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mercoledì 13 marzo 2019

◆ Paolo VI ◆ Benedetto XVI * pronunciano una professione di Fede, in piena comunione spirituale con tutti noi

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BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 3 dicembre 2008

San Paolo (15)
Adamo e Cristo: dal peccato (originale) alla libertà.

Cari fratelli e sorelle,

nell'odierna catechesi ci soffermeremo sulle relazioni tra Adamo e Cristo, delineate da san Paolo nella nota pagina della Lettera ai Romani (5,12-21), nella quale egli consegna alla Chiesa le linee essenziali della dottrina sul peccato originale. In verità, già nella prima Lettera ai Corinzi, trattando della fede nella risurrezione, Paolo aveva introdotto il confronto tra il progenitore e Cristo: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita... Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita” (1 Cor 15,22-45). Con Rm 5,12-21 il confronto tra Cristo e Adamo si fa più articolato e illuminante: Paolo ripercorre la storia della salvezza da Adamo alla Legge e da questa a Cristo. Al centro della scena non si trova tanto Adamo con le conseguenze del peccato sull'umanità, quanto Gesù Cristo e la grazia che, mediante Lui, è stata riversata in abbondanza sull'umanità. La ripetizione del “molto più” riguardante Cristo sottolinea come il dono ricevuto in Lui sorpassi, di gran lunga, il peccato di Adamo e le conseguenze prodotte sull'umanità, così che Paolo può giungere alla conclusione: “Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20). Pertanto, il confronto che Paolo traccia tra Adamo e Cristo mette in luce l’inferiorità del primo uomo rispetto alla prevalenza del secondo.

D’altro canto, è proprio per mettere in evidenza l'incommensurabile dono della grazia, in Cristo, che Paolo accenna al peccato di Adamo: si direbbe che se non fosse stato per dimostrare la centralità della grazia, egli non si sarebbe attardato a trattare del peccato che “a causa di un solo uomo è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte” (Rm 5,12). Per questo se, nella fede della Chiesa, è maturata la consapevolezza del dogma del peccato originale è perché esso è connesso inscindibilmente con l’altro dogma, quello della salvezza e della libertà in Cristo. La conseguenza di ciò è che non dovremmo mai trattare del peccato di Adamo e dell’umanità in modo distaccato dal contesto salvifico, senza comprenderli cioè nell’orizzonte della giustificazione in Cristo.

Ma come uomini di oggi dobbiamo domandarci: che cosa è questo peccato originale? Che cosa insegna san Paolo, che cosa insegna la Chiesa? È ancora oggi sostenibile questa dottrina? Molti pensano che, alla luce della storia dell'evoluzione, non ci sarebbe più posto per la dottrina di un primo peccato, che poi si diffonderebbe in tutta la storia dell'umanità. E, di conseguenza, anche la questione della Redenzione e del Redentore perderebbe il suo fondamento. Dunque, esiste il peccato originale o no? 
Per poter rispondere dobbiamo distinguere due aspetti della dottrina sul peccato originale. 
Esiste un aspetto empirico, cioè una realtà concreta, visibile, direi tangibile per tutti. E un aspetto misterico, riguardante il fondamento ontologico di questo fatto. Il dato empirico è che esiste una contraddizione nel nostro essere. Da una parte ogni uomo sa che deve fare il bene e intimamente lo vuole anche fare. Ma, nello stesso tempo, sente anche l'altro impulso di fare il contrario, di seguire la strada dell'egoismo, della violenza, di fare solo quanto gli piace anche sapendo di agire così contro il bene, contro Dio e contro il prossimo. San Paolo nella sua Lettera ai Romani ha espresso questa contraddizione nel nostro essere così: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (7, 18-19). 
Questa contraddizione interiore del nostro essere non è una teoria. Ognuno di noi la prova ogni giorno. E soprattutto vediamo sempre intorno a noi la prevalenza di questa seconda volontà. Basta pensare alle notizie quotidiane su ingiustizie, violenza, menzogna, lussuria. Ogni giorno lo vediamo: è un fatto.

Come conseguenza di questo potere del male nelle nostre anime, si è sviluppato nella storia un fiume sporco, che avvelena la geografia della storia umana. Il grande pensatore francese Blaise Pascal ha parlato di una «seconda natura», che si sovrappone alla nostra natura originaria, buona. Questa “seconda natura” fa apparire il male come normale per l'uomo. Così anche l'espressione solita: «questo è umano» ha un duplice significato. «Questo è umano» può voler dire: quest'uomo è buono, realmente agisce come dovrebbe agire un uomo. Ma «questo è umano» può anche voler dire la falsità: il male è normale, è umano. Il male sembra essere divenuto una seconda natura. Questa contraddizione dell'essere umano, della nostra storia deve provocare, e provoca anche oggi, il desiderio di redenzione. E, in realtà, il desiderio che il mondo sia cambiato e la promessa che sarà creato un mondo di giustizia, di pace, di bene, è presente dappertutto: in politica, ad esempio, tutti parlano di questa necessità di cambiare il mondo, di creare un mondo più giusto. E proprio questo è espressione del desiderio che ci sia una liberazione dalla contraddizione che sperimentiamo in noi stessi.

