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sabato 6 agosto 2011

La Transfiguraciòn de N.S. Jesucristo


Sul monte Tabor la Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Il Re dei Giudei e dei Gentili (Inno dei Vespri) si rivelava sul monte dove il suo pacifico splendore eclissava per sempre i bagliori del Sinai; il Testamento dell'eterna alleanza si manifestava, non più con la promulgazione d'una legge di servitù incisa sulla pietra, ma con la manifestazione del Legislatore stesso, che veniva sotto le sembianze dello Sposo a regnare con la grazia e lo splendore sui cuori (Sal 44,5). La profezia e la legge, che prepararono le sue vie nei secoli dell'attesa, Elia e Mosè, partiti da punti diversi, si incontravano accanto a lui come fedeli corrieri al punto di arrivo; facendo omaggio della loro missione al comune Signore, scomparivano dinanzi a lui alla voce del Padre che diceva: Questi è il mio Figlio diletto! Tre testimoni, autorizzati più di tutti gli altri, assistevano a quella scena solenne: il discepolo della fede, quello dell'amore, e l'altro figlio di Zebedeo che doveva per primo sigillare con il sangue la fede e l'amore apostolico. Conforme all'ordine dato e alla convenienza, essi custodirono gelosamente il segreto, fino al giorno in cui colei che ne era interessata potesse per prima riceverne comunicazione dalle loro bocche predestinate.


Data della festa.
Fu proprio quel giorno eternamente prezioso per la Chiesa ? Parecchi lo affermano. Certo, era giusto che il suo ricordo fosse celebrato di preferenza nel mese dell'eterna Sapienza: Splendore della luce increata, specchio immacolato dell'infinita bontà (Verso alleluiatico; cfr. Sap 7,26).
Oggi, i sette mesi trascorsi dall'Epifania manifestano pienamente il mistero il cui primo annuncio illuminò di così dolci raggi il Ciclo ai suoi inizi; per la virtù del settenario qui nuovamente rivelata, gli inizi della beata speranza  sono cresciuti al pari dell'Uomo-Dio e della Chiesa; e quest'ultima, stabilita nella pace del pieno sviluppo che l'offre allo Sposo (Ct 8,10), chiama tutti i suoi figli a crescere come lei mediante la contemplazione del Figlio di Dio fino alla misura dell'età perfetta di Cristo (Ef 4,13). Comprendiamo dunque perché vengano riprese in questo giorno, nella sacra Liturgia, formule e cantici della gloriosa Teofania. Sorgi, o Gerusalemme; sii illuminata; poiché è venuta la tua luce, e la gloria del Signore s'è levata su di te (I Responsorio di Mattutino; cfr. Is 60,1). Sul monte, infatti, insieme con il Signore viene glorificata la sua Sposa, che risplende anch'essa della luce di Dio (Capitolo di nona; cfr. Ap 21,11).

Le vesti di Gesù.
Mentre infatti "il suo volto risplendeva come il sole - dice di Gesù il Vangelo - le sue vesti divennero bianche come la neve" (Mt 17,2). Ora quelle vesti, d'un tale splendore di neve - osserva san Marco - che nessun tintore potrebbe farne di così bianche sulla terra (Mc 9,2), che altro sono se non i giusti, inseparabili dall'Uomo-Dio e suo regale ornamento, se non la tunica inconsutile, che è la Chiesa, e che Maria continua a tessere al suo Figliuolo con la più pura lana e con il più prezioso lino? Sicché, per quanto il Signore, attraversato il torrente della sofferenza, sia personalmente già entrato nella sua gloria, il mistero della Trasfigurazione non sarà completo se non allorché l'ultimo degli eletti, passato anch'egli attraverso la laboriosa preparazione della prova e gustata la morte, avrà raggiunto il capo nella sua resurrezione. O volto del Salvatore, estasi dei cieli, allora risplenderanno in te tutta la gloria, tutta la bellezza e tutto l'amore. Manifestando Dio nella diretta rassomiglianza del suo Figliuolo per natura, tu estenderai le compiacenze del Padre al riflesso del suo Verbo che costituisce i figli di adozione, e che vagheggia nello Spirito Santo fino alle estremità del manto che riempie il tempio (Is 6,1).

