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martedì 3 dicembre 2013

DIARIO DI CONCHITA - GARABANDAL -




IL DIARIO DI CONCHITA 1961-1963
SAN SEBASTIAN DE GARABANDAL

1° Novembre 1962. Maria Concepciòn Gonzalez 'Conchita', 13 anni. In questo libro racconterò le apparizioni e la mia vita di tutti i giorni. L'avvenimento più importante della mia vita è accaduto il 18 giugno 1961 a San Sebastian. Ecco co­me si sono svolti i fatti: Era una domenica pomeriggio, quando tutte noi ragazzine ci trovavamo sulla piazza a giocare. Di punto in bianco Mari Cruz e io abbiamo pen­sato di andare a raccogliere le mele e ci siamo avviate direttamente lì, senza dire a nessuno che andava­mo a raccogliere mele. Le ragazzine, vedendo che ci allontanavamo noi due sole, ci hanno domandato: - Dove andate? Noi abbiamo risposto loro: - In giro! E abbiamo proseguito per la nostra strada, pen­sando a come ce la saremmo cavata per raccoglierle. Una volta lì, ci siamo messe a raccogliere mele e, proprio nel momento in cui eravamo più entusiaste, abbiamo visto arrivare Loli, Jacinta e un'altra ragazzi­na che venivano a cercarci. Vedendoci raccogliere le mele, Jacinta ha escla­mato: Ah, Conchita, stai raccogliendo mele! - Taci, le ho risposto, che ti sente la moglie del maestro e lo dice alla mia mamma. Io mi sono nascosta fra le piante di patata e Mari Cruz si è messa a correre per i campi. Allora Loli ha esclamato: - Non correre, Mari Cruz, che ti abbiamo visto e lo diremo al padrone! Allora Mari Cruz è tornata da me e siamo uscite dal nostro nascondiglio per riunirci tutte. Mentre stavamo chiacchierando, sono venuti a chiamare la ragazzina che era arrivata con Jacinta e Loli, e questa se ne è andata. Siamo rimaste soltanto noi quattro e, dopo averci pensato su, siamo tornate tutte e quattro a raccogliere le mele. Proprio quando ci stavamo divertendo di più, ab­biamo sentito la voce del maestro che, vedendo i ra­mi muoversi tanto, ha pensato che fossero le api e ha detto a sua moglie Concesa: - Va' nell'orto, che ci sono le api attorno al melo! Noi, udendolo, siamo scoppiate a ridere. Dopo esserci riempite le tasche di mele, ci siamo messe e correre per poterle mangiare più tranquillamente lungo la strada, cioè nel viottolo. Mentre ci intrattenevamo a mangiarle, abbiamo sentito un forte rumore, come se fosse un tuono. E tutte assieme abbiamo esclamato: - Sembra che tuoni! Questo è successo alle otto e mezzo di sera. Una volta finite le mele, io dico: - L'abbiamo fatta grossa! Adesso che abbiamo raccolto le mele che non sono nostre, il demonio sarà contento e il povero Angelo Custode sarà triste. Allora abbiamo incominciato a raccogliere pietre e a tirarle con tutte le nostre forze verso il lato sini­stro. Dicevamo che lì si trovava il demonio. Stanche di tirare pietre e ormai abbastanza soddi­sfatte, abbiamo incominciato a giocare alle biglie con le pietre. Improvvisamente mi è apparsa una figura bellissi­ma avvolta di luci abbaglianti che però non ferivano gli occhi. Le altre ragazzine, Jacinta, Loli e Mari Cruz, vedendomi in quello stato, credevano che mi stesse per venire un colpo, perché io dicevo con le mani giunte: «Ahi!.. Ahi!…». Stavano per andare a chiamare la mamma, quando si sono ritrovate nel mio stesso stato e tutte assieme abbiamo esclamato: «Ah!, l'Angelo!». Poi c'è stato un silenzio fra noi quattro... e all'im­provviso l'Angelo è scomparso. Tornate alla norma­lità, siamo corse molto spaventatissime verso la chie­sa, e cammin facendo siamo passate dal posto in cui c'era la festa da ballo del paese. Allora una bimba del paese, che si chiama Pili Gonzales, ci ha detto: Come siete pallide e spaventate! Da dove venite? Noi, vergognandoci di dire la verità, le abbiamo detto: - Siamo state a raccogliere le mele ! E lei: - Per questo avete una faccia così? Le abbiamo risposto a una voce: - E' che abbiamo visto l'Angelo! Lei ha detto: - Davvero?... E noi: sì, sì... e abbiamo continuato la nostra stra­da verso la chiesa, e quella ragazzina si è soffermata a raccontarlo ad altre persone. Una volta sulla porta della chiesa ci abbiamo pen­sato su; poi siamo andate a piangere nella parte po­steriore di essa. Alcune bambine che stavano giocan­do ci vennero incontro e, vedendoci piangere, ci domandarono: - Perché piangete? Noi dicemmo: - Abbiamo visto l'Angelo! Loro andarono di corsa a comunicarlo alla signo­ra maestra. Smettemmo di piangere sulla porta della chiesa e poi entrammo. Proprio