domestici, agli uccelli e
ai pesci, e tutti gioiscono dei loro figli, solo me hai escluso dal dono della tua bontà. Tu Dio
conosci il mio cuore e sai che all'inizio del mio matrimonio ho fatto voto che, qualora tu, Dio,
mi avessi dato un figlio o una figlia, te li avrei offerti nel tuo tempio santo".
[3] Mentre diceva queste cose, improvvisamente le apparve davanti un angelo del Signore,
dicendo: "Non temere, Anna, poiché la tua discendenza è nel consiglio di Dio: infatti ciò che
nascerà da te, susciterà l'ammirazione per tutti i secoli fino alla fine". Ciò detto, si allontanò dai
suoi occhi. Tremante e timorosa per aver visto questa visione e udito il discorso, entrò in
camera, si gettò sul letto mezza morta e rimase giorno e notte in gran timore e in preghiera.
[4] Chiamò poi la sua ragazza e le disse: "Tu mi vedi delusa e angosciata per la vedovanza, e
non hai voluto venire da me?". Con un leggero sussurro lei rispose: "Se Dio ti ha chiuso l'utero
e ha tolto da te il marito, che cosa ti posso fare io?". Udito questo, Anna emise un grido e
pianse.
[3, 1] Nello stesso tempo, mentre Gioacchino era sui monti ove pasceva i suoi greggi, gli
apparve un giovane e gli disse: "Perché non ritorni da tua moglie?". Rispose: "L'ho avuta per
vent'anni e Dio non mi volle concedere figli da lei. Io quindi, dopo che questo mi fu rinfacciato,
mi allontanai dal tempio del Signore con grande vergogna. Perché dovrei ritornare da lei, una
volta che sono stato respinto e disprezzato? Resterò qui con le mie pecore fino a quando il Dio
di questo mondo mi vorrà concedere la luce. Per mezzo dei miei servi darò generosamente ai
poveri, agli orfani, e alle persone addette al culto di Dio".
[2] Allorché egli finì di parlare, il giovane gli rispose: "Io sono un angelo di Dio e oggi sono
apparso a tua moglie piangente e orante, e l'ho consolata; sappi che dal tuo seme concepì una
figlia e tu l'hai lasciata ignorandola. Questa starà nel tempio di Dio; su di lei riposerà lo Spirito
santo; la sua beatitudine sarà superiore a quella di tutte le donne sante; nessuno potrà dire
che prima di lei ce ne sia stata un'altra uguale: e in questo mondo, dopo di lei un'altra non ci
sarà. Discendi perciò dai monti, ritorna dalla tua sposa e troverai che è in stato interessante.
Dio infatti ha suscitato in lei un seme, del quale devi ringraziarlo. Il suo seme sarà benedetto,
e lei stessa sarà benedetta e sarà costituita madre di una benedizione eterna".
[3] Dopo avere adorato l'angelo, Gioacchino gli disse: "Se ho trovato grazia davanti a te,
siediti un po' nella mia tenda e benedici il tuo servo". L'angelo gli rispose: "Non dirti servo, ma
conservo; siamo infatti servi di uno stesso Signore. Ma il mio cibo è invisibile e la mia bevanda
non può essere vista da alcun mortale. Perciò non mi devi pregare di entrare nella tua tenda.
Se hai intenzione di darmi qualcosa, offrila in olocausto al Signore".
Gioacchino prese allora un agnello immacolato e disse all'angelo: "Non avrei osato offrire un
olocausto al Signore se il tuo ordine non mi avesse dato il potere sacerdotale per offrirlo".
L'angelo gli rispose: "Non ti avrei invitato ad offrire, se non avessi conosciuto la volontà del
Signore". Mentre Gioacchino offriva il sacrificio a Dio, salirono in cielo sia l'angelo sia il profumo
del sacrificio.
[4] Allora Gioacchino cadde bocconi, e rimase in preghiera dall'ora sesta fino alla sera. I servi e
i mercenari che erano con lui, vedendolo e ignorando il motivo per cui giaceva, pensavano che
fosse morto; si avvicinarono a lui, a stento lo sollevarono da terra. Dopo che narrò ad essi la
visione angelica, spinti da grande timore e ammirazione lo esortarono affinché, senza indugio,
portasse a compimento la visione dell'angelo tornando prontamente alla sua moglie.
Mentre Gioacchino soppesava in cuor suo se ritornare o meno, fu preso da un sopore e vide in
sogno l'angelo, che gli era apparso quand'era sveglio, e che gli disse: "Io sono l'angelo che Dio
ti ha dato per custode: discendi sicuro e ritorna da Anna, poiché le opere di misericordia che
avete fatto tu e tua moglie Anna sono state riferite al cospetto dell'Altissimo. Dio darà a voi un
frutto che fin dall'inizio non ebbero mai i profeti né mai avrà santo alcuno". Destatosi dal
sonno, Gioacchino chiamò a sé tutti i servi e mercenari e indicò loro il suo sogno. Essi
adorarono il Signore e gli dissero: "Guarda di non trascurare oltre le parole dell'angelo.
Piuttosto alzati, partiamo di qui e ritorniamo lentamente facendo pascolare i greggi".
[5] Dopo che da trenta giorni erano in cammino per ritornare e ormai vicini all'arrivo, l'angelo
del Signore apparve ad Anna mentre se ne stava ritta in preghiera, e le disse: "Va ora alla
porta che è detta Aurea, fatti incontro a tuo marito, oggi infatti verrà da te". Svelta essa gli
corse incontro con le sue ragazze e, supplicando il Signore, restò in lunga attesa presso la
porta. Quando ormai per la prolungata attesa lei stava venendo meno, alzò gli occhi e vide
lontano Gioacchino che veniva con le bestie. Gli corse incontro, si appese al suo collo rendendo
grazie a Dio e dicendo: "Ero vedova ed ecco non lo sono più; ero sterile ed ecco ho già
concepito". Quindi dopo avere adorato il Signore, entrarono. A questa notizia, grande fu la
gioia di tutti i suoi vicini e amici, sicché tutta la terra d'Israele si rallegrò di questa notizia.
[4, 1] Natività e infanzia di Maria. Passati nove mesi, Anna partorì una figlia e la chiamò Maria.
Al terzo anno, dopo averla slattata, Gioacchino e Anna sua moglie andarono insieme al tempio
del Signore per offrire a Dio delle vittime e affidarono la bimbetta di nome Maria al collegio
delle vergini; qui le vergini restavano giorno e notte nelle lodi a Dio. Giunta davanti alla
facciata del tempio, Maria salì velocemente i quindici gradini senza neppure voltarsi indietro né
- come suole fare l'infanzia - darsi pensiero dei genitori. Perciò i genitori si affrettarono
entrambi stupiti, e cercarono la bambina fino a quando la trovarono nel tempio. Anche i
pontefici del tempio si erano meravigliati.
[5,1] Allora, Anna, ripiena di Spirito santo, alla presenza di tutti disse: "Il Signore, Dio degli
eserciti, ricordatosi della sua parola, ha visitato il suo popolo con una visita buona e santa per
rendere umili i loro cuori e rivolgerli a sé. Ha aperto le sue orecchie alle nostre preghiere e ha
allontanato da noi la gioia di tutti i nostri nemici. La sterile è diventata madre e ha partorito
l'esultanza e la gioia di Israele. Ecco i doni da offrire al mio Signore; i miei nemici non hanno
potuto vietarmelo. Dio volse il loro cuore verso di me e mi ha dato un gaudio sempiterno".
[6,1] Maria destava l'ammirazione di tutto il popolo di Israele. All'età di tre anni, camminava
con un passo così maturo, parlava in un modo così perfetto, si applicava alle lodi di Dio così
assiduamente che tutti ne restavano stupiti e si meravigliavano di lei. Essa non era considerata
una bambinetta, ma una persona adulta; era tanto assidua nella preghiera, che sembrava una
persona di trent'anni. Il suo volto era così grazioso e splendente che a stento la si poteva
guardare. Era assidua nel lavoro della lana; e nella sua tenera età, spiegava quanto donne
anziane non riuscivano a capire.
