È morto mons. Girolamo Grillo, il
vescovo della Madonnina delle lacrime di Civitavecchia.
È successo ieri, nel
giorno di Maria Regina. E in questo chi lo ha conosciuto potrà leggerci una
carezza, quasi una firma del Cielo nel momento del distacco e del dolore,
perché dice molto di lui e della vicenda in cui è stato coinvolto. A
Civitavecchia, non tutti sanno, all’evento delle lacrimazioni fece seguito,
negli anni 1995 e 1996, un ciclo di apparizioni della Vergine presso la
famiglia Gregori, proprietaria della statua, su cui la Chiesa ancora indaga, ma
avvalorate, come a breve vedremo dallo stesso ordinario diocesano... Orbene la
Madonna si è qui presentata nei titoli di «Regina della Chiesa» e di
«Regina della Famiglia», e lo stesso vescovo Grillo, nel 2011, introduceva con
queste parole il libro testimonianza dedicato ai misteriosi eventi verificatesi
nella sua diocesi: «Sarà questo il mio testamento spirituale: un vero atto di
amore alla celeste Regina che ha voluto coinvolgermi in una storia lunga e, per
qualche verso drammatica».
Questa frase risalta anche nella quarta
di copertina dello stesso memoriale, edito da Shalom, il cui titolo è La
vera storia di un doloroso dramma d’amore e che riferisce la
straordinaria esperienza dell’Autore, turbinosa e a tratti certamente dolorosa,
iniziata il 2 febbraio 1995 nel giardino dei Gregori con le lacrimazioni di
sangue della celebre statua della Madonna raffigurante la Regina della Pace.
Monsignor Grillo inizialmente si mostrò
ostile all’evento, arrivando a ordinare al parroco
della famiglia di distruggere il sacro manufatto, ma in seguito, dopo anche
aver ordinato un esorcismo, accettò di custodire personalmente la bianca
Madonnina finché, il 15 marzo successivo, la statua lacrimò per la
quattordicesima volta direttamente nelle sue mani, causandogli un principio di
infarto, ma soprattutto un profondo turbamento interiore.
Quell’evento fu lo spartiacque della sua
esistenza, o meglio il ritorno all’origine,
alla genuina devozione materna la quale, quando era bambino, pellegrinando in
ginocchio, aveva ottenuto dalla Vergine di Portosalvo che gli salvasse un
occhio ferito da un sasso e ormai dato per perso. Calabrese, di umili origini –
nacque a Parghelia, in provincia di Vibo Valentia nel 1930 –, intelligente e
portato negli studi, Girolamo si era in seguito affidato più alla ragione e
alla prassi, rincuorato anche da una rapida carriera ecclesiastica che lo
condusse diritto in Vaticano nella Segreteria di Stato sotto la direzione del
cardinale Benelli, e poi vescovo a Cassano Jonio (1980), prima che della
diocesi di Civitavecchia e Tarquinia (1983).
Ma il giorno 15 marzo 1995 ribaltò la prospettiva, segnando
indelebilmente il prima e il dopo nella vita di questo sacerdote, che poco alla
volta, incalzato dal Mistero, iniziò a riscoprire il senso dell’affidamento, il
valore dell’adeguare la propria libertà al piano di Dio: «Mi trovo – confidò –
alla scoperta cocente della mia incapacità fondamentale, della mia presunzione
di poter agire con le mie sole doti intellettuali e morali. Non posso
nascondere di aver intrapreso il mio cammino a cavallo, ma, dopo un lungo
galoppo, ho scoperto che il mio incedere, sotto molti punti di vista brillante,
nascondeva una grande fragilità».
La sua cavalcata, di fronte a una statua
di gesso che piange e a una bambina, Jessica Gregori,
allora di soli 6 anni, che gli porta a casa i messaggi della Vergine, si
conclude con una caduta, come per san Paolo: «Io cercavo la verità con
raziocinio e l’ho avuta con una bastonata in testa». Che ha messo il seme per
una nuova conversione, più autentica, per un ripartire, per «quella vera
risposta e quel vero impegno, giunti soltanto in secondo tempo».
Non tornò mai indietro, ma non fu un
percorso semplice. Ogni volta che succedeva qualcosa
il vescovo Grillo – parlo per conoscenza personale – per suo istinto si
ritraeva. Schivo, fragile, come lui stesso si definiva, e al tempo stesso di
carattere coriaceo tentò a lungo di sfuggire dal servire il disegno divino che
si manifestava via via davanti a lui con contorni sorprendenti: lacrimazioni ed
essudazioni di due identiche statue della Vergine, apparizioni di angeli che
precedono come a Fatima le visite della Madonna, 93 messaggi della stessa,
manifestazioni demoniache accompagnate, fortunatamente, da ben più numerose
grazie e guarigioni straordinarie... Di ogni tipologia di questi fatti
straordinari mons. Grillo fu chiamato a testimone. Se chiedeva un segno il
Cielo glielo accordava; se non lo chiedeva, anzi vi rifuggiva, il buon Dio
glielo mandava ugualmente…
Rimando al volume La Madonna di
Civitavecchia di padre Flavio Ubodi, intermediario
del vescovo con la famiglia Gregori, che entra nel merito di numerosi
avvenimenti soprannaturali a sostegno di una mariofania ancora in corso che,
come ha commentato con profondità Antonio Socci nel suo recente volume La
profezia finale, si verifica nella metropolitania di Roma, nel cuore stesso
della Chiesa.