Quindi il fatto del potere del male nel cuore umano e nella storia umana è innegabile. La questione è: come si spiega questo male? Nella storia del pensiero, prescindendo dalla fede cristiana, esiste un modello principale di spiegazione, con diverse variazioni. Questo modello dice: l'essere stesso è contraddittorio, porta in sé sia il bene sia il male. Nell'antichità questa idea implicava l'opinione che esistessero due principi ugualmente originari: un principio buono e un principio cattivo. Tale dualismo sarebbe insuperabile; i due principi stanno sullo stesso livello, perciò ci sarà sempre, fin dall'origine dell'essere, questa contraddizione. La contraddizione del nostro essere, quindi, rifletterebbe solo la contrarietà dei due principi divini, per così dire. 
Nella versione evoluzionistica, atea, del mondo ritorna in modo nuovo la stessa visione. Anche se, in tale concezione, la visione dell'essere è monistica, si suppone che l'essere come tale dall'inizio porti in se il male e il bene. L'essere stesso non è semplicemente buono, ma aperto al bene e al male. Il male è ugualmente originario come il bene. E la storia umana svilupperebbe soltanto il modello già presente in tutta l'evoluzione precedente. Ciò che i cristiani chiamano peccato originale sarebbe in realtà solo il carattere misto dell'essere, una mescolanza di bene e di male che, secondo questa teoria, apparterrebbe alla stessa stoffa dell'essere. È una visione in fondo disperata: se è così, il male è invincibile. Alla fine conta solo il proprio interesse. E ogni progresso sarebbe necessariamente da pagare con un fiume di male e chi volesse servire al progresso dovrebbe accettare di pagare questo prezzo. La politica, in fondo, è impostata proprio su queste premesse: e ne vediamo gli effetti. Questo pensiero moderno può, alla fine, solo creare tristezza e cinismo.

E così domandiamo di nuovo: che cosa dice la fede, testimoniata da san Paolo? Come primo punto, essa conferma il fatto della competizione tra le due nature, il fatto di questo male la cui ombra pesa su tutta la creazione. Abbiamo sentito il capitolo 7 della Lettera ai Romani, potremmo aggiungere il capitolo 8. Il male esiste, semplicemente. Come spiegazione, in contrasto con i dualismi e i monismi che abbiamo brevemente considerato e trovato desolanti, la fede ci dice: esistono due misteri di luce e un mistero di notte, che è però avvolto dai misteri di luce. Il primo mistero di luce è questo: la fede ci dice che non ci sono due principi, uno buono e uno cattivo, ma c'è un solo principio, il Dio creatore, e questo principio è buono, solo buono, senza ombra di male. E perciò anche l'essere non è un misto di bene e male; l'essere come tale è buono e perciò è bene essere, è bene vivere. Questo è il lieto annuncio della fede: c'è solo una fonte buona, il Creatore. E perciò vivere è un bene, è buona cosa essere un uomo, una donna, è buona la vita. Poi segue un mistero di buio, di notte. Il male non viene dalla fonte dell'essere stesso, non è ugualmente originario. Il male viene da una libertà creata, da una libertà abusata.

Come è stato possibile, come è successo? Questo rimane oscuro. Il male non è logico. Solo Dio e il bene sono logici, sono luce. Il male rimane misterioso. Lo si è presentato in grandi immagini, come fa il capitolo 3 della Genesi, con quella visione dei due alberi, del serpente, dell'uomo peccatore. Una grande immagine che ci fa indovinare, ma non può spiegare quanto è in se stesso illogico. Possiamo indovinare, non spiegare; neppure possiamo raccontarlo come un fatto accanto all'altro, perché è una realtà più profonda. Rimane un mistero di buio, di notte. Ma si aggiunge subito un mistero di luce. Il male viene da una fonte subordinata. Dio con la sua luce è più forte. E perciò il male può essere superato. Perciò la creatura, l'uomo, è sanabile. Le visioni dualiste, anche il monismo 
dell'evoluzionismo, non possono dire che l'uomo sia sanabile; ma se il male viene solo da una fonte subordinata, rimane vero che l'uomo è sanabile. E il Libro della Sapienza dice: “Hai creato sanabili le nazioni” (1, 14 volg). E finalmente, ultimo punto, l’uomo non è solo sanabile, è sanato di fatto. Dio ha introdotto la guarigione. È entrato in persona nella storia. Alla permanente fonte del male ha opposto una fonte di puro bene. Cristo crocifisso e risorto, nuovo Adamo, oppone al fiume sporco del male un fiume di luce. E questo fiume è presente nelle storia: vediamo i santi, i grandi santi ma anche gli umili santi, i semplici fedeli. Vediamo che il fiume di luce che viene da Cristo è presente, è forte.