in quel momento, ecco arrivare la mae­stra molto spaventata, che subito ci disse: - Figliole, è vero che avete visto l'Angelo? - Sì, signora! - Non sarà per caso una vostra fantasia? - No, signora, no! Abbiamo visto bene l'Angelo. Allora la maestra soggiunse: - Bene, recitiamo una «Estacién» a Gesù Sacra­mentato in rendimento di grazie. Quando finimmo di pregare la «Estaciòn», ci av­viammo alle nostre case. Erano già le nove di sera; la mamma mi aveva detto di tornare a casa di giorno, invece io stavo rientrando che era già sera. Quando arrivai a casa, la mamma mi disse: - Non ti ho detto che a casa si torna quando e an­cora giorno? Io, tutta spaventata per due motivi: per aver visto quella figura così bella e per essere tornata a casa tar­di, non osavo entrare in cucina; molto triste, sono ri­masta appoggiata a una parete e ho detto alla mia mamma: -  Ho visto l'Angelo. Lei mi ha risposto: - Oltre a tornare tardi a casa, mi vieni a dire cose simili! Io le risposi di nuovo: - Ho proprio visto l'Angelo. Lei mi rispose le medesime cose, ma già meno in­credula sul fatto che io avessi visto l'Angelo. Questo accadde alle nove e mezzo di sera. Quella sera, non ne parlammo; fu una serata normale, ugua­le alle altre, trascorsa in silenzio. È arrivato il giorno 19. Quando ci siamo alzate, la gente incominciava già a dire: - Quelle quattro ragazzine devono proprio aver visto qualcosa, perché scendevano con una certa faccia...! Altre persone rispondevano: - Si sarà trattato di un volatile di quelli grossi, visto che era quasi sera... Altre ancora dicevano: - O sarà stato qualche ragazzino che si è avvicina­to a loro, oppure avranno sognato... Insomma, ognuno la pensava a modo suo. Quel giorno non si è parlato d'altro. Ci domandavano co­me fosse l'apparizione e noi, tutte contente di poter descrivere la bella figura che avevamo visto, risponde­vamo con molta sicurezza, perché alcune persone du­bitavano che fosse vero. E noi dicevamo loro com’era l'Angelo, com'era vestito... come splendeva... La maggior parte della gente rideva di noi, ma per noi era indifferente perché sapevamo che era ve­ro. Queste conversazioni si tenevano alle dieci del mattino, quando già uscivamo per andare a scuola. Arrivate a scuola la maestra ci domandò: - Figliole, siete sicure di ciò che mi avete detto ieri? Noi abbiamo risposto a una voce: - Sì, signora, abbiamo visto l'Angelo! Le bambine della scuola ci circondavano meravi­gliate da quello che dicevamo. Tuttavia noi continua­vamo come sempre, senza nessuna preoccupazione. Quando uscimmo da scuola, ciascuna di noi si av­viò verso la propria casa, ma quel giorno Jacinta e Mari Cruz uscirono insieme e incontrarono il Parro­co del paese, don Valentin Marichalar, il quale, mol­to spaventato, disse loro: - Vediamo un po', vediamo un po'! È vero che avete visto l'Angelo? Loro, gli risposero insieme: - Sì,  signore! - Non so, non so se ci state imbrogliando... - ri­batté lui. Le bambine soggiunsero sorridenti: - Non abbia paura per il fatto che noi abbiamo visto l'Angelo! E proseguirono la loro strada verso casa. Il Parroco venne a cercarmi e mi trovò ormai vici­no a casa mia; era arrivato molto nervoso dicendomi: - Conchita, sii sincera, che cosa avete visto ieri sera? Io gli spiegai tutto... Lui mi ascoltava con molta attenzione e alla fine mi disse: - Ebbene, se lo vedete questo pomeriggio, do­mantategli chi è e che cosa vuole; vedremo cosa vi ri­sponde. Gli dissi che così avrei fatto e il Parroco se ne andò a casa di Loli per verificare se tutte noi dicevamo le stesse cose. Io proseguii la mia strada verso casa. Loli diede la nostra stessa risposta. Così lui era sempre più impressionato, perché coincidevamo tut­te e quattro in tutto. Infine il Parroco disse: - Bene! Aspetteremo due o tre giorni per sapere che cosa vi dice e se continuate a vedere quella figura che diceva di essere un Angelo. E poi soggiunse: - Allora andrò dal Vescovo. Noi, come sempre, siamo arrivate a casa, abbiamo mangiato e dopo siamo andate di nuovo a scuola, da­to che ci si ritorna alle due del pomeriggio. Nella mia casa stavano facendo dei piccoli lavori. Io sono anda­ta a casa della signora dalla quale compravamo il lat­te e lei mi ha detto: - E’ vero che avete visto l'Angelo, o sono soltanto chiacchiere della gente? Io le ho risposto: - E’ vero che abbiamo visto l'Angelo! Lei mi domanda ancora: - E come l'avete visto? Io glielo spiegai, mentre lei mi ascoltava con mol­ta