«Cosa serve all'uomo guadagnare il mondo intero se perde la sua anima? Cosa può dare in cambio della sua anima»?
- dal Vangelo di Marco (8, 36-37).
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Il fine della vita
Non si possono negare questi due fatti:
1º - Un certo numero di giorni fa tu non esistevi.
2° - Fra un certo numero di giorni tu sarai morto.
Da ciò due questioni.
Da dove veniamo? Da Dio. Inutile insistere. Bisogna provare che un falegname ha fatto questo tavolo? Un tipografo questo foglio di giornale? Che un autista conduce quel taxi che sta sorpassando quel camion sulla strada? Bisogna provare che è stato necessario Dio per creare il cielo stellato, disegnare le foglie di questa foresta, dare gli occhi candidi a questo bambino, per darvi la conoscenza del Bene e del Male? Ma se noi veniamo da Lui, chi può dire: «Io non devo nulla a nessuno, io sono indipendente»? Infelice, puoi bere un bicchiere d'acqua, respirare una boccata d'aria, fumare una sigaretta senza di Lui? La neutralità verso di Lui è una mostruosità.
Seconda questione. Dove andiamo? Cosa succede dopo la morte? Possiamo saperlo? La ragione ci dice che non siamo delle bestie; che la nostra anima ha delle operazioni indipendenti dalla materia perché non subisce la distruzione della materia, ma è immortale; che il bene deve essere ricompensato e il male punito (ciò che spesso non succede quaggiù); che aspiriamo ad una felicità infinita non soddisfatta dalle cose terrene. Ma possiamo saperne di più sull'aldilà? Con certezza? Si, perché Dio ha parlato. Egli ha rivelato il fine della vita e ciò che ci attende dopo la morte. Egli ha parlato e ha confermato la sua parola con miracoli innegabili. Non si può dubitare. La nostra vita ha un fine (...era da prevedere).
Qual'è dunque il fine della vita? Dio ha parlato. Gesù Cristo Nostro Signore, ci ha detto: «I giusti andranno alla vita eterna... i dannati al supplizio eterno» (Mt25, 46). Ci ha inoltre avvertiti: «Renderò a ciascuno secondo le sue opere» (Mt 16, 27).
Il fine della vita, il fine ultimo dell'uomo. Qual fine aveva Dio creandoci? Qual fine ha assegnato all'uomo? Dio ci ha creati per la sua gloria e per la nostra eterna felicità. Dio non aveva bisogno di noi, Egli ci ha creato in un pensiero d'amore per farci partecipi della Sua infinita felicità, per farci vivere la Sua vita eterna. «Quia bonus est Deus nos sumus», dice Sant'Agostino (354-430), «perché Dio è buono, noi esistiamo». Il Bene Infinito al quale ci destina è Lui stesso.
Il fine della vita: una felicità indescrivibile. Siamo stati creati per godere eternamente Dio. Ma Dio è Spirito. Dio è Amore. Può essere posseduto solo con la conoscenza e con l'amore; per questo ci ha dotati di intelligenza e volontà. Ci ha creato per possederlo, Lui, il Bene Infinito, in un'estasi ineffabile. Noi lo vedremo faccia a faccia tale quale Egli è dice San Giovanni. Noi non possiamo farci un'idea di questa felicità sulla terra, perché nulla, quaggiù, ci può dare un'idea del Bene Infinito (noi non ne abbiamo che un'idea indiretta, per analogia. Ciò costituisce, quaggiù, il merito della nostra fede. Perché quando noi lo vedremo faccia a faccia, noi saremo attirati irresistibilmente da questo Bene Infinito). San Paolo, che aveva intravisto questa felicità, diceva: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 9). Tale è il nostro destino, la ragione della nostra esistenza. Il fine ultimo della vita, il nostro fine ultimo (Dio ci ha creato per questo) è il beato possesso di Dio nell'eternità, ossia la nostra eterna felicità 1.
Il fine della vita, cioè il nostro fine prossimo
- Perché questa vita di alcuni anni quaggiù sulla terra?