[2] Si era imposta questo regolamento: dalla mattina sino all'ora terza attendeva alla
preghiera; dall'ora terza alla nona si occupava nel lavoro tessile; dalla nona in poi attendeva
nuovamente alla preghiera. Non desisteva dalla preghiera fino a quando non le appariva
l'angelo di Dio, dalla cui mano prendeva cibo: così sempre più e sempre meglio progrediva nel
servizio di Dio. Inoltre, mentre le vergini più anziane si riposavano dalle lodi divine, essa non si
riposava mai, al punto che nelle lodi e nelle vigilie non c'era alcuna prima di lei, nessuna più
istruita nella conoscenza della Legge, nessuna più umile nell'umiltà, più aggraziata nei canti,
più perfetta in ogni virtù. Era costante, salda, immutabile e progrediva in meglio ogni giorno.
[3] Nessuno la vide adirata né l'udì maledire. Ogni suo parlare era così pieno di grazia che si
capiva come sulle sue labbra c'era Dio. Assidua nella preghiera e nella meditazione della
Legge, nel parlare era attenta a non mancare verso le compagne. Vigilava inoltre a non
mancare in alcun modo con il riso, con il tono della bella voce, con qualche ingiuria, con
alterigia verso una sua pari. Benediceva Dio senza posa, e per non desistere dalle lodi a Dio
neppure nel suo saluto, quando era salutata rispondeva: "Deo gratias". Quotidianamente si
nutriva soltanto con il cibo che riceveva dalla mano dell'angelo; il cibo che le davano i pontefici
lo distribuiva ai poveri. Frequentemente si vedevano gli angeli di Dio parlare con lei e obbedirle
diligentemente. Se qualche malata la toccava, nello stesso istante se ne tornava a casa salva.
[7, 1] Il sacerdote Abiatar presentò ai pontefici un numero infinito di doni per prenderla come
sposa di suo figlio. Maria li respinse dicendo: "Non può essere che io conosca un uomo o che
un uomo conosca me". I pontefici e tutti i suoi parenti le dicevano: "Dio si venera nei figli e si
adora nei discendenti, come è sempre stato in Israele". Maria tuttavia rispondeva dicendo:
"Dio si venera nella castità come risulta provato dall'inizio. Prima di Abele infatti tra gli uomini
non vi fu alcun giusto ed egli piacque a Dio a motivo delle offerte e fu spietatamente ucciso da
colui che a lui non era piaciuto. Ricevette dunque due corone, quella dell'offerta e quella della
verginità non avendo mai ammesso una macchia sulla sua carne. Elia invece, essendo in carne,
fu assunto in carne, poiché aveva custodito vergine la sua carne. Io poi dalla mia infanzia, nel
tempio di Dio, ho appreso che la verginità può essere assai gradita a Dio. E poiché posso
offrire qualcosa di gradito a Dio, in cuor mio ho stabilito di non conoscere assolutamente
uomo".
[8, 1] Maria va sposa a Giuseppe. Avvenne che al quattordicesimo anno di età, i farisei ebbero
l'occasione di fare rilevare come, per consuetudine, una donna di quell'età non poteva più
restare nel tempio. Fu presa allora la decisione di inviare un banditore di tutte le tribù di
Israele, affinché, nel giorno terzo, tutti si radunassero nel tempio del Signore.
Quanto tutto il popolo fu radunato, si alzò il pontefice Abiatar e salì sul gradino più alto per
essere udito e veduto da tutto il popolo. Fattosi un gran silenzio, disse: "Figli di Israele
uditemi, prestate orecchio alle mie parole. Da quando questo tempio fu edificato da Salomone,
in esso ci sono state figlie vergini di re e figlie di profeti, di sommi sacerdoti e di pontefici: sono
cresciute grandi e ammirevoli. Ma giunte all'età legale hanno preso marito seguendo la
consuetudine di quelle che le avevano precedute, e sono piaciute a Dio. Soltanto Maria ha
trovato un modo nuovo di vivere promettendo a Dio di mantenersi vergine. Mi pare dunque
che per mezzo di una nostra domanda e della risposta di Dio potremmo conoscere a chi
dobbiamo affidarne la custodia".
[2] Questo discorso piacque a tutta l'adunanza. E dai sacerdoti si gettò la sorte sopra le dodici
tribù e la sorte cadde sulla tribù di Giuda. Il sacerdote allora disse: "Chiunque non ha moglie,
venga domani e porti in mano un bastone". Avvenne così che Giuseppe, insieme ai giovani,
portò un bastone. Dettero i loro bastoni al sommo pontefice, questi offrì un sacrificio al Signore
Dio e lo interrogò. Il Signore gli rispose: "Introduci i bastoni di tutti nel santo dei santi; i
bastoni restino lì. Ordina poi loro che vengano da te domani a riprendere i loro bastoni; dalla
cima di un bastone uscirà una colomba e volerà in cielo. Maria sarà data in custodia a colui
nella cui mano il bastone restituito darà questo segno".
[3] Il giorno dopo tutti giunsero assai presto. Il pontefice, compiuta l'offerta dell'incenso, entrò
nel santo dei santi e trasse fuori i bastoni. Distribuitili tutti, da nessun bastone uscì la colomba.
Il pontefice si rivestì allora con i dodici campanelli e con la veste sacerdotale, entrò nel santo
dei santi, accese il sacrificio ed elevò preghiere. Apparve l'angelo del Signore e gli disse: "C'è
qui un bastone piccolissimo, del quale tu non hai fatto caso alcuno, l'hai messo con gli altri, ma
non l'hai tirato fuori con essi. Quando l'avrai tirato fuori e dato a colui al quale appartiene, in
esso si avvererà il segno del quale ti ho parlato". Quello era il bastone di Giuseppe il quale,
essendo vecchio, era avvilito di non poterla prendere; perciò neppure lui voleva ricercare il suo
bastone. Mentre se ne stava umile e ultimo, il pontefice con voce chiara gli gridò: "Giuseppe,
vieni e prendi il tuo bastone, tu infatti sei atteso". Giuseppe, spaventato che il sommo
sacerdote lo chiamasse con tanto clamore, si accostò. Non appena tese la mano e ricevette il
bastone, dalla cima uscì fuori una colomba più bianca della neve e straordinariamente bella:
dopo avere volato a lungo per le sommità del tempio, si lanciò verso il cielo.
4] Tutto il popolo allora si congratulò con il vecchio, dicendo: "Nella tua vecchiaia sei stato
fatto beato, o padre Giuseppe, tanto che Dio ti ha indicato degno di ricevere Maria". Quando i
sacerdoti gli dissero: "Prendila! In tutta la tribù di Giuda, infatti, tu solo sei stato scelto da
Dio", Giuseppe prese a venerarli con vergogna, dicendo: "Sono vecchio e ho figli, perché mi
affidate questa bimbetta la cui età è inferiore a quella dei miei nipoti?". Allora, il sommo
pontefice Abiatar gli disse: "Ricordati, Giuseppe, che Datan, Abiron, e Core morirono perché
disprezzarono la volontà di Dio. Così accadrà pure a te se disprezzerai quanto ti è ordinato da
Dio". Giuseppe gli rispose: "Io non disprezzo la volontà di Dio, sarò custode fino a quando
saprò, secondo la volontà di Dio, quale dei miei figli la potrà avere in moglie. Le si diano alcune
vergini tra le sue compagne, con le quali frattanto possa passare il tempo". Il pontefice Abiatar
rispose: "Per passare il tempo, le saranno date cinque vergini fino al giorno stabilito nel quale
la prenderai: non potrà, infatti, unirsi ad altri in matrimonio".
[5] Allora Giuseppe prese Maria con le cinque vergini che dovevano restare con lei nella casa di
Giuseppe. Queste vergini erano: Rebecca, Sefora, Susanna, Abigea e Cael. Il pontefice diede
ad esse seta, giacinto, bisso, scarlatto, porpora e lino. Tra esse, trassero a sorte che cosa
ognuna doveva fare: a Maria toccò la porpora per il velo del tempio del Signore. Quando la
prese, le altre vergini le dissero: "Essendo tu l'ultima, umile e più piccola di tutte hai meritato
di ottenere la porpora". Così dicendo, quasi per gioco, iniziarono a chiamarla regina delle
vergini. Mentre tra di loro facevano questo, apparve in mezzo a loro l'angelo del Signore e
disse: "Questa espressione non sarà un gioco, bensì l'espressione di una verissima profezia".