attenzione; sorridendo mi disse: - Io ti conosco bene, so che non menti e credo che tu veda l'Angelo, ma non frequento molto le al­tre ragazzine e non so cosa pensare. Allora io le dissi: - Ebbene, lo abbiamo visto tutte e quattro: Loli, Jacinta, Mari Cruz e io. Tutte dicevamo la stessa cosa. Lei non replicò e io me ne andai a casa portando il latte. Quando sono arrivata a casa, ho detto alla mamma: - Mamma, vado a pregare nel Viottolo! Queste parole le ha sentite il muratore che si chiama Pepe Diez il quale, come ho detto prima, stava facendo dei lavori in casa nostra, e anche mio fratello Aniceto Gonzàlez che lo aiutava. Pepe disse ridendo a mio fratello: - Permetterete a Conchita di andare a pregare? Per tutta risposta, mio fratello mi disse: - Conchita, che non ti salti in mente di andare a pregare! La gente riderà di te e di noi, continueranno a ripetere che tu dici di vedere l'Angelo, ma che questa è una bugia! Che non ti venga in mente di andare!...Ma io insistevo con la mamma e nel frattempo erano arrivate le altre tre ragazzine e mi chiamavano. La mia mamma si innervosì e disse: - Ah, Dio mio, in che pasticcio vi siete cacciate! Noi le replicavamo: - In nessun pasticcio! Quindi la mia mamma, dubitando se fosse verità o no, e per essere lasciata in pace, mi diede il permes­so di andare. Molto contente siamo andate nel luogo chiamato «Viottolo» (un pezzettino di cielo). Vedendoci passare, la gente ci domandava: - Dove andate? E noi rispondevamo: - Andiamo a pregare nel Viottolo! Ma la gente rideva di noi e ci diceva: - Perché non andate invece a pregare in chiesa? E noi rispondevamo tutte insieme: - Perché ieri lì ci è apparso l'Angelo, e magari ci appare un'altra volta. Io ho dato a quel posto il nome di «Il Viottolo». Arrivate al Viottolo, ci siamo messe a pregare e la gente e i ragazzini ci guardavano, nascosti dietro il muricciolo o tra il granoturco e ci tiravano le pietre. Noi dicevamo loro di non tirarci le pietre, ma quelli ridevano e continuavano a tirarcele. Abbiamo recitato il rosario e siamo rimaste un momento ad aspettare per vedere se veniva l'Angelo. Il cielo era molto nuvoloso e c'era una forte tramon­tana. Era già tardi quando siamo scese verso la chiesa; via facendo abbiamo incontrato la maestra che ci ha domandato: - Siete state oggi nel Viottolo? - Sì, le abbiamo risposto, ma siamo molto tristi perché non abbiamo visto l'Angelo. Lei ha soggiunto: - Non vi preoccupate. Sapete perché non l'avete visto? Perché era molto nuvoloso e per questo non è venuto. Erano le Otto e mezzo di sera. Andammo a fare una visita al Santissimo e ciascuna di noi si avviò ver­so casa. Quando arrivai, la mamma mi domandò: - Hai visto l'Angelo? Io le dissi che non l'avevamo visto. Poi mi misi a fa­re come sempre le mie faccende; cenai e andai a dormi­re alle dieci meno un quarto, ma non potendo dormire, mi misi a pregare. Allora udii una voce che mi diceva: Non vi preoccupate: mi vedrete di nuovo. Il giorno seguente le altre tre ragazzine mi rac­contarono di aver sentito anche loro quella voce. Io rimasi preoccupata dopo aver udito la voce e continuai a pregare a lungo, finché non mi addor­mentai. Tutto questo accadde il 19 giugno del 1961. È arrivato il 20 dello stesso mese. Noi abbiamo continuato a fare la nostra vita di tutti i giorni, come prima. Intanto la gente continuava a commentare l'acca­duto, ma i commenti erano un po' diversi. Dicevano che forse era stata la nostra immaginazione; non avendo visto l'Angelo il 19, credevano che non ci sa­rebbe più apparso: non sapevano quello che ci era successo durante la notte, perché non l'avevamo det­to a nessuno. Il pomeriggio del giorno 20, le altre tre ragazzine e io abbiamo fatto i nostri lavori, siamo an­date a scuola e, tornando a casa, abbiamo detto alle nostre mamme che saremmo andate a recitare il rosa­rio nel Viottolo. A me la mamma disse di no, che non voleva che andassi a pregare nel Viottolo, bensì in chiesa. Tanto la mia mamma come i genitori e i fratelli delle altre ragazze, erano preoccupati; dentro di loro sostenevano una lotta: erano inclini a pensare che fosse vero ciò che avevamo raccontato, ma al tempo stesso pensavano il contrario. Mentre parlavo di questo con la mamma, arriva­rono a casa mia le tre ragazzine: Loli, Jacinta e Mari Cruz, ed esclamarono: - Signora, lasci che Conchita venga, la lasci venire! - Ma perché volete fare la figura delle sciocche? Noi all'unisono le abbiamo risposto: - Ma