Il mistero dell'adozione divina.
Secondo la dottrina di san Tommaso, infatti (III, qu. 45, art. 4), l'adozione dei figli di Dio, che consiste in una conformità di immagine con il Figlio di Dio per natura (Rm 8,29-30), si opera in duplice modo: innanzitutto per la grazia di questa vita, ed è la conformità imperfetta; quindi per la gloria della patria, ed è la conformità perfetta, secondo le parole di san Giovanni: "Ora noi siamo figli di Dio; ma non si è manifestato ancora quel che saremo. Sappiamo che quando si manifesterà saremo simili a lui, perché lo vedremo quale egli è" (1Gv 3,2).
Le parole eterne: Tu sei il mio Figliuolo, OGGI io ti ho generato (Sal 2,7) hanno due echi nel tempo, nel Giordano e sul Tabor; e Dio, che non si ripete mai (Gb 33,14) non ha in ciò fatto eccezione alla regola di dire una sola volta quello che dice. Poiché, per quanto i termini usati nelle due circostanze siano identici, non tendono però allo stesso fine - dice sempre san Tommaso - ma a mostrare quel modo diverso in cui l'uomo partecipa alla rassomiglianza con la filiazione eterna. Nel battesimo del Signore, in cui fu dichiarato il mistero della prima rigenerazione, come nella sua Trasfigurazione che ci manifesta la seconda, apparve tutta la Trinità: il Padre nella voce intesa, il Figlio nella sua umanità, lo Spirito Santo prima sotto forma di colomba e quindi nella nube risplendente; poiché se, nel battesimo, egli conferisce l'innocenza indicata dalla semplicità della colomba, nella resurrezione concederà agli eletti lo splendore della gloria e il ristoro di ogni male, che sono significati dalla nube luminosa (III, qu. 45, ad 1 et 2).

Insegnamento dei padri.
"Saliamo il monte - esclama sant'Ambrogio; - supplichiamo il Verbo di Dio di mostrarsi a noi nel suo splendore e nella sua magnificenza; che fortifichi se stesso e progredisca felicemente, e regni nelle anime nostre (Sal 44). Alla tua stregua infatti, o mistero profondo, il Verbo diminuisce o cresce in te. Se tu non raggiungi quella vetta più elevata dell'umano pensiero, non ti appare la Sapienza; il Verbo si mostra a te come in un corpo senza splendore e senza gloria" (Comm. su san Luca, l. vii, 12).
Se la vocazione che si rivela per te in questo giorno è così santa e sublime (VII Responsorio di Mattutino; cfr. Tm 1,9-10), "adora la chiamata di Dio - riprende a sua volta Andrea da Creta (Discorso sulla Trasfigurazione): - non ignorare te stesso, non disdegnare un dono così sublime, non ti mostrare indegno della grazia, non essere tanto pusillanime nella tua vita da perdere questo celeste tesoro. Lascia la terra alla terra, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti (Mt 8,22); disprezzando tutto ciò che passa, tutto ciò che muore con il secolo e con la carne, segui fino al cielo senza mai separartene Cristo che per te compie il suo cammino in questo mondo. Aiutati con il timore e con il desiderio, per sfuggire alla caduta e conservare l'amore. Donati interamente; sii docile al Verbo nello Spirito Santo, per raggiungere quel fine beato e puro che è la tua deificazione, con il gaudio di indescrivibili beni. Con lo zelo delle virtù, con la contemplazione della verità, con la sapienza, arriva alla Sapienza principio di tutto e in cui sussistono tutte le cose" (Col 1,16-17).

Storia della festa.
Gli Orientali celebrano questa festa da lunghi secoli. La vediamo fin dagli inizi del secolo IV in Armenia, sotto il nome di "splendore della rosa", rosae coruscatio, sostituire una festa floreale in onore di Diana, e figura tra le cinque feste principali della Chiesa armena. I Greci la celebrano nella settima Domenica dopo Pentecoste, benché il loro Martirologio ne faccia menzione il 6 di agosto.
In Occidente, viene celebrata soprattutto dal 1457, data in cui il Papa Callisto III promulgò un nuovo Ufficio e la rese obbligatoria in ringraziamento della vittoria riportata l'anno precedente dai cristiani sui Turchi, sotto le mura di Belgrado. Ma questa festa era già celebrata in parecchie chiese particolari. Pietro il Venerabile, abate di Cluny, ne aveva prescritto la celebrazione in tutte le chiese del suo Ordine quando Cluny ebbe preso possesso, nel secolo XII, del monte Thabor.

La benedizione delle uve.
Vige l'usanza, presso i Greci come presso i Latini, di benedire in questo giorno le uve nuove. Questa benedizione si compie durante il santo Sacrificio della Messa, al termine del Nobis quoque peccatoribus. I Liturgisti, insieme con Sicardo di Cremona, ci hanno spiegato la ragione di tale benedizione in un simile giorno: "Siccome la Trasfigurazione si riferisce allo stato che dev'essere quello dei fedeli dopo la resurrezione, si consacra il sangue del Signore con vino nuovo, se è possibile averne, onde significare quanto è detto nel Vangelo: Non berrò più di questo frutto della vite, fino a quando non ne beva del nuovo insieme con voi nel regno del Padre mio" (Mt 26,29).

