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martedì 4 giugno 2013

Giugno con Sant'Antonio

"Godete sempre nel Signore!
Ve lo ripeto: godete"
Giugno


1. Il Signore preparerà per tutti i popoli su questo monte (di Sion) un banchetto di carni grasse... e di vini prelibati (cf. Is 25,6). È ciò che fa oggi la chiesa, per la quale Cristo ha preparato un banchetto splendido e sontuoso, di una duplice e abbondante ricchezza: diede il suo vero corpo e il suo vero sangue, e comandò che fosse dato anche a tutti quelli che avrebbero creduto in lui.
Perciò si deve credere fermamente e confessare con la bocca che quel corpo che la Vergine partorì, che fu inchiodato sulla croce, che giacque nel sepolcro, che risuscitò il terzo giorno, che salì alla destra del Padre, egli lo diede realmente agli apostoli, e la chiesa ogni giorno lo "prepara" e lo distribuisce ai suoi fedeli.

2. Il contemplativo, quando si alza alle sfere superiori, non percorre una via stabilita o diritta, perché la contemplazione non è in potere del contemplativo, ma dipende dalla volontà del creatore, il quale elargisce la dolcezza della contemplazione a chi vuole, quando vuole e come vuole.

3. Il gaudio della speranza del cielo e l'ascolto dei divini precetti seppelliscono il giusto nella duplice spelonca della vita attiva e contemplativa, perché sia protetto al riparo del volto di Dio, nascosto agli intrighi degli uomini e lontano dalle lingue che contraddicono (cf. Sal 30,21).

4. Nella penitenza, come nella mandorla, ci sono tre elementi: la corteccia amara, il guscio solido, il seme dolce. Nella corteccia amara è indicata l'amarezza della penitenza, nel guscio solido la costanza della perseveranza e nel seme dolce la speranza del perdono.

5. Benché l'albero, cioè il corpo dell'uomo, venga tagliato dalla scure della morte, sia invecchiato, decomposto nella terra e ridotto in polvere, tuttavia l'uomo deve avere la speranza ch'esso rifiorirà, cioè risorgerà, e che le sue membra ricresceranno e che, al sentore dell'acqua, cioè per la munificenza della sapienza divina, germoglierà di nuovo e ritornerà al suo splendore, come nel paradiso terrestre.

6. Colui che nutre la speranza dei beni eterni è pieno dell'umore della devozione. Invece la speranza posta nei beni terreni non produce il frutto della carità; è piccola e meschina perché non cresce in Dio; è insipida perché la sua sapienza non è condita con il divino sapore.

7. Quando all'inizio della conversione e della nuova vita scoppiano i tuoni, cioè le tentazioni della prosperità o delle avversità, queste riescono spesso a guastare le uova della speranza e dei santi propositi. Quindi il figlio della grazia deve domandare al Padre della misericordia l'uovo della speranza dei beni eterni perché, come dice Geremia, "benedetto è l'uomo che confida nel Signore: il Signore stesso sarà la sua speranza" (Ger 17,7).


8. Come si deve aver paura del pungiglione che lo scorpione ha sulla coda, così è un atto contrario alla speranza guardare indietro, cioè al passato: la speranza è la virtù che si protende in avanti, che aspira cioè ai beni futuri.

9. Leggiamo in Giobbe: "Il legno (l'albero) ha una speranza: se viene tagliato, ancora ributta" (Gb 14,7). Così l'uomo ha e deve avere la speranza che il legno, cioè il suo corpo, dopo essere stato tagliato dalla scure della morte, rifiorirà nella risurrezione finale.

10. Dove ci sono timore e speranza, lì c'è una vita impegnata in Dio. E considera ancora che l'olio galleggia su tutti i liquidi, e per questo simboleggia la speranza, che ha per oggetto le cose eterne, le quali sono al di sopra di ogni bene transitorio. Infatti si chiama speranza, in latino spes, perché è il piede, in latino pes, per camminare verso il Signore. Speranza è attesa dei beni futuri, ed essa esprime il sentimento dell'umiltà e un'attenta dedizione di sudditanza.

11. Quelli che non sperano in se stessi ma solo nel Signore, che è il Dio della speranza, riacquisteranno forza, per essere forti in lui, anche se sono deboli in questo mondo.

12. Come l'uccello è fornito di due ali, così nell'anima c'è la fede e la speranza. La fede e la speranza riguardano le cose invisibili, e quindi dalle cose visibili innalzano a quelle invisibili. Ma coloro che hanno la fede solo a parole, che pongono la loro speranza solo in se stessi e nelle loro cose e pongono la fiducia nell'uomo, costoro bramano avidamente le cose terrene, gustano solo quelle e solo su quelle si fermano.

