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giovedì 19 agosto 2021

Aspiraz. amorose a Gesù Sacramentato - Sant'Alfonso Maria de' Liguori

 

Aspiraz. amorose a Gesù Sacramentato
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Testo




I. Egredimini et videte, filiae Sion, regem Salomonem in diademate, quo coronavit illum mater sua in die desponsationis illius (Cant. III, 11). O figlie della grazia, anime che amate Dio, uscite su dalle tenebre della terra ed osservate il vostro re Gesù incoronato con corona di spine, corona di disprezzo e di dolore, con cui lo coronò l'empia sinagoga sua madre nel giorno del suo sponsalizio, cioè nel giorno di sua morte, per mezzo della quale si sposò colle anime sulla croce; uscite di nuovo a vederlo tutto pieno di pietà e d'amore, ora che viene ad unirsi con voi in questo Sacramento d'amore.

Amato mio Gesù, tanto vi è costato dunque il poter venire ad unirvi coll'anime in questo dolcissimo Sacramento? Avete dovuto prima soffrire una morte così amara e vituperosa? Venite, venite presto ad unirvi ancora all'anima mia. Ella era un tempo vostro nemica per lo peccato, ma ora voi la volete far vostra sposa colla vostra grazia. Venite, o sposo mio Gesù, ch'io non voglio più tradirvi, io voglio esservi sempre fedele. Quale sposa amante voglio solo pensare a cercare il vostro gusto. Vi voglio amare senza riserva; voglio essere tutto vostro, Gesù mio, tutto, tutto, tutto.1

II. Fasciculus myrrhae dilectus meus mihi, inter ubera mea commorabitur (Cant. I, 12). L'arboscello di mirra, dopo ch'è ferito, versa per le ferite lagrime e liquore di salute. Il nostro Gesù prima della sua Passione volle per le sue piaghe versare con tanto dolore il suo sangue divino, per donarlo poi tutto a noi per nostra salute in questo pane di vita. Vieni


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dunque, o mio caro fascetto di mirra, o mio innamorato Gesù, che sei a me soggetto di dolore e di compassione quando ti considero impiagato per me sulla croce; ma ricevendoti poi in questo dolcissimo Sacramento ti rendi a me assai più soave che non è gradito ad un sitibondo un grappolo d'uva eletta: Botrus Cypri dilectus meus mihi in vineis Engaddi (Cant. I, 14).2 Vieni dunque all'anima mia e ristorami e saziami del tuo santo amore. Ah che dolcezza io sento nello spirito mio in pensare d'avere a ricevere dentro di me quello stesso mio Salvatore che per salvarmi volle essere dissanguato e sacrificato sulla croce per me! Inter ubera mea commorabitur. No, mio Gesù, ch'io non mai più avrò a cacciarvi, né mai più voi avrete a partirvi da me. Io voglio sempre amarvi e sempre stare unito e stretto con voi. Io sarò sempre di Gesù, Gesù sarà sempre mio; sempre, sempre, sempre inter ubera mea commorabitur.

III. Dum esset rex in accubitu suo nardus mea dedit odorem suum (Cant. I, 11). Quando Gesù viene ad alloggiare in un'anima colla santa comunione, oh come l'anima alla luce che porta seco questo Re del cielo vede e conosce la sua bassezza. E conforme la pianta di nardo si conosce la più bassa fra l'altre piante, l'anima si confessa la più vile fra tutte le creature: ed allora poi così umiliata, oh che odore soave rende all'amato suo Re; che per ciò l'invita a sempre più seco unirsi.

Anima mia dunque, se vuoi che Gesù in te riposi riguarda la tua bassezza: chi sei?3 che meriti? ed umiliati quanto devi4 cacciando da te ogni stima propria che allontana da te Gesù e l'impedisce di venire in te a riposare. Vieni a me, caro mio Redentore, vieni; e colla tua divina luce fammi vedere la mia bassezza, la mia miseria, il mio niente, acciò tu possa in me riposare con tuo piacere per non separarti più da me.

IV. Sentite de Domino in bonitate (Sap. I, 1). Anima mia, perché sei così timida e pusillanime a vista della bontà e dell'amore infinito del tuo Signore? Perché sconfidi? Or che sei fatta degna di ricevere in te Gesù Cristo, corrispondano i tuoi sentimenti confidando in quella immensa bontà di Dio che ti dà tutto se stesso. È vero che sono terribili i suoi giudizi, ma sono terribili per li superbi e per gli ostinati; ma


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per gli umili e penitenti che desiderano d'amarlo e compiacerlo sono i giudizi suoi tutti misericordia ed amore, uscendo da un Cuore tutto pieno di pietà e d'amore; son tali, che Davide considerando questi giudizi di Dio soprabbondava di speranza: In iudiciis tuis supersperavi (Ps. CXVIII, 43). Questi giudizi lo facevano lieto e consolato: Iudicia tua iucunda (Ps. CXVIII, 39). Memor fui iudiciorum tuorum... et consolatus sum (Ps. CXVIII, 52).

Ah che questo gran Dio è troppo amoroso e cortese con chi lo cerca con amore! Bonus est Dominus... animae quaerenti illum (Ierem., Thren., III, 25). Oh quanto è buono Dio con chi cerca d'uniformare tutta la sua volontà colla sua volontà divina! Quam bonus Israel Deus his qui recto sunt corde! (Ps. LXXII, 2).5 Mio Dio, mio amore, mia speranza, mio tutto, io vi voglio,6 e vi voglio solo per amarvi, per darvi gusto e fare sempre la vostra volontà; fatevi voi da me trovare; fate ch'io vi contenti e che non vi lasci più. Fiat, fiat. Amen, amen.

V. Vox dilecti mei pulsantis: Aperi mihi, soror mea, amica mea, columba mea, immaculata mea (Cant. V, 2). Ecco la voce che fa sentire Gesù sacramentato a chi l'ama e lo desidera. Aprimi, le dice, o anima, il tuo cuore ed ivi io entrerò a stringermi con te: sicché tu unita a me diventerai allora mia sorella per simiglianza, mia amica per la comunicazione de' miei beni, mia colomba per lo dono della semplicità, mia immacolata per lo dono della purità ch'io ti comunicherò.