Fratelli e sorelle, è tempo di Avvento. Nel linguaggio della Chiesa la parola Avvento ha due significati: presenza e attesa. Presenza: la luce è presente, Cristo è il nuovo Adamo, è con noi e in mezzo a noi. Già splende la luce e dobbiamo aprire gli occhi del cuore per vedere la luce e per introdurci nel fiume della luce. Soprattutto essere grati del fatto che Dio stesso è entrato nella storia come nuova fonte di bene. Ma Avvento dice anche attesa. La notte oscura del male è ancora forte. E perciò preghiamo nell'Avvento con l'antico popolo di Dio: «Rorate caeli desuper». E preghiamo con insistenza: vieni Gesù; vieni, dà forza alla luce e al bene; vieni dove domina la menzogna, l'ignoranza di Dio, la violenza, l'ingiustizia; vieni, Signore Gesù, dà forza al bene nel mondo e aiutaci a essere portatori della tua luce, operatori della pace, testimoni della verità. Vieni Signore Gesù!

AMDG et DVM

mercoledì 4 luglio 2018

MARIA! Modello di perfetto amore verso Dio e verso il prossimo

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Un Grande SEGNO
ESORTAZIONE APOSTOLICA
DI SUA SANTITÀ
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Sulla necessità di venerare e imitare la Beata Vergine Maria, 
Madre della Chiesa ed esempio di tutte le virtù
PAOLO PP. VI

VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

IL portento grande che l'Apostolo san Giovanni vide nel cielo: una donna vestita di sole (1), non senza fondamento la sacra liturgia (2) interpreta come riferentesi alla beatissima Vergine Maria, Madre di tutti gli uomini per la grazia di Cristo redentore.

È ancor vivo, Venerabili Fratelli, nel Nostro animo il ricordo della grande emozione provata nel proclamare l'augusta Madre di Dio, Madre spirituale della Chiesa, cioè di tutti i fedeli e dei sacri Pastori, a coronamento della terza sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, dopo aver solennemente promulgato la Costituzione dogmatica Lumen gentium (3). 
Grande fu altresì l'esultanza sia di moltissimi Padri Conciliari, sia dei fedeli presenti al sacro rito nella basilica di San Pietro e di tutto il popolo cristiano sparso per il mondo. 

Spontaneo tornò allora alla mente di molti il ricordo del primo grandioso trionfo riportato dall'umile ancella del Signore (4), allorché i Padri dell'Oriente e dell'Occidente, riuniti in Concilio Ecumenico ad Efeso, nell'anno 431, salutarono Maria Theotókos: Genitrice di Dio. All'esultanza dei Padri si associò con giubilante slancio di fede la popolazione cristiana dell'illustre città, che li accompagnò con fiaccole alle loro dimore. Oh! con quanta materna compiacenza, in quell'ora gloriosa per la storia della Chiesa, la vergine Maria avrà rimirato Pastori e fedeli, riconoscendo negli inni di lode innalzati in onore principalmente del Figlio, e poi in suo onore, l'eco del cantico profetico che ella stessa, per impulso dello Spirito Santo, aveva sciolto all'Altissimo: L'anima mia magnifica il Signore... perché ha rivolto i suoi sguardi sulla bassezza della sua ancella, e così da questo momento tutte le generazioni mi chiameranno beata; perché grandi cose ha fatto in me colui che è potente (5).

Prendendo occasione dalle cerimonie religiose che si svolgono in questi giorni a Fatima, in Portogallo, in onore della Vergine Madre di Dio, dov'ella è venerata da numerose folle di fedeli per il suo cuore materno e compassionevole (6), Noi desideriamo richiamare ancora una volta l'attenzione di tutti i figli della Chiesa sull'inscindibile nesso vigente tra la maternità spirituale di Maria, così ampiamente illustrato nella Costituzione dogmatica Lumen gentium (7), e i doveri degli uomini redenti verso di lei, quale madre della Chiesa. Una volta, infatti, ammesso, in forza delle numerose testimonianze offerte dai sacri testi e dai santi Padri e ricordate nella menzionata Costituzione, che Maria, Madre di Dio e del Redentore (8), è stata a lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo (9), e che ha avuto una singolarissima funzione... nel mistero del Verbo incarnato e del Corpo Mistico (10), vale a dire nella economia della salvezza (11), appare evidente che la Vergine, non soltanto come Madre santissima di Dio, che prese parte ai misteri di Cristo (12), ma anche come Madre della Chiesa (13) viene dalla Chiesa giustamente onorata con culto speciale (14), specialmente liturgico (15).

Né è da temere che la riforma liturgica, se attuata secondo la formula: La legge della fede deve stabilire la legge della preghiera(16), possa tornare a detrimento del culto del tutto singolare (17) dovuto a Maria Vergine per le sue prerogative, fra le quali eccelle la dignità di Madre di Dio. E nemmeno, per l'opposto, si deve temere che l'incremento del culto, sia liturgico che privato, a lei reso, possa offuscare o diminuire il culto di adorazione, prestato al Verbo incarnato, così come al Padre e allo Spirito Santo (18).