Nelle sue apparizioni la Madonna chiede
sempre l’apporto degli uomini – «Ho bisogno di voi!», dice – per
realizzare i suoi disegni. Chiede e non ordina perché ogni chiamata di Dio non
lede mai la libertà dei suoi figli. A Civitavecchia poi, come a Guadalupe, a
Ghiaie di Bonate, a Montichiari e in molti altri luoghi delle sue venute, si è
rivolta accorata ai vescovi, perché riconoscessero l’urgenza e la grazia di
questa sua presenza, facendo conoscere a tutti i suoi messaggi... A differenza
di altri suoi fratelli nell’episcopato, mons. Grillo alla fine ha dato seguito
a queste implorazioni materne. Tardivamente, forse, e non con la fermezza
dovuta, secondo la sua indole – nei messaggi la Vergine si riferisce a lui
affettuosamente come «il mio piccolo vescovo» –, ma vi ha dato seguito.
Prima di lasciare il governo della diocesi ha compiuto due gesti altamente
significativi, elevando a Santuario mariano la parrocchia
Sant’Agostino di Pantano, che dal giugno 1995 custodisce la Statua che ha
lacrimato sangue, e celebrando una Messa nella casa dei Gregori accordando
loro, per iscritto, piena libertà di testimonianza. Da ultimo, con la
pubblicazione del suo diario ha spiegato per quali ragioni, anche di natura
soprannaturale, si sia convinto della veridicità delle apparizioni.
L’atto di fede comporta sempre la croce,
che non risparmiò neppure mons. Grillo. Siamo in
un’epoca egocentrica e razionalista che nega il Divino. I cristiani sono
ridotti in minoranza e quanti si appoggiano sulle proprie forze anziché nelle
robuste braccia del Padre celeste finiscono a loro volta per annacquare la
fede, lasciarsi prendere dal timore e potranno – chissà – arrivare a negare
l’azione di Dio nella loro vita o a vergognarsi di esporre la statua della
Madonna in un luogo pubblico... Il «piccolo Vescovo» di Civitavecchia dovette
continuamente confrontarsi con questo stato di cose. Soffrì moltissimo per
l’incomprensione che si spinse al dileggio di diversi fratelli nell’episcopato,
fra cui alcuni che godevano ieri come oggi di alta visibilità nella
Chiesa.
Poté contare, tuttavia, sull’appoggio
certo e mai venuto meno di Giovanni Paolo II il quale, come
si riscontra con dovizia di particolari nei libri di mons. Grillo e di padre
Ubodi, volle venerare più volte la Madonnina delle lacrime; firmò di suo pugno
un documento in cui si afferma che l’Atto di Affidamento alla Madonna dell’8
ottobre del 2000 è stato fatto in ascolto degli avvenimenti di Civitavecchia; e
stabilì con la famiglia Gregori, tramite anche il suo segretario mons. Emery Kabongo,
un rapporto di cui si hanno tracce ufficiali fino al suo ultimo ricovero al
Gemelli.
Alla morte di Giovanni Paolo II mons.
Grillo si sentì inizialmente smarrito. In quei giorni la statua della Madonna
in casa dei Gregori ha pianto copiosamente lacrime umane. Esiste un video - di
cui il sottoscritto è testimone - in cui il vescovo assiste al fenomeno in
ginocchio chiedendo perdono alla Vergine di non aver fatto tutto ciò che Lei
gli aveva chiesto. Questo suo scritto mi pare renda bene l’idea di un lungo
travaglio interiore: «C’è una voce nella mia vita che continuamente risuona,
con un’incessante domanda: “Perché non hai pregato, come avresti dovuto
pregare? Tu avresti dovuto pregare per quelli che pregano e per quanti non
pregano, e invece non l’hai fatto”. Ti chiedo perdono, pertanto, o Signore,
perché non sempre la preghiera è stata per me sorgente di luce nel mio
apostolato, per la conversione dei peccatori, per le anime più perfette nella
via di Dio».
Ho incontrato mons. Grillo l’ultima
volta, nel febbraio dello scorso anno davanti alla
chiesetta di Pantano, al termine di una mattinata che aveva speso a confessare
i pellegrini. Vi veniva spesso da Roma, dove da emerito risiedeva presso la
Basilica di Santa Maria Maggiore. L’ho trovato sereno, pacificato e con uno
sguardo santo e buono, fatto certo di aver ben servito la sua Regina. In un
articolo del 2003 a Lei si rimetteva totalmente, esprimendo tanto amore filiale
e desideroso di incontrare un giorno il suo sorriso. Con riferimento personale
alla vicenda che gli era stata data di vivere, chiudeva il suo tributo,
affidandosi a una poesia di santa Teresa di Lisieux: «Vorrei cantare Madre,
perché / t’amo, / e perché il dolce tuo nome mi fa / trasalire il cuore…». Più
sotto: «Perché una creatura possa darsi tutta alla sua mamma / bisogna che
questa pianga con lei, / divida i suoi dolori. / Regina del mio cuore, / quanto
piangesti quaggiù per attirarmi a te!».
P.S. Mons. Girolamo
Grillo è morto ieri mattina, 22 agosto, festività della Beata Vergine Maria
Regina, alle ore 8 e 30, durante le sue ferie estive in Romania. Da diversi
anni amava raggiungere per l’estate la Casa San Giuseppe di Oderheiul Secuiesc.
Il vescovo aveva dato anche il suo sostegno a quest’opera di aiuto ai
bambini disagiati fondate dalle Suore del Cuore Immacolato di Maria che lui
aveva potuto apprezzare proprio negli anni di ministero nella diocesi di
Civitavecchia e Tarquinia.
AMDG et BVM