Spaventate dalla presenza dell'angelo e dalle sue parole, la pregarono di perdonarle e pregare
per loro.
[9, 1] Annunciazione - Maria incinta. Il giorno dopo, mentre Maria era alla fontana a riempire
la brocca, le apparve un angelo del Signore, che le disse: "Sei beata, o Maria, poiché nel tuo
utero hai preparato una abitazione per il Signore. Ecco che dal cielo verrà la luce e abiterà in te
e, per mezzo tuo, risplenderà in tutto il mondo".
[2] Di nuovo, il terzo giorno, mentre con le sue dita lavorava la porpora, entrò da lei un
giovane di inesprimibile bellezza. Vedendolo, Maria ebbe paura e tremò. Ma egli le disse: "Ave
Maria, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del
tuo seno". All'udire ciò, tremò ed ebbe paura. Allora l'angelo del Signore proseguì: "Non
temere, o Maria. Hai trovato grazia presso Dio: ecco che concepirai nell'utero e genererai un re
che riempie non soltanto la terra, ma anche il cielo, e regna nei secoli dei secoli".
[10,1] Mentre accadevano queste cose, Giuseppe era intento alla edificazione di padiglioni
nelle regioni vicino al mare; era, infatti, falegname. Dopo nove mesi ritornò a casa sua e trovò
Maria incinta. Profondamente angustiato tremò e esclamò dicendo: "Signore Dio, prendi il mio
spirito. Per me, infatti, è meglio morire che vivere". Le vergini che erano con Maria gli dissero:
"Che dici, signor Giuseppe? Noi sappiamo che nessun uomo l'ha toccata, noi siamo testimoni
che in lei restano purezza e integrità. Noi abbiamo vigilato su di lei: rimase sempre con noi
nella preghiera; angeli di Dio parlano quotidianamente con lei; ogni giorno ha ricevuto il cibo
dalla mano del Signore. Non sappiamo come in lei ci possa essere un qualche peccato. Se vuoi
che ti confessiamo il nostro sospetto, non altri la rese incinta se non l'angelo del Signore".
[2] Rispose Giuseppe: "Perché mi lusingate affinché io creda che l'angelo del Signore l'ha
ingravidata? Può essere che qualcuno l'abbia ingannata fingendosi angelo del Signore". Così
dicendo piangeva, e aggiunse: "Con qual fronte oserò guardare il tempio del Signore, e con
quale faccia vedrò i sacerdoti di Dio? Che farò io?". Così dicendo pensava di fuggire o
allontanarla.
[11,1] Mentre pensava di allontanarsi, di nascondersi e di abitare in luoghi deserti, nella notte
gli apparve in sogno un angelo del Signore, e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere
di prendere Maria come tua moglie: infatti, quanto è nel suo utero, proviene dallo Spirito
santo. Partorirà un figlio e il suo nome sarà Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati".
Giuseppe, alzatosi dal sonno, rese grazie a Dio e narrò la sua visione. Si rallegrò a proposito di
Maria, dicendo: "Ho peccato nutrendo dei sospetti a tuo riguardo".
[12, 1] "L'acqua della gelosia". Dopo di questo si diffuse la notizia della gravidanza di Maria.
Giuseppe allora fu preso dagli inservienti del tempio e con Maria fu condotto al pontefice che,
insieme con i sacerdoti, prese a rimproverarlo, dicendo: "Perché hai ingannato una vergine così
eccelsa, che fu nutrita dagli angeli di Dio nel tempio, che mai volle vedere o avere un uomo,
che aveva un'istruzione ottima nella Legge di Dio? Se tu non le avessi usato violenza, ella
sarebbe rimasta nella sua verginità". Giuseppe assicurò, con giuramento, che non l'aveva mai
neppure toccata. Il pontefice Abiatar gli rispose: "Quant'è vero Dio, ti farò portare ora l'acqua
della bevanda del Signore, e subito si svelerà il tuo peccato".
[2] Si radunò allora una grande moltitudine di popolo, e Maria fu condotta al tempio.
Sacerdoti, affini e parenti, piangevano dicendo a Maria: "Confessa ai sacerdoti il tuo peccato.
Tu infatti eri come una colomba nel tempio di Dio, e ricevevi il cibo dalla mano di un angelo".
Di nuovo Giuseppe fu chiamato all'altare e gli fu data l'acqua della bevanda del Signore: se un
bugiardo l'avesse gustata, dopo avere compiuto sette giri attorno all'altare, avrebbe ricevuto
da Dio un qualche segno sulla faccia. Giuseppe dunque bevette sicuro, compì i sette giri
attorno all'altare, e in lui non apparve alcun segno di peccato. Allora tutti i sacerdoti, gli
inservienti e la folla lo dichiararono giusto, esclamando: "Sei stato beatificato perché in te non
fu trovata colpa alcuna".
[3] Chiamarono poi Maria e le dissero: "E tu che scusa puoi avere? Qual segno può apparire in
te che sia maggiore della gravidanza del tuo ventre? Questa ti tradisce. Poiché Giuseppe è puro
a tuo riguardo, a te domandiamo che confessi chi è colui che ti ha tradito. Poiché è meglio che
tu lo sveli con la tua confessione piuttosto che l'ira di Dio ti manifesti infedele in mezzo al
popolo imprimendo un segno sulla tua faccia". Maria allora, intrepida, disse con fermezza:
"Signore Dio, re di tutti, tu conosci i segreti: se in me vi è qualche macchia o peccato,
concupiscenza o impudicizia, manifestalo al cospetto di tutti i popoli affinché per tutti io diventi
esempio di emendazione". Così dicendo si appressò fiduciosa all'altare del Signore, bevve
l'acqua della bevanda, fece sette giri intorno all'altare, e in lei non apparve macchia alcuna.
[4] Il popolo era fuori di sé dallo stupore: vedeva il ventre gravido e non scorgeva alcun segno
sulla di lei faccia; incominciò allora un subbuglio e un parlare vario e concitato. Alcuni
dicevano: è santa e immacolata; altri invece: è cattiva e contaminata. Maria allora vedendosi
sospettata dal popolo e ritenuta non totalmente esente da colpa, disse a voce chiara per
essere sentita da tutti: "Quant'è vero che vive il Signore Adonai, Signore degli eserciti, davanti
al quale sto, io non ho mai conosciuto uomo; sono invece conosciuta da colui al quale ho
consacrato la mia mente dall'età della mia infanzia. Dalla mia infanzia ho fatto a Dio il voto di
restare integra per colui che mi ha creato. Io ho fiducia di vivere solo per lui, e di servire solo
lui. Fino a quando vivrò, rimarrò in lui senza alcuna macchia". Tutti allora presero a baciare i
suoi piedi e ad abbracciare le sue ginocchia, supplicandola di perdonare i loro cattivi sospetti.
La folla, i sacerdoti e tutte le vergini la condussero a casa sua con esultanza e gioia grande,
gridando e dicendo: "Sia benedetto il nome del Signore nei secoli, poiché ha manifestato la tua
santità a tutto il suo popolo Israele".
[13, 1] Nascita di Gesù. Dopo un certo periodo accadde che si facesse un censimento a motivo
di un editto di Cesare Augusto, e tutta la terra si fece iscrivere, ognuno nella sua patria.
Questo censimento fu fatto dal preside della Siria, Cirino. Fu dunque necessario che Giuseppe,
con Maria, si facesse iscrivere a Betlemme, poiché Giuseppe e Maria erano di qui, della tribù di
Giuda e della casata di Davide.
Mentre Giuseppe e Maria camminavano lungo la strada che conduce a Betlemme, Maria disse a
Giuseppe: "Vedo davanti a me due popoli, uno piange e l'altro è contento". Giuseppe le
rispose: "Stattene seduta sul tuo giumento e non dire parole superflue". Apparve poi davanti a
loro un bel giovane vestito di abito bianco, e disse a Giuseppe: "Perché hai detto che erano
parole superflue quelle dette da Maria a proposito dei due popoli? Vide infatti il popolo giudaico
piangere, essendosi allontanato dal suo Dio, e il popolo pagano gioire, perché oramai si è
accostato e avvicinato al Signore, secondo quanto aveva promesso ai padri nostri Abramo,
Isacco, e Giacobbe: di fatti, è giunto il tempo nel quale, nella discendenza di Abramo, è
concessa la benedizione a tutte le genti".
