MAGNIFICAT
È un vero guaio, tante volte, gettarsi nella critica letteraria, pur tanto necessaria quanto deleteria, quando mette in dubbio cose ovvie. Sì, è vero che alcuni, pochi a dire il vero, ed insignificanti manoscritti attribuiscono il Magnificat ad Elisabetta, ma quando si legge il testo si comprende immediatamente che se l’unico locutore nella scena della Visitazione fosse Elisabetta, tutto l’episodio risulterebbe assurdo.
È vero che Maria nel racconto precedente ha fatto scena muta, ma verso la fine, dopo due accenni alla sua capacità di riflettere, ha pronunciato parole cariche di senso: “Ecco, io sono la serva del Signore, si compia in me quanto hai detto”. Maria si è sentita tutta di Dio, totalmente abbandonata al suo Signore. E qui, invece, si vorrebbe che Maria restasse muta, dopo le tante parole di Elisabetta e dopo aver sentito tante lodi rivolte a Lei per quello che il Signore ha operato in Lei? È assurdo. È più che logico che trasformi le cose udite in canto, inserendosi nella storia del suo popolo. Anna, la madre di Samuele, dopo aver ricevuto un figlio dal Signore ha intonato un canto (1 Sam 2,1-30). Debora, la profetessa, dopo la vittoria su Sisara, cantò al Signore (Gdc 4,5). Lo stesso fece il popolo dopo la traversata del Mar Rosso (Es 15). Lasciamo dunque cantare anche Maria, che non stona affatto, anzi, il suo canto di sapore veterotestamentario si inserisce assai bene in tutta la storia innica del suo popolo.
Elisabetta l’ha appena dichiarata “Beata” e Maria scoppia in un inno di lode: “L’anima mia magnifica il Signore...”. Sembra di vederla con le mani tese verso l’alto; guarda il cielo e scruta le profondità di Dio, e il suo canto si fa rivelazione di Dio per noi. Maria, cantando, ci parla di Dio, si fa catechista di Dio, ci educa al senso di Dio e si fa nostra voce nel lodare Dio.
Il Magnificat è un canto composto da quindici frasi, undici hanno un verbo che ha come soggetto Dio e subito appare chi è Dio per Maria e insegna chi è Dio per noi: è il Signore, l’Onnipotente, il Santo, il Misericordioso, Colui che è fedele, il Salvatore. Sono tutte definizioni che ci fanno sentire Dio presente nella nostra storia. Perciò ascoltiamo Maria.
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“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore. Ha guardato l’umiltà della sua serva, d’ora in poi tutti mi diranno Beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, Santo è il suo nome”.
Dio è il Signore. Con la parola Signore si traducono quelle quattro consonanti ebraiche che esprimono il nome con cui Dio si è rivelato a Mosè che tanti traducono con: “Colui che è”. Una definizione che piace ai filosofi perché dà l’idea della staticità, dell’immutabilità ma che non ci sembra aderente al pensare biblico. Preferiamo tradurre con: “Colui che fa esistere”. In questa definizione cogliamo l’esperienza di un popolo che sente Dio all’inizio della sua esistenza, inserito nella sua storia, pronto a entrare in alleanza con loro. Anche Maria lo sperimenta così: come Colui che trasforma la sua esistenza. Essa lo contempla e lo percepisce in tutta la sua sovranità e ne ha già sperimentato e ne sperimenta tutta la potenza.
Per questo lo riconosce come l’Onnipotente e dice: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”, un titolo che risale ai Padri. Così l’hanno sperimentato Abramo, Isacco e Giacobbe quando Dio ha stretto con loro un’alleanza carica di promesse, quando è entrato nella loro vita per iniziare una storia di salvezza estesa a tutti gli uomini ed esprimevano questo titolo con immagini che fanno anche sorridere. Osservando il cielo dicevano a Dio che “tutto è opera delle sue dita”. Dio è così Onnipotente che gli è bastato un dito per creare tutte la cose. Quando però parlano di salvezza, allora dicono, come fa Maria, che “ha spiegato la potenza del suo braccio”, una frase che viene dai Salmi e dal libro dell’Esodo e che dice qualcosa alla nostra vita: quando Dio ci libera dal peccato e ci salva, deve mettere in azione tutta la sua onnipotenza, perché deve vincere anche le nostre ribelli volontà.