E poi seguita a dire: Aprimi su: Quia caput meum plenum est rore, et cincinni mei guttis noctium (Cant. V, 2). Come dicesse: Pensa, o mia diletta, ch'io ho aspettata tutta la notte della tua mala vita, menata da te fra le tenebre e fra gli errori. Eccomi ora che in vece di venire co' flagelli a castigarti, vengo in questo Sacramento co' capelli pieni di rugiada celeste per ismorzare in te gli ardori impuri verso le creature, e per accendere in te il fuoco beato del mio santo amore. Vieni dunque, o amato mio Gesù, ed opera in me quello che desideri di fare. Io rinunzio all'affetto d'ogni cosa per essere tutto vostro ed acciocché mi rendiate quello che mi bramate, tutto uniforme a' vostri santi voleri.7


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VI. Veniat dilectus meus in hortum suum... comedat fructus pomorum suorum (Cant. V, 1). Dice Cornelio a Lapide8 che questo appunto è l'invito che fa l'anima che desidera la santa comunione a Gesù sacramentato.9 Venite, diletto mio, le dice, nel mio povero cuore che un tempo infelice non era vostro, ma ora per mezzo della vostra grazia è tornato già ad essere vostro. Veniat... et comedat fructus pomorum suorum. Venite e gustate in me di quelle virtù che voi stesso mi recate colla vostra venuta. Deh Signor mio, almeno per onore della vostra maestà purificate l'anima mia, adornatela, infiammatela del vostro amore e rendetela bella agli occhi vostri, acciocché si renda degno albergo di voi.

VII. Ad ubera portabimini (Is. LXVI, 12). Appunto dal sacro altare Gesù sacramentato fa all'anime questo dolce invito: Venite, dice loro, a succhiare il latte mio divino che vi dono in questo Sacramento dandovi a bere il mio medesimo sangue. Ma qual pastore mai, dice S. Gio. Crisostomo, col suo proprio sangue pasce le sue pecorelle? Anche le madri danno alle nutrici ad alimentare i propri figli. Ma voi, o Pastore divino innamorato delle anime, volete nutrirle col vostro sangue stesso.10 Aveva ragione dunque S. Caterina da Siena, che accostandosi alla comunione andava anelante a succhiare questo latte divino, appunto come un bambino si accosta ansioso a succhiare il latte dal petto della madre.11 Ed aveva


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anche ragione la sacra Sposa di dire al suo diletto: Meliora sunt ubera tua vino (Cant. I).12 Significando ch'ella prezzava più il latte di questo Sacramento, come spiegano i sacri interpreti, che tutte le dolcezze della terra che sono passaggiere e vane com'è passaggiera e vana la dolcezza e letizia del vino.

O mio amato Gesù, giacché voi volete pascermi questa mattina col vostro medesimo sangue nella santa comunione, è ragione ch'io vi rinunzii volentieri tutte le delizie e gusti che può darmi la terra. Sì che ve li13 rinunzio tutti, e mi protesto ch'eleggo prima di patire tutt'i mali unito con voi, che godere tutti i beni del mondo lontano da voi. Mi basta per ogni contento il contentare e dar gusto a voi che meritate d'esser contentato ad ogni costo. Donatemi voi, vi prego,14 solamente il vostro amore e la vostra grazia, e ciò mi basta e son contento: Amorem tui solum, vi dirò con S. Ignazio di Loiola, cum gratia tua mihi dones, et dives sum satis.15

VIIIComedite, amici, et bibite et inebriamini, carissimi (Cant. V, 1). Gli amici, cioè gl'incipienti che appena godono la divina amicizia,16 ricevendo la santa comunione si cibano già delle carni di Gesù Cristo, ma si cibano con fatica. I proficienti poi bevono Gesù con minor fatica. Ma per li carissimi poi son dinotati i perfetti, che inebriati di santo amore ed usciti quasi fuori del mondo vivono scordati quasi di tutte le cose, anche di se stessi, attenti solo ad amare ed a contentare il loro Dio.

Amato mio Gesù, non sono già io perfetto, ma voi mi potete far perfetto. Non sono io a voi carissimo per mia mancanza,


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perché sono stato un ingrato ed infedele; ma voi potete farmi diventar tale con inebriarmi questa mattina del vostro amore. Adveniat regnum tuum. Venite, diletto mio Signore, a prender possesso di tutta l'anima mia. Fermate in me il vostro regno, sicché voi solo in me regniate, solo il vostro amore comandi ed io al solo vostro amore ubbidisca. Inebriatemi, inebriatemi tutto; fatemi scordare delle creature, di me, degli interessi miei e di tutto, acciocché io non ami che voi solo, mio Dio, mio tesoro, ogni mio bene, mio tutto;17 voi solo sospiri, voi solo cerchi, a voi solo pensi, a voi solo io piaccia. Fatelo per li meriti della vostra Passione. Questo solo io vi dimando, e questo spero.


IX. Fulcite me floribus, stipate me malis, quia amore langueo (Cant. II, 5). Il languire dell'anima è quando ella, scordata di sé e delle sue cose, non pensa che a cercar ristoro a' suoi amorosi languori coi santi desideri che sono i fiori, e colle opere sante che sono i frutti del divino amore.

Ah mio Dio sacramentato, giacché mi volete tutto per voi, fatemi quello che voi mi volete. Fatemi scordare d'ogni cosa che non s'appartiene al vostro amore. Accrescete sempre più in me i desideri di darvi gusto. E fate poi che questi fiori non sieno sempre fiori; fate che diventino ancora frutti con far io e patire qualche cosa per voi che avete fatto e patito troppo gran cose per me. O Dio, o Dio dell'anima mia, fatevi da me amare, ma amare da vero,18 non solo con parole, ma con fatti, prima che mi arrivi la morte.


X. Dilectus meus candidus et rubicundus electus ex millibus (Cant. V, 10). Il nostro diletto Gesù è tutto candido per la sua purità, e tutto rubicondo per le fiamme del suo divino amore. Agnello mio immacolato e tutto ardente d'amore verso di me, e quando sarà che mi rendiate simile a voi? puro come siete puro voi, giglio purissimo? ardente d'amore per voi come voi ardete per me? Sì ch'io rinunzio a tutti gli amori e mi eleggo solo il vostro amabilissimo amore, mio Dio, mio tutto. Andate, creature, che volete da me? Andate a farvi amare da chi vi cerca. Io voglio solo il mio Dio, e solo per Dio voglio serbare tutto il mio cuore e tutti gli affetti miei.


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XI. Benignitas et humanitas apparuit Salvatoris nostri Dei. Dice S. Paolo (Tit. III, 4) che Dio con farsi uomo fece comparire nel mondo dove giungeva la sua benignità verso noi. Ma col porsi in questo sacramento fa sapere19 dove arriva la tenerezza del suo amore verso dell'anime. Nonne insania videtur dicere, manducate meam carnem, bibite meum sanguinem?20 Dice S. Agostino, non sembra una pazzia il dire a noi Gesù Cristo, come disse in quella notte beata: Accipite et comedite, hoc est corpus meum?21 Uomini, egli disse, io per farvi intendere quanto v'amo, voglio che venite22 a cibarvi delle mie stesse carni. Oh santa fede! E chi mai di noi avrebbe potuto tanto cercare? Chi mai neppure pensarvi, se Gesù non l'avesse pensato e fatto? Alcuni seguaci di Gesù Cristo, quando intesero ciò dalla sua bocca, cioè che voleva dar loro a mangiare il suo corpo, dissero che questa era una cosa troppo dura e che non la potevano credere né sentire: Durus est hic sermo et quis potest eum audire? (Io. VI, 61). E giunsero a partirsi da lui per non volerlo credere; ma pure è di fede che così è.