non andiamo a fare le sciocche; andiamo a pregare per vedere se viene l'Angelo! - No, io non lascio andare Conchita, andateci voi! esclamò la mia mamma. Loro se ne andarono mogie mogie, finché le perdetti di vista perché una parete mi impediva di vederle. Io rimasi molto triste. All'improvviso la mia mamma uscì e a gran voce chiamò Loli e le disse: - Loli, dì alle altre di venire qua! In un baleno arrivarono e la mia mamma disse loro: - Se fate ciò che vi dico, lascerò andare Conchita. Molto contente risposero: - Sì, lo faremo! - Ebbene, voi tre ve ne andate adesso da sole co­me se andaste a giocare, senza dir nulla a nessuno, e quando arriverete nel Viottolo, verrà Conchita di na­scosto, perché nessuno se ne accorga. Le ragazzine se ne andarono, però con un po' di ti­more perché pensavano che la mamma avesse parlato per scherzo; camminavano lentamente. Io dissi loro: - Andate, io vi raggiungerò. Poco dopo, quando la mia mamma me lo permise, me ne andai e le trovai dispiaciute del mio ritardo. Ma poi, insieme tutte e quattro, ci siamo rallegrate e, arri­vate nel Viottolo, ci siamo messe a recitare il rosario. La preghiera del rosario finì, ma l'Angelo non ve­niva. Decidemmo di andare in chiesa ma, quando ci stavamo alzando, dato che eravamo inginocchiate, abbiamo visto una luce molto intensa che ci circon­dava tutte, e non vedendo altro che quella luce, ab­biamo gridato come se avessimo paura. Allora quello splendore così intenso scomparve e noi ci avviammo alle nostre case; erano già le nove e mezzo e non an­dammo in chiesa perché era già molto tardi. A casa non abbiamo detto niente a nessuno. Il sacerdote del paese ci disse che, se avessimo vi­sto un'altra volta qualcosa, glielo comunicassimo su­bito, ma questo sacerdote abita in un altro paese chiamato Cosio che si trova a sette chilometri dal no­stro. I nostri genitori non ci permettono di andare sole fino a Cosio, per cui abbiamo deciso di dirlo lo­ro e così si incaricarono di andare a raccontare l'ac­caduto al sacerdote; in quei due giorni non c'era gen­te nel Viottolo, all'infuori di noi cinque: l'Angelo, Loli, Mari Cruz, Jacinta e io. È arrivato il giorno 21. È stato un giorno come un altro. La gente crede un po' di più. Il pomeriggio, dopo aver fatto ciò che dovevamo, abbiamo chiesto permesso ai nostri genitori per an­dare sullo stesso luogo in cui appariva l'Angelo. Ma, mentre ci avviavamo verso il Viottolo, vedendo che la gente non ci credeva, abbiamo detto a una signora che si chiama Clementina Gonzàlez se voleva accom­pagnarci perché vedesse che era vero, però lei non ha voluto venire da sola ed è andata a chiamare un'altra signora di nome Concesa. Così altre persone accorgendosi che eravamo ac­compagnate da quelle signore, si sono unite a noi. Ar- rivate nel Viottolo ci siamo messe a recitare il rosario. Terminammo il rosario, ma l'Angelo non venne. La gente rideva tanto e ci diceva: - Pregate una «Estaciòn». Così abbiamo fatto e alla fine ci è apparso l'Ange­lo... Era un venerdì.  Gli domandammo chi fosse e perché veniva, ma Lui nulla rispose. La gente era molto nervosa ed esclamava: - Ah, figliole, quando vedrete di nuovo l'Angelo ditegli che ci perdoni per non aver creduto! Alcune persone si misero a piangere. Una signora di nome Clementina volle chiamare tutta la gente del paese, ma proprio quando si accingeva a farlo, l'Angelo scomparve. Fra quelle persone si trovava una mia zia, alla quale un'altra signora diceva: - Hai visto tu l'Angelo? Mia zia le rispose: - Io non l'ho visto, ma se voi non credete a que­sto, non credete a Dio. Quella e altre signore le facevano una tale doman­da perché non si impressionasse tanto, ma lei conti­nuava a sentirsi molto emozionata. Tutti quelli che ci avevano visto, si avviavano ver­so il paese per raccontare l'accaduto; chi li ascoltava, rimaneva molto impressionato poiché nel paese non si erano mai viste né udite cose simili. È arrivato il giorno 22. Noi ci comportavamo sempre allo stesso modo. Il Curato di Cosio, dopo che aveva saputo ciò che la gente aveva visto e udito, disse che lui avrebbe raccon­tato tutto al Vescovo, ma la gente gli diceva di andare prima a vedere lui stesso. Che rimanesse in paese. Quello stesso giorno, alle otto e mezzo di sera, ci avviammo a pregare nel medesimo luogo. Tutta la gente si unì a noi, anche il Parroco. Ci mettemmo a recitare il rosario e alla fine ci apparve l'Angelo. Vedendoci in «estasi», la gente incominciò a gri­dare e