Ma torniamo alla Bibbia. Quando il popolo, e con esso Maria, percepiscono Dio in tutta la sua potenza, lo percepiscono anche come il “tutt’Altro”, come “il Santo”. Gli antichi dicevano: “Santo e terribile è il suo Nome”. Maria addolcisce: “Santo è il suo nome”. Dice così perché la grazia, l’immacolatezza, la santità che sente in sé non è opera sua. È Dio, il Santo, che le ha comunicato la sua santità e noi in Maria scopriamo che Dio ci chiama a essere partecipi della sua santità.
Diceva San Paolo: “Ci ha scelti per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità” (Ef 1,4) e nel Battesimo “ci ha lavati, santificati, resi giusti” (1 Cor 6,11), Per questo San Pietro dice ai cristiani: “A immagine del Santo che vi ha scelti, siate santi anche voi” (1 Pt 1,15). La volontà di Dio è la nostra santificazione, Egli vuole, come a Maria, comunicarci la sua santità.
Maria, contemplandolo come il Santo, non lo vede separato dal mondo degli uomini e anche noi lo possiamo costatare quando vediamo gente impegnata nel bene e in una vita onesta. È il Santo che agisce nella nostra vita. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Poiché Dio è il Santo può perdonare all’uomo che davanti a lui si riconosce peccatore: «Non darò sfogo alla mia ira perché sono Dio e non un uomo, sono il Santo in mezzo a voi»” (Os 11,9). Dio agisce così perché “è Misericordioso e fedele”. Maria dice: “Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia” (1,54).***“Di generazione in generazione la sua misericordia si estende su quelli che lo temono”.
Anticamente Dio stesso parlando con Mosè si era definito: “Dio misericordioso e fedele, lento all’ira e grande nell’amore”. Il concetto di Misericordia e di Fedeltà è strettamente legato a quello di “Alleanza”. Per mantenere la sua fedeltà all’uomo con cui vuole entrare in Alleanza, Dio dev’essere Misericordioso. L’uomo infatti può trovarsi in difficoltà e può cadere nell’infedeltà. Solo la misericordia, la fedeltà, la bontà, la compassione di Dio può farsi perdono, riconciliazione, salvezza. Per questo il Dio dei Padri, con la sua misericordia che attraversa i secoli, si rivela come il Dio “Salvatore”.
Anticamente si parlava anche di salvezza materiale, ma poi si è capito che si necessitava di una salvezza piena e totale, di una salvezza che è liberazione dalla radicalità stessa del male, perché è perdono, riconciliazione con i fratelli, dono di pace fatta di vicendevole aiuto e amore. Dice Dio per mezzo di Geremia: “Io perdonerò la loro iniquità, non mi ricorderò più del loro peccato… porrò la mia legge nel loro cuore”. (Ger 31,33ss). E per mezzo di Ezechiele: “Vi libererò da tutte le vostra iniquità, vi purificherò, sarete il mio popolo e io il vostro Dio”. (Ez 36).
Ecco Dio è la mia salvezza. E Maria dice: “Il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore” (Ez 1,47). Anche Maria, la piena di grazia, chiama Dio “mio Salvatore”. Si sente una salvata. Essa sa che la sua adesione totale a Dio è inizio della definitiva salvezza; che Dio potrà definitivamente rivelarsi come il Salvatore dell’umanità intera. E nel suo canto lo contempla che irrompe nella storia per distruggere il male.
Sono frasi che ci fanno sentire la grande rivoluzione di Dio. La compie senza spargimento di sangue, perché tutto tende a una totale riconciliazione. Comunque, Egli non sopporta i superbi nei pensieri del loro cuore; detesta i potenti che abusano del loro potere, aborrisce i ricchi che disprezzano i poveri. Egli non tollera queste distinzioni sociali, perché vuole che tutti vivano da fratelli, ma non vuole distruggere e annientare i superbi, i potenti e i ricchi: li vuole convertire; vuole togliere la superbia dal loro cuore e mettervi l’amore; vuole che la potenza e il potere siano veramente al servizio degli umili; vuole che i sazi riempiano di beni la mensa degli affamati.***
Dice: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”.
Questo cerca Dio. Solo chi non si converte, sarà condannato, spazzato via, ma finché c’è storia Dio agisce a salvezza per tutti. E Dio, per rifare la storia umana, fatta di peccato e di sangue, indica la strada dimostrandosi come colui che preferisce gli umili, i poveri; come colui che è dalla parte degli schiantati dai potenti, dalla parte degli emarginati.