[2] Ciò detto, l'angelo ordinò di fermare il giumento, essendo giunto il tempo di partorire;
comandò poi alla beata Maria di discendere dall'animale e di entrare in una grotta sotto una
caverna nella quale non entrava mai la luce ma c'erano sempre tenebre, non potendo ricevere
la luce del giorno. Allorché la beata Maria entrò in essa, tutta si illuminò di splendore quasi
fosse l'ora sesta del giorno. La luce divina illuminò la grotta in modo tale che né di giorno né di
notte, fino a quando vi rimase la beata Maria, la luce non mancò. Qui generò un maschio,
circondata dagli angeli mentre nasceva. Quando nacque stette ritto sui suoi piedi, ed essi lo
adorarono dicendo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona
volontà".
[3] Era infatti giunta la nascita del Signore, e Giuseppe era andato alla ricerca di ostetriche.
Trovatele, ritornò alla grotta e trovò Maria con il bambino che aveva generato. Giuseppe disse
alla beata Maria: "Ti ho condotto le ostetriche Zelomi e Salome, rimaste davanti all'ingresso
della grotta non osando entrare qui a motivo del grande splendore". A queste parole la beata
Maria sorrise. Giuseppe le disse: "Non sorridere, ma sii prudente, lasciati visitare affinché
vedano se, per caso, tu abbia bisogno di qualche cura". Allora ordinò loro di entrare. Entrò
Zelomi; Salome non entrò. Zelomi disse a Maria: "Permettimi di toccarti". Dopo che lei si lasciò
esaminare, l'ostetrica esclamò a gran voce dicendo: "Signore, Signore grande, abbi pietà. Mai
si è udito né mai si è sospettato che le mammelle possano essere piene di latte perché è nato
un maschio, e la madre sia rimasta vergine. Sul neonato non vi à alcuna macchia di sangue e
la partoriente non ha sentito dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e
vergine è rimasta".
[4] All'udire questa voce, Salome disse: "Permetti che ti tocchi e sperimenti se è vero quanto
disse Zelomi". Dopo che la beata Maria concesse di lasciarsi toccare, Salome mise la sua
mano. Ma quando ritrasse la mano che aveva toccato, la mano inaridì e per il grande dolore
incominciò a piangere e ad angustiarsi disperatamente gridando: "Signore Dio, tu sai che io ti
ho temuto sempre, e ho curato i poveri senza ricompensa, non ho mai preso nulla dalle vedove
e dall'orfano, e il bisognoso non l'ho mai lasciato andare via da me a mani vuote. Ma ora
eccomi diventata miserabile a motivo della mia incredulità, perché volli, senza motivo, provare
la tua vergine".
[5] Mentre così parlava apparve a fianco di lei un giovane di grande splendore, e le disse:
"Avvicinati al bambino, adoralo, toccalo con la tua mano ed egli ti salverà: egli infatti è il
Salvatore del mondo e di tutti coloro che in lui sperano". Subito lei si avvicinò al bambino e,
adorandolo, toccò un lembo dei panni nei quali era avvolto, e subito la sua mano guarì.
Uscendo fuori incominciò a gridare le cose mirabili che aveva visto e sperimentato, e come era
stata guarita; molti credettero a causa della sua predicazione.
[6] Anche i pastori di pecore asserivano di avere visto degli angeli che, nel cuore della notte,
cantavano un inno, lodavano il Dio del cielo e dicevano che era nato il Salvatore di tutti, che è
Cristo Signore, nel quale sarà ridata la salvezza a Israele.
[7] Una enorme stella splendeva dalla sera al mattino sopra la grotta; così grande non si era
mai vista dalla creazione del mondo. I profeti che erano a Gerusalemme dicevano che questa
stella segnalava la nascita di Cristo, che avrebbe realizzato la promessa fatta non solo a
Israele, ma anche a tutte le genti.
[14, 1] Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla
grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l'asino
l'adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: "Il bue
riconobbe il suo padrone, e l'asino la mangiatoia del suo signore". Gli stessi animali, il bue e
l'asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo. Si adempì allora quanto era
stato detto dal profeta Abacuc, con le parole: "Ti farai conoscere in mezzo a due animali".
Giuseppe con Maria, rimase nello stesso luogo per tre giorni.
[15, 1] Il sesto giorno entrarono in Betlemme, dove passarono il giorno settimo. L'ottavo
giorno circoncisero il bambino e gli diedero nome "Gesù", come era stato chiamato dall'angelo
prima che fosse concepito. Terminati i giorni della purificazione di Maria, secondo la Legge di
Mosè, Giuseppe condusse il bambino al tempio del Signore. Quando il bambino ricevette la
"peritomè" ("peritomo" significa circoncisione), offrirono un paio di tortore o due piccini di
colombe.
[2] Nel tempio c'era un certo uomo di Dio, perfetto e giusto, di nome Simeone, di anni
centododici. Questi aveva ricevuto da Dio la promessa che non avrebbe gustato la morte senza
avere prima visto, vivo in carne, il Cristo figlio di Dio. Visto il bambino, egli esclamò a gran
voce: "Dio visitò il suo popolo, e il Signore adempì la sua promessa". E subito l'adorò. Dopo lo
prese nel suo mantello e baciando i suoi piedi, disse: "Ora, o Signore, lascia andare in pace il
tuo servo poiché i miei occhi videro la tua salvezza che hai preparato al cospetto di tutti i
popoli, luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo, Israele".
[3] Nel tempio c'era pure la profetessa di nome Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, che
aveva vissuto con suo marito sette anni dalla sua verginità: ed era vedova già da
ottantaquattro anni. Non si era mai allontanata dal tempio del Signore, ed era dedita a digiuni
e preghiere. Anche lei adorò il bambino affermando che in lui c'è la redenzione del mondo.
[16,1] I magi e la fuga in Egitto. Trascorso il secondo anno, dei magi vennero dall'Oriente a
Gerusalemme portando grandi doni. E subito interrogarono i Giudei, dicendo: "Dov'è il re che
vi è nato? In Oriente infatti abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". Questa
voce giunse al re Erode e lo spaventò così tanto che radunò scribi, farisei e dottori del popolo
per interrogarli dove, secondo i profeti, sarebbe nato Cristo. Essi risposero: "In Betlemme di
Giuda. Sta scritto infatti: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la più piccola tra i
principi di Giuda. Da te, invero, nascerà il duce che reggerà il mio popolo Israele"". Erode
allora convocò i magi presso di sé e da loro indagò diligentemente quando era apparsa ad essi
la stella. Mandandoli poi in Betlemme, disse: "Andate e informatevi diligentemente sul
bambino. Quando lo troverete, fatemelo sapere affinché anch'io venga ad adorarlo".
[2] Mentre i magi se ne andavano, per la strada apparve loro la stella che, precedendoli fino a
quando giunsero ove era il bambino, fu quasi la loro guida. Vedendo la stella, i magi si
rallegrarono con grande gioia e, entrati nella casa, trovarono il bambino Gesù seduto sul
grembo di sua madre. Aprirono allora i loro tesori e regalarono grandi doni alla beata Maria e a
Giuseppe. Al bambino poi offrirono ciascuno una moneta d'oro; così pure uno offrì oro, un altro
incenso, il terzo mirra.
Volevano ritornare dal re Erode, ma in sonno furono avvertiti da un angelo di non ritornare da
Erode. Per un'altra strada se ne ritornarono nella loro regione.
[17, 1] Erode, vedendo che era stato burlato dai magi, si gonfiò in cuor suo, e mandò per ogni
strada volendo prenderli e ucciderli. Non trovandoli, mandò nuovamente in Betlemme e in tutti
i suoi confini a uccidere tutti i bambini che si trovavano dai due anni in giù, in base al tempo
del quale era stato informato dai magi.
[2] Un giorno prima che avvenisse questo, Giuseppe fu avvertito in sogno da un angelo del
Signore che gli disse: "Prendi Maria e il bambino e va in Egitto per la via del deserto".
Giuseppe, seguendo l'ordine dell'angelo, partì.