Ma che altro dimanda da noi Gesù Cristo con tutto ciò che per noi ha fatto, se non essere amato, come già fece intendere una volta il Signore al suo popolo? Et nunc, Israel, quid Dominus Deus tuus petit a te, nisi... diligas eum ac servias in toto corde tuo? (Deut. X, 12).23

Ah! mio Gesù amantissimo, e che cosa non date voi e non promettete a chi v'ama? Voi gli promettete il vostro amore: Ego diligentes me diligo (Prov. VIII, 17). Voi gli promettete i vostri abbracci, ancorché quello v'abbia già voltate le spalle: Convertimini ad me... et convertar ad vos (Zach. I, 3). Voi gli promettete di venire col Padre e collo Spirito Santo ad abitare per sempre nella sua anima: Qui autem diligit me


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diligetur a Patre meo... et ad eum veniemus et apud eum mansionem faciemus (Io. XIV, 21).24

E che cosa più avete da promettere e dare per allettare gli uomini ad amarvi? Signor mio amabilissimo,25 già v 'intendo, voi volete essere amato ancora da me; sì ch'io v'amo con tutto il cuore; e se non v'amo, insegnatemi voi ad amarvi; fate voi ch'io v'ami e v'ami assai: Da quod iubes et iube quod vis.26

XII. Nolite me considerare quod fusca sim: quia decoloravit me sol (Cant. I, 5)L'ardore delle mie passioni, dicea la sacra Sposa - e più lo debbo dire io, o caro mio Gesù - m'ha difformata ed annerita: Nigra sum, sed formosa (Cant. I, 5).27 Ma se io son nera28 per le opere mie, son bella poi per li meriti vostri, o mio Redentore. Nera era io un tempo che stava sola e divisa da voi; ma ora che sto unita con voi, la vostra grazia, la vostra bellezza, il vostro amore mi han renduta bella. Sì, mio Gesù, così spero. Siatene sempre benedetto. Ma non permettete ch'io v'abbia più a perdere e torni all'antica mia bruttezza. Io v'amo, o bellezza infinita, e voglio che sia bella anche l'anima mia e sempre bella, acciocché piaccia sempre agli occhi vostri divini e voi la possiate sempre amare.

XIII. Trahe me: post te curremus in odorem unguentorum tuorum (Cant. I, 3). Giacché dunque, mio caro Gesù, non potendo io salire a voi stando in questa vita, avete voluto voi discendere a me per unirvi con me in questo Sacramento d'amore, tiratemi, Signor mio, tutto a voi. Io non voglio già tirare voi a me, acciocché mi accordiate le mie soddisfazioni; voglio che voi colle vostre dolci attrattive mi tiriate tutto a voi, sicché io altro non desideri e non faccia, che la sola vostra santissima volontà. È ragione che tutte le mie inclinazioni cedano alle vostre sante disposizioni. Unitemi su tutto a voi, e così unito, io sciolto dagli affetti terreni insieme con voi correrò nella via delle sante virtù, per giungere a riposarmi in questa e nell'altra vita solo nella vostra divina volontà. In pace in idipsum dormiam et requiescam.29


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XIV. Introduxit me rex in cellam vinariam, ordinavit in me caritatem (Cant. II, 4).30 Già per questa cella vinaria intende S. Bonaventura la santa comunione, la quale all'anima introdotta e poi unita col suo divino Re fa gustare quel vino d'amore che abbatte gli appetiti delle cose create:31 infonde un amore tutto ordinato, cioè onesto verso se stesso, caritativo verso il prossimo, sommo verso Dio, amando sopra ogni cosa chi sopra ogni cosa merita d'essere amato.32

O Re mio Gesù, unico Signore del mio cuore, voi già m'avete introdotto in questa beata cella del vostro amore, cioè dentro voi stesso, unendomi con voi per mezzo di questo Sacramento d'amore. Sì, mio Signore, che già mi sento mutato il cuore. Sento un desiderio santo che mi dà pace, che mi fa nauseare gli affetti impuri e mi accende ad amare voi, mio Dio, con puro amore. Deh Gesù mio, giacché mi avete data l'entrata in questa beata cella, non permettete ch'io n'abbia più ad uscire. Giacché vi siete unito a me, non vi partite più da me. Staccatemi dagli amori creati. Unitemi sempre più a voi in questa terra, acciò venga un giorno ad unirmi perfettamente con voi in cielo, dove v'amerò con tutte le mie forze alla svelata, senza intervallo e senza imperfezione per tutta l'eternità.

XV. Dilectus meus descendit in hortum suum... ut pascatur in hortis et lilia colligat (Cant VI, 1). Mio dolcissimo Salvatore, giacché voi scendete dal cielo per venire all'anima mia, deh fate colla grazia vostra ch'ella diventi vostro giardino,


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acciocché possiate raccogliere in essa e gigli e frutti a voi graditi. Perdonatemi se io vi ho offeso. Accoglietemi se vi ho lasciato, ora che pentito a voi ritorno. Donatemi quella purità che da me bramate. Datemi forza a fare quello che da me volete. Concedetemi il vostro vero amore, e così sarete da me compiaciuto. - Io vi sacrifico tutte le mie inclinazioni e desidero e voglio solo a voi piacere.

XVI. Dalla sacra Sposa è chiamato33 il suo diletto Totus desiderabilis.34 Gesù alle anime che l'amano da spose si fa tutto desiderabile, o le flagella o le consola: o si fa sentire vicino o lontano; perché tutto fa per amore e per essere amato. Trattatemi dunque, o Gesù mio, come voi volete: io sempre v'amerò; o mi darete dolcezze o tribolazioni, so che tutte mi verranno dal vostro Cuore amoroso, e che tutto sarà per mio maggior bene. Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum:35 Ecco la mia volontà pronta, o Signore, ad abbracciare tutto quello che disponete.36 Benedicam Dominum in omni tempore:37 In ogni tempo o prospero o avverso sempre voglio benedirvi ed amarvi, o mio Creatore. Non cerco né merito già da voi consolazione io che vi ho date tante amarezze co' miei peccati: io cerco solo il vostro gusto. Purché restiate contento voi, io mi contento d'ogni pena. Gesù mio, Gesù mio, o lontano o vicino, sempre mi sarete desiderabile, sempre caro: o mi consolate o m'affliggete,38 e sempre vi voglio amare, sempre ringraziare.