a dire che era proprio vero. C'era anche il pro­fessor Marin. Alcune persone del paese dicevano che lui ci preparava e lo volevano chiudere in carcere; ri­petevano questo alle guardie che erano arrivate all'inizio, perché al termine dell'apparizione ci porta­va in casa di un signore del paese per domandarci co­me avevamo visto l'Angelo. Ecco il giorno 23. Ci avviammo al medesimo posto a pregare il rosa­rio, ma la gente era già molta perché quelli del paese avevano raccontato tutto agli abitanti di Cosio, Puen­tenansa, Rozadio, ecc. Alle nove meno un quarto venne l'Angelo; la gen­te era sempre molto impressionata, sia quelli del pae­se come quelli che erano venuti dai paesi vicini. Quando terminò l'apparizione la gente ci baciava. Quel giorno le guardie non vollero che il profes­sore ci accompagnasse e andammo con il Parroco in sacrestia, dove questi ci interrogò, chiamandoci una per una per vedere se le nostre parole coincidevano. Noi gli dicevamo come avevamo visto l'Angelo. Quando finì di interrogarci, uscimmo con il Par­roco che disse alla gente: - Fino a questo momento tutto sembra essere opera di Dio, poiché tutte e quattro dicono le stesse cose. Nell'ascoltare queste parole, la gente si rallegrò molto perché si trattava di un'opera di Dio. È arrivato il giorno 24. Era sabato e in paese era venuta gente da molte parti. Noi abbiamo fatto come gli altri giorni, cioè siamo andate a recitare il rosario nel Viottolo. Tutta la gente del paese ci accompagnava. Quando arrivammo sul posto, c'erano già le per­sone venute da fuori che erano andate in anticipo per trovare un posto da cui vederci meglio. Quel giorno non ci fu il tempo di iniziare il rosa­rio. Appena arrivate sul posto delle apparizioni, ve­demmo l'Angelo. Non lo avevamo mai sentito parlare. Quel giorno, sotto di lui, c'cra un cartello che diceva: È NECES­SARIO CHE... e nella seconda linea c'erano dei nu­meri romani. Noi gli chiedemmo che cosa significasse. Lui sor­rideva senza rispondere. Quando finì l'apparizione, i ragazzi del paese ci portarono in un carro affinché la gente non ci inve­stisse e così non ci baciarono. Ci portarono in chiesa e lì don Valentin, il Parroco, ci fece entrare una per una affinché gli raccontassimo come era stata l'appa­rizione. Noi gli abbiamo detto di aver visto il cartello e lui ci domandava cosa vi fosse scritto, o quali lettere portasse, ma gli abbiamo risposto che non lo aveva­mo osservato attentamente. Il Curato era impaziente di andare dal Vescovo a raccontargli tutto. Allora ci mandò dal professore a dirgli che scrivesse ciò che era accaduto e le poche lettere del cartello che ci fossero tornate alla memoria. Domenica 25. Ogni giorno viene più gente perché la voce si era estesa e la gente ci seguiva entusiasta. Fra tanta gente c'erano cinque sacerdoti, però questi non credevano alle apparizioni. Venne anche il maestro di Cosio. Arrivati nel luogo del Viottolo dove ci mettevamo a recitare il rosario, abbiamo visto che alcune perso­ne del paese vi avevano fatto un recinto quadrato con pali e corde affinché la gente non si avvicinasse a noi, tranne i sacerdoti, i nostri genitori, i fratelli e i medi­ci. Quella domenica vennero molti medici e, come ho già detto, cinque sacerdoti. Quando l'Angelo apparve, era presente il maestro di Cosio, ma quel giorno non ci credeva e diceva che era tutta una commedia. Aveva detto a mio fratello: «Come recita bene la sua parte tua sorella». Mio fratello non rispose niente. Quel giorno il nostro medico di famiglia, mentre io stavo vedendo l'Angelo, mi prese, mi sollevò e mi lasciò cadere da un'altezza di un metro all'incirca, e nel cadere le mie ginocchia fecero un rumore come le ossa di un teschio; mio fratello cercò di allontanar­lo, ma una forza interiore lo respingeva. Io non me ne accorgevo, ma in seguito me lo raccontarono. Fi­nita l'apparizione, tutte le persone erano molto emo­zionate e tutti volevano vedere le mie ginocchia e io non sapevo per quale motivo. Saranno state circa le 8 e mezzo di sera. Andam­mo in chiesa a pregare Gesù Sacramentato; quindi ci portarono in sacrestia dove si trovavano molti me­dici e sacerdoti. Ci fecero molte domande; alcuni sa­cerdoti non credevano alle apparizioni, altri si. Dopo un bel po' di tempo, ci guardammo le gambe che erano coperte di punture, segni di pizzicotti o di un­ghiate, ma non sentivamo male, sebbene le gambe fossero segnate. Arrivò il lunedì 26. Quel giorno non abbiamo avuto