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lunedì 2 ottobre 2017

Angelo di Dio. "Ha dato ordine ai suoi Angeli per te" Sal 90,11.



Sermone di san Bernardo Abate
Sul Salmo Qui habitat.

"Ha dato ordine ai suoi Angeli per te" Sal 90,11
Meravigliosa degnazione, e tenerezza di carità veramente grande! 
Difatti: Chi? a chi? per chi? che cosa ha ordinato? Consideriamolo attentamente, fratelli, e fissiamocelo bene in mente questo ordine sì importante. 
Chi ha dato l'ordine? di chi sono gli Angeli? a chi obbediscono essi? la volontà di chi eseguiscono? «Egli ha dato ordine ai suoi Angeli per te, che ti custodiscano in tutte le tue vie» Sal 90,11. Né indugiano, anzi ti portano nelle loro mani. 

La sovrana Maestà dunque ha ordinato agli Angeli, e ai suoi Angeli. Cioè a quegli spiriti sublimi, altrettanto beati che vicini a lui e uniti e veramente famigliari, ha dato ordine per te. Chi sei tu? «Cos'è l'uomo che tu ti ricordi di lui? o il figlio dell'uomo da farne conto?» Sal 8,5; 143,4. Come se «l'uomo non fosse putredine, e il figlio dell'uomo un verme!» Gb 25,6. Ma qual ordine pensi ch'egli abbia dato per te? Che ti custodiscano.


Quanto rispetto ti deve imprimere questa parola, quanta devozione ispirare, quanta confidenza infondere ! Rispetto per la sua presenza, devozione per la benevolenza, confidenza per la custodia. Cammina con cautela, perché gli Angeli, secondo ch'è stato loro ordinato, ti accompagnano in tutte le tue vie. In qualsiasi dimora, in qualsiasi angolo, porta rispetto al tuo Angelo. Tu non osare in sua presenza ciò che non oseresti davanti a me. Dubiti forse della sua presenza, perché non lo vedi? Che (faresti) se lo udissi? che se lo toccassi? che se lo sentissi? Bada che non soltanto colla vista si comprova la presenza delle cose.



Pertanto, fratelli, amiamo in Dio con tenero affetto i suoi Angeli, coi quali dobbiamo essere un giorno suoi coeredi, e che intanto il Padre ha posto accanto a noi come guide e protettori. Di che temere con tali custodi? Essi non possono essere né superati né sedotti, e meno ancora possono sedurci, essi che ci custodiscono in tutte le nostre vie. Sono fedeli, sono prudenti, sono potenti: di che paventiamo? Basta che li seguiamo, siamo attaccati ad essi, e allora saremo sotto la protezione del Dio del cielo. Ogni volta dunque che ti senti stretto da violenta tentazione e minacciato da grave tribolazione, invoca il tuo custode, la tua guida, il tuo aiuto nella necessità e nella tribolazione; gridagli forte e digli; «Signore salvaci, siamo perduti» Mt 8,25.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.




Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 18:1-10
In quell'occasione: S'accostarono a Gesù i discepoli, e gli dissero: Chi, secondo te, è il più grande nel regno dei cieli? Eccetera.

Omelia di sant'Ilario Vescovo
Comm. su Matteo, can. 18 dopo il principio



Il Signore ci insegna che solo riprendendo la natura di bambini entreremo nel regno dei cieli: cioè, distruggendo colla semplicità del bambino i vizi dei corpi e delle anime nostre. 


Egli poi chiama bambini tutti quelli che credono per la fede alla sua parola. I pargoli infatti obbediscono al padre, amano la madre, non sanno desiderare male al prossimo, non si curano delle ricchezze; non insolentiscono, non odiano, non mentono, credono a ciò che si dice, e quello che odono lo credono vero. 

Quindi bisogna ritornare alla semplicità dei pargoli; perché in questo stato, portiamo in noi l'immagine dell'umiltà del Signore.



«Guai al mondo per gli scandali» Mt18,7. L'umiliazione della passione è scandalo per il mondo. Ecco quel che sopratutto trattiene gli uomini nell'ignoranza, il non voler riconoscere sotto la ignominia della croce il Signore dell'eterna gloria. 


E che di più pericoloso per il mondo, che il non aver ricevuto Cristo? E perciò ha detto esser necessario che vi siano degli scandali; perché, per realizzare il mistero che ci deve rendere la vita eterna, l'umiliazione della croce deve essere completa in lui.


«Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccini che credono in me» Mt 18,10. A quelli principalmente che veramente hanno creduto nel Signore, egli ha imposto il vincolo strettissimo del mutuo amore. Gli Angeli dei piccini infatti vedono Dio ogni giorno: «perché il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto» Mt 18,11. Così il Figlio dell'uomo salva, gli Angeli vedono Dio, e gli Angeli dei piccini presiedono alle preghiere dei fedeli. 