Terminiamo con la recita dell'Inno di Prudenzio, che la Chiesa canta nei Vespri ed al Mattutino di questo giorno:

INNO
O tu che cerchi Cristo, leva gli occhi in alto; ivi scorgerai il segno della sua eterna gloria.
La luce che risplende manifesta Colui che non conosce termine, il Dio sublime, immenso, senza limiti, la cui durata precede quella del cielo e del caos.
Egli è il Re delle genti, il Re del popolo giudaico, e fu promesso al patriarca Abramo e alla sua stirpe per tutti i secoli.
I Profeti sono i suoi testimoni, e sotto la loro garanzia, testimone egli stesso, il Padre ci ordina di ascoltarlo e di credere in lui.
Gesù, sia gloria a te che ti riveli agli umili, a te insieme con il Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 941-946

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Trasfigurazione
Il più bel quadro del mondo

LA TRANSFIGURACIÓN 

Y EL EPILÉPTICO CURADO







¿Qué hombre hay que no haya visto, por lo menos una vez en su vida, un amanecer sereno de marzo? y si lo hubiere, es muy infeliz, porque no conoce una de las bellezas más grandes de la naturaleza a la que la primavera ha despertado, la hecho cual una doncella, como debía haberlo sido en el primer día.

VAN CAMINANDO JESÚS, LOS APÓSTOLES Y DISCÍPULOS 
VAN EN DIRECCIÓN DEL SUDESTE, PASANDO LAS COLINAS 
QUE CORONAN NAZARET

En medio de esta belleza, que es límpida en todos aspectos y cosas desde las hierbas nuevas y llenas de rocío, hasta las florecitas que se abren, como niños que acabaran de nacer, desde la primera sonrisa que la luz dibuja en el día, hasta los pajarillos que se despiertan con un batir de alas y lanzan su primer "pío" interrogativo, preludio de todos sus canoros discursos que lanzarán durante el día, hasta el aroma mismo del aire que ha perdido en la noche, con el baño del rocío y la ausencia del hombre, toda mota de polvo, humo, olor de cuerpo humano, van caminando Jesús, los apóstoles y discípulos. Con ellos viene también Simón de Alfeo. Van en dirección del sudeste, pasando las colinas que coronan Nazaret, atraviesan un arroyo, una llanura encogida entre las colinas nazaretanas y un grupo de montes en dirección hacia el este. El cono semitrunco del Tabor precede a estos montes. El cono semitrunco me recuerda, no sé por qué, en su cima a la lámpara de nuestra ronda vista de perfil.

"PEDRO, JUAN Y SANTIAGO DE ZEBEDEO, 
VENID CONMIGO ARRIBA AL MONTE.

Llegan al Tabor. Jesús se detiene y dice: "Pedro, Juan y Santiago de Zebedeo, venid conmigo arriba al monte. Los demás desparramaos por las faldas, yendo por los caminos que lo rodean, y predicad al Señor. Quiero estar de regreso en Nazaret al atardecer. No os alejéis, pues, mucho. La paz esté con vosotros." Y volviéndose a los tres, dice: "Vamos", y empieza a subir sin volver su mirada atrás y con un paso tan rápido que Pedro que le sigue, apenas si puede.
En un momento en que se detienen, Pedro colorado y sudado, le pregunta jadeando: "¿A dónde vamos? No hay casas en el monte. En la cima está aquella vieja fortaleza. ¿Quieres ir a predicar allá?"
"Hubiera tomado el otro camino. Estás viendo que le he volteado las espaldas. No iremos a la fortaleza, y quien estuviere en ella ni siquiera nos verá. Voy a unirme con mi Padre, y os he querido conmigo porque os amo. ¡Ea, ligeros!"
"Oh, Señor mío, ¿no podríamos ir un poco más despacio, y así hablar de lo que oímos y vimos ayer, que nos dio para pasar halando toda la noche?"

A LAS CITAS CON DIOS HAY QUE IR RÁPIDOS. 
¡FUERZAS, SIMÓN PEDRO! ¡ALLÁ ARRIBA DESCANSARÉIS!" 

