LIBRO DI AZARIA CAPITOLO 44
Terza domenica d'Avvento
15 dicembre 1946
Introito: Salmo 85 (84), 2; Filippesi 4, 4-6.
Orazione: Deh, Signore, piega il tuo orecchio alle nostre preghiere e con la grazia della tua venuta rischiara le tenebre della nostra mente.
Epistola: Filippesi 4, 4-7.
Graduale: Salmo 80 (79), 2-3.
Vangelo: Giovanni 1, 19-28.
Offertorio: Salmo 85 (84), 2.
Segreta: Fa', o Signore, te ne preghiamo, che la nostra devozione ti immoli sempre quest'ostia, in modo che essa rinnovi gli effetti stabiliti al sacro mistero ed operi mirabilmente in noi la tua salute.
Comunione: Isaia 35, 4.
Dopocomunione: Imploriamo, Signore, la tua clemenza, affinché questi divini aiuti, dopo averci purificati dai vizi, ci preparino alle feste che s'avvicinano.
Dice Azaria:
Orazione: Deh, Signore, piega il tuo orecchio alle nostre preghiere e con la grazia della tua venuta rischiara le tenebre della nostra mente.
Epistola: Filippesi 4, 4-7.
Graduale: Salmo 80 (79), 2-3.
Vangelo: Giovanni 1, 19-28.
Offertorio: Salmo 85 (84), 2.
Segreta: Fa', o Signore, te ne preghiamo, che la nostra devozione ti immoli sempre quest'ostia, in modo che essa rinnovi gli effetti stabiliti al sacro mistero ed operi mirabilmente in noi la tua salute.
Comunione: Isaia 35, 4.
Dopocomunione: Imploriamo, Signore, la tua clemenza, affinché questi divini aiuti, dopo averci purificati dai vizi, ci preparino alle feste che s'avvicinano.
Dice Azaria:
« Il Ss. Signor Nostro ti ha anticipato il gaudio che la liturgia canta oggi. È venuto a consolarti e a raffermarti1, povera anima che sei scrollata senza pietà per piegarti a dire il non vero.
Non lo dire mai. Ti ricordo le parole del Maestro: "Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". Là si riferiva ad un'imposta, qui si riferisce ad un'opera. Ma sia nell'uno che nell'altro caso va sempre dato a Dio ciò che è di Dio. Anche se insistendo a voler riconosciuta l'origine soprannaturale dell'opera tu ottenessi che nessuno più se ne occupasse - parlo di sacerdoti - lasciali fare. Di tre cose avranno a rispondere a Dio: di non aver riconosciuta la Parola, di avere dato scandalo a molte anime, di aver mancato di carità verso di te, e anche verso gli affamati della Parola per i quali, avendone misericordia, Gesù Ss. aveva dettato l'Opera. Tu, per tuo conto, volendo fare ciò che Dio vuole, hai fatto, anche se ti è impedito di fare. Davanti agli occhi di Dio tu hai fatto, sia come portavoce che come esecutrice degli ordini di Dio. E ti deve bastare. Al resto e agli altri pensa Iddio. Oh! che parole sono nel Vangelo applicabili a questo caso!
Ma sempre beati i piccoli che servono con semplicità e amore il Signore, e guai sempre a coloro che col loro modo di agire, opposto alle bontà del Signore, accumulano sul loro capo i rigori della Giustizia!
E preghiamo ancora e sempre perché colla grazia della venuta del Cristo siano rischiarate le tenebre dalla mente di molti.
E voi, anime fedeli, che con semplicità e amore servite e seguite Dio e la sua Volontà, state sempre ilari nel Signore. Il gaudio di questo amore reciproco e della pace che viene dal dire: "Io faccio ciò che Dio vuole" vi accompagni sempre, fra le croci e le prove. Quale che sia la giustizia alla quale pervenite, quale ne sia il riflesso tralucente dalle vostre azioni e palesante agli uomini le operazioni congiunte di Dio in voi e di voi per amor di Dio, quali che siano le grazie che la Bontà eterna vi concede, siate modesti, di modo che gli uomini guardandovi possano dire: "Egli è un vero figlio di Dio, perché ai suoi meriti congiunge la modestia in ogni atto o parola o sguardo".