[18] Prodigi nel viaggio e in Egitto. Giunti a una grotta vollero riposarsi. La beata Maria discese
dal giumento e, seduta, teneva il bambino Gesù sul suo grembo. Con Giuseppe c'erano tre
ragazzi e con Maria una ragazza che facevano la stessa strada. Improvvisamente dalla grotta
uscirono molti draghi: i ragazzi, vedendoli, furono presi da gran timore e gridarono. Allora
Gesù scese dal grembo di sua madre, stette dritto sui suoi piedi davanti ai draghi: essi però
adorarono Gesù e poi se ne andarono via. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta
Davide, con le parole: dalla terra lodate il Signore, o draghi e abissi tutti. Ma egli, il bambinello
Gesù, camminando davanti ad essi, ordinò loro di non fare più male a nessuno. Maria e
Giuseppe temevano che il bambino fosse morso dai draghi; ma Gesù disse: "Non temete, e
non pensate che io sia un bambino. Io infatti sono sempre stato perfetto e lo sono tuttora: è
necessario che davanti a me tutte le bestie selvatiche diventino mansuete".
[19, 1] I leoni e i leopardi lo adoravano e si accompagnavano a loro nel deserto: ovunque
andavano Giuseppe e Maria, li precedevano, mostrando la strada, chinando la loro testa;
prestando loro servizio, facevano le feste con la coda e lo adoravano con grande riverenza. La
prima volta che Maria vide leoni, leopardi e altre specie di fiere venire attorno a loro si
spaventò grandemente. Guardandola in faccia con volto sereno, Gesù disse: "Mamma, non
temere. Non vengono per farti del male, bensì si premurano di ossequiare te e me". Con
queste parole allontanò il timore dal suo cuore.
[2] I leoni camminavano con essi, con i buoi, gli asini e le bestie da soma che portavano le
cose necessarie, e, pur restando insieme, non facevano male ad alcuno, ma rimanevano
mansueti tra le pecore e i montoni che avevano condotto seco dalla Giudea e avevano con sé.
Camminavano tra i lupi e non avevano paura di nulla, e nessuno era molesto all'altro. Si
avverò allora quanto era stato detto dal profeta: i lupi pascoleranno con gli agnelli. Il leone e il
bue mangeranno insieme la paglia. C'erano infatti due buoi e un carro nel quale portavano le
cose necessarie e lungo il cammino li guidavano i leoni.
[20, 1] Nel terzo giorno di viaggio, gli altri camminavano, ma la beata Maria stanca per il
troppo calore del sole del deserto e vedendo un albero di palma disse a Giuseppe: "Mi riposerò
alquanto all'ombra di quest'albero". Giuseppe dunque la condusse premuroso dalla palma e la
fece discendere dal giumento. Sedutasi, la beata Maria guardò la chioma della palma, la vide
piena di frutti e disse a Giuseppe: "Desidererei, se possibile, prendere dei frutti di questa
palma". Giuseppe le rispose: "Mi meraviglio che tu dica questo, e che, vedendo quanto è alta
questa palma, tu pensi di mangiare dei suoi frutti. Io penso piuttosto alla mancanza di acqua:
è già venuta meno negli otri e non abbiamo onde rifocillare noi e i giumenti".
[2] Allora il bambino Gesù, che riposava con viso sereno sul grembo di sua madre, disse alla
palma: "Albero, piega i tuoi rami e ristora mia mamma con il tuo frutto". A queste parole, la
palma piegò subito la sua chioma fino ai piedi della beata Maria; da essa raccolsero i frutti con
i quali tutti si rifocillarono. Dopo che li ebbero raccolti tutti, la palma restava inclinata
aspettando, per drizzarsi, il comando di colui al cui volere si era inclinata. Gesù allora le disse:
"Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre.
Apri con le tue radici la vena di acqua che si è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano
acque a nostra sazietà". La palma subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire
una fonte di acque limpidissime oltremodo fresche e chiare. Vedendo l'acqua sorgiva si
rallegrarono grandemente e si dissetarono con essi anche tutti i giumenti e le bestie. Resero
quindi grazie a Dio.
[21] Il giorno dopo partirono di là. Quando incominciarono il cammino, Gesù si rivolse alla
palma e disse: "Palma, ti do il privilegio, che uno dei tuoi rami sia trasportato dai miei angeli e
piantato nel paradiso di mio padre. Ti conferisco la benedizione che a tutti coloro che lottano e
vincono, si dica: sei giunto alla palma della vittoria". Mentre diceva questo, l'angelo del
Signore apparve dritto sulla palma e, preso uno dei suoi rami, volò al cielo con il ramo in
mano. Ciò vedendo, tutti caddero con la faccia a terra e restarono come morti. Gesù, rivolto a
loro, disse: "Perché la paura ha afferrato il vostro cuore? Non sapete che la palma che io feci
trasferire in paradiso, sarà nel luogo di delizie a disposizione di tutti gli uomini santi, come fu a
disposizione nostra in questo luogo solitario?". Quelli, allora, tutti pieni di gioia, divennero forti,
e si alzarono.
[22, 1] Dopo di questo, mentre erano in viaggio, Giuseppe disse a Gesù: "Signore, questo
calore ci cuoce. Se gradisci, seguiamo la strada lungo il mare affinché possiamo riposarci nelle
città marittime". Gesù gli rispose: "Non temere, Giuseppe. Io vi accorcerò la strada sicché,
quanto cammino avreste percorso in trenta giorni, lo compirete in questo solo giorno".
Mentre essi parlavano così, spinsero lo sguardo innanzi e incominciarono a vedere i monti
dell'Egitto e le sue città.
[2] Giunsero contenti ai confini di Ermopoli, ed entrarono in una città dell'Egitto chiamata
Sotine. E siccome in essa non vi era nessun conoscente al quale potessero chiedere ospitalità,
entrarono in un tempio che era detto campidoglio d'Egitto. In questo tempio vi erano
trecentocinquantacinque idoli, ai quali ogni giorno erano tributati, in modo sacrilego, onori
divini. Gli Egiziani della stessa città entrarono nel campidoglio ove i sacerdoti presero ad
ammonirli affinché ogni giorno, come era richiesto dall'onore divino, offrissero i loro sacrifici.
[23, 1] Ma avvenne che, entrata nel tempio la beatissima Maria con il bambino, tutti gli idoli si
prostrarono a terra, sicché giacevano tutti con la faccia a terra completamente rovinati e
spezzati, mostrando così che non erano proprio nulla. Si compì allora quanto era stato detto
dal profeta Isaia: "Ecco, il Signore verrà su di una nube leggera, entrerà in Egitto e al suo
cospetto saranno scosse tutte le opere manufatte degli Egiziani".
[24, 1] La notizia fu riferita a Affrodisio, governatore di quella città, ed egli venne al tempio
con tutto il suo esercito. Visto che Affrodisio era venuto al tempio con tutto il suo esercito, i
pontefici pensavano che fosse venuto soltanto per vendicarsi contro coloro che erano stati
causa della caduta degli idoli. Egli, invece, entrato nel tempio, visti tutti gli idoli giacere
prostrati faccia a terra, si appressò alla beata Maria che portava il Signore sul suo grembo,
l'adorò e disse a tutto il suo esercito e a tutti i suoi amici: "Se questi non fosse il dio dei nostri
dèi, i nostri dèi non sarebbero caduti faccia a terra davanti a lui, né giacerebbero prostrati al
suo cospetto. Noi tutti dunque se non faremo con maggiore attenzione ciò che vediamo fare
dai nostri dèi, potremo incorrere nel pericolo della sua indignazione e andare tutti incontro alla
morte, come accadde al faraone re d'Egitto il quale, non avendo creduto a numerosi prodigi, fu
sommerso in mare con tutto il suo esercito". Tutto il popolo di quella città credette, allora, nel
Signore Dio per mezzo di Gesù Cristo.
[25] Ritorno dall'Egitto e primi prodigi. Non molto tempo dopo, un angelo disse a Giuseppe:
"Ritorna nella tua terra di Giuda. Coloro che cercavano la vita del fanciullo, sono morti".