"A las citas con Dios hay que ir rápidos. ¡Fuerzas, Simón Pedro! ¡Allá arriba descansaréis!" Y continúa subiendo...
Estoy con mi Jesús sobre un monte alto. Con Jesús están Pedro, Santiago y Juan. Siguen subiendo. La mirada alcanza los horizontes. es un sereno día que hace que aun las cosas lejanas se distingan bien.
El monte no forma parte de algún sistema montañoso como el de Judea. Se yergue solitario. Teniendo en cuenta el lugar donde se encuentra, tiene ante sí el oriente, el norte a la izquierda, a la derecha el sur y a sus espaldas el oeste y la cima que se yergue todavía a unos cuantos centenares de pasos.
Es muy elevado. Uno puede ver hasta muy lejos. El lago de Genesaret parece un trozo de cielo caído para engastarse entre el verdor de la tierra, una turquesa oval encerrada entre esmeraldas de diversa claridad, un espejo que tiembla, que se encrespa un poco al contacto de un ligero viento por el que se resbalan con agilidad de gaviotas, las barcas con sus velas desplegadas, un tantín encorvadas hacia las azulejas ondas, con esa gracia con que el halcón hiende los aires, cuando va de picada en pos de su presa. De esa vasta turquesa sale una vena, de un azul más pálido, allá donde el arenal es más ancho, y más oscuro allá donde las riberas se estrechan, el agua es más profunda y cobriza por la sombra que proyectan los árboles que robustos crecen cerca del río, que se alimentan de sus aguas. El Jordán parece una pincelada casi rectilínea en la verde llanura. Hay poblados sembrados acá y allá del río. Algunos no son más que un puñado de casa, otros más grandes, casi como ciudades. Los caminos principales no son más que líneas amarillentas entre el verdor. Aquí, dada la situación del monte, la llanura está más cultivada y es más fértil, muy bella. Se distinguen los diversos cultivos con sus diversos colores que ríen al sol que desciende de un firmamento muy azul.
Debe ser primavera, tal vez marzo, si calculo bien la latitud de Palestina, porque veo que el trigo está ya crecido, todavía verde, que ondea como un mar, veo los penacho de los árboles más precoces con sus frutos en sus extremidades como nubecillas blancas y rosadas en este pequeño mar vegetal, luego prados todos en flor debido al heno por donde las ovejas van comiendo su cotidiano alimento.
Junto al monte, en las colinas que le sirven como de base, colinas bajas, cortas, hay dos ciudades, una al sur, y otra al norte.
Después de un breve reposo bajo el fresco de un grupo de árboles, por compasión a Pedro a quien las subidas cuestan mucho, se prosigue la marcha. Llegan casi hasta la cresta, donde hay una llanura de hierba en que hay un semicírculo de árboles hacia la orilla.

"¡DESCANSAD, AMIGOS! VOY ALLÍ A ORAR."

"¡Descansad, amigos! Voy allí a orar." Y señala con la mano una gran roca, que sobresale del monte y que se encuentra no hacia la orilla, sino hacia el interior, hacia la cresta.
Jesús se arrodilla sobre la tierra cubierta de hierba y apoya las manos y la cabeza sobre la roca, en la misma posición que tendrá en el Getsemaní. No le llega el sol porque lo impide la cresta, pero lo demás está bañado de él, hasta la sombra que proyectan los árboles donde se han sentado los apóstoles.
Pedro se quita las sandalias, les quita el polvo y piedrecillas, y se queda así, descalzo, con los pies entre la hierba fresca, como estirado, con la cabeza sobre un montón de hierba que le sirve de almohada.
Lo imita Santiago, pero para estar más cómodo busca un tronco de árbol sobre el que pone su manto y sobre él la cabeza.
Juan se queda sentado mirando al Maestro, pero la tranquilidad del lugar, el suave viento, el silencio, el cansancio lo vencen. Baja la cabeza sobre el pecho, cierra sus ojos. Ninguno de los tres duerme profundamente. Se ha apoderado de ellos esa somnolencia de verano que atonta solamente.

DE PRONTO LOS SACUDE UNA LUMINOSIDAD TAN VIVA 
QUE ANULA LA DEL SOL, QUE SE ESPARCE, QUE PENETRA 
HASTA BAJO LO VERDE DE LOS MATORRALES Y ÁRBOLES, 
DONDE ESTÁN

ABREN LOS OJOS SORPRENDIDOS Y VEN A JESÚS 
TRANSFIGURADO

De pronto los sacude una luminosidad tan viva que anula la del sol, que se esparce, que penetra hasta bajo lo verde de los matorrales y árboles, donde están
Abren los ojos sorprendidos y ven a Jesús transfigurado. Es ahora tal y cual como lo veo en las visiones del paraíso. Naturalmente sin las llagas o sin la señal de la cruz, pero la majestad de su rostro, de su cuerpo es igual, igual por la luminosidad, igual por el vestido que de un color rojo oscuro se ha cambiado en un tejido de diamantes, de perlas, en vestido inmaterial, cual lo tiene en el cielo. Su rostro es un sol explendidísimo, en que resplandecen sus ojos de zafiro. Parece todavía más alto, como si su glorificación hubiese cambiado su estatura. No sabría decir si la luminosidad, que hace hasta fosforescente la llanura, provenga toda de El o si sobre la suya propia está mezclada la luz que hay en el universo y en los cielos. Sólo sé que es una cosa indescriptible.

JESÚS ESTÁ DE PIE, MÁS BIEN, COMO SI ESTUVIERA 
LEVANTADO SOBRE LA TIERRA, PORQUE ENTRE EL Y EL 
VERDOR DEL PRADO HAY COMO UN RÍO DE LUZ,

Jesús está de pie, más bien, como si estuviera levantado sobre la tierra, porque entre El y el verdor del prado hay como un río de luz, un espacio que produce una luz sobre la que El esté parado. Pero es tan fuerte que puedo casi decir que el verdor desaparece bajo las plantas de Jesús. Es de un color blanco, incandescente. Jesús está con su rostro levantado al cielo y sonría a lo que tiene ante Sí.