13. La virtù dei santi è come il piombino del muratore che controlla la perpendicolarità dei muri... Quando si celebrano le feste dei santi, viene teso questo piombino sulla vita dei peccatori; e quindi celebriamo le loro feste per avere dalla loro vita una norma per la nostra. È ridicolo perciò nelle solennità dei santi, volerli onorare con i cibi (con grandi pranzi), quando sappiamo che essi hanno conquistato il cielo con i digiuni.

14. Giuseppe e Maria sono figura della speranza e del timore, che sono come i "genitori" del giusto. La speranza è l'attesa dei beni futuri, che genera un sentimento di umiltà e una pronta disponibilità di servizio. La speranza è detta in latino spes, quasi pes, piede, passo di avanzamento: ecco l'aumento, l'accrescimento. Al contrario si dice disperazione, quando non c'è nessuna possibilità di andare avanti, poiché quando uno ama il peccato non spera certo nella gloria futura. E perché la speranza non degeneri in presunzione, dev'essere unita al timore, che è principio della saggezza (Sal 110,10; Eccli 1,16), al cui possesso nessuno può giungere se prima non ha assaporato l'amarezza del timore. Per questo è detto nell'Esodo che i figli d'Israele, prima di arrivare alla dolcezza della manna, trovarono l'amarezza dell'acqua di Mara (cf. Es 15,23). Bevendo una medicina amara si arriva alla gioia della guarigione.


15. "Ogni ipocrita è malvagio" (Is 9,17), dice Isaia; e Michea: "Il migliore tra di essi è come un pruno, e il più retto come le spine della siepe" (Mic 7,4). Veramente oggi molti sono ipocriti, pruni e spine. L'ipocrita è colui che finge di essere ciò che non è; è come il cespuglio di pruni, che sembra morbido nelle parole, ma punge con i fatti; è come le spine che feriscono i passanti per succhiarne il sangue della lode e del denaro.

16. Gesù Cristo darà il premio della vita eterna a colui che avrà sconfitto l'appetito della carne, avrà imitato gli esempi dei santi, e avrà scacciato gli zoppi e i ciechi, cioè i prelati e i sacerdoti che zoppicano da entrambi i piedi, vale a dire nei sentimenti e nelle opere, e che sono ciechi da entrambi gli occhi, vale a dire nella vita e nella scienza. Costoro hanno in odio la vita di Gesù Cristo, poiché vendono al diavolo la loro anima, per la quale Cristo ha dato la sua vita.

17. Come nelle mani ci sono dieci dita, così dieci sono le specie di flagellazione, cioè di mortificazione che dobbiamo praticare: la rinuncia alla propria volontà, l'astinenza dal cibo e dalla bevanda, la rigorosità del silenzio, le veglie di preghiera durante la notte, l'effusione delle lacrime, il dedicare un congruo tempo alla lettura, il lavoro materiale, la generosa partecipazione alle necessità del prossimo, il vestire dimessamente, il disprezzo di sé. Con queste dieci dita dobbiamo afferrare il flagello e colpirci senza pietà, senza misericordia, quasi con ferocia, perché nel giorno del castigo che spezzerà le ossa, possiamo trovare misericordia.

18. Come l'oro è superiore a tutti i metalli, così la scienza sacra è superiore a ogni altra scienza: non sa di lettere chi non conosce le "lettere sacre".

19. Gesù Cristo fu misericordioso nell'Incarnazione, forte e valoroso nella Passione e sarà sommamente desiderabile per noi nella beatitudine eterna. Parimenti è misericordioso nell'infusione della grazia.

20. La nostra anima è il giardino nel quale Cristo, come un giardiniere, mette a dimora i misteri della fede e poi la irriga quando le infonde la grazia della compunzione. Egli l'ha generata nei dolori della sua Passione.

21. Il giusto, nell'abbondanza della grazia che gli è elargita, entra nel sepolcro della vita contemplativa; come a suo tempo il mucchio di grano viene portato nel granaio, così, soffiata via la paglia delle cose temporali, la sua mente si rinchiude nel granaio della pienezza celeste e così rinchiusa si sazia della sua dolcezza.