[26, 1] Dopo il ritorno di Gesù dall'Egitto, mentre era in Galilea, già al principio del quarto
anno di età, un giorno di sabato giocava con dei fanciulli presso il letto del Giordano. Gesù,
sedutosi, fece sette laghetti di fango, dotò ciascuno di canaletti per mezzo dei quali, a un suo
comando, portava acqua dal torrente al lago e di nuovo la riportava. Uno di quei fanciulli, un
figlio del diavolo, con animo invidioso, chiuse le imboccature dei canaletti che portavano acque
nei laghetti e mandò all'aria quanto aveva fatto Gesù. Allora Gesù gli disse: "Guai a te, figlio di
morte, figlio di Satana. Osi tu distruggere quanto io ho compiuto?". Colui che aveva agito così,
subito morì.
[2] Alzarono allora la voce i genitori del morto contro Maria e Giuseppe; dicevano loro: "Vostro
figlio ha maledetto il nostro figlio ed è morto". Giuseppe e Maria si recarono subito da Gesù a
causa del tumulto dei genitori del ragazzo e dell'assembramento dei Giudei. Giuseppe disse in
segreto a Maria: "Io non oso parlargli. Ammoniscilo tu, dicendogli: perché hai suscitato contro
di noi l'odio del popolo, e ci tocca sopportare l'odio molesto della gente?". Giunta da lui la
madre lo pregò dicendo: "Signore mio, che ha fatto mai costui per morire?". Egli le rispose:
"Era degno di morte, avendo mandato all'aria quanto io avevo fatto".
[3] La madre allora lo pregava, dicendo: "No, Signore mio, perché tutti insorgono contro di
noi". Non volendo rattristare sua madre, con il suo piede destro egli toccò il sedere del morto
dicendogli: "Alzati, figlio iniquo. Non sei degno, infatti, di entrare nella pace di mio padre,
avendo tu mandato all'aria quanto io avevo fatto". Allora colui che era morto risuscitò e se ne
andò.
E Gesù, attraverso un canaletto conduceva, al suo comando, le acque nei laghetti.
[27, 1] Accadde dopo che, alla vista di tutti, Gesù prese del fango dai laghetti che aveva fatto
e con esso plasmò dodici passeri. Quando Gesù fece questo era di sabato e con lui c'erano
molti fanciulli. Un giudeo, vedendolo fare questo, disse a Giuseppe: "Non vedi, Giuseppe, che il
fanciullo Gesù compie di sabato ciò che non gli è lecito fare? Con il fango, plasmò dodici
passeri". Udito ciò, Giuseppe lo rimproverò, dicendo: "Perché fai di sabato cose che non ci è
lecito fare?". Udendo le parole di Giuseppe e picchiando una mano contro l'altra, disse ai suoi
passeri: "Volate!". E alla voce del suo comando presero a volare. Mentre tutti erano lì e
vedevano e udivano, disse agli uccelli: "Andate e volate per la terra e per tutto il mondo, e
vivete!".
I presenti vedendo tali prodigi, furono pieni di grande stupore. Alcuni lo lodavano e
l'ammiravano, ma altri lo biasimavano. Certuni andarono dai principi dei sacerdoti e dai capi
dei farisei e annunziarono loro come Gesù, figlio di Giuseppe, avesse compiuto grandi prodigi e
miracoli davanti a tutto il popolo di Israele.
Ciò fu annunziato nelle dodici tribù di Israele.
[28, 1] Di nuovo avvenne che un figlio del sacerdote del tempio, Anna, giunse con Giuseppe;
alla vista di tutti, tenendo in mano un bastone distrusse con rabbia i laghetti che Gesù aveva
fatto con le sue mani e ne disperse l'acqua che vi aveva raccolta dal torrente. Chiuse e
distrusse gli stessi canaletti dai quali entrava l'acqua. Ciò visto, Gesù disse a quel ragazzo che
aveva mandato all'aria i suoi laghetti: "O pessimo rampollo di iniquità, figlio di morte, officina
di Satana, il frutto del tuo seme sarà veramente senza forza, le tue radici senza umore, i tuoi
rami aridi e sprovvisti di frutto". E alla vista di tutti, il ragazzo rimase stecchito e morì.
Giuseppe allora tremò, prese Gesù, se ne tornò a casa sua con lui.
[29, 1] Con lui c'era la madre.
Improvvisamente, dalla parte contraria, un altro ragazzo, anch'egli operaio di iniquità, si buttò
di corsa sulla spalla di Gesù con l'intenzione di schernirlo o fargli del male, se avesse potuto.
Gesù gli disse: "Che tu non possa tornare sano dalla via sulla quale cammini". E subito cadde e
morì.
I genitori del morto, che avevano visto l'accaduto, esclamarono: "Donde è nato questo
ragazzo? E' evidente che ogni parola che dice è vera e spesso si realizza prima ancora che la
pronunci". I genitori del ragazzo si avvicinarono a Giuseppe e gli dissero: "Togli Gesù da
questo luogo! Non può abitare con noi in questo comune. O, almeno, insegnagli a benedire e a
non maledire". Giuseppe si avvicinò a Gesù e l'ammonì, dicendo: "Perché fai tali cose? Sono
già molti quelli che si lamentano di te; a causa tua ci odiano e sopportiamo, a causa tua, le
molestie degli uomini".
Gesù rispose a Giuseppe, dicendo: "Nessun figlio è saggio se non colui che è stato istruito da
suo padre secondo la scienza di questo tempo, e la maledizione del padre nuoce soltanto a
quelli che fanno del male".
Si radunarono allora contro Gesù e lo accusarono presso Giuseppe. Al vedere questo, Giuseppe
fu oltremodo spaventato, temendo la violenza e la sedizione del popolo di Israele. Ma in quel
momento Gesù prese per l'orecchio il fanciullo morto, lo tenne sospeso da terra alla presenza
di tutti, e videro Gesù parlare con lui come fa un padre con suo figlio. Il suo spirito ritornò in
lui ed egli rivisse. E tutti ne furono stupiti.
[30, 1] Gesù a scuola. Un certo maestro giudeo di nome Zachia udì Gesù che pronunciava tali
parole e, vedendo che in lui c'era una insuperabile conoscenza della virtù, ne rimase
addolorato e incominciò a parlare contro Giuseppe in modo indiscreto, stolto, e senza timore.
Diceva: "Non vuoi tu affidare tuo figlio affinché sia istruito nella scienza umana e nel timore?
Vedo che tu e Maria amate vostro figlio più che le tradizioni degli anziani del popolo. E' infatti
necessario che noi onoriamo maggiormente i sacerdoti di tutta la chiesa di Israele, e ci
preoccupiamo che egli abbia amore verso i bambini, e sia da noi istruito nella dottrina
giudaica".
[2] Giuseppe però gli rispose: "E chi è mai colui che può tenere e istruire questo bambino? Se
tu lo puoi tenere e istruire, noi non siamo contrari che tu l'istruisca in tutte quelle cose che
tutti devono imparare". Udito quanto aveva detto Zachia, Gesù gli rispose: "I precetti della
Legge, dei quali tu hai parlato poc'anzi e tutte le cose alle quali tu ti sei riferito bisogna che
siano osservati da coloro che sono istruiti nelle scienze umane; ma io sono estraneo ai vostri
tribunali, e non ho un padre carnale. Tu che leggi la Legge e sei istruito, resta nella Legge; io
invece ero prima della Legge. Mentre tu ritieni di non avere alcun uguale nella dottrina, sarai
istruito da me: nessun altro, infatti, può insegnare le cose alle quali tu hai fatto cenno; lo può
soltanto colui che ne è degno. Quando io sarò esaltato da terra, porrò fine a ogni menzione
della vostra genealogia. Tu non sai quando sei nato: io solo so quando siete nati e quanto
tempo durerà la vostra vita sulla terra".
[3] Tutti coloro che udivano queste chiare parole, si stupivano e esclamavano: "Oh, oh, oh,
questo è un mistero meravigliosamente grande e mirabile. Non abbiamo mai udito cose simili.
Mai da alcun altro, né dai profeti, né dai farisei, né dagli scribi, è stato udito o detto qualcosa
di simile. Noi sappiamo dove è nato costui; e ancora non ha raggiunto i cinque anni: e come
mai sa dire tali cose?". I farisei risposero: "Noi non abbiamo udito mai simili parole da un
bambino della sua età".
[4] Gesù rispose loro: "Voi vi meravigliate che un bambino dica cose simili? Perché dunque non
credete a me per quelle cose di cui vi ho parlato? Siccome vi ho detto che so quando siete nati,
tutti vi meravigliate: vi dirò cose più grandi, e ne resterete ben più meravigliati. Io vidi
Abramo, che voi dite essere vostro padre, ho parlato con lui ed egli mi ha visto".