XVII. Quae est ista quae ascendit de deserto deliciis affluens, innixa super dilectum suum? (Cant. VIII, 5). Deh, quali mai sono queste anime che stando sulla terra la stimano come un deserto? Onde staccate dalle cose visibili, vivono solo a Dio, come non vi fosse altro che Dio, che solamente amano ed a cui solo desiderano piacere; ed in tal modo quasi escon fuori della terra e sopra quella s'innalzano, godendo le delizie che gode chi vuole solo Dio ed appoggia solo a Dio tutte le sue speranze.

Quali mai sono quest'anime felici, se non quelle che spesso e con puro amore si uniscono con Gesù sacramentato? Sì,


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mio Dio, tale desidero d'esser ancor io per mezzo della vostra grazia, staccato da ogni cosa e tutto vostro. Il mondo da oggi avanti sarà per me un deserto, dove fuggendo d'attaccarmi a qualsivoglia creatura, non voglio pensare che solamente a voi, come se non vi fosse altro che voi ed io. In voi solo voglio mettere tutta la mia confidenza, tutto il mio amore, o Dio, o Dio, mio amato,39 mia speranza, mio amore, mio tutto.

XVIII. Si murus est, aedificemus super eum propugnacula argentea: si ostium, compingamus illud tabulis cedrinis (Cant. VIII, 9). Questo appunto fa Gesù, quando viene ad un'anima colla santa comunione: vede ch'ella è muro già troppo debole per resistere agli assalti dell'inferno, onde colla virtù del Sacramento la fortifica con difese d'argento, cioè della sua luce divina. Vede ch'è porta facile a marcirsi, ed egli la rinnova componendola con tavole di fortezza e di perseveranza, significate40 per lo cedro ch'è legno forte ed incorruttibile, cioè coi doni del santo timore, col distacco dalle creature, coll'affetto all'orazione, colle preghiere, co' desideri santi, e più col dono del divino amore, che sono i sostegni della santa perseveranza.

Panis cor hominis confirmat.41 Gesù ci fa sapere che come il pane terreno conserva la vita del corpo, così il pane celeste della santa comunione conserva la vita dell'anima. Qui manducat me, et ipse vivet propter me.42 Qui manducat meam carnem et bibit meum sanguinem in me manet et ego in illo.43 Ecco le belle promesse che fa Gesù a chi lo riceve sacramentato.

Ah Gesù mio, chi più fragile ed infedele di me? Voi già lo sapete quante volte ho ceduto a' miei nemici: quante volte essi han guadagnata la porta, cioè la mia volontà, per cui sono entrati a rovinarmi con farmi perdere la vostra amicizia! Deh fortificatemi voi colla vostra luce e colla vostra fortezza, acciocch'io non v'abbia più da perdere o scacciarvi44 da me. Signore e Redentore mio caro, se ho da tornar ad offendervi, deh fatemi morire ora che spero di stare in grazia vostra ed


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unito con voi. Non mi fido né voglio no, mio amato Gesù, vivere più senza voi. Ma io finché vivo son capace di mutar volontà e tornare a tradirvi come ho fatto per lo passato; aiutatemi voi. Aiutatemi ancora voi, abbiate pietà di me, Maria SS.;45 voi che siete la madre della perseveranza, voi ottenetemi questo dono dal vostro Gesù; a voi lo cerco, da voi lo spero, da voi lo voglio.

XIX. Inveni quem diligit anima mea; tenui eum nec dimittam (Cant. III, 4). Così dee dire ogni anima che sta unita con Gesù sacramentato: Creature, deh andate via da me, uscite tutte dal mio cuore. V'amai un tempo perché fui cieco; ora non v'amo più né vi posso più amare: ho trovato altro bene infinitamente più amabile di voi; ho trovato in me stesso il mio Gesù che tutto m'ha innamorato di sue bellezze; a questo amato mio già tutto mi son donato. Egli già m'ha accettato per suo, onde non sono più mio.46 Creature addio: io non sono né sarò più vostro, sono e sarò sempre del mio Gesù. Egli pure è già mio, e sarà sempre mio. Tenui eum nec dimittam. Ora l'ho stretto già al mio cuore ricevendolo nella santa comunione; per l'avvenire lo stringerò col mio amore e nol lascerò più partire da me.

Permettetemi47 voi, mio amabilissimo Salvatore, ch'io v'abbracci strettamente, acciò non m'abbia più a separare da voi. Ecco ch'io vi stringo con me, o Gesù mio; io v'amo, io v'amo, io v'amo e vorrei amarvi quanto voi meritate. L'unico mio contento e riposo voglio che sia l'amarvi e darvi gusto. Comandate voi alle creature che mi lascino e non mi sturbino; dite loro: Adiuro vos... ne suscitetis neque evigilare faciatis dilectam.48 Ah che se io non voglio, le creature non possono mai entrare a disturbarmi e dividermi da voi. Fortificate dunque voi la mia volontà; unite il mio misero cuore al Cuore vostro divino, acciocché voglia sempre tutto quello49 che volete voi; fatelo, Signore, per li meriti vostri. Amen, amen. Così spero, così sia.


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XX. Surge aquilo et veni auster, perfla hortum meum et fluant aromata illius (Cant. IV, 16). Fuggi da me, o aquilone, vento nocivo e freddo degli affetti terreni; e vieni tu aura soave e calda di santo amore50 dello Spirito Santo, ch'esci dal Cuore del mio Gesù sacramentato; deh tu sola spira in tutta l'anima mia, eletta già da Gesù51 per suo orticello di delizie. Spira, perché al tuo spirare oh che nuovi e dolci odori di sante virtù usciranno da me. Gesù mio, Gesù mio, voi lo potete fare, da voi lo spero.

XXI. Messui myrram cum aromatibus meis (Cant. V, 1). Un'anima che ha ricevuto Gesù deve attendere a raccogliere mirra, acciocché possa dare sempre odore delle virtù che nascono dalla mortificazione. Comedi favum cum melle meo (l. cit.). L'anima similmente che ama solo Dio non si contenta del mele, vuole ancora il favo; ond'ella dice a Gesù: Signore, a me non bastano le tue consolazioni, se non mi dai te stesso che sei il fonte delle consolazioni; non mi bastano i frutti dell'amore, se non mi dai ancora te che sei l'oggetto del mio amore. Anzi vi dico, o Gesù mio, che voi solo mi bastate; io son pronto a rinunziarvi tutte le vostre dolcezze, purché io possegga voi solo, mio Dio ed ogni mio bene. Io v'amo, non per piacere a me, ma per piacere a voi che volete essere amato da me52 e meritate ogni amore dall'anime, o le consolate o le tribolate.