22. Il volto del Padre è il Figlio. Come infatti una persona si riconosce dal volto, così per mezzo del Figlio conosciamo il Padre. Quindi la luce del volto di Dio è la conoscenza del Figlio e l'illuminazione della fede, che nel giorno della Pentecoste fu segnata e impressa nel cuore degli apostoli.

23. L'edera che da se stessa non può spingersi in alto, ma lo fa attaccandosi ai rami di qualche albero, sta a significare il ricco di questo mondo, il quale può elevarsi al cielo non per se stesso, ma con le elemosine elargite ai poveri, che lo sollevano a modo di braccia.

24. Giovanni (Battista) è detto "cervo slanciato", cioè agile e veloce, che scavalca luoghi spinosi e scoscesi, perché incrementa la corsa con i salti. Così il beato Giovanni scavalcò rapidamente le ricchezze del mondo, raffigurate nelle spine, e i piaceri della carne, paragonati alle scabrosità del suolo. Se egli, santificato già nel grembo materno e del quale, a testimonianza del Signore, uno più grande non ci fu tra i nati di donna, si tormentò con vesti così rozze e visse con cibo così povero, cosa possiamo dire noi, miseri peccatori, concepiti nei peccati, pieni di vizi, che detestiamo ogni asprezza e cerchiamo delicatezze e comodità?

25. Quando nel cuore dell'uomo ci sono le tenebre del peccato mortale, l'uomo è in preda alla mancanza della conoscenza di Dio e all'ignoranza della propria fragilità, e non sa distinguere il bene dal male. Invece la luce che illumina l'anima è la contrizione del cuore, che produce la conoscenza di Dio e della propria infermità, e mostra la differenza tra l'uomo retto e quello malvagio.

26. Come l'aurora segna la fine della notte e l'inizio del giorno, così la contrizione segna la fine del peccato e l'inizio della penitenza.

27. L'anima fedele che in Matteo viene chiamata "vigna", deve essere sarchiata con il sarchio (la zappa) della contrizione, potata con la falce della confessione e sostenuta con i paletti della penitenza (o soddisfazione).

28. Cingiti con la cintura della confessione e raccogli i tuoi vestiti perché non scendano a toccare le cose immonde della strada. E non voler passare per l'abbondanza dei beni terreni, dove molti si sono perduti, ma scegli di passare per la semplicità e le strettezze della povertà.

29. Coloro che rinnegano Cristo tre volte nelle tenebre dei peccati, al canto del gallo, cioè alla predicazione della parola di Dio, si pentano, per essere poi capaci, nella luce della penitenza, insieme con il beato Pietro, di dichiarare per tre volte: "Amo, amo, amo". Amo con il cuore per mezzo della fede e della devozione; amo con la lingua con la professione della verità e con l'edificazione del prossimo; amo con la mano mediante la purezza delle opere.

Penitenza e Preghiera

30. Ogni giorno il ventre esige ad alta voce il tributo della gola; ma il penitente non lo ascolta per nulla, perché gli obbedisce non per il piacere, ma solo per necessità.


TREDICINA 

1. O glorioso sant'Antonio, che hai avuto da Dio il potere di risuscitare i morti, risveglia dall'apatia il mio spirito e ottienimi una vita fervorosa e santa. Gloria al Padre, ecc.

2. O sapiente sant'Antonio, che con la tua dottrina sei stato luce per la santa Chiesa e per il mondo, illumina la mia intelligenza aprendola alla divina verità. Gloria al Padre, ecc.

3. O pietoso Santo, che vieni in aiuto a coloro che ti invocano con fiducia, soccorri anche me e i miei cari nelle attuali necessità. Gloria al Padre, ecc.

4. O generoso Santo, che accogliendo la divina ispirazione hai consacrato la tua vita al servizio di Dio e dei fratelli, fa' che io ascolti sempre con docilità la sua parola. Gloria al Padre, ecc.

5. O sant'Antonio, vero giglio di purità, non permettere che l'anima mia resti macchiata dal peccato, ma ottienimi da Dio la purezza dei cuore. Gloria al Padre, ecc.

6. O caro Santo, che intercedi affinché tanti malati ritrovino la salute, aiutami a guarire dalla colpa e dalle cattive inclinazioni. Gloria al Padre, ecc.

7. O Santo mio patrono, che ti sei prodigato per la salvezza dei fratelli, guidami nel mare della vita perché possa giungere al porto dell'eternità beata. Gloria al Padre, ecc.

8. O compassionevole sant'Antonio, che durante la vita hai ottenuto la liberazione di tanti condannati, intercedi affinché io sia liberato dal male e possa vivere nella grazia di Dio. Gloria al Padre, ecc.