Pertanto, senza voler qui, Venerabili Fratelli, riproporre nel suo complesso la dottrina tradizionale concernente la funzione della Madre di Dio nel piano della salvezza e i rapporti di lei con la Chiesa, Noi crediamo far cosa di grande utilità alle anime dei fedeli, se ci soffermeremo a considerare due verità molto importanti per il rinnovamento della vita cristiana.

I. IL CULTO A MARIA COME MADRE DELLA CHIESA 

1. Maria, Madre spirituale perfetta della Chiesa

La prima verità è questa: Maria è Madre della Chiesa non soltanto perché Madre di Gesù Cristo e sua intimissima Socia nella nuova economia, quando il Figlio di Dio assunse da lei l'umana natura, per liberare coi misteri della sua carne l'uomo dal peccato (19), ma anche perché rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti (20). Come, infatti, ogni madre umana non può limitare il suo compito alla generazione di un nuovo uomo, ma deve estenderlo alle funzioni del nutrimento e della educazione della prole, così si comporta la beata Vergine Maria. Dopo di aver partecipato al sacrificio redentivo del Figlio, ed in modo così intimo da meritare di essere da lui proclamata madre non solo del discepolo Giovanni, ma - sia consentito l'affermarlo - del genere umano da lui in qualche modo rappresentato (21), Ella continua adesso dal cielo a compiere la sua funzione materna di cooperatrice alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle singole anime degli uomini redenti. E questa una consolantissima verità, che per libero beneplacito del sapientissimo Iddio fa parte integrante del mistero dell'umana salvezza; essa, perciò, dev'essere ritenuta per fede da tutti i cristiani.

2. Maria, madre spirituale mediante la sua intercessione presso il Figlio

Ma in qual modo Maria coopera all'incremento delle membra del corpo mistico nella vita della grazia? Prima di tutto mediante la sua incessante preghiera, ispirata da una ardentissima carità. La Vergine santa, infatti, benché allietata dalla visione dell'augusta Trinità, non dimentica i suoi figli avanzanti, come lei un giorno, nella peregrinazione della fede (22); anzi, contemplandoli in Dio e bene vedendone le necessità, in comunione con Gesù Cristo che è sempre vivo sì da poter intercedere per noi (23), si fa loro Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice (24). Di questa sua ininterrotta intercessione presso il Figlio per il popolo di Dio, la Chiesa è stata fin dai primi secoli persuasa, come ne fa testimonianza questa antichissima antifona che, con qualche lieve differenza, fa parte della preghiera liturgica sia in Oriente che in Occidente: Noi ci rifugiamo sotto la tutela delle tue misericordie, o Madre di Dio; non respingere le nostre suppliche nelle necessità, ma salvaci dalla perdizione, o (tu) che solo (sei) la benedetta (25).

3. Maria, educatrice della Chiesa col fascino delle sue virtù

Né si pensi che il materno intervento di Maria rechi pregiudizio all'efficacia predominante e insostituibile di Cristo, nostro Salvatore; al contrario, esso trae dalla mediazione di Cristo la propria forza e ne è una prova luminosa (26). Non si esaurisce, però, nel patrocinio presso il Figlio la cooperazione della Madre della Chiesa allo sviluppo della vita divina nelle anime. Ella esercita sugli uomini redenti un altro influsso: quello dell'esempio. Influsso, invero, importantissimo, secondo il noto effato: Le parole muovono, gli esempi trascinano. Come, infatti, gli insegnamenti dei genitori acquistano un'efficacia ben più grande se sono convalidati dall'esempio di una vita conforme alle norme della prudenza umana e cristiana, così la soavità e l'incanto emananti dalle eccelse virtù dell'Immacolata Madre di Dio attraggono in modo irresistibile gli animi all'imitazione del divino modello, Gesù Cristo, di cui ella è stata la più fedele immagine. Perciò il Concilio ha dichiarato: La Chiesa pensando a lei con pietà filiale e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nell'altissimo mistero dell'incarnazione e si va ognor più conformando col suo sposo (27).

4. La santità di Maria, luminoso esempio di perfetta fedeltà alla grazia

È bene, inoltre, tener presente che l'eminente santità di Maria bon fu soltanto un dono singolare della liberalità divina: essa fu ,altresì il frutto della continua e generosa corrispondenza della sua libera volontà alle interne mozioni dello Spirito Santo. È a motivo della perfetta armonia tra la grazia divina e l'attività della sua umana natura che la Vergine rese somma gloria alla Santissima Trinità ed è divenuta decoro insigne della Chiesa, come questa la saluta nella sacra liturgia: Tu (sei) la gloria di Gerusalemme, tu l'allegrezza di Israele, tu l'onore del nostro popolo (28).