XXII. In loco pascuae ibi me collocavit, nihil mihi deerit (Ps. XXII, 2).53 Ah mio amatissimo Gesù, giacché voi m'invitate in questa mensa d'amore a cibarmi delle vostre carni divine, e che cosa può mai mancarmi? Dominus illuminatio mea et salus mea, quem timebo? (Ps. XXVI, 1). Di chi mai temerò, se voi, Dio onnipotente, siete la mia luce e la mia salute? Io mi dono tutto a voi. Accettatemi voi e poi trattatemi come volete; castigatemi, mostratevi meco sdegnato quanto volete, uccidetemi, distruggetemi, sempre io vi voglio dire con Giobbe: Etiamsi occideris me, in te sperabo (Iob XIII, 15).54 Purch'io sia vostro e purché v'ami, eccomi son contento d'esser


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trattato da voi con ogni rigore; d'esser anche annichilato se così vi piace.55

XXIII. In manibus meis descripsi te; et muri tui coram oculis meis semper (Is. XLIX, 16). Ecco la cura amorosa che Dio ha di un'anima ch'egli vuole per sé: la porta scritta nelle sue mani per non dimenticarsene mai, dicendo che più presto una madre si può dimenticare del proprio figlio, ch'esso d'un'anima in grazia: Et si illa oblita fuerit, ego tamen non obliviscar tui (Is. XLIX, 15).

Et muri tui coram oculis meis semper. Egli tiene sempre gli occhi vigilanti alla difesa di quell'anima, acciocché i nemici non le facciano danno. - Scuto bonae voluntatis tuae coronasti nos (Ps. V, 13). Il nostro buon Dio circonda noi colla difesa della sua benigna volontà, tutta intenta al nostro bene e così ci libera da tutti i pericoli. Ah mio Dio, infinita bontà, che più d'ogni altro mi amate e desiderate il mio bene, in voi io mi abbandono tutto: manchimi ogni speranza e non mi manchiate voi. Conosco che ancor io56 debbo cooperarmi a seguir i vostri santi voleri. Domine, quid me vis facere?57 Altro non posso dirvi: Eccomi pronto e risoluto, mio dolce Signore, a far quanto a voi piace. Fiat voluntas tua. Altro non desidero, che di eseguir quello che voi volete. Ma aiutatemi voi, altrimenti non farò bene alcuno. Insegnatemi voi non solo a conoscere, ma a far insieme tutto quello che vi piace: Doce me facere voluntatem tuam.58 Fate, Eterno Padre, ch'io possa dire con verità quello che diceva il vostro Gesù stando in terra: Ego quae placita sunt ei, facio semper.59 Dio mio, questo desidero, questo cerco e questo spero per li meriti del vostro Figlio e di Maria santissima.

XXIV. Praebe, fili mi, cor tuum mihi (Prov. XXIII, 26). Anima mia, ecco tutto quello che dimanda da te il tuo Signore ora che viene a visitarti: vuole il tuo cuore, la tua volontà. Egli si dona a te senza riserba; è ragione che tu senza riserba ancora gli doni tutta te stessa, attendendo ad eseguir in te tutti i suoi santi voleri. Revertetur enim Dominus, ut gaudeat super te in omnibus bonis (Deut. XXX, 9). Fa che quando di nuovo


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Gesù verrà a visitarti, possa egli compiacersi di veder da te eseguite tutte le sue disposizioni. Gesù mio, io vi voglio compiacere; soccorrete il mio desiderio voi. Datemi forza e fate a gusto vostro quel che vi piace di me.

XXV. Quid debui facere vineae meae et non feci? (Ier. V, 4).60 Anima mia, senti che dice il tuo Dio: Che dovea far io più per te, e non l'ho fatto? Io per tuo amore mi son fatt'uomo: Verbum caro factus sum. Da Signore mi son fatto servo: Formam servi accipiens.61 Sono arrivato a nascere in una stalla come un verme, giacché i vermi nascono nelle stalle: Vermis sum et non homo.62 Son giunto a morire per te e morire sopra d'un legno infame: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis.63 Che mi restava più da fare, che di dare la vita per te? Maiorem hac dilectionem nemo habet, ut animam ponat quis pro amicis suis.64 Ma più ha pensato di fare ed ha fatto per te il mio amore. Dopo esser morto, ho voluto lasciarmi nel SS. Sacramento per donarmiti tutto in cibo. Dimmi, che più doveva io fare per acquistarmi il tuo amore?

Signore e Redentore mio, avete ragione; che voglio rispondere? non ho che dire. Voi siete stato troppo buono con me, ed io sono stato troppo ingrato con voi. Ammiro la vostra immensa bontà, guardo la mia sconoscenza e mi butto a' piedi vostri con dire: Abbiate, Gesù mio, pietà di me che ho pagato il vostro amore con tanta ingratitudine. Vendicatevi, perciò vi dico, vendicatevi con me e castigatemi: ma con non abbandonarmi; castigatemi e mutatemi. Non permettete no ch'io viva più ingrato a voi. Fate che almeno per gratitudine io v'ami e renda prima di morire qualche ricompensa al vostro amore.


XXVI. Pone me ut signaculum super cor tuum (Cant. VIII, 6). Sì, mio amato Gesù, giacché io vi ho consacrato tutto il mio cuore, è ragione65 ch'io vi metta per suggello d'amore sopra di esso, per chiudervi l'entrata ad ogni altro affetto, e così far sapere a tutti che il mio cuore è vostro e voi solo ne possedete il dominio. Ma, Signor mio,66 che sperate da me, se non lo fate voi? Io non posso far altro che donarvi il mio povero


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cuore, acciocché ne disponiate a vostro piacere. Ecco che tutto ve lo dono, ve lo consacro, ve lo sacrifico. Voi possedetelo sempre, io non vi voglio avere più parte. Se voi l'amate, sappiatevelo conservare. Deh non lo lasciate più in mano mia, perché io ve lo tornerò a rapire.67 O Dio amabilissimo, o amor infinito, giacché tanto mi avete obbligato ad amarvi, vi prego,68 fatevi amare, fatevi amare da me. Io non voglio vivere se non per amarvi, né voglio amarvi, se non per darvi gusto. Voi che fate tanti miracoli per poter entrare nel cuor mio in questo Sacramento, fate quest'altro ancora, fate ch'egli sia tutto vostro, ma tutto, tutto, tutto, senza divisione, senza riserba, sicch'io possa dire in questa vita e nell'eternità che voi siete l'unico Signore del mio cuore e l'unica mia ricchezza. Deus cordis mei et pars mea, Deus, in aeternum.69

Maria Santissima, madre e speranza mia, aiutatemi voi e sarò certamente esaudito.70 Amen, amen. Così voglio, così spero, così sia.71

 



1 Napoli, 1748, '49: Vi voglio amare senza interesse, senza intervallo, senza riserba; voglio esser tutta vostra, Gesù mio, tutta, tutta. Nel 1751 è usata la forma maschile: tutto vostro... tutto, tutto. Nel 1755 e seg., come nel testo.