9. O santo Taumaturgo, che hai avuto il dono di ricongiungere ai corpi le membra recise, non permettere che io mi separi mai dall'amore di Dio e dall'unità della Chiesa. Gloria al Padre, ecc.

10. O carissimo Santo, che aiuti a ritrovare le cose smarrite, fa' che non perda mai l'amicizia di Dio, ma la possa custodire fedelmente per tutta la vita. Gloria al Padre, ecc.

11. O soccorritore dei poveri, che ascolti quanti ricorrono a te, accogli la mia supplica e presentala a Dio affinché egli mi doni il suo aiuto. Gloria al Padre, ecc.

12. O sant'Antonio, che sei stato apostolo instancabile della parola di Dio, fa' che io possa dare testimonianza della mia fede con la pa - rola e con l'esempio. Gloria al Padre, ecc.

13. O amatissimo sant'Antonio, che a Padova hai la tua tomba benedetta, guarda con benevolenza alle mie necessità; parli a Dio per me la tua lingua miracolosa affinché le mie preghiere siano accolte ed esaudite. Gloria al Padre, ecc.

Prega per noi, sant'Antonio di Padova
Affinché siamo fatti degni delle promesse di Cristo.


Preghiamo

Dio onnipotente ed eterno, che in sant'Antonio di Padova hai dato al tuo popolo un insigne predicatore del Vangelo e un patrono dei poveri e dei sofferenti, concedi a noi, per sua intercessione, di seguire i suoi insegnamenti di vita cristiana e di sperimentare, nella prova, il soccorso della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Se cerchi i miracoli
(traduzione del Si quaeris)

Se cerchi i miracoli, ecco messi in fuga la morte, l'errore, la calamità e il demonio; ecco gli ammalati divenir sani.

Il mare si calma, le catene si spezzano; i giovani e i vecchi chiedono e ritrovano la sanità e le cose perdute.

S'allontanano i pericoli e scompaiono le necessità: lo attesti chi ha sperimentato la protezione del Santo di Padova.

Il mare si calma, le catene si spezzano; i giovani e i vecchi chiedono e ritrovano la sanità e le cose perdute.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Il mare si calma, le catene si spezzano; i giovani e i vecchi chiedono e ritrovano la sanità e le cose perdute.


Preghiamo

O Dio, il ricordo di sant'Antonio, dottore evangelico della Chiesa, allieti la tua famiglia, affinché, forte del suo spirito, meriti di godere un giorno la felicità eterna del cielo. Per Cristo nostro Signore. Amen.