5. Esempi di virtù mariane nelle pagine del Vangelo

Ammiriamo allora nelle pagine del Vangelo le testimonianze di così sublime armonia. Maria, non appena fu rassicurata dalla voce dell'Angelo Gabriele che Dio la eleggeva a Madre intemerata del suo Figlio Unigenito, senza porre indugio diede il proprio assenso ad un'opera che avrebbe impegnato tutte le energie della sua fragile natura, dichiarando: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola (29). Da quel momento ella consacrò tutta se stessa al servizio non soltanto del Padre celeste e del Verbo incarnato, divenuto suo Figlio, ma altresì di tutto il genere umano, avendo ten compreso che Gesù, oltre a salvare il suo popolo dalla schiavitù del peccato, sarebbe stato il Re d'un Regno messianico, universale ed imperituro. (30)

6. Maria, ancella del Signore dall'annunciazione alla sua gloriosa assunzione

La vita, perciò, della illibata Sposa di Giuseppe, rimasta vergine nel parto e dopo il parto - come sempre ha creduto e professato la Chiesa cattolica (31) e come si conveniva a colei che era stata innalzata alla dignità incomparabile della divina maternità (32), - fu una vita di così perfetta comunione col Figlio, da condividerne gioie, dolori, trionfi. Ed anche dopo che Gesù ascese al cielo, ella rimase a lui unita con ardentissimo amore, mentre adempiva con fedeltà la nuova missione di Madre spirituale del discepolo prediletto e della Chiesa nascente. Può allora affermarsi che tutta la vita dell'umile ancella del Signore, dal momento in cui fu salutata dall'Angelo fino alla sua assunzione in anima e corpo alla gloria celeste, fu una vita di amoroso servizio.

Noi, pertanto, associandoci agli Evangelisti, ai Padri e ai Dottori della Chiesa, ricordati dal Concilio Ecumenico nella Costituzione dogmatica Lumen gentium (cap. VIII), pieni di ammirazione contempliamo Maria ferma nella fede, pronta alla obbedienza, semplice nell'umiltà, esultante nel magnificare il Signore, ardente nella carità, forte e costante nell'adempiere la sua missione fino all'olocausto di se stessa, in piena comunione di sentimenti col Figlio suo, che s'immolava sulla croce per donare agli uomini una vita nuova.

7. Doveroso culto di lode e di gratitudine alla Madre della Chiesa

Orbene, dinanzi a tanto splendore di virtù, il primo dovere di quanti riconoscono nella Madre di Cristo il modello della Chiesa è quello di unirsi a lei nel rendere grazie all'Altissimo per aver operato in Maria cose grandi a beneficio dell'intera umanità. Ma ciò non basta. È altresì dovere dei fedeli tutti di tributare alla fedelissima ancella del Signore un culto di lode, di riconoscenza e di amore, poiché, secondo la sapiente e soave disposizione divina, il libero suo consenso e la generosa sua cooperazione ai disegni di Dio hanno avuto, ed hanno tuttora, un grande influsso nel compimento dell'umana salvezza (33). Perciò ogni cristiano può far propria l'invocazione di sant'Anselmo: O gloriosa Signora, fa' che per te meritiamo di ascendere a Gesù, tuo Figlio, che per tuo tramite si degnò di scendere tra noi (34).

II. DEVOTA IMITAZIONE DELLE VIRTÙ DI MARIA 

1. La vera devozione a Maria rispecchia le sue virtù

Ma, né la grazia del Redentore Divino, né l'intercessione potente della Madre sua e Madre nostra spirituale, né la sua eccelsa santità potrebbero condurci al porto della salvezza, se ad esse non corrispondesse la nostra perseverante volontà di onorare Gesù Cristo e la Vergine santa con la devota imitazione delle loro sublimi virtù.

È, quindi, dovere di tutti i cristiani di imitare con animo riverente gli esempi di bontà lasciati ad essi dalla loro celeste Madre. È questa, Venerabili Fratelli, l'altra verità sulla quale Ci piace richiamare l'attenzione vostra e quella dei fedeli affidati alle vostre cure pastorali, affinché essi assecondino docilmente l'esortazione dei Padri del Concilio Vaticano II: I fedeli ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in un certa quale vana credulità, ma procede dalla féde vera, dalla quale siamo spinti a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo portati al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù (35).

È l'imitazione di Gesù Cristo, indubbiamente, la via regale da percorrere per giungere alla santità e ricopiare in noi stessi, secondo le proprie forze, la perfezione assoluta del Padre celeste. Ma, se la Chiesa cattolica ha sempre proclamato una verità così sacrosanta, ha altresì affermato che l'imitazione della Vergine Maria, lungi dal distrarre gli animi dalla fedele sequela di Cristo, rende questa più amabile, più facile; poiché, avendo ella compiuto sempre la volontà di Dio, meritò per prima l'elogio che Gesù rivolse ai suoi discepoli: Chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, quegli mi è fratello e sorella e madre (36).