2 Cant. I, 13.



3 Napoli, 1748, '49: quale sei, che meriti.



4 Fino al 1755: quanto puoi.

5 Ps. LXII, 1.



6 Fino al 1755: io vi desidero, io vi cerco, io vi voglio.



7 Napoli, 1748: e acciocché mi rendi quella che mi brami tutta uniforme a i tuoi santi voleri.

8 Napoli, 1748, '49: Alapide.



9 “Anima sancta saepe orat ut Christus in hortum mentis suae veniat, illumque tam gratia sua, quam per se personaliter in Eucharistia visitet, tum ut eius pomis, id est virtutibus per gratiam eius productis, se pascat et oblectet, tum ut easdem a defectibus expurget, exspoliet, augeat et consummet: in Eucharistia enim Christus, epulatur nobiscum, et nos cum Christo; idem facit in quolibet virtutis exercitio, juxta illud, Apoc. III, 20: Ecce sto ad ostium et pulso: si quis audierit vocem meam, et aperuerit mihi ianuam, intrabo ad illum, et coenabo cum illo, et ipse mecum”“. CORNELIUS A LAPIDE, Comment. in Canticum Canticorum, in cap. V, 1, secundus sensus partialis, De Christo et anima sancta.



10 «Quis pastor propriis sibi membris oves nutrit? Ecquid pastorem dico? Matres saepe sunt quae post partum infantes aliis nutricibus dant: ipse vero id non passus est, sed nos proprio sanguine nutrit, et per omnia sibi copulat.» S. IOANNES CHRYSOSTOMUS, In Mathaeum, Hom. 82 (al. 83), n. 5. MG 58-744.



11 «Caterina... parlando al suo confessore, soggiunse...: «Sapete voi, Padre, come il Signore facesse in quel dì all'anima mia? Come fa la madre ad un suo piccolo figliuolino, ch'ella ama teneramente. Ella mostra a lui le mammelle, e lo lascia star da lungi, acciocché pianga, e poiché ella rise un poco del pianto del pargoletto, l'abbraccia, e baciandolo gli porge allegramente e abbondantemente le poppe. Così, dico, fece a me il Signore, avvegnaché in quel giorno Ei mi mostrasse il suo Sagratissimo Costato, ma da lontano, ed io per lo desiderio di por la mia bocca alla sagra Piaga, dirottamente piangessi, Egli intanto, dappoiché per qualche tempo ebbe riso, come pareva, del pianto mio, finalmente venendomi incontro prese l'anima mia tra le sue braccia, e pose la mia bocca al lato della sua sagratissima Piaga, cioè alla Piaga del Costato; ed allora l'anima mia per lo gran desiderio tutta entrava nel suo Costato; ed ivi tanto conoscimento della Divinità ritrovava, e tanta dolcezza, che se voi lo sapeste, vi maravigliereste come per la grandezza dell'amore non mi si spezzi il cuore; e stupireste come io possa vivere nel corpo con tant'eccesso d'ardore e di carità.» B. RAIMONDO DA CAPUA, Vita, parte 2, cap. 6, num. 8. Siena, 1707, pag. 202.



12 Cant. I, 1.



13 Fino al 1755: le.



14 Prima del 1758: priego.



15 S. IGNATIUS LOYOLA, Exercitia Spiritualia, Quarta hebdomada, Contemplatio ad amorem spiritualem in nobis excitandum.



16 Napoli, 1748: Gli amici, cioè quelli, che appena godono la divina amicizia, questi, per cui sono significati gl'incipienti... - 1749, '51, '54: Gli amici, cioè quelli che appena godono la divina amicizia, cioè gl'incipienti...

17 Nell'ed. di Napoli, 1748, manca mio tutto, e la forma è femminile.



18 Napoli, 1748, '49: daddovero.

19 Idem: manca fa sapere.



20 «Ille autem dicebat: Nisi quis manducaverit carnem meam et biberit sanguinem meum... Quasi furor iste et insania videbatur, dare carnem suam manducandam hominibus, et bibendum sanguinem... Nonne videtur insania, Manducate carnem meam et bibite sanguinem meum? Et dicens: Quicumque non manducaverit carnem meam, et biberit sanguinem meum, non habebit in se vitam, quasi insanire videtur. Sed ... insanire videtur... stultis et ignorantibus». S. AUGUSTINUS, Enarratio in Ps. XXXIII, sermo 1, n. 8. ML 36-305.



21 Matth. XXVI, 26.



22 Venezia, 1758: veniate.



23 Et nunc... nisi ut timeas Dominum Deum tuum, et ambules in viis eius, et diligas eum, ac servias Domino Deo tuo in toto corde tuo? Deut. X, 12.

24 Qui autem diligit me, diligetur a Patre meo. Io. XIV, 21. - Si quis diligit me... Pater meus diliget eum, et ad eum veniemus, et mansionem apud eum faciemus. Io. XIV, 23.



25 Napoli, 1748, '49: amabile.



26 S. AUGUSTINUS, Confessiones, lib. 10, cap. 29. ML 32-796.



27 Cant. I, 4.



28 Prima del 1755, qui e più sotto: negra.



29 Ps. IV, 9.

30 Introduxit me rex in cellaria sua. Cant. I, 3. - Introduxit me in cellam vinariam, ordinavit in me caritatem. Cant. II, 4.



31 Napoli, 1748, '49: la santa comunione, dove l'anima introdotta, e poi unita col suo divino Re gusta quel vino d'amore, che fa perdere gli appetiti delle cose create.