l'apparizione, in­vece martedì e mercoledì abbiamo visto l'Angelo. Giovedì e venerdì non venne nemmeno, sebbene fos­se accorsa molta gente. Anche sabato i luglio vi fu molta gente e molti medici; salivano verso il paese in macchina. Quel giorno abbiamo avuto l'apparizione molto presto, al­le 7 e mezzo; era ancora chiaro, quasi di giorno, e la gente poteva vedere molto bene. Quel giorno l'Angelo ci disse che domenica sareb­be venuta la Vergine Maria con il titolo di Madonna del Carmelo  e l'Angelo continuava a portare il car­tello, ma noi non sapevamo che cosa volesse dire. Quel giorno trascorse come gli altri. Ci fecero andare in sacrestia per interrogarci, accompagnate dai giova­ni del paese, nello stesso posto degli altri giorni. Arrivò il giorno 28. Continuavamo ad essere entusiaste di ciò che ave­vamo visto: l'Angelo molto sorridente, con il suo car­tello. Noi facevamo le nostre solite cose, come sempre. La gente che ci aveva visto in estasi, raccontava l'accaduto a chi non era stato presente e così, natu­ralmente, accorrevano altre persone. Martedì 27 non abbiamo avuto l'apparizione. C'era molta gente. Il pomeriggio siamo andate come gli altri a recitare il rosario nel Viottolo e lo abbiamo recitato insieme a tutta la gente. Quando finimmo di pregare, non avendo visto nulla, rimanemmo tristi perché pensavamo che non ci sarebbe più stata nes­suna apparizione. La gente se ne andava assai delusa, «ma quando Dio vuole che sia così, così dev'essere». Dopo aver recitato il rosario siamo andate in chiesa a pregare una «Estacion» al Santissimo e poi siamo tornate a casa. Gli abitanti del paese erano molto tristi perché essi sì credevano; invece la gente venuta da fuori se n'era andata senza vedere niente, ridendo e dicen­do: certo, siccome c’è molta gente e le ragazzine non vi sono abituate, non osano farlo davanti a tutti! È arrivato il giorno 28. Eravamo un po' tristi per non aver visto l'Angelo. Come sempre andammo a scuola; all'uscita, la gente del paese vedendoci così tristi, piangeva e ci baciava dicendo: - Pregate molto affinché ritorni! Il pomeriggio siamo andate nel Viottolo e abbia­mo fatto le solite cose. La gente recitava il rosario con più fede che mai affinché apparisse l'Angelo. Alla fine delle litanie, apparve e venne più sorridente che mai. Noi gli domandammo perché veniva. Ed Egli sorrise senza risponderci. Abbiamo iniziato a ve­derlo verso le nove e l'apparizione è durata fino alle dieci; ci sembrò che fosse durata soltanto un minuto o meno ancora, tanto eravamo felici con Lui. È giovedì 29. Lo abbiamo visto come sempre e ci siamo com­portate allo stesso modo. Venerdì 30, ugualmente.. E se ne andò. Che pena ci fece il fatto che ci lasciasse! La gente, molto contenta, ci domandava: - Che cosa vi ha detto? E noi raccontammo ciò che ci era stato detto da Lui. È arrivato il primo sabato. C'era molta gente, essendo il giorno dedicato alla Vergine e forse ci sarebbe apparso. Andammo nel Viottolo come sempre a recitare il rosario e la gente ci accompagnava; alla fine del santo rosario ci apparve l'Angelo con un gran sorriso e ci disse: - Vengo ad annunciarvi la visita della Madonna con l'appellativo di Beata Vergine del Monte Carmelo. Ella vi apparirà domani, domenica. Noi, molto contente, gli abbiamo detto: - Che venga presto! E l'Angelo sorrideva; allora gli abbiamo chiesto: - Che cosa significa quel cartello che porti? - Ve lo spiegherà la Vergine a suo tempo. Quel giorno l'Angelo ci parlò di molte cose. Ricordava a Jacinta, a Loli e a Mari Cruz come il primo giorno delle apparizioni esse stessero per an­dare a chiamare la mamma di Conchita, temendo che a questa venisse un malore. A questo ricordo, le ragazzine ridevano... - Conchita era davvero molto strana quel giorno... L'Angelo stette due ore con noi, e ci sembrarono due secondi.  Dopo ci disse: - Tornerò domani con la Vergine. E se ne andò. Che pena ci fece il fatto che ci lasciasse! La gente, molto contenta, ci domandava: Che cosa vi ha detto? E noi raccontammo ciò che ci era stato detto da Lui. La gente che veniva da fuori se ne andò assai con­vinta e molto contenta, con tanta voglia di raccontar­lo a chi non era stato presente. L'Angelo aveva un abito lungo, ampio e senza cin­tura, le ali di color rosa chiaro, abbastanza grandi, mol­to belle, il visetto né lungo né tondo, il naso molto bel­lo, gli occhi neri e il colorito bruno chiaro, le mani mol­to fini, le unghie corte; i piedi non gli si vedevano.