In questo senso il canto del Magnificat è una profezia di come Gesù rivelerà con il suo agire l’agire del Padre. Gesù, il Figlio di Dio, non solo è nato tra i poveri, ma è anche vissuto da povero ed ha cercato i poveri, gli umili. In linea con il canto di Maria, Gesù si presenta a Nazaret e dice: “Lo Spirito del Signore è su di me... Mi ha mandato ad annunziare il Lieto Annuncio ai poveri..., a mettere in libertà gli oppressi...” (Lc 4,14-20).
Per fare questo si avvicina anche ai ricchi, a coloro che si sentono sazi e dice: “Date in elemosina quello che avete nel piatto” (Lc 11,41). E nel Vangelo scorgiamo un ricco che dà la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce quel che ha rubato dando quattro volte tanto. E Gesù dice che la salvezza è entrata nella sua casa (Lc 19,1-10). Un’altra volta, mentre è a pranzo, vede gente che corre a prendere i primi posti... e dice loro: “chi si esalta sarà umiliato”.
La salvezza cantata da Maria ha come base la liberazione dal peccato e, quando si dice peccato, si dice rottura di relazione tra l’uomo e Dio e degli uomini tra loro”. Imprimiamola bene nella mente questa definizione di peccato: “Rottura di relazione con Dio e con gli uomini miei fratelli”. “Rottura” perché il peccato è sempre ricerca di sé e chiusura a Dio e agli altri. Ebbene Dio, come ci ha insegnato Maria, vuole abolire queste rotture e costruire comunione, vuole confondere i superbi e quelli che si credono superiori agli altri, perché scendano dai loro troni e mettano la loro autorità a servizio della gente. Gesù è venuto per servire, e quando risorto appare pieno di potere in cielo e in terra, mette subito la sua autorità a servizio: “Sarò con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”. Egli, ne è simbolo l’Eucaristia, ci invita alla sua mensa, perché vuole che tutti ci sentiamo partecipi dello stesso pane, che tutti ci sentiamo in comunione con gli altri.
L’insegnamento è chiaro: la rivoluzione di Dio cantata da Maria indica il progetto di Dio sull’umanità: costruire una comunità di fratelli perché la parola d’ordine è unica: “fare comunione”.
È la conclusione più logica del Magnificat. Tutta la storia di Israele, di solito infedele a Dio, è un atto di “misericordia”. Non c’era altro mezzo per mantenere le promesse fatte ai Padri e alla loro discendenza. Sia Maria però, sia la comunità cristiana sa che Dio è andato oltre questa storia antica e in Gesù, suo Figlio, ha portato a compimento in modo perfetto tutte le promesse, perché Gesù è il vero compimento di tutta la Legge e di tutti i profeti.***“Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia. Come aveva promesso ai nostri Padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”.
Preghiamo
Come è stato bello, o Maria, ascoltare il tuo canto. Sei una vera catechista di Dio, ce lo hai presentato come un Padre colmo di misericordia e di amore, ce lo hai fatto sentire vicino, accanto a noi in ogni situazione e ci hai insegnato a lodarlo. O Maria, invoca su di noi il dono dello Spirito Santo che ci aiuti a sentire le cose belle che facIciamo e che sono in noi come opera sua e a scorgerlo operante nella storia. Donaci quel sentimento profondo che ci aiuti a colloquiare con il Padre, e il Figlio e lo Spirito in una vera preghiera, fatta di lode, di ringraziamento e di adorazione. Allora riusciremo a sentire che non siamo soli perché Essi non ci abbandonano mai. Amen!
Mario Galizzi SDB
IMMAGINI:1-2 © Elledici / P. Favaro / L’esultanza del canto del Magnificat di Maria, nasce dalla sua appartenenza totale a Dio. La fede l’ha condotta ad abbandonarsi totalmente al Signore, per questo è capace di gioia e di giubilo.3 La Vergine Maria, Marc Chagall, Zurigo / È la semplicità e umiltà di Maria che la erge al di sopra di tutte le creature. Lei non ha mai ospitato nel suo cuore la possibilità di rifiutare Dio. Il dubbio non ha attraversato la sua esistenza. Il dubbio, non il dolore.4 © Elledici / P. Favaro / Maria prega e canta. In lei la preghiera si fa canto perché è capace di vedere la magnificenza di Dio nella creazione e nella storia.5 © Elledici / N. Musio / Mediante la preghiera Maria scopre di appartenere a pieno titolo alla storia del suo popolo. Storia nella quale lei ha ora un ruolo di eccezionale importanza.
AVE MARIA PURISSIMA!