giovedì 21 febbraio 2013

PENSIERI tratti dalle Omelie di s.Antonio




Febbraio
1. Non c'è angoscia più grande di quella d'una madre che abbia perduto il suo unico figlio: e unico figlio dell'anima è l'amore di Dio, senza del quale la fede è morta. Piangi dunque, o cristiano, questa perdita immensa.
2. Oggi i fedeli cristiani portano in processione nel tempio la candela accesa, che è composta di cera e di stoppino. Nella fiammella è simboleggiata la divinità, nella cera l'umanità, nello stoppino l'acerbità della passione del Signore. In questi tre elementi consiste la vera penitenza: nel fuoco l'ardore della contrizione, che sradica le radici di tutti i vizi; nella cera la confessione del peccato, che "fonde come la cera al fuoco", nello stoppino l'asprezza dell'espiazione.
3. La riconciliazione del peccatore con Dio si può chiamare uno sposalizio dello Spirito Santo con l'anima pentita. Da tale unione germoglia il cristiano nuovo, erede della vita eterna.
4. Il contadino benda gli occhi all'asino e lo batte con il bastone, e così l'asino trascina intorno una mola di grande peso. Il contadino è il diavolo e il suo asino è l'uomo mondano. Il diavolo gli chiude gli occhi quando gli acceca l'intelletto e la ragione con il bagliore delle cose terrene; e lo colpisce con il bastone della cupidigia perché trascini con sé la mola della vanità mondana.
5. Nessuno diventa perfetto da un momento all'altro. Perciò dobbiamo staccarci un po' alla volta dal mondo, disprezzandone le ricchezze e i piaceri. Un'abitudine si elimina con un'altra abitudine; e il filosofo dice: "Scompariranno i vizi, se si prenderà l'abitudine di abbandonarli per qualche tempo".
6. Se uno vuole fare veramente penitenza, non confidi nei suoi meriti, non abbia presunzione del bene fatto; ma palesi in confessione tutto il male compiuto, con dolore e rossore. E non basta che si proclami peccatore, ma, se qualcuno gli rinfaccia le sue colpe, umilmente sopporti; se no, dimostra di non essere pentito davvero.
7. Dobbiamo essere sempre occupati intorno alla nostra anima, perché non ci avvenga quello che dice Salomone: "Passai accanto al campo del pigro e presso la vigna d'un tale scriteriato, ed eccoli ingombri di erbacce. Le ortiche ne coprivano la superficie e il muretto di pietre era sgretolato" (Pro 24,30-31).
8. L'anima che si pente segue la povertà, l'umiltà, la passione di Gesù Cristo: esse ci parlano di lui e ci dicono quale è stata la sua vita in questo mondo. E così l'anima diviene sua sposa, con lui impegnata, a lui legata per mezzo dell'anello di una fede perfetta.
9. "Guardate i gigli del campo", dice il Signore. Gigli sono i poveri di spirito, nel cui cuore l'umiltà reprime la tumida superbia, il cui corpo è candido di castità, dalla cui vita emana il profumo della buona fama. Essi sono detti gigli del campo, non gigli del giardino o del deserto. Il campo è il mondo: conservare il fiore di virtù nel mondo è tanto più meritorio, in quanto è più difficile.
10. Gli eremiti fioriscono nel deserto, lontani dalla umana convivenza; in un giardino chiuso fioriscono i claustrali, anch'essi fuori dal contatto col mondo. Molto più degno è fiorire in mezzo al mondo, dove più facilmente la grazia del fiore può perire.
11. "Ci fu poi il mormorio di un vento leggero: ecco la serva del Signore"; questo è il mormorio del vento leggero. E lì c'era il Signore. Osserva che il mormorio si fa con le labbra un po' strette. La Vergine Maria "restrinse", rimpicciolì se stessa: la Regina degli angeli si dichiarò serva, e così il Signore guardò all'umiltà della sua serva. Guardiamoci dunque dal vento gagliardo della superbia, nel quale non c'è il Signore, e umiliamoci nel mormorio della nostra confessione e dell'accusa di noi stessi.
12. Vale più una sola anima santa con la sua preghiera, che innumerevoli peccatori con le armi in pugno: la preghiera del santo penetra i cieli!
13. Quand'è che la nostra anima è alla presenza di Dio? Quando è certa di non avere niente da sé, in se stessa e per sé, ma tutto attribuisce a colui che è ogni bene, il sommo bene, dal quale sgorga ogni grazia. Irradiata da Dio, l'anima veramente diviene un paradiso, fragrante di carità, di umiltà, di castità. In lei discende e riposa il Diletto.
14. La vita dell'uomo giusto viene paragonata a un organo musicale, dal quale scaturisce la melodia della buona fama, in armonia con una vita santa.
15. La natura ha posto davanti alla lingua due porte, cioè i denti e le labbra, per indicare che la parola non deve uscire dalla bocca se non con grande cautela... Ma la lingua, male ribelle, piena di veleno mortale, fuoco che incendia la foresta delle virtù, sfonda la prima e la seconda porta, esce in piazza come una meretrice, loquace e raminga, insofferente della quiete, e porta ovunque lo scompiglio. Chi è perfetto nella lingua, è perfetto in tutto.