32 S. BONAVENTURA, Soliloquium de quattuor mentalibus exercitiis, caput 2, § 3, n. 16. Opera, ad Claras aquas, VIII, 1898, pag. 50. Non parla qui S. Bonaventura della comunione. Però dice: «Tertium, in quo anima inebriatur hac dulcedine, est mentis elevatio, quando feliciter animus a terrenis abstrahitur, et miro quodam modo supra se ipsum, supra mundum, immo super omnem creaturam elevatur, ut iam dicere possit anima: Introduxit me rex in cellaria sua (Cant. I, 3; II, 4). Haec est illa cella vinaria, in quam introducitur anima, ubi bibit de vino condito, inaestimabilis Divinitatis dulcedine, et de lacte albissimo incontaminabilis humanitatis. O anima, hinc bibunt amici, sed inebriantur carissimi. O felix ebrietas, quam sequitur mentis et corporis tam casta et sancta sobrietas! Hinc efficitur anima more ebrii gaudens et laetabunda in adversis, fortis et secura in periculis, prudens et discreta in prosperis, liberalis et pia in condonandis iniuriis, et tandem quieta et somnolenta in amplexibus divinis.»



33 Napoli, 1748, '49: La sacra sposa chiama...



34 Cant. V, 16.



35 Ps. CVII, 2; LVI, 8.



36 Prima del 1755: che date.



37 Ps. XXXIII, 2.



38 Prima del 1755 manca: sempre caro: o mi consolate o m'affliggete.



39 Venezia, 1758 e da essa dipendenti: oh Dio, oh Dio amato...



40 Prima del 1758: significata.



41 Ps. CIII, 15.



42 Io. VI, 58.



43 Io. VI, 57.



44 Prima del 1758: cacciarvi.

45 Napoli, prima del 1755: aiutatemi, aiutatemi, abbiate pietà di me, Maria santissima; 1755: aiutatemi. Aiutatemi, abbiate pietà di me...; 1758: come nel testo; Venezia, 1758: aiutatemi. Aiutatemi ancora voi...



46 Nell'ed. del 1748 la forma è femminile; in quelle prima del 1755: onde non sono mio.



47 Prima del 1758: permettete.



48 Cant. II, 7; III, 5; VIII, 4.



49 Prima del 1758: sempre e tutto quello.

50 Idem: del santo amore.



51 Napoli, 1758, ha erroneamente: di Gesù.



52 Ciò che segue si trova aggiunto nell'ed. del 1755 e segg.



53 Dominus regit me, et nihil mihi deerit, in loco pascuae ibi me collocavit. Ps. XXII, 1 e 2.



54 Etiam si occiderit me, in ipso sperabo. Iob, XIII, 15.

55 Venezia, 1758, e le ed. napol. da essa dipendenti hanno l'aggiunta: e distrutto in vostro onore.



56 Prima del 1758: anche io.



57 Act. IX, 6.



58 Ps. CXLII, 10.



59 Io. VIII, 29.

60 Quid est quod debuit ultra facere vineae meae, et non feci? Is. V, 4.



61 Philipp. II, 8.



62 Ego autem sum vermis, et non homo. Ps. XXI, 7.



63 Philipp. II, 8.



64 Io. XV, 13.



65 Prima dell'ed. di Napoli, 1758: troppo è giusto.



66 Nelle ed. prima del 1755 manca: mio.

67 Prima del '55: a rubare.



68 Prima del '55 manca: vi prego.



69 Ps. LXXII, 26.



70 Prima del 1758: aiutatemi voi e sarò contento.



71 Nelle ediz. precedenti quella del '55 vi è aggiunta questa conclusione: «Amato mio lettore, se mai questo libretto vi ha gradito, ed ha servito per più unirvi con Gesù, come spero, vi prego a ricordarvi nelle vostre orazioni e comunioni di me miserabile, che ho desiderato il vostro bene. Pregate Gesù sacramentato e la sua santissima Madre Maria, o vivo o morto ch'io mi trovi, - (nel '48, '49: o in vita o nel purgatorio ch'io mi trovi) - ch'abbiano pietà di me. Ed io all'incontro vi prometto di pregare per voi, chiunque siate, che abbiate memoria di me. Addio, a vederci in paradiso, dove speriamo d'amare Gesù e Maria per sempre. Amen.

Sia sempre amato e lodato il nostro Amore Gesù sacramentato, e la nostra speranza Maria Immacolata, da noi e da tutti. Amen, amen, amen. Viva Gesù, Giuseppe e Maria.

Nell'ed. del 1748 dopo alcune canzoncine che riporteremo nel vol. XVII si leggeva la seguente VISITA DIVOTA AL SS. SACRAMENTO DA FARSI OGNI MATTINA E SERA:

Signor mio sacramentato, Verbo dell'Eterno Padre, Gesù mio caro, vero Iddio e vero Uomo. Io vi adoro, nobilissimo Corpo e preziosissimo Sangue, sotto quelle specie di pane, veramente presente in questo glorioso tabernacolo. Io vi adoro con quella riverenza e divozione, colla quale vi adorano e riveriscono i nove Cori degli Angioli: alla tua venerabil presenza prostrato con umiltà e fede credo fermamente, e confesso che voi, Signore, siate qui presente in questo divinissimo Sacramento. Alla vostra presenza umilmente prostrato, o vero fonte di pietà e di grazia, splendore della gloria e vera salute del mondo, vi adoro, vi amo, e vi ringrazio, che per me vi siete degnato sacramentarvi sotto queste specie di pane, vi prego però, per i meriti della vostra santissima Passione, che abbiate misericordia di me, ora, sempre, e nel punto della mia morte, ad essermi vera guida, e viatico per condurmi a godere la vostra beata gloria nel cielo. Amen.

Sia adorato, lodato e ringraziato per ogni momento il santissimo Sacramento.


VIENI PRESTO SIGNORE GESU'!



sabato 23 novembre 2019

Il Vangelo. In esso è la Vita e la Salute.


GESU' PARLA AGLI APOSTOLI: DELLA CHIESA DEGLI ULTIMI TEMPI

Ma anche in verità vi dico che ugualmente sarà distrutta la Terra quando l'abominio della desolazione entrerà nel novello Sacerdozio conducendo gli uomini all'apostasia per abbracciare le dottrine d'inferno. Allora sorgerà il figlio di Satana e i popoli gemeranno in un tremendo spavento, pochi restando fedeli al Signore, e allora anche, fra convulsioni d'orrore, verrà la fine dopo la vittoria di Dio e dei suoi pochi eletti, e l'ira di Dio su tutti i maledetti. (omissis)

Ora, nei secoli futuri, non potrà più essere ucciso il Figlio di Dio, ma la fede in Dio, l'idea di Dio, sì. Perciò sarà compiuto un deicidio ancor più irreparabile perchè senza risurrezione. Oh! si potrà compiere, sì. Io vedo... Si potrà compiere per troppi Giuda di Keriot dei secoli futuri. Orrore!...La mia Chiesa scardinata dai suoi stessi ministri! E Io che la sorreggo con l'aiuto delle vittime. Ed essi, i Sacerdoti, che avranno unicamente la veste e non l'anima del Sacerdote, che aiutano il ribollire delle onde agitate dal Serpente infernale contro la tua barca, o Pietro. 