2. «A Gesù per Maria»

Vale, perciò, anche dell'imitazione di Cristo la norma generale: A Gesù per Maria. Non si turbi, tuttavia, la nostra fede, quasi che l'intervento di una creatura in tutto simile a noi, fuori che nel peccato, offenda la nostra personale dignità e impedisca l'intimità e l'immediatezza dei nostri rapporti di adorazione e di amicizia col Figlio di Dio. 

Riconosciamo piuttosto la bontà e l'amore di Dio salvatore (37), il quale, condiscendendo alla nostra miseria, così lontana dalla sua infinita santità, ce ne ha voluto agevolare l'imitazione proponendoci il modello della persona umana della Madre sua. Ella, infatti, tra le umane creature offre l'esempio più fulgido ed a noi più vicino di quella perfetta ubbidienza, con la quale ci conformiamo amorosamente e prontamente ai voleri dell'eterno Padre; e tristo stesso, come ben sappiamo, ripose in questa piena adesione al beneplacito del Padre l'ideale supremo della sua umana condotta, dichiarando: Io faccio sempre quanto a Lui piace (38).

3. Maria, novella Eva, aurora del Nuovo Testamento

Se allora contempliamo l'umile Vergine di Nazaret nell'aureola delle sue prerogative e delle sue virtù, la vedremo rifulgere ai nostri sguardi come la nuova Eva (39), la eccelsa Figlia di Sion, il vertice dell'Antico Testamento e l'aurora del Nuovo, nella quale cioè si è attuata la pienezza dei tempi (40), preordinata da Dio Padre per la missione nel mondo del suo Figlio Unigenito. In verità, la Vergine Maria, più di tutti i patriarchi e profeti, più del giusto e pio Simeone, ha atteso ed implorato la consolazione di Israele... il Cristo del Signore (41), e ne ha salutato poi con l'inno Magnificat l'avvento, quando egli discese nel di lei castissimo seno, per assumervi la nostra carne. 

È in Maria, perciò, che la Chiesa di Cristo addita l'esempio del modo più degno di ricevere nei nostri spiriti il Verbo di Dio, conforme alla luminosa sentenza di sant'Agostino: Fu dunque più beata Maria nel ricevere la fede in Cristo, che nel concepire la carne di Cristo. Pertanto, la consanguineità materna nulla avrebbe giovato a Maria, se ella non si fosse sentita più fortunata di ospitare Cristo nel cuore che nel seno (42). Ed è ancora in lei che i cristiani possono ammirare l'esempio di come adempiere, con umiltà insieme e magnanimità, la missione che Dio affida ad ognuno in questo mondo, in ordine alla propria eterna salvezza ed a quella del prossimo.

Vi esorto dunque: siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo (43). Queste parole, a maggior ragione che l'Apostolo Paolo ai cristiani di Corinto, può la Madre della Chiesa rivolgerle alle moltitudini dei credenti che, in sintonia di fede e di amore con le generazioni dei secoli passati, l'acclamano beata (44). È un invito cui è doveroso prestare docile ascolto.

4. Messaggio mariano d'invito alla preghiera, alla penitenza, al timor di Dio

Un messaggio, poi, di somma utilità sembra oggi giungere ai fedeli da colei che è l'Immacolata, la tutta santa, la cooperatrice del Figlio nell'opera di restaurazione della vita soprannaturale nelle anime (45). Contemplando, infatti, devotamente Maria, essi traggono da lei incitamento alla preghiera fiduciosa, sprone alla pratica della penitenza, stimolo al timor santo di Dio. Ed è parimente in questa elevazione mariana che essi odono più di sovente risuonare le parole con le quali Gesù Cristo, annunziando l'avvento del regno dei cieli, diceva: Fate penitenza e credete al Vangelo (46); ed il suo severo ammonimento: Se non farete penitenza, perirete tutti allo stesso modo (47). Spinti, perciò, dall'amore e dal proposito di placare Dio per le offese recate alla sua santità e alla sua giustizia, ed insieme animati dalla fiducia nella sua infinita misericordia, dobbiamo sopportare le sofferenze dello spirito e del corpo, affinché espiamo i peccati nostri e del prossimo e così evitiamo la duplice pena: del danno e del senso, cioè la perdita di Dio, sommo Bene, e il fuoco eterno (48).

5. Cristo stesso addita nella Madre il modello della Chiesa

Ciò che deve ancor più stimolare i fedeli a seguire gli esempi della Vergine santissima, è il fatto che Gesù stesso, donandoci lei per Madre, l'ha tacitamente additata come modello da seguire; è, infatti, cosa naturale che i figli abbiano i medesimi sentimenti delle madri loro e ne rispecchino pregi e virtù. 
Pertanto, come ognuno idi noi può ripetere con san Paolo: Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me (49), così con tutta fiducia può credere che il Salvatore divino abbia lasciato anche a lui in eredità spirituale la Madre sua, con tutti i tesori di grazia e di virtù, di cui l'aveva ricolmata, affinché li riversasse su di noi con l'influsso della sua possente intercessione e la nostra volenterosa imitazione. Ecco perché a buon diritto san Bernardo afferma: Venendo in lei lo Spirito Santo, la ricolmò di grazia per se stessa; inondandola nuovamente il medesimo Spirito, ella divenne sovrabbondante e ridondante di grazia anche per noi (50).