Ciò udito, si tacquero e più nessuno di loro osava parlare. Gesù disse loro: "Sono stato in
mezzo a voi con i bambini, e non mi avete conosciuto. Vi ho parlato come a persone sagge, e
non avete distinto la mia voce perché siete minori di me, e di poca fede".
[31, 1] Il maestro Zachia disse di nuovo a Giuseppe e a Maria: "Datemi il ragazzo e io l'affiderò
al maestro Levi affinché gli insegni le lettere e lo istruisca". Allora Giuseppe e Maria,
accarezzando Gesù, lo condussero a scuola affinché fosse istruito nelle lettere dal vecchio Levi.
Entrato che fu, Gesù taceva. Il maestro Levi diceva a Gesù una lettera iniziando dalla prima, la
lettera alef e gli diceva: "Rispondi!". Ma Gesù taceva e non rispondeva. Il precettore Levi,
adirato, prese una verga di storace e lo percosse sulla testa.
[2] Ma Gesù disse al maestro Levi: "Perché mi percuoti? Sappi che, in verità, io che sono
percosso ammaestro colui che mi percuote assai più di quanto io possa essere ammaestrato.
Io, infatti, ti posso insegnare quelle cose che tu stesso dici. Ma tutti costoro che parlano sono
ciechi e ascoltano, come bronzo risonante o cembalo squillante, nei quali non ci sono quelle
cose delle quali si intende il suono".
Gesù soggiunse poi a Zachia: "Ogni lettera, dall'alef fino al tet, si distingue dalla disposizione.
Prima, dunque, tu dì che cos'è la tet, e io poi ti dirò che cos'è l'alef". Disse ancora loro Gesù:
"Coloro che non conoscono l'alef, come possono insegnare la tet, ipocriti? Dite prima che cosa
è l'alef ed io poi vi crederò quando parlerete della bet". Gesù iniziò così a domandare i nomi
delle singole lettere, e chiese: "Il maestro della Legge dica che cos'è la prima lettera, perché
ha molti triangoli graduati, subacuti, divisi in mezzo, opposti, allungati, eretti, giacenti e in
curva". All'udire questo, Levi restò stupefatto di una così molteplice disposizione dei nomi delle
lettere.
[3] Incominciò allora a gridare a quanti l'udivano, dicendo: "Come può vivere sulla terra
costui? Al contrario, è degno di essere appeso a una grande croce. Può, infatti, spegnere il
fuoco ed eludere altri tormenti. Ritengo che egli esisteva prima del cataclisma, ed è nato prima
del diluvio. Qual ventre mai l'ha portato? O quale madre l'ha generato? O quali mammelle
l'hanno allattato? Davanti a lui io fuggo, non potendo resistere alla parola della sua bocca, e il
mio cuore resta stupito all'udire simili parole. Credo che nessun uomo possa intendere la sua
parola, a meno che Dio non sia con lui. Proprio io, infelice, mi sono dato in balia delle sue
derisioni. Mentre pensavo di avere un discepolo, ho incontrato il mio maestro, che ignoravo.
Che dirò? Non riesco a sopportare le parole di questo ragazzo: fuggirò da questo comune, non
riuscendo a comprendere queste cose. Io, vecchio, sono stato vinto da un bambino, poiché non
riesco a trovare né l'inizio né la fine delle cose che egli dice. E', invero, difficile, da soli, trovare
il principio. Non mento, asserendo che ai miei occhi, l'operare di questo ragazzo, gli inizi del
suo parlare e gli scopi delle sue intenzioni non hanno nulla di comune con gli uomini. Non so se
questo è un mago o se è un dio; o, certamente, un angelo di Dio parla in lui. Donde sia, donde
venga, che ne sarà di lui, non lo so".
[4] Allora Gesù, con il volto sereno, sorrise di lui e disse con autorità a tutti i presenti figli di
Israele in ascolto: "Gli infruttuosi fruttifichino, i ciechi vedano, gli zoppi camminino dritti, i
poveri godano dei beni, e i morti rivivano affinché ciascuno ritorni al suo stato primitivo e resti
in esso, questo è la radice della vita e della dolcezza perpetua". Dopo che il bambino Gesù
ebbe così parlato, subito guarirono tutti coloro che erano caduti in maligne infermità. E più non
osavano dirgli qualcosa o ascoltarlo.
[32,1] Altri prodigi di Gesù. Dopo ciò, Giuseppe e Maria se ne andarono con Gesù nella città di
Nazaret: e lì egli restò con i suoi genitori. Un giorno di sabato, Gesù giocava con dei bambini
sulla terrazza di una casa, e avvenne che uno dei bambini gettò un altro dalla terrazza giù a
terra, e questo morì. I genitori del morto, non avendo visto la cosa, gridavano contro Giuseppe
e Maria, dicendo: "Vostro figlio gettò per terra il nostro, ed è morto".
Gesù taceva e non rispondeva nulla. Giuseppe e Maria vennero di corsa da Gesù e sua madre
lo supplicò, dicendo: "Signore mio, dimmi se sei stato tu a gettarlo per terra". Subito Gesù
discese dalla terrazza per terra e chiamò il ragazzo per nome, Zenone. E quello gli rispose:
"Signore". Gli disse Gesù: "Sono forse stato io a buttarti giù per terra dalla terrazza?". E quegli
rispose: "No, Signore". I genitori del ragazzo che era stato ucciso si meravigliarono, e in
seguito a questo prodigio resero onore a Gesù.
Giuseppe e Maria con Gesù se ne andarono di là a Gerico.
[33,1] Gesù aveva sei anni e sua madre lo mandò con una brocca ad attingere acqua alla
fontana assieme a dei bambini. E avvenne che, dopo avere attinto l'acqua, uno dei bambini gli
diede una spinta e rovesciò la brocca rompendola. Ma Gesù stese il mantello di cui si serviva, e
raccolse nel mantello tanta acqua quanta ne conteneva la brocca, e la portò a sua madre. A
questa vista lei fu presa da meraviglia: meditava tra sé, e riponeva tutto in cuor suo.
[34, 1] Un giorno prese un po' di grano dal granaio di sua madre e lo seminò in un campo: il
grano nacque, crebbe e si moltiplicò in gran quantità; alla fine, egli stesso lo miete, ne raccolse
i frutti, ne fece tre cori e li donò ai suoi molti discepoli.
[35] C'è una strada che esce da Gerico e va verso il fiume Giordano ove passarono i figli di
Israele: si dice che lì si sia fermata l'arca del testamento. Gesù aveva otto anni, quando uscì
da Gerico e andò verso il Giordano; lungo la strada, vicino alla riva del Giordano, c'era una
caverna nella quale una leonessa nutriva i suoi piccoli, e perciò nessuno poteva camminare
sicuro per quella strada. Gesù, dunque, venendo da Gerico, sapeva che nella caverna c'era una
leonessa con i suoi piccoli, tuttavia vi entrò alla presenza di tutti. Appena i leoni videro Gesù,
gli andarono incontro e l'adorarono; Gesù si pose a sedere nella caverna e i leoncelli correvano
qua e là intorno ai suoi piedi, lo accarezzavano e scherzavano con lui. I leoni più vecchi se ne
stavano discosti a testa bassa, adorandolo e facendogli festa con la coda.
Allora il popolo che se ne stava discosto, non vedendo Gesù, disse: "Se costui, o i suoi genitori,
non avesse compiuto dei peccati gravi non si sarebbe offerto ai leoni". Mentre il popolo
pensava queste cose ed era in preda a grande timore, ecco che, al cospetto di tutti, Gesù uscì
dalla caverna preceduto dai leoni mentre i leoncelli giocavano tra i suoi piedi. I genitori di
Gesù, a testa bassa, e un po' discosti, se ne stavano ad osservare; anche il popolo, a causa dei
leoni, se ne stava discosto, ma non osavano congiungersi ad essi.
Allora Gesù prese a dire al popolo: "Quanto le bestie sono migliori di voi! Esse conoscono il loro
Signore e lo glorificano mentre voi, uomini, che siete fatti a immagine e somiglianza di Dio, lo
ignorate. Le bestie mi riconoscono e si fanno mansuete gli uomini mi vedono e non mi
riconoscono".