LUGLIO 1961

Domenica, 2 luglio. Siamo andate a Messa e al rosario. La recita del rosario è stata alle 3 del pomeriggio. Dopo il rosa­rio siamo andate lungo la strada a valle perché quel giorno sarebbero arrivati alcuni dei miei fratelli e vo­levamo vedere se spuntavano. Ci sono cinque chilometri da San Sebastian a Co­sio e noi ne avevamo percorso quattro. La gente ci riconosceva perché camminavamo tutte e quattro in­sieme e ci avevano visto in alcune fotografie. Ci fer­mavano e ci facevano regali, scatole di confetti, cara­melle, ecc. ... molte cose. Quel giorno c'erano dieci o undici sacerdoti, me­dici, un Abate e molte macchine. Trovandoci ormai molto lontane dal paese, deci­demmo di ritornare. Alcune persone del paese smon­tarono da cavallo per venire a cercarci. Un conoscen­te ci vide e ci disse se volevamo tornare; ci avrebbero portate fino al paese. Noi accettammo poiché i miei fratelli non erano venuti. Arrivati al paese, ci aspettava molta gente e diver­si sacerdoti. Erano le 6 del pomeriggio. Ci dirigemmo verso il Viottolo per recitare il rosa­rio come di consueto. Non eravamo ancora arrivate, quando ci apparve la Vergine con due Angeli ai lati. Uno era San Michele; l'altro non lo conoscevamo. Era vestito come San Michele. Si sarebbero detti due gemelli. Al fianco destro dell'Angelo, all'altezza della Ver­gine, vedevamo un occhio molto grande. Sembrava l'occhio di Dio. Quel giorno abbiamo parlato molto con la Ma­donna e Lei con noi: le raccontavamo tutto. Le dice­vamo, per esempio, che andavamo tutti i giorni nei campi, che eravamo abbronzate, che avevamo am­mucchiato il fieno. E Lei rideva… Quante cose le di­cevamo... Guardandola, avevamo sgranato il nostro rosario; Lei lo recitava con noi per insegnarci a reci­tarlo bene. Alla fine del rosario, ci disse che se ne sarebbe an­data. Le chiedemmo di restare ancora un po', perché era rimasta troppo poco. Lei rideva e ci disse che sa­rebbe tornata lunedì. Quando la Madonna se ne andò, provammo una grande tristezza. Allora alcune persone ci circondarono per baciarci e per domandarci quello che Lei ci aveva detto... Altri non ci credevano perché, dicevano, com'è possibile che la Vergine dica e ascolti così tante cose? Eppure la maggior parte della gente credeva. Dicevano che era un po' come una madre che non abbia visto la figlia da tanto tempo: quando la rivede, sua figlia le racconta tutto. A maggior ragione noi che non l'avevamo mai vista. E inoltre Lei era la Nostra Madre del Cielo! Ci condussero in sacrestia e un sacerdote che si chiama Francisco Odriozola ci interrogava una per una e in seguito comunicava alla gente ciò che noi gli avevamo detto. Così terminò la domenica 2 luglio, giorno molto felice poiché abbiamo visto per la prima volta la Ver­gine! Sebbene con Lei tutti possiamo stare, purché lo desideriamo! La Madonna viene con un abito bianco, un man­to azzurro e una corona di piccole stelle dorate; non si vedono i suoi piedi. Le mani tese, con uno sca­polare nella destra; lo scapolare è di colore marro­ne. Ha i capelli lunghi e ondulati, di colore castano scuro, con la riga in mezzo. Il viso ovale, il naso al­lungato, fine, la bocca molto bella con le labbra un po' turgide. La carnagione è bruna, più chiara di quella dell'Angelo, diversa e al tempo stesso molto bella. La voce è molto strana, una voce che non so descrivere. Nessuna donna assomiglia alla Vergine, né nella voce, né in niente altro! Alcune volte porta il Bambino in braccio, piccolissimo, come un bebé appena nato, con il visetto tondo, dalla carnagione si­mile a quella della Madonna, la boccuccia piccola, i capelli un po' lunghi, biondi, le mani piccole, l'abito come una tunica azzurra. Lunedì, 3 luglio. Noi siamo felici di aver visto la nostra Madre del Cielo. Il mattino di questo lunedì 3, la prima cosa che abbiamo fatto è stata di andare a pregare. Siamo an­date a casa per fare ciò che ci ordinavano i nostri ge­nitori. Poi siamo andate a scuola dove ci aspettava la nostra maestra, la signora Serafina Gomez. Quando arrivammo, lei ci baciò piangendo e ci disse: - Come siete fortunate... Quando siamo uscite da scuola, la gente ci diceva le stesse parole della maestra; tutti erano molto im­pressionati e assai contenti, credendo con fermezza alla apparizioni. Anche i nostri genitori, specialmente quelli di Loli. Suo papà Ceferino diceva: - Non c'è un'altra cosa grandiosa come questa! E così pure sua madre Julia. La mamma di Jacin­ta, Maria, e suo padre Simon, erano ancora più con­vinti. Se facevamo qualche birichinata, il papà di Jacin­ta diceva che anche gli apostoli facevano cose simili, e cominciava a darci delle spiegazioni. Tutto ciò che facevamo, gli sembrava ben fatto. Il papà di Mari Cruz, Escolàstico, il quale non va a Messa con frequenza, sembrava che non si pro­nunciasse; la sua mamma Pilar certi giorni diceva di credere, altri no, secondo... La mia mamma Aniceta credeva alle apparizioni, sebbene un pochino dubitasse per il fatto che aveva­mo parlato troppo a lungo con la Madonna quella domenica 2 luglio. I miei fratelli avevano creduto dal momento che erano stati presenti, ma non soltanto credettero, ben­sì ne avevano ricevuto un grande beneficio