6. La storia della Chiesa sempre illuminata della presenza edificante di Maria

Da quanto siamo venuti esponendo alla luce del santo Vangelo e della tradizione cattolica, appare evidente che la maternità spirituale di Maria trascende lo spazio e il tempo e appartiene alla storia universale della Chiesa, poiché ella è stata ad essa sempre presente con la sua materna assistenza. Perciò risulta altresì chiaro il senso dell'affermazione, tanto spesso ripetuta: la nostra età può ben dirsi l'era Mariana
Se è vero, infatti, che, per un'insigne grazia del Signore, oggi da vasti strati del popolo cristiano è stato compreso più profondamente il compito provvidenziale di Maria santissima nella storia della salvezza, ciò tuttavia non deve indurre a pensare che le età passate non abbiano in alcun modo intuito tale verità o che le future potranno ignorarla. 

A dire il vero, tutti i periodi della storia della Chiesa hanno beneficiato e beneficeranno della materna presenza della Madre di Dio, poiché ella rimarrà sempre indissolubilmente congiunta al mistero del Corpo Mistico, del cui Capo è stato scritto: Gesù Cristo ieri e oggi, lo stesso: anche per i secoli (51).

7. La Madre della Chiesa, vessillo di unità, stimolo alla perfetta fratellanza fra tutti i cristiani

Venerabili Fratelli, la persuasione che il pensiero della Chiesa cattolica intorno al culto di lode, di riconoscenza e di amore, dovuto alla beatissima Vergine, concorda pienamente con la dottrina del santo Vangelo, com'è stata più precisamente intesa e spiegata dalla tradizione, sia dell'Oriente che dell'Occidente, Ci infonde nell'animo la speranza che questa nostra esortazione pastorale ad una pietà mariana sempre più fervida e più fruttuosa, sarà accolta con generosa adesione non soltanto dai fedeli confidati alle vostre cure, ma anche da coloro che, pur non godendo della piena comunione con la Chiesa cattolica, ammirano tuttavia e venerano con noi nella ancella del Signore, la Vergine Maria, Madre del Figlio di Dio.

Possa il Cuore Immacolato di Maria risplendere dinanzi allo sguardo di tutti i cristiani quale modello di perfetto amore verso Dio e verso il prossimo; li induca esso alla frequenza dei santi Sacramenti, per la cui virtù gli animi sono mondati dalle macchie del peccato e da esse preservate; li stimoli inoltre a riparare le innumerevoli offese fatte alla divina Maestà; rifulga, infine, come vessillo di unità e sprone a perfezionare i vincoli di fratellanza tra tutti i cristiani in seno all'unica Chiesa di Gesù Cristo, la quale, edotta dallo Spirito santo, con affetto di pietà filiale venera la Vergine Maria come Madre amatissima (52).

8. Invito a rinnovare la consacrazione personale al Cuore Immacolato di Maria

E poiché in quest'anno si ricorda il XXV anniversario della solenne consacrazione della Chiesa e del genere umano a Maria, Madre di Dio, e al suo Cuore Immacolato, fatta dal Nostro Predecessore di s. m., Pio XII, il 31 ottobre 1942, in occasione del radiomessaggio alla nazione Portoghese (53) - consacrazione che Noi stessi abbiamo rinnovato il 21 novembre 1964 (54) - esortiamo tutti i figli della Chiesa a rinnovare personalmente la propria consacrazione al Cuore Immacolato della Madre della Chiesa, ed a vivere questo nobilissimo atto di culto con una vita sempre più conforme alla divina volontà (55), in uno spirito di filale servizio e di devota imitazione della loro celeste Regina.

Esprimiamo, infine, Venerabili Fratelli, la fiducia che, grazie al vostro incitamento, il clero e il popolo cristiano, affidati al vostro ministero pastorale, risponderanno con animo generoso a questa Nostra esortazione, così da dimostrare verso la Vergine Madre di Dio una più ardente pietà ed una confidenza più ferma. Mentre, frattanto, ci conforta la certezza che l'inclita Regina del cielo e Madre nostra dolcissima mai cesserà di assistere tutti e singoli i suoi figli e mai ritrarrà dall'intera Chiesa di Cristo il suo celeste patrocinio, a Voi stessi, ai vostri fedeli, in auspicio dei divini favori e in segno della Nostra benevolenza, impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.

Dato in Roma, presso S. Pietro, il giorno 13 del mese di maggio, dell'anno 1967, quarto del Nostro Pontificato.