LOS APÓSTOLES SE SIENTEN PRESA DE MIEDO. 
LO LLAMAN, PORQUE LES PARECE QUE NO ES MÁS SU 
MAESTRO. "¡MAESTRO, MAESTRO!"

Los apóstoles se sienten presa de miedo. lo llaman, porque les parece que no es más su Maestro. "¡Maestro, Maestro!" lo llaman con ansia.
El no oye.
"Está en éxtasis" dice Pedro tembloroso. "¿Qué estará viendo?"
Los tres se han puesto de pie, quieren acercarse a Jesús, pero no se atreven.

LA LUZ AUMENTA MUCHO MÁS POR DOS LLAMAS 
QUE BAJAN DEL CIELO Y SE PONEN AL LADO DE JESÚS. 

APARECEN DOS MAJESTUOSOS Y LUMINOSOS PERSONAJES 
UNO ES MÁS ANCIANO LO SEÑALAN COMO A MOISÉS 
EL OTRO ES MÁS JOVEN, ELÍAS

La luz aumenta mucho más por dos llamas que bajan del cielo y se ponen al lado de Jesús. Cuando están ya sobre el verdor, se descorre su velo y aparecen dos majestuosos y luminosos personajes. Uno es más anciano, de mirada penetrante, severa, de larga partida en dos. De su frente salen cuernos de luz, que me lo señalan como a Moisés. El otro es más joven, delgado, barbudo y velloso, algo así como el Bautista, al que se parece por su estatura, delgadez, formación corporal y severidad. Mientras la luz de Moisés es blanca como la de Jesús, sobre todo en los rayos que brotan de la frente, la que emana de Elías, es solar, de llama viva.
Los dos profetas asumen una actitud de reverencia ante su Dios encarnado y si les habla con familiaridad, ellos no pierden su actitud reverente. No comprendo ni una de las palabras que dicen.

LOS TRES APÓSTOLES CAEN DE RODILLAS, CON LA CARA 
ENTRE LAS MANOS. FINALMENTE PEDRO HABLA: 
"¡MAESTRO! ¡MAESTRO, ÓYEME!""¡ES BELLO ESTAR AQUÍ 
CONTIGO, CON MOISÉS Y ELÍAS! SI QUIERES 
HAREMOS TRES TIENDAS, PARA TI, PARA MOISÉS 
Y PARA ELÍAS, ¡NOS QUEDAREMOS AQUÍ A SERVIRTE!..."

Los tres apóstoles caen de rodillas, con la cara entre las manos. Quieren ver, pero tienen miedo. Finalmente Pedro habla: "¡Maestro! ¡Maestro, óyeme!" Jesús vuelve su mirada con una sonrisa. Pedro toma ánimos y dice: "¡Es bello estar aquí contigo, con Moisés y Elías! Si quieres haremos tres tiendas, para Ti, para Moisés y para Elías, ¡nos quedaremos aquí a servirte!..."
Jesús lo mira una vez más y sonríe vivamente. Mira también a Juan y a Santiago, una mirada que los envuelve amorosamente. También Moisés y Elías miran fijamente a los tres. Sus ojos brillan, deben ser como rayos que atraviesan los corazones.

UNA VOZ PODEROSA,  ARMONIOSA VIBRA, 
LLENA EL ESPACIO. LOS TRES CAEN CON LA CARA 
SOBRE LA HIERBA. 
"ESTE ES MI HIJO AMADO, EN QUIEN ENCUENTRO MIS 
COMPLACENCIAS. ¡ESCUCHADLO!"

Los apóstoles no se atreven a añadir una palabra más. Atemorizados, callan. Parece como si estuvieran un poco ebrios, pero cuando un velo que no es neblina, que no es nube, que no es rayo, envuelve y separa a los tres gloriosos detrás de un resplandor mucho más vivo, los esconde a la mirada de los tres, una voz poderosa,  armoniosa vibra, llena el espacio. Los tres caen con la cara sobre la hierba.
"Este es mi Hijo amado, en quien encuentro mis complacencias. ¡Escuchadlo!"

¡MISERICORDIA DE MÍ QUE SOY UN PECADOR! 
ES LA GLORIA DE DIOS QUE DESCIENDE." 

Pedro cuando se ha echado por tierra exclama: "¡Misericordia de mí que soy un pecador! Es la gloria de Dios que desciende." Santiago no dice nada. Juan murmura algo, como si estuviese próximo a desvanecerse: "¡El Señor ha hablado!"
Nadie se atreve a levantar la cabeza aun cuando el silencio es absoluto. No ven por esto que la luz solar ha vuelto a su estado, que Jesús está solo y que ha tornado a ser el Jesús con su vestido rojo oscuro. Se dirige a ellos sonriente. Los toca, los mueve, los llama por su nombre.

LEVANTAOS. SOY YO. NO TENGÁIS MIEDO" DICE, 
PORQUE LOS TRES NO SE HAN ATREVIDO A LEVANTAR 
SU CARA  

"¡OH, MAESTRO! ¡DIOS MÍO!" EXCLAMA PEDRO. 
"¿CÓMO VAMOS A HACER PARA TENERTE A NUESTRO 
LADO, AHORA QUE HEMOS VISTO TU GLORIA?   