In piedi! Sorgi! Trasmetti quest'ordine ai tuoi successori:"Mano al timone, sferza sui naufraghi che hanno voluto naufragare, e tentano di far naufragare la barca di Dio". Colpisci, ma salva e procedi. Sii severo, perchè sui predoni giusto è il castigo. Difendi il tesoro della fede. Tieni alto il lume come un faro sopra le onde sconvolte, perchè quelli che seguono la tua barca vedano e non periscano. Pastore e nauta per i tempi tremendi, raccogli, guida, solleva il mio Vangelo perchè in questo e non in altra scienza è la salute. Verranno i tempi nei quali, così come avvenne da noi d'Israele e ancor più profondamente, il Sacerdozio crederà d'essere classe eletta perchè sa il superfluo e non conosce più l'indispensabile, o lo conosce nella morta forma con cui ora conoscono i Sacerdoti la Legge: nella vesta essa, esageratemente aggravata di frange, ma non nel suo spirito. Verranno i tempi nei quali tutti i libri si sostituiranno al Libro, e questo sarà solo usato così come uno, che deve forzatamente usare un oggetto, lo maneggia meccanicamente, così come un contadino ara, semina, raccoglie senza meditare sulla meravigliosa provvidenza che è quel moltiplicarsi di semi che ogni anno si rinnovella: un seme gettato in terra smossa che diviene stelo, spiga, poi farina e poi pane per paterno amore di Dio. (omissis)

In verità vi dico che come il Padre e Creatore moltiplica le stelle perchè non si spopoli il cielo per quelle che, finita la loro vita, periscono, così ugualmente Io dovrò evangelizzare cento e mille volte dei discepoli che spargerò fra gli uomini e fra i secoli. E anche in verità vi dico che la sorte di questi sarà simile alla mia: la sinagoga e i superbi li perseguiteranno come mi hanno perseguitato.

Ma tanto Io che essi abbiamo la nostra ricompensa: quella di fare la Volontà di Dio e di servirlo sino alla morte di croce perché la sua gloria risplenda e la sua conoscenza non perisca. Ma tu, Pontefice, e voi, Pastori, in voi e nei vostri successori vegliate perchè non si perda lo spirito del Vangelo e instancabilmente pregate lo Spirito Santo perchè in voi si rinnovelli una continua Pentecoste - voi non sapete ciò che voglio dire, ma presto lo saprete - onde possiate comprendere tutti gli idiomi e discernere  e scegliere le mie voci da quelle della Scimmia di Dio: Satana.

E non lasciate cadere nel vuoto le mie voci future. Ognuna di esse è una misericordia mia in vostro aiuto, e tanto più numerose saranno quanto più per ragioni divine Io vedrò che il Cristianesimo ha bisogno di esse per superare le burrasche dei tempi.
Pastore e nauta, Pietro! Pastore e nauta. Non ti basterà un giorno esser pastore se non sarai nauta, ed esser nauta se non sarai pastore. Questo e quello dovrai essere per tenere radunati gli agnelli che tentacoli infernali e artigli feroci cercheranno di strapparti o menzognere musiche di promesse impossibili ti sedurranno, e per portare avanti la barca presa da tutti i venti del settentrione e del mezzogiorno e dell'oriente e dell'occidente, schiaffeggiata e sbattuta dalle forze del profondo, saettata dagli arcieri della Bestia, sbruciacchiata dall'alito del dragone, e spezzata sui bordi dalla sua coda, di modo che gli imprudenti saranno arsi e periranno precipitando nell'onda sconvolta.

Pastore e nauta nei tempi tremendi...E tua bussola il Vangelo. In esso è la Vita e la Salute. E tutto è detto in esso. Ogni articolo del Codice santo, ogni risposta per i casi molteplici delle anime, sono in esso. E fa che da esso non si scostino Sacerdoti e fedeli. Fa che non vengano dubbi su esso. Alterazioni di esso. Sostituzioni e sofisticazioni di esso. Il Vangelo è Me stesso. Dalla nascita alla morte. Nel Vangelo è Dio. Perché in esso sono manifeste le opere del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Il Vangelo è amore. "La mia Parola è Vita". Ho detto:"Dio è carità".

Conoscano dunque i popoli la mia Parola e abbiano l'amore in loro, ossia Dio. Per avere il Regno di Dio. Perché chi non è in Dio non ha in se la Vita. Perché quelli che non accoglieranno la Parola del Padre non potranno essere una sola cosa col Padre, con Me e con lo Spirito Santo in Cielo, e non potranno essere del solo Ovile che è santo così come Io voglio. Non saranno tralci uniti alla Vite perché chi respinge in tutto o parte al mia Parola è un membro nel quale più non scorre la linfa della Vite. La mia Parola è succo che nutre, fa crescere e portare frutto.
Tutto questo farete in memoria di Me che ve l' ho insegnato. Molto ancora avrei da dirvi su quanto ho detto ora. Ma Io ho soltanto gettato il seme. Lo Spirito Santo ve lo farà germogliare. Ho voluto darvi Io il seme perché conosco i vostri cuori e so come titubereste di paura per comandi spirituali, immateriali. La paura di un inganno vi paralizzerebbe ogni volontà. Perciò Io per il primo vi ho parlato di tutte le cose. Poi il Paraclito vi ricorderà le mie parole e ve le amplificherà nei particolari. E voi non temerete perché ricorderete che il primo seme ve l' ho dato Io.

Lasciatevi condurre dallo Spirito Santo. Se la mia Mano era dolce nel guidarvi, la Sua Luce è dolcissima. Egli è Amore di Dio. Così Io me ne vado contento perché so che Egli prenderà il mio posto e vi condurrà alla conoscenza di Dio. Ancora  non lo conoscete nonostante tanto vi abbia detto di Lui. Ma non è colpa vostra. Voi avete fatto di tutto per per comprendermi e perciò siete giustificati se anche per tre anni avete capito poco. La mancanza della Grazia vi ottundeva lo spirito. Anche ora capite poco benché la Grazia di Dio sia scesa su di voi dalla mia croce. Avete bisogno del Fuoco.
Un giorno ho parlato di questo a un di voi, andando lungo le vie del Giordano. 
L'ora è venuta. Io me ne torno al Padre mio, ma non vi lascio soli perché lascio a voi l'Eucarestia ossia il vostro Gesù fatto cibo agli uomini. E vi lascio l'Amico: il Paraclito. Esso vi condurrà. Passo le vostre anime dalla mia luce alla sua Luce ed Egli compirà la vostra formazione.