- Questa felicità eterna Dio non vuole donarcela per forza. Egli vuole farcela, in qualche modo, meritare (benché senza la grazia di Cristo noi non possiamo meritarla in giustizia). É la ragion d'essere del nostro passaggio su questo pianeta. Per godere in cielo di questa felicità eterna, bisogna, sulla terra, guadagnarla. «L'uomo è creato - ci dice Sant'Ignazio di Loyola (1491-1556) - per lodare, onorare, e servire Dio e, in questo modo, salvare la sua anima». In altri termini: Dio ci ha dato un'intelligenza e una volontà per conoscerlo come Creatore onnipotente e Maestro sovrano, per riconoscerlo come nostro Maestro e come nostro Padre infinitamente buono e darGli prova del nostro amore obbedendo ai Suoi Comandamenti.
E in questo modo, noi meriteremo la felicità eterna. É troppo giusto che noi Gli obbediamo perché noi Gli apparteniamo. É essenzialmente ragionevole, perché Egli è il Creatore del Mondo. Non è al contrario una mostruosità pretendere di restare neutri verso il Padre al quale tutto dobbiamo? É del tutto conforme alla nostra natura che nulla possa soddisfarci quaggiù. «Tu ci hai fatti per te, mio Dio - dice Sant'Agostino - e il nostro cuore è inquieto fintanto che non riposa in Te». É anche il tuo interesse, infelice, perché si tratta della tua eternità! In una parola, è tutta la ragione della nostra esistenza quaggiù.
Il fine della vita?
É conoscere, amare e servire Dio in questa vita per meritare di goderLo, come Bene Infinito, per tutta l'eternità 2.
Ma c'è una terribile alternativa: la salvezza o la dannazione. «É necessario che io cada in una o nell'altra eternità», nota Sant'Ambrogio (339-397). O il cielo, o l'inferno. O la felicità eterna, o il supplizio eterno. Di Dio non ci si prende gioco, dice San Paolo. Creati per Dio, se qualcuno si allontana da Lui, nostro ultimo fine, per preferire qualunque altra cosa... se un uomo, essere intelligente e libero, creatura di un giorno, osa, mettersi al di sopra del Creatore, dell'Onnipotente, dell'Eterno, sappia, e Dio ci ha già preavvisati, che intenderà nel giorno del Giudizio questa parola terribile e definitiva: «Allontanatevi da me, maledetti, andate nel fuoco eterno» (Mt 25, 41). E non facciamo i sentimentali dicendo che Dio è troppo buono per dannarci.
É lui che ci ha avvertiti. Dio non ritira più quello che ha detto (a meno che non ci si converta). «lo sono il Signore e non ho che una parola» (Ml 3, 6). Ecco perché questa felicità eterna, questa vita eternamente felice è chiamata «salvezza». Perché se noi la perdiamo, tutto è perduto. Se noi la guadagniamo, siamo salvi. A cosa ci servirà aver avuto ricchezze e piaceri; essere stati ministri, re, dittatori, ecc... se dopo qualche mese dobbiamo perdere tutto e bruciare eternamente nell'inferno? «Cosa serve all'uomo guadagnare l'Universo - ripeteva Nostro Signore - se poi perde la sua anima? Cosa potremo dare in cambio della nostra anima?
Il nostro grande problema: salvare l'anima
Ecco il nostro grande problema: salvare la nostra anima. Molti dicono: «Ho degli affari: l'ufficio, l'officina, la politica, il commercio, gli studi, le ferie, ecc... Cos'è tutto ciò in paragone alla salvezza? Di tutte queste cose noi dobbiamo servircene per acquisire la salvezza, usandone quel tanto che Dio vuole che ce ne serviamo. Ma anteporre ciò alla salvezza eterna? Quale follia! «Lavorate alla vostra salvezza, con timore e tremore», scriveva San Paolo ai Filippesi (Fil 2, 12). E altrove insiste ancora perché non si attacchino a questo mondo, ma si occupino della loro salvezza. «Il tempo è breve - dice ancora San Paolo - la scena di questo mondo passa» (1 Cor 7, 37).