Che gli Angeli presiedano è dottrina certissima. Gli Angeli dunque offrono ogni giorno a Dio le preghiere dei piccini salvati da Cristo. Perciò è pericoloso disprezzare colui, i cui desideri e domande sono rapportate a Dio eterno e invisibile mediante l'ambito ministero degli Angeli, che formano la sua corte.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


http://divinumofficium.com/cgi-bin/horas/officium.pl -1910 -


AVE MARIA PURISSIMA!

mercoledì 13 gennaio 2016

SANT'ILARIO DI POITIERS


BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro

Mercoledì, 10 ottobre 2007


Sant’Ilario di Poitiers

Cari fratelli e sorelle,
oggi vorrei parlare di un grande Padre della Chiesa di Occidente, sant’Ilario di Poitiers, una delle grandi figure di Vescovi del IV secolo. Nel confronto con gli ariani, che consideravano il Figlio di Dio Gesù una creatura, sia pure eccellente, ma solo creatura, Ilario ha consacrato tutta la sua vita alla difesa della fede nella divinità di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Dio come il Padre, che lo ha generato fin dall’eternità.

Non disponiamo di dati sicuri sulla maggior parte della vita di Ilario. Le fonti antiche dicono che nacque a Poitiers, probabilmente verso l’anno 310. Di famiglia agiata, ricevette una solida formazione letteraria, ben riconoscibile nei suoi scritti. Non sembra che sia cresciuto in un ambiente cristiano. Egli stesso ci parla di un cammino di ricerca della verità, che lo condusse man mano al riconoscimento del Dio creatore e del Dio incarnato, morto per darci la vita eterna. 
Battezzato verso il 345, fu eletto Vescovo della sua città natale intorno al 353-354. Negli anni successivi Ilario scrisse la sua prima opera, il Commento al Vangelo di Matteo. Si tratta del più antico commento in lingua latina che ci sia pervenuto di questo Vangelo. Nel 356 Ilario assiste come Vescovo al sinodo di Béziers, nel sud della Francia, il «sinodo dei falsi apostoli», come egli stesso lo chiama, dal momento che l’assemblea fu dominata dai Vescovi filoariani, che negavano la divinità di Gesù Cristo. Questi «falsi apostoli» chiesero all’imperatore Costanzo la condanna all’esilio del Vescovo di Poitiers. Così Ilario fu costretto a lasciare la Gallia durante l’estate del 356.

Esiliato in Frigia, nell’attuale Turchia, Ilario si trovò a contatto con un contesto religioso totalmente dominato dall’arianesimo. Anche lì la sua sollecitudine di Pastore lo spinse a lavorare strenuamente per il ristabilimento dell’unità della Chiesa, sulla base della retta fede formulata dal Concilio di Nicea. A questo scopo egli avviò la stesura della sua opera dogmatica più importante e conosciuta:La Trinità. In essa Ilario espone il suo personale cammino verso la conoscenza di Dio e si preoccupa di mostrare che la Scrittura attesta chiaramente la divinità del Figlio e la sua uguaglianza con il Padre, non soltanto nel Nuovo Testamento, ma anche in molte pagine dell’Antico, in cui già appare il mistero di Cristo. Di fronte agli ariani egli insiste sulla verità dei nomi di Padre e di Figlio e sviluppa tutta la sua teologia trinitaria partendo dalla formula del Battesimo donataci dal Signore stesso: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Il Padre e il Figlio sono della stessa natura. E se alcuni passi del Nuovo Testamento potrebbero far pensare che il Figlio sia inferiore al Padre, Ilario offre regole precise per evitare interpretazioni fuorvianti: alcuni testi della Scrittura parlano di Gesù come Dio, altri invece mettono in risalto la sua umanità. Alcuni si riferiscono a Lui nella sua preesistenza presso il Padre; altri prendono in considerazione lo stato di abbassamento (kénosis), la sua discesa fino alla morte; altri, infine, lo contemplano nella gloria della risurrezione. Negli anni del suo esilio Ilario scrisse anche il Libro dei Sinodi, nel quale riproduce e commenta per i suoi confratelli Vescovi della Gallia le confessioni di fede e altri documenti dei sinodi riuniti in Oriente intorno alla metà del IV secolo. Sempre fermo nell’opposizione agli ariani radicali, sant’Ilario mostra uno spirito conciliante nei confronti di coloro che accettavano di confessare che il Figlio era somigliante al Padre nell’essenza, naturalmente cercando di condurli verso la piena fede, secondo la quale non vi è soltanto una somiglianza, ma una vera uguaglianza del Padre e del Figlio nella divinità. Anche questo mi sembra caratteristico: lo spirito di conciliazione che cerca di comprendere quelli che ancora non sono arrivati e li aiuta, con grande intelligenza teologica, a giungere alla piena fede nella divinità vera del Signore Gesù Cristo.