spirituale, e così era accaduto a molti. Alcune persone erano compiaciute di ciò che era avvenuto domenica; altre non erano neppure emozionate... Noi continuavamo a fare la nostra solita vita e fa­cevamo quello che ci ordinavano i nostri genitori. Il pomeriggio del giorno seguente ci avviammo verso il luogo delle apparizioni appena uscite dalla scuola, perché eravamo impazienti di vedere la Vergi­ne. Eravamo uscite alle cinque da scuola ed nel ricor­do della felicità di quella domenica 2 luglio, avevamo il desiderio di vedere di nuovo la Madonna; così, non appena uscite, ci avviammo verso il luogo delle appa­rizioni e ci mettemmo a recitare il rosario. Eravamo sole; alla fine del rosario, non ci stupimmo di non ve­dere la Madonna e neppure ci rattristammo, poiché di solito le apparizioni avvenivano più tardi. Poi, non essendo venuta la Vergine, ce ne siamo andate a casa e ci siamo messe a fare ciò che ci ordinavano i nostri genitori. In seguito, quando i nostri genitori erano mag­giormente convinti e avvicinandosi l'ora in cui la do­menica, cioè il primo giorno dell'apparizione della Madonna, Essa era apparsa, ci dissero: - Dovete andare a recitare il rosario al "Cuadro". Noi rispondemmo: - La Madonna non ci chiama ancora. Allora spiegammo loro che era come una voce in­teriore che non udivamo con le orecchie, e nemmeno la sentivamo chiamarci per nome: è come una gioia... Ci sono tre chiamate: la prima è una gioia più pic­cola, la seconda è un po' più grande, ma alla terza ci sentiamo molto nervose e colme di gioia. Allora la Vergine viene. Noi andavamo alla seconda chiamata, perché, se andavamo alla prima, dovevamo aspettare là sino a molto tardi: fra la prima e la seconda chia­mata passa molto tempo. Così avevamo descritto ai nostri genitori come avvenivano le chiamate; essi era­no rimasti molto stupiti, perché non avevano mai vi­sto né udito una cosa simile. Alla fine della nostra conversazione, percepimmo una chiamata e lo riferimmo loro. Eravamo lì tutte e quattro insieme, e molta gente si accalcava intorno a noi. Alcuni di quelli che non credevano alle appari­zioni perché non erano mai venuti, dicevano a don Valentin, il Parroco del paese: - Perché non mettere due delle ragazze in casa di Loli e due in casa di Conchita (cioè, la mia casa)? Don Valentin disse: - Ben pensato. Mettiamo Loli e Jacinta in casa di Loli e Conchita con Mari Cruz in casa di Conchita. Comunicò questo ai nostri genitori e fratelli. I nostri genitori accettarono e quindi ci separaro­no in questo modo, per vedere se ci saremmo ritrova­te tutte e quattro nello stesso momento. Una mezz'ora più tardi abbiamo avuto la seconda chiamata e abbiamo coinciso tutte e quattro, poiché ci siamo trovate insieme nel «Cuadro» nel medesimo momento. La gente era stupefatta e si domandava: - Com'è possibile questa coincidenza? Mentre arrivavamo al «Cuadro», la Vergine ci ap­parve con il Bambino Gesù; gli Angeli però non l'ac­scompagnavano. Veniva molto sorridente, come pu­re il Bambino Gesù. La nostra prima domanda fu do­ve si trovassero San Michele e l'altro Angelo: e Lei sorrideva ancora di più. La gente e i sacerdoti che si trovavano sul posto, ci davano degli oggetti perché Glieli facessimo bacia­re, e Lei li baciava tutti. Poiché a noi piaceva far festa al Bambino Gesù, prendevamo alcune pietre; io le mettevo fra le trecce, Loli nelle maniche e Jacinta Gliele dava, ma il Bambi­no non le prendeva e sorrideva. Mari Cruz Gli diceva: - Se vuoi, io ti dò le caramelle che mi hanno por­tato; se vieni con me, te le dò. Ma Lui taceva. La Vergine ci parlava molto, ma non ci permette­va di fare tutto ciò che volevamo. Iniziò l'apparizione alle sette e mezzo e terminò alle otto. Ci rattristammo molto quando la Madonna ci disse: - Rimanete con Dio e anche con me. Le dicemmo: - Addio! Alla fine ci rassicurò: - Domani anche mi vedrete. È arrivato il martedì 4 luglio. Noi, come di consueto. La gente del villaggio e i nostri genitori e fratelli credevano ogni giorno di più alle apparizioni. Le persone venute da fuori erano en­tusiaste di comunicare la notizia agli altri, affinché ve­nissero in paese. Noi continuavamo a vivere come sempre e a fare ciò che ci ordinavano i nostri genitori. Il pomeriggio di quel martedì 4 luglio, terzo gior­no delle apparizioni della Vergine, erano salite molte persone e molti sacerdoti. C'era il rosario alle sei di sera nella chiesa parrocchiale ed ecco che noi sentim­mo una chiamata. La chiesa era piena di gente. L'Altare maggiore era affollato da una dozzina di sacer­doti e da fotografi che scattavano delle foto. Alla fine del rosario, avevamo avuto due chiamate. Partimmo di corsa verso il «Cuadro» e la gente correva dietro di noi. Alcuni non arrivarono in tempo. Mari Cruz e io restammo in estasi un po' più in alto rispetto a Loli e Jacinta: noi due proprio nel «Cuadro», le altre due al di fuori. La gente diceva allora che, nonostan­te avessimo corso, non eravamo per niente affaticate e sudate. Cosa strana per loro, che sudavano ed era­no arrivati stanchi; ma per noi era come se la Vergine ci portasse!... La Madonna, sempre sorridente, ci disse: - Sapete cosa voleva dire la scritta ai piedi dell'Angelo