Non comportiamoci come i bambini che preferiscono i divertimenti alle cose serie. «I trastulli dei bambini - dice Sant'Agostino - li chiamano trastulli; i trastulli dei grandi sono chiamati affari». Guardiamo le cose alla luce dell'eternità e ne avremo una nozione più vera. Quale affare vorreste aver realizzato, quando domani per voi tutto se ne andrà in fumo e quando lascerete questo mondo? Sì, il grande affare, l'unico affare, quello che è prima di ogni altro: lavorare per salvare la propria anima.
L'importanza della salvezza
La salvezza a cui si fa così poco caso, è così importante che Dio vi ha pensato da tutta l'eternità.
Per la nostra salvezza, la creazione
Par la nostra salvezza, l'Incarnazione: «Propter nos homines et propter nostram salutem, descendit de cœlis» («per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo»), cantiamo nel Credo.
Per la nostra salvezza, la sanguinosa Passione e la morte sulla Croce del Figlio di Dio fatto uomo.
Egli ha voluto significarlo con il suo nome: «Gesù», cioè «Salvatore». «Oggi vi è nato un salvatore, il Cristo» (Lc 2, 11), disse l'Angelo ai pastori. Lui stesso diceva di Sé: «Il Figlio dell'Uomo è venuto per salvare ciò che era perduto» (Lc 19, 10). Giovanni Battista è inviato a portare al suo popolo la scienza della salvezza. All'uomo di affari che pensa solo a procurarsi ricchezze per dei lunghi anni, dice: «Stolto, questa notte stessa, ti sarà chiesta l'anima» (Lc 12, 20). La salvezza è la perla preziosa in cambio della quale ci si può disfare di tutto, perché nulla eguaglia il suo valore.
Consideriamo le preghiere e le penitenze dei Santi per salvare la loro anima. Tu non vuoi occuparti della tua salvezza? Forse, pensi di salvarti senza preoccupartene. Ciò che ti rassicura è che gli altri (molti altri) non pensano alla loro salvezza. E dietro questa massa che corre verso l'Inferno, come dice SantAgostino, tu preferisci intrupparti e seguire, come in un branco di pecore, senza riflettere più degli altri. Il numero degli stolti è infinito dicono le Sacre Scritture. Un uomo che riflette vale più di mille altri che non hanno riflettuto. Il grande numero non dà loro ragione. La terra è desolata dalla desolazione, diceva il Profeta Geremia, perché nessuno riflette in fondo al suo cuore. Quale risveglio, quando «prestissimo» essi lasceranno questo mondo che passa! Allora tu, lettore, pensa alla tua anima. Occupati della tua salvezza. Guarda quanta cura hai messo negli altri tuoi affari. Non trascurare il grande problema della tua vita: salvare l'anima.
Morte del giusto e morte del peccatore.
Note
1 Ecco perché si dice: «L'uomo è creato per la gloria di Dio». La Gloria è una Perfezione conosciuta ed apprezzata nel suo giusto valore. Dio solo può. conoscersi e stimarsi adeguatamente, amarsi in modo perfetto nella sua santa Trinità (è ciò che si chiama «Gloria interna»). Per un favore gratuito, Egli vuole innalzare la creatura alla possibilità, alla felicità di godere questo Bene Infinito che non può essere posseduto che per via di conoscenza e di amore (è ciò che si chiama «Gloria esterna»). Ciò non aggiunge nulla a Dio come il riscaldarci ai raggi del Sole non aggiunge nulla al suo fuoco ardente, o il bere alla sorgente nulla aggiunge alla sorgente stessa. Ma è in questo godimento di Dio che consisterà la nostra eterna felicità. Ricercare la «Gloria di Dio» o cercare la nostra felicità eterna è una sola e medesima cosa. (Considerata per rapporto a Dio, noi la chiamiamo: Gloria (esterna) di Dio; considerata per rapporto a noi la chiamiamo la nostra eterna felicità).
2 Non solamente non c'è imperfezione nel ricercare questa felicità eterna, questo godimento eterno di Dio, come è preteso da taluni pagani moderni, ma in ciò consiste ogni perfezione dell'uomo. Egli è creato per questo. É il suo fine ultimo. Se non lo persegue, è come un orologio o una macchina che non funziona; ce ne sbarazziamo, la gettiamo: Non ha più la sua ragione di esistere.
AMDG et DVM