PAOLO PP. VI

( 1 ) Cf Ap 12,1  
(2) Cf Epistola della Messa per la festa dell'apparizione del B.M.V. Immacolata, 11 febbraio
( 3 ) Cf AAS 57 (1965), pp. 1-67
( 4 ) Cf Lc 1,38  
( 5 ) Lc 1,46,48-49  
(6) Radiomessaggio di Pio XII del 13 maggio 1946 ai fedeli cristiani del Portogallo, in occasione delle celebrazioni solenni del santuario della B.V. Maria di Fatima, incoronata con una corona d'oro a nome del Sommo Pontefice: AAS 38 (1946), p. 264
(7) Cf Cap. VIII, par. III, La Beata Vergine e la Chiesa: AAS 57 (1965), pp. 62-65
( 8 ) Cf ibid ., N. 53, p. 58 
( 9 ) Cf. ibid . 
( 10 ) Cf ibid ., N. 54, p. 59 
( 11 ) Cf ibid ., N. 55, p. 59 
( 12 ) Cf ibid ., N. 66, p. 65 
(13) Allocuzione tenuta nella Basilica Vaticana ai Padri Conciliari nella festa della Presentazione della BMV a chiusura del terzo periodo del Concilio Ecumenico (21 novembre 1964): AAS 56 (1964), p. 1016
(14) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 66: AAS 57 (1965), p. 65
( 15 ) Cf ibid ., N. 67, p. 65 
(16) Pio XII, Enc. Mediator Dei: AAS 39 (1947), p. 541
(17) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 66: AAS 57 (1965), p. 65
( 18 ) Ibid ., N. 66, p. 65 
( 19 ) Ibid ., N. 55, p. 60 
(20Ibid., n. 65, p. 64; cf anche n. 63
( 21 ) Cf. ibid ., N. 58, p. 61; Un leone 13, Encicl. Aiutando Atti di Leone 13 , 15 (1896), p. 302  
(22) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 58: AAS 57 (1965), p. 61
( 23 ) Eb 7,25  
(24) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 62: AAS 57 (1965), p. 63
( 25 ) Vedi Dom. F. MERCENIER, Il più antico antifone mariano greco , in The Museon, 52 (1939), pp. 229-233 
(26) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 57: AAS 57 (1965), p. 63
( 27 ) Ibid ., N. 65, p. 64 
(28) Antifona 2 alle Lodi, nella festa della Imm. Conc. Della B.V.M.
( 29 ) Lc 1.38  
( 30 ) Mt 1,21; Lc 1,33    
(31) Cf S. LEONE M., Lett. Lectis dilectionis tuae a Flaviano: PL 54, 759; IDEM, Lett. Licet per nostros a Giuliano Ep. Coënsem: PL 54, 803; S. ORMISDA, Lett. Inter ea quae all'imperatore Giustino: PL 63, 514; PELAGIO I, Lett. Humani generis a Childeberto I: PL 69, 407; CONC. LATER., ottobre 649 sotto Martino I, can. 3: Caspar. ZKG, 51, 1932, p. 88; CONC. TOLET. XVI, Symbol. Art. 22: J. MADOZ, El Símbolo del Concilio XVI de Toledo, in Estudios Onienses, ser. I, vol. 3, 1946; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, nn. 52, 55, 57, 59, 63: AAS 57 (1965), pp. 58-64
(32) S. TOMMASO, Summa Theol., 1, q. 25, a. 6, ad 4
(33) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 56: AAS 57 (1965), p. 60
( 34 ) Ore . 54: PL 158, 961 
(35) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 67: AAS 57 (1965), p. 66; cf S. TOMMASO, Summa Theol., II-II, q. 81, a. 1, ad 1; III, q. 25, aa. 1, 5
( 36 ) Mt 12,50  
( 37 ) Cf s' Tt 3.4  
( 38 ) Gv 8,29  
(39) Cf S. IRENEO, Adv. Haer., III, 22, 4: PG 7, 959; S. EPIFANIO, Haer., 78, 18: PG 42, 728-729; S. GIOVANNI DAMASCENO, Omelia 1 in Nativitate B.M.V.: PG 96, 671ss; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 56: AAS 57 (l965), pp. 60-61
( 40 ) Gal 4.4  
( 41 ) Lc 2,25-26  
( 42 ) Serm . 215, 1: PL 38, 1074 
( 43 ) 1 Cor 4:16  
( 44 ) Cf Lc 1,48  
(45) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 61: AAS 57 (1965), p. 63
( 46 ) Mc 1,15; cf Mt 3,2; 4,17    
( 47 ) Lc 13,5  
(48) Cf Mt 25,41; CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 48: AAS 57 (1965), p. 54
( 49 ) Gal 2,20; cf Ef 5,2    
(50) Omelia 2 super Missus est, n. 2: PL 183, 64
( 51 ) Eb 13,8  
(52) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 53: AAS 57 (1965), p. 59
(53) Cf Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, vol. IV, pp. 260-262; cf AAS 34 (1942), pp. 345-346
( 54 ) Cf AAS 56 (1964), p. 1017
(55) Cf Orazione nella festa del Cuoce Immacolato della B.M.V., 22 agosto


ADMDG et DVM