Nel 360 o nel 361 Ilario poté finalmente tornare dall’esilio in patria e subito riprese l’attività pastorale nella sua Chiesa, ma l’influsso del suo magistero si estese di fatto ben oltre i confini di essa. Un sinodo celebrato a Parigi nel 360 o nel 361 riprende il linguaggio del Concilio di Nicea. Alcuni autori antichi pensano che questa svolta antiariana dell’episcopato della Gallia sia stata in larga parte dovuta alla fortezza e alla mansuetudine del Vescovo di Poitiers. Questo era appunto il suo dono: coniugare fortezza nella fede e mansuetudine nel rapporto interpersonale. Negli ultimi anni di vita egli compose ancora i Trattati sui Salmi, un commento a cinquantotto Salmi, interpretati secondo il principio evidenziato nell’introduzione dell’opera: «Non c’è dubbio che tutte le cose che si dicono nei Salmi si devono intendere secondo l’annunzio evangelico, in modo che, qualunque sia la voce con cui lo spirito profetico ha parlato, tutto sia comunque riferito alla conoscenza della venuta del Signore nostro Gesù Cristo, alla sua incarnazione, passione e regno, e alla gloria e potenza della nostra risurrezione» (Istruzione sui Salmi 5). Egli vede in tutti i Salmi questa trasparenza del mistero di Cristo e del suo Corpo, che è la Chiesa. In diverse occasioni Ilario si incontrò con san Martino: proprio vicino a Poitiers il futuro Vescovo di Tours fondò un monastero, che esiste ancor oggi. Ilario morì nel 367. La sua memoria liturgica si celebra il 13 gennaio. Nel 1851 il beato Pio IX lo proclamò Dottore della Chiesa.

Per riassumere l’essenziale della sua dottrina, vorrei dire che Ilario trova il punto di partenza della sua riflessione teologica nella fede battesimale. Nel De Trinitate Ilario scrive: Gesù «ha comandato di battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cfr Mt 28,19), cioè nella confessione dell’Autore, dell’Unigenito e del Dono. Uno solo è l’Autore di tutte le cose, perché uno solo è Dio Padre, dal quale tutto procedeE uno solo il Signore nostro Gesù Cristo, mediante il quale tutto fu fatto (1 Cor 8,6), e uno solo è lo Spirito (Ef 4,4), dono in tutti ... In nulla potrà essere trovata mancante una pienezza così grande, in cui convergono nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo l’immensità nell’Eterno, la rivelazione nell’Immagine, la gioia nel Dono» (2,1)Dio Padre, essendo tutto amore, è capace di comunicare in pienezza la sua divinità al Figlio. Trovo particolarmente bella la seguente formula di sant’Ilario: «Dio non sa essere altro se non amore, non sa essere altro se non Padre. E chi ama non è invidioso, e chi è Padre lo è nella sua totalità. Questo nome non ammette compromessi, quasi che Dio sia padre in certi aspetti, e in altri non lo sia» (ibid.,9,61).

Per questo il Figlio è pienamente Dio senza alcuna mancanza o diminuzione: «Colui che viene dal perfetto è perfetto, perché chi ha tutto, gli ha dato tutto» (ibid., 2,8)Soltanto in Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, trova salvezza l’umanità. Assumendo la natura umana, Egli ha unito a sé ogni uomo, «si è fatto la carne di tutti noi» (Trattato sui Salmi 54,9); «ha assunto in sé la natura di ogni carne e, divenuto per mezzo di essa la vite vera, ha in sé la radice di ogni tralcio» (ibid., 51,16). Proprio per questo il cammino verso Cristo è aperto a tutti – perché egli ha attirato tutti nel suo essere uomo –, anche se è richiesta sempre la conversione personale: «Mediante la relazione con la sua carne, l’accesso a Cristo è aperto a tutti, a patto che si spoglino dell’uomo vecchio (cfr Ef 4,22) e lo inchiodino alla sua croce (cfr Col 2,14); a patto che abbandonino le opere di prima e si convertano, per essere sepolti con Lui nel suo Battesimo, in vista della vita (cfr Col 1,12; Rm 6,4)» (ibid., 91,9).

La fedeltà a Dio è un dono della sua grazia. Perciò sant’Ilario chiede, alla fine del suo trattato sulla Trinità, di potersi mantenere sempre fedele alla fede del Battesimo. E’ una caratteristica di questo libro: la riflessione si trasforma in preghiera e la preghiera ritorna riflessione. Tutto il libro è un dialogo con Dio.

Vorrei concludere l’odierna catechesi con una di queste preghiere, che diviene così anche preghiera nostra: «Fa’, o Signore – recita Ilario in modo ispirato – che io mi mantenga sempre fedele a ciò che ho professato nel Simbolo della mia rigenerazione, quando sono stato battezzato nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Che io adori te, nostro Padre, e insieme con te il tuo Figlio; che io meriti il tuo Spirito Santo, il quale procede da te mediante il tuo Unigenito... Amen» (La Trinità 12,57).

L'ordinazione di Sant'Ilario, manoscritto del XIV secolo
Nascita315 ca.Morte367Venerato da Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa,Ricorrenza13 gennaio (Mutignano: ultima domenica di settembre)Patrono diParma, Veruno (NO), Casorate Sempione (VA), Marnate (VA), Mutignano (TE), Bedero Valcuvia (VA)


AMDG et BVM