DEBÉIS VIVIR A MI LADO, VER MI GLORIA HASTA EL FIN. 
HACEOS DIGNOS PORQUE EL TIEMPO ESTÁ CERCANO.

"Levantaos. Soy Yo. No tengáis miedo" dice, porque los tres no se han atrevido a levantar su cara e invocan misericordia sobre sus pecados, temiendo que sea el ángel de Dios que quiere presentarlos ante el Altísimo.
"¡Levantaos, pues! ¡Os lo ordeno!" repite Jesús con imperio. Levantan la cara y ven a Jesús que sonríe.
"¡Oh, Maestro! ¡Dios mío!" exclama Pedro. "¿Cómo vamos a hacer para tenerte a nuestro lado, ahora que hemos visto tu gloria? ¿Cómo haremos para vivir entre los hombres, nosotros, hombres pecadores, que hemos oído la voz de Dios?"
"Debéis vivir a mi lado, ver mi gloria hasta el fin. Haceos dignos porque el tiempo está cercano. Obedeced al Padre mío y vuestro. Volvamos ahora entre los hombres porque he venido para estar entre ellos y para llevarlos a Dios. Vamos. Sed santos, fuertes, fieles por recuerdo de esta hora. Tendréis parte en mi completa gloria, pero no habléis nada de esto, a nadie, ni a los compañeros. Cuando el Hijo del hombre haya resucitado de entre los muertos y vuelto a la gloria del Padre, entonces hablaréis, porque entonces será necesario creer para tener parte en mi reino."
¿No debe acaso venir Elías a preparar tu reino?

"¿NO DEBE ACASO VENIR ELÍAS A PREPARAR TU REINO? 
LOS RABÍES ENSEÑAN ASÍ." ELÍAS HA VUELTO UNA VEZ. 
LA SEGUNDA SERÁ CUANDO LLEGUEN LOS ÚLTIMOS 
TIEMPOS PARA PREPARAR LOS HOMBRES A DIOS.

"Elías ya vino y ha preparado los camino del Señor. Todo sucede como se ha revelado, pero lo que enseñan la revelación no la conocen y no la comprenden. No ven y no reconocen las señales de los tiempos, y a los que Dios ha enviado. Elías ha vuelto una vez. La segunda será cuando lleguen los últimos tiempos para preparar los hombres a Dios.Ahora ha venido a preparar los primeros al Mesías, y los hombres no lo han querido reconocer y lo han atormentado y matado. Lo mismo harán con el Hijo del hombre, porque los hombres no quieren reconocer lo que es su bien."
Los tres bajan pensativos y tristes la cabeza. Descienden por el camino que los trajo a la cima.

PEDRO HACE UN COMENTARIO DE TODO LO QUE HA VISTO

... A mitad del camino, Pedro en voz baja dice: "¡Ah, Señor" Repito lo que dijo ayer tu Madre: "¿Por qué nos has hecho esto?" Tus últimas palabras borraron la alegría de la gloriosa vista que tenían ante sí nuestros corazones. Es un día que no se olvidará. Primero nos llenó de miedo la gran luz que nos despertó, más fuerte que si el monte estuviera en llamas, o que si la luna hubiera bajado sobre el prado, bajo nuestro ojos. Luego tu mirada, tu aspecto, tu elevación sobre el suelo, como si estuvieses pronto a volar. Tuve miedo de que, disgustado de la maldad de Israel, regresases al cielo, tal vez por orden del Altísimo. Luego tuve miedo de ver aparecer a Moisés, a quien sus contemporáneos no podían ver sin velo, por que brillaba sobre su cara el reflejo de Dios, y no era más que hombre, mientras ahora es un espíritu bienaventurado, y Elías... ¡Misericordia divina! Creí que había llegado mi último momento. Todos los pecados de mi vida, desde cuando me robaba la fruta, allá cuando era pequeñín, hasta el último de haberte mal aconsejado hace algunos días, vinieron a mi memoria. ¡Con qué temor me arrepentí! Luego me pareció que me amaban los dos justos... y porque no merezco el amor de semejantes espíritus. Y ¡luego"... ¡luego" ¡El miedo de los miedos! ¡La voz de Dios!... ¡Yeové habló! ¡A nosotros! Ordenó: "¡Escuchadlo!" Te proclamó "su hijo amado en quien encuentra sus complacencias" ¡Qué miedo! ¡Yeové! ¡A nosotros!... ¡No cabe duda que tu fuerza nos ha mantenido la vida!... Cuando nos tocaste, y tus dedos ardían como puntas de fuego, sufrí el último miedo. Creí que había llegado la hora de ser juzgado y que el ángel me tocaba para tomar mi alma y llevarla ante el Altísimo... ¿Pero cómo hizo tu Madre para ver... para oír... para vivir, en una palabra, esos momentos de los que ayer hablaste, sin morir, Ella que estaba sola, que era una jovencilla, y sin Ti?"