[36, 1] Poi Gesù, sotto gli occhi di tutti, passò il Giordano con i leoni e l'acqua del Giordano si
divise a destra e a sinistra. Disse allora ai leoni, ma lo sentirono tutti: "Andate in pace e non
fate male a nessuno; ma anche l'uomo non vi rechi molestia fino a che siate ritornati là donde
siete usciti". Essi lo salutarono non soltanto con la voce, ma anche con il corpo, e poi se ne
andarono nei loro luoghi. E Gesù se ne ritornò da sua madre.
[37,1] Giuseppe, essendo falegname, faceva attrezzi di legno, gioghi per buoi, aratri,
strumenti per smuovere la terra e adatti alle colture, letti di legno, e un giorno andò da lui un
giovane che gli commissionò un letto di sei cubiti. Giuseppe ordinò al suo garzone di tagliare il
legno con una sega di ferro, secondo la misura comandata. Ma questi non seguì in tutto la
misura prescritta, e fece una parte del legno più corta dell'altra. Giuseppe, tutto impensierito,
incominciò a escogitare che cosa gli conveniva fare.
[2] Quando Gesù lo vide così impensierito, poiché la cosa fatta gli pareva irrimediabile, gli
rivolse una parola consolatoria: "Vieni, disse, teniamo i capi delle assi, accostiamole insieme
capo con capo, e pareggiamole tirandole verso di noi: così potremo renderle uguali". Giuseppe
obbedì a colui che comandava: sapeva che egli poteva fare tutto quello che voleva. Giuseppe
prese i capi delle assi e le appoggiò a un muro, presso di sé; Gesù tenne i due capi opposti di
quelle assi, e tirò a sé l'asse più corta, uguagliandola all'asse più lunga. Poi disse a Giuseppe:
"Ora vai a lavorare, e fai quanto avevi promesso di fare". Giuseppe fece quanto aveva
promesso.
[38,1] Gesù a scuola. Avvenne che, per la seconda volta, Giuseppe e Maria furono pregati dal
popolo affinché mandassero Gesù a scuola per istruirsi nelle lettere. Essi assecondarono questo
invito e, secondo il precetto dei vecchi, lo condussero da un maestro affinché lo istruisse nella
scienza umana. Il maestro iniziò con autorità ad ammaestrarlo dicendo: "Dì alfa". Gesù però gli
rispose: "Tu dimmi prima che cos'è beta ed io ti dirò che cos'è alfa". Irato da questo, il
maestro percosse Gesù, ma poco dopo averlo percosso morì.
[2] E Gesù se ne ritornò a casa da sua madre. Giuseppe si intimorì e chiamò a sé Maria; le
disse: "Sono veramente triste per questo ragazzo fino a morirne. Può, infatti, accadere che un
giorno o l'altro qualcuno lo percuota maliziosamente ed egli muoia". Maria gli rispose: "Non
pensare, uomo di Dio, che ciò possa avvenire. Ritieni anzi per certo che colui che lo ha
mandato a nascere tra gli uomini, lo custodirà da ogni malignità e, nel suo nome, lo preserverà
dal male".
[39,1] I Giudei, per la terza volta, supplicarono Maria e Giuseppe di condurlo, con le loro
carrozze, a studiare da un altro maestro. Temendo il popolo, l'insolenza dei principi e le
minacce dei sacerdoti, Giuseppe e Maria lo condussero nuovamente a scuola, pur sapendo che
non poteva imparare alcunché dagli uomini colui che solo da Dio aveva una scienza perfetta.
[2] Entrato nella scuola, Gesù, sotto la guida dello Spirito santo, dalla mano del maestro che
stava insegnando la Legge davanti a tutto il popolo che vedeva e udiva, prese il libro e
incominciò a leggere non già quanto era scritto nel loro libro, ma a parlare nello spirito del Dio
vivo come se da una viva sorgente sgorgasse un torrente di acqua e la sorgente restasse
sempre piena. Insegnava al popolo le grandezze del Dio vivo con tale forza che lo stesso
maestro cadde a terra e lo adorò. Il cuore del popolo che era seduto là e l'aveva udito dire tali
cose fu preso dallo stupore.
Giuseppe, udito tutto questo, corse da Gesù nel timore che morisse lo stesso maestro; ma
appena lo vide, il maestro gli disse: "Tu non mi hai dato un discepolo, ma un maestro: chi può
resistere alle sue parole?".
Si compì allora quanto era stato detto dal salmista: "Il fiume di Dio fu ripieno di acqua. Hai
preparato il loro cibo, poiché tale è la sua preparazione".
[40] Dopo di ciò, Giuseppe se ne andò via di là insieme a Maria e Gesù per recarsi alla
marittima Cafarnao, a causa della malizia degli uomini suoi avversari.
Mentre Gesù abitava a Cafarnao, nella città c'era un uomo molto ricco, di nome Giuseppe; a
motivo di una sua persistente malattia, egli morì sul suo letto. Gesù, avendo uditi i lamenti, i
pianti e le grida elevate dalla gente sul morto, disse a Giuseppe: "Perché non offri l'aiuto della
tua bontà a costui che ha lo stesso tuo nome?". Giuseppe rispose: "Che potere e che facoltà ho
io da offrire bontà a costui?". Gesù allora gli rispose: "Prendi il fazzoletto del tuo capo, va a
porlo sulla faccia del morto e digli: "Cristo ti salvi!". E subito il defunto sarà salvo e si alzerà
dal suo letto". Udito ciò, Giuseppe, al comando di Gesù, andò subito correndo, entrò in casa
del defunto, prese il fazzoletto che aveva sul suo capo e lo pose sulla faccia di colui che
giaceva sul letto, dicendogli: "Ti salvi Gesù!". E subito il morto si levò da letto e domandò chi
fosse Gesù.
[41, 1] E da Cafarnao se ne andarono nella città di Betlemme: Giuseppe era a casa sua con
Maria, e Gesù con loro.
Un giorno Giuseppe chiamò a sé il suo figlio primogenito, Giacomo, e lo mandò nell'orto della
verdura a raccogliere legumi per preparare una pietanza. Gesù seguì suo fratello Giacomo
nell'orto, senza che Giuseppe e Maria se ne accorgessero. Mentre Giacomo raccoglieva legumi,
da un buco uscì una vipera e morse una mano di Giacomo, che per l'atroce dolore si mise a
urlare. Stava svenendo, e diceva con voce amara: "Ahi, ahi, una vipera infame mi ha morso la
mano".
[2] Gesù, che se ne stava dalla parte opposta, all'udire quella voce amara corse da Giacomo,
gli prese la mano, e non fece altro che soffiarvi sopra, e la rinfrescò: subito Giacomo guarì, il
serpente invece morì. Giuseppe e Maria ignoravano quanto era avvenuto; ma al grido di
Giacomo e al comando di Gesù corsero nell'orto e trovarono il serpente già morto e Giacomo
guarito bene.
[42,1] Gesù in famiglia. Quando Giuseppe andava a un convito con i suoi figli Giacomo,
Giuseppe, Giuda, Simone e le sue due figlie, ci andavano pure Gesù e Maria, sua madre, con
sua sorella Maria di Cleofa - data dal Signore Dio a suo padre Cleofa e a sua madre Anna
perché avevano offerto al Signore Maria, madre di Gesù -: questa Maria fu chiamata con lo
stesso nome "Maria", a conforto dei genitori.
[2] Quando erano insieme, Gesù li santificava e benediceva, ed egli era il primo che
cominciava a mangiare e a bere. Nessuno di loro osava, infatti, mangiare o bere, sedere alla
mensa o spezzare il pane, fino a quando egli non avesse fatto ciò per primo, santificandoli. Se,
per caso, era assente, aspettavano fino a quando lo facesse. Quando poi egli non voleva
prendere cibo, se ne astenevano anche Giuseppe, Maria e i suoi fratelli, i figli di Giuseppe.
Questi fratelli, avendo davanti ai loro occhi la sua vita, come un faro luminoso, lo rispettavano
e lo temevano. Quando Gesù dormiva, fosse di giorno o di notte, lo splendore di Dio splendeva
su di lui. Al quale sia ogni lode e gloria nei secoli dei secoli. Amen. Amen.