16. Per mezzo delle lingue del serpente, di Eva e di Adamo la morte entrò nel mondo. La lingua del serpente inoculò il veleno in Eva; la lingua di Eva lo inoculò in Adamo, e la lingua di Adamo tentò di ritorcerlo contro il Signore. La lingua è un membro freddo, sempre immersa nell'umidità, e quindi è un male ribelle ed è piena di veleno mortale, del quale nulla è più freddo. Per questo lo Spirito Santo apparve in forma di lingue di fuoco, per opporre lingue a lingue, e fuoco ardente a veleno mortale.
17. L'ira ottenebra la mente e non permette di distinguere la vera realtà delle cose; scompiglia tutte le facoltà dell'anima; riflette anche all'esterno l'alterazione che c'è all'interno: infatti, l'occhio si rannuvola, la lingua prorompe in minacce, la mano si appresta a percuotere. E così la carità va distrutta.
18. La nascita di un santo costituisce un bene per tutti e perciò è motivo di comune esultanza. Nascono i santi per l'utilità degli altri, essendo la giustizia (la santità) una virtù sociale che ridonda a vantaggio di tutti.
19. Nel cuore dell'uomo ci sono tre cose: c'è la sede della sapienza; in esso fu scritta la legge naturale che dice: "Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te". Il cuore è l'organo dal quale provengono lo sdegno, il ribrezzo, l'avversione. Così nei veri credenti c'è la sapienza della contemplazione, c'è la legge dell'amore, e c'è il ribrezzo e l'avversione per il peccato.
20. Cristo tiene i santi sotto il sigillo della sua provvidenza, affinché non appaiano quando vogliono loro, ma stiano pronti per l'ora stabilita da lui. E quando sentiranno risuonare nel cuore il suo comando, escano dal nascondiglio della vita contemplativa verso le attività richieste dalla necessità.
21. Come il ragno cattura le prede con i fili della sua rete, così il diavolo, tirando certi fili di pensieri capziosi, studiando cioè i difetti ai quali l'uomo è più incline, lo avvolge con la fitta rete delle sue tentazioni e lo fa sua preda.
22. La pazienza si alimenta e si affina a spese di chi ci perseguita; la vera pazienza si compiace dei duri trattamenti. Si può a mala pena purificare l'animo fra le tribolazioni di questo mondo, senza che resti qualche macchia da espiare in purgatorio.
23. Quando qualcuno ti dice, in aria di plauso o di adulazione: "Sei bravo e sai molte cose", tu gli devi rispondere: "Da me stesso non so nulla, nessun bene io possiedo, ma onoro il Padre mio. A lui tutto attribuisco, a lui rendo grazie, perché fonte di ogni sapienza, di ogni potenza e scienza".
24. Considera quanto è spaventoso un uomo infiammato dall'ira. Corruga la fronte, ha la faccia pallida, le narici frementi, gli occhi torvi, le labbra livide, digrigna i denti e ha i pugni stretti pronti a colpire. Un uomo così ridotto altro non sembra che una belva feroce... Preghiamo Cristo Gesù che estirpi dal nostro cuore il vizio dell'ira, che infonda nel nostro spirito la tranquillità, per poter amare il prossimo con la bocca, con le opere e con il cuore, e giungere così a lui che è la nostra pace.
25. La pazienza è il muro inespugnabile dell'anima, che la difende da ogni turbamento. L'anima unita dallo Spirito Santo è tutta umile e povera, e perciò inclinata alla obbedienza e alla pazienza. Senza pazienza, non c'è obbedienza.
26. Se ti risolvi a venire al mercato delle tribolazioni, dove si acquistano le vere ricchezze, bada bene, prima, se hai a disposizione un tesoro di pazienza sufficiente per fare buone compere: altrimenti, io ti consiglio di non andare verso le tribolazioni volontarie, perché ne ritorneresti a mani vuote. Ma se sei disposto a sborsare molta pazienza, allora vieni: non far caso alle difficoltà, perché è certo cosa amara il bere al calice delle tribolazioni. Ma quando lo avrai sorbito, ne sarai felice, perché sarai collocato alla destra del Signore, dove è la vita che non finisce mai.
27. Chi non ha pazienza in mezzo alle tribolazioni non è oro, ma è ferro dorato; non ha la vera virtù, ma virtù apparente. Percosso, il ferro non manda un suono gradevole; così l'impaziente, percosso dai persecutori, si incollerisce e viene meno.
28. La Scrittura parla spesso per immagini, per metafore, affinché ciò che non si può vedere in una cosa, si possa scoprire in un'altra simile. Il ventre, ad esempio, viene paragonato a un dio quando dice: "Il loro dio è il ventre e la loro gloria è una vergogna" (Fil 3,19), cioè si gloriano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi.
Il dio-ventre viene soddisfatto con le vittime di varie portate, tende l'orecchio ai rumori, è solleticato dalle varie specie di sapori, si commuove alle chiacchiere e non alle preghiere, è gratificato dall'ozio e si abbandona alle delizie della sonnolenza. E questo dio-ventre ha purtroppo monaci, canonici e conversi che lo servono devotamente e sono quelli che nella chiesa di Dio vivono placidamente nell'ozio, che non si danno alla preghiera segreta, ma sono curiosi di ascoltare i fantasiosi racconti degli oziosi, in cui si odono risate, sghignazzi e i rutti di un ventre rimpinzato.
29. La sapienza, così chiamata da sapore, consiste nel gusto della contemplazione, la prudenza nel prevedere e cautelarsi dalle insidie, la fortezza nel sopportare le avversità, l'intelligenza nel rifuggire dal male e scegliere il bene.