MARÍA, QUE NO TIENE CULPA, NO PODÍA TEMER A DIOS.  
YO, EL PADRE Y EL ESPÍRITU. 
QUE TENÍAMOS Y TENEMOS NUESTRO TABERNÁCULO 
EN EL CORAZÓN DE MARÍA.

"María, que no tiene culpa, no podía temer a Dios. Eva tampoco lo temió mientras fue inocente y Yo estaba. Yo, el Padre y el Espíritu. Nosotros que estamos en el cielo, en la tierra y en todo lugar, que teníamos y tenemos nuestro tabernáculo en el corazón de María." explica dulcemente Jesús.

PERO ¿POR QUÉ A NOSOTROS TRES?
 ¿NO HUBIERA SIDO MEJOR QUE TODOS HUBIESEN VISTO 
TU GLORIA?" 

PORQUE MUERTO DE MIEDO COMO ESTÁIS AL OÍR
 HABLAR DE LA MUERTE, Y MUERTE POR SUPLICIO 
DEL HIJO DEL HOMBRE, DEL HOMBRE-DIOS, 
EL HA QUERIDO FORTIFICAROS PARA AQUELLA HORA 
Y PARA SIEMPRE CON UN CONOCIMIENTO ANTERIOR 
DE LO QUE SERÉ DESPUÉS DE LA MUERTE. 
ACORDAOS DE ELLO, PARA QUE LO DIGÁIS A SU TIEMPO 
¿COMPRENDIDO?"

"¡Qué cosas!... ¡Qué cosas! Pero luego hablaste de muerte... Y toda nuestra alegría se acabó... Pero ¿por qué a nosotros tres? ¿No hubiera sido mejor que todos hubiesen visto tu gloria?"
"Exactamente porque muerto de miedo como estáis al oír hablar de la muerte, y muerte por suplicio del Hijo del Hombre, del Hombre-Dios, El ha querido fortificaros para aquella hora y para siempre con un conocimiento anterior de lo que seré después de la muerte. Acordaos de ello, para que lo digáis a su tiempo ¿Comprendido?"
"Sí, Señor. No es posible olvidarlo. Sería inútil contarlo. Dirían que estábamos "ebrios"."
Vuelven en dirección del valle. En un determinado punto Jesús toma por un áspero atajo en dirección de Endor, esto es, por el lado opuesto en que dejó a los discípulos.
"No los encontraremos" dice Santiago. "El sol empieza a declinar. Estarán juntándose para esperarte donde los dejamos."
"Ven y no te formes pensamientos necios."
De hecho al salir del bosque y entrar en un llano que levemente baja hasta encontrarse con el camino principal, ven al grupo de discípulos, a los que se han agregado viajeros curiosos, escribas que han llegado de no sé dónde, y que dan señales de excitación.
"¡Ay de mí! ¡Escribas!... ¡Y ya están disputando!" exclama Pedro señalándolos. Y baja los últimos metro de mala gana.

A LA CARRERA VIENEN A JESÚS, GRITANDO: 
"¿COMO ES POSIBLE, MAESTRO, QUE HAYAS VENIDO
 POR ESTA PARTE? 

ESTÁBAMOS A PUNTO DE IRNOS AL LUGAR INDICADO. 
PERO LOS ESCRIBAS NOS HAN ENTRETENIDO 
CON SUS DISPUTAS, 
Y LAS SÚPLICAS DE UN PADRE ADOLORIDO."

Los que están abajo, los han visto y los señalan, luego a la carrera vienen a Jesús, gritando: "¿Como es posible, Maestro, que hayas venido por esta parte? Estábamos a punto de irnos al lugar indicado. Pero los escribas nos han entretenido con sus disputas, y las súplicas de un padre adolorido."
"¿De qué disputabais entre vosotros?"
"A causa de un endemoniado. Los escribas se han burlado de nosotros, porque no hemos podido curarlo. Judas de Keriot se ha puesto al frente, pero ha sido inútil. Entonces dijimos: "Hacedlo vosotros". Contestaron: "No somos exorcistas". Por casualidad han pasado algunos que venían de Caslot-Tabor, entre los que había dos exorcistas, pero tampoco ellos pudieron hacerlo algo. Aquí está el padre que ha venido a suplicártelo. ¡Escúchalo!"

 AQUÍ ESTÁ EL PADRE QUE HA VENIDO A SUPLICÁRTELO. 
¡ESCÚCHALO!" 
SE ADELANTA EN ACTITUD SUPLICANTE, SE ARRODILLA 
ANTE JESÚS 
MI HIJO. TE LO LLEVABA PARA QUE LO LIBRASES, TÚ QUE 
ARROJAS A DEMONIOS Y CURAS CUALQUIER ENFERMEDAD. 
ES PRESA DE UN ESPÍRITU MUDO.