Siate molto vigilanti perché vi sono sguardi che tradiscono un'imperfetta virtù meglio di aperte parole. Veramente alcuni, che per tutte le altre cose sono virtuosi, mancano in questa virtù della perfetta umiltà. La perfetta umiltà non carezza, neppure nel segreto del cuore, il compiacimento per essere buoni e beneficati da Dio. La perfetta umiltà non si turba per lode altrui e non assume quelle ipocrite pose di umiltà che sono raffinata superbia e studio volto a farsi più ancora lodare. Vi sono sguardi, sorrisi, atti che senza parola dicono chiaramente che godete della lode. E allora non è più vera umiltà.
Voi, anime che tendete alla perfezione per amore di Dio, siate veramente modeste in ogni cosa. L'occhio di Dio è sempre su voi e vede la realtà dei vostri cuori. Ricordatevelo sempre. E ancora il Signore può essere vicino col suo giudizio, perché nessuno sa quando verrà la morte a liberare le vostre anime e a indirizzarle al giudizio di Dio. Vivete sempre come se il Signore fosse per apparirvi chiamandovi all'altra vita.
Non vi affannate di niente, memori delle parole del Cristo: "Il Padre vostro sa di che avete bisogno. Ad ogni giorno il suo affanno". Perché mettervi in tristezza e tedio per cose future e che forse vedete solo per suggestione e opera demoniaca volta a spaurirvi e farvi dubitare della Provvidenza? L'affanno del domani è come acqua gettata sul dolce fuoco della speranza nella divina bontà, e come della rena gettata a distruggere le tenere pianticelle della vostra giornaliera fiducia in Dio.
Gesù Ss. nell'insegnarvi la orazione domenicale2 vi ha detto di dire "Dacci oggi", non "Dacci per tutto l'anno o per tutta la vita". Perché il Pater è, deve essere un atto giornaliero di carità, di fede, di speranza, di dolore che chiede perdono. Non lo avete mai riflettuto che nel Pater sono i quattro atti di fede, speranza, carità e dolore che la Chiesa mette fra parti dell'orazione che un buon cristiano deve giornalmente fare per aiutarsi a raggiungere queste virtù, ad accrescerle nella propria anima, e a professarle eroicamente contro il rispetto umano e lo scherno del mondo, mentre l'atto di dolore è utile riparazione e mezzo a maggiore virtù nel dì successivo, perché si presuppone che in chi prega sia presente l'attenzione a ciò che dice, altrimenti non sarebbe pregare, ma balbettare suoni senza valore, e perciò l'atto di dolore sia il termine ad un giornaliero ed utilissimo esame di coscienza durante il quale l'uomo umilmente riconosce i peccati e le omissioni fatte durante il giorno e se ne accusa con sincero dolore di aver offeso Dio?
Meditate e vedrete che nel Pater sono inseriti questi quattro atti, doverosi verso Dio e necessari al vostro crescere in sapienza e grazia. Non vi affannate perciò del domani per non cadere in tristezza e paura. Le vane preoccupazioni allontanano da Dio. Sono come schermi opachi e tetri messi fra voi e il vostro eterno Sole. Sono come catene che vi tengono prigionieri qui in basso, mentre senza di esse e con la bella fiducia in Dio volereste con lo spirito a Dio. Sono feritoie aperte a Lucifero che può entrare di lì a ferirvi e attossicarvi.
Non vi affannate, ma in ogni cosa rivolgetevi a Dio con preghiere e suppliche unite a rendimento di grazie. E rimanete nella pace. La carità, la fede, la speranza, l'umiltà, la fiducia in Dio e a Dio, l'ubbidienza ai suoi voleri, danno questa pace che sorpassa ogni intelligenza. Sia essa in voi. E voi con essa in cuore pregusterete il Paradiso, perché avere pace è avere Gesù Cristo ed essere stabiliti in Lui.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo».
1 È venuto a consolarti e a raffermarti, come ha fatto Gesù con il "dettato" del giorno avanti, 14 dicembre 1946, riportato nel volume I quaderni del 1945-1950.
2 la orazione domenicale, cioè la preghiera del Padre nostro, negli scritti valtortiani è sempre citata come Pater noster, perché a quei tempi si usava pregare in latino sia in chiesa che in casa.
AMDG et DVM