Se adelanta en actitud suplicante, se arrodilla ante Jesús que no ha bajado del suave declive, de modo que está más alto, unos tres metros, y todos lo pueden ver.
"¡Maestro!" dice, "iba a Cafarnaum a llevarte a mi hijo. Te lo llevaba para que lo librases, Tú que arrojas a demonios y curas cualquier enfermedad. Es presa de un espíritu mudo. Cuando se apodera de él no emite más que gritos roncos, como una bestia a la que se degüella. El espíritu lo echa por tierra. El se revuelca rechinando los dientes, espumando como un caballo que moridera el freno, se hiere, y se expone a morir ahogado o quemado, o bien, hecho pedazos, porque el espíritu más de una vez lo ha arrojado al agua, al fuego, o de las escaleras abajo. Tus discípulos hicieron la prueba, pero no lo lograron. ¡Oh, Señor bueno, piedad de mí y de mi hijo!"
El rostro de Jesús relampaguea. Grita: "¡Oh generación perversa! ¡oh turba satánica! ¡legión rebelde! ¡pueblo del infierno incrédulo y cruel! ¿hasta cuándo deberé estar en contacto contigo? ¿Hasta cuándo deberé soportarte?" Tan imponente es que invade un silencio absoluto y cesan las indirectas de los escribas.
Jesús dice al padre: "Levántate y tráeme aquí a tu hijo."
Va y regresa con otros, en cuyo centro viene un muchacho como de doce a catorce años. Un buen mozo pero de mirada un poco tonta. En su frente se ve una larga herida, y más abajo una antigua cicatriz. Apenas ve a Jesús, que lo mira con sus ojos magnéticos, emite un grito ronco, contuerce todo el cuerpo, se echa por tierra espumando y girando los ojos, de modo que se ve el bulbo blanco. Es la característica de la convulsión epiléptica.
Jesús da unos cuantos pasos. Se acerca, dice: "¿Desde cuándo le sucede esto? Habla fuerte, para que todos oigan."
El hombre habla en voz alta, mientras el círculo de la gente se estrecha, y los escribas suben más arriba de Jesús para dominar la escena. Dice: "Desde pequeño. Ya te lo he dicho. Frecuentemente cae en el fuego, en el agua, o de las escaleras, de los árboles, porque el espíritu lo asalta de improviso y le hace el mal posible para matarlo. Está lleno de cicatrices y quemaduras. Es mucho que el fuego no lo haya cegado.  Ningún médico, ni exorcista, ni siquiera tus discípulos pudieron curarlo. Pero Tú, si como creo firmemente, puedes algo, ten piedad de nosotros y socórrenos."

"SI PUEDES CREER DE ESTE MODO, TODO ME ES POSIBLE, 
PORQUE TODO SE CONCEDE A QUIEN CREE." 
¡OH, SEÑOR, SÍ CREO! PERO SI NO FUERE SUFICIENTE, 
AUMÉNTAME LA FE, PARA QUE SEA PERFECTA 
Y OBTENGA EL MILAGRO"

"Si puedes creer de este modo, todo me es posible, porque todo se concede a quien cree."
"¡Oh, Señor, sí creo! Pero si no fuere suficiente, auméntame la fe, para que sea perfecta y obtenga el milagro" dice el hombre, de rodillas, entre lágrimas, cerca de su hijo presa más que nunca de las convulsiones.
Jesús se yergue, retrocede unos pasos, mientras la multitud cierra más el círculo. En voz alta dice: "¡Espíritu maldito que haces sordo y mudo al niño y lo atormentas, Yo te lo mando: sal de él y no vuelvas a entrar!"
El niño, aunque echado por tierra, da tremendos brincos que no son de un ser humano. Después del último brinco, en que se revuelca pegando la frente y al boca contra una piedra saliente de la hierba, que se tiñe de sangre, se queda inmóvil.
"¡Ha muerto!" gritan muchos.
"¡Pobre muchacho!" "¡Pobre padre!" compadecen otros.
Los escribas guiñando el ojo: "¡Que si te ha ayudado el nazareno!" o bien: "Maestro ¿qué pasa? ¡Esta vez Belzebú te ha hecho pasar un mal rato!..." y se ríen venenosamente.
Jesús no responde a nadie, ni siquiera al padre que ha volteado a su hijo y le seca la sangre de la frente y de los labios, gimiendo, invocando a Jesús, el cual se inclina y toma de la mano al jovenzuelo. Este abre los ojos con un largo suspiro, como si despertase de un sueño, se sienta, sonríe. Jesús lo tira hacia Sí, lo pone en pie, lo entrega a su padre, mientras que la gente grita de entusiasmo, y los escribas huyen, perseguidos por las risotadas y burlas de ella.
"Vámonos" dice Jesús a sus discípulos. Despedido que hubo a la multitud, da vuelta al monte y toma el camino por el que había venido en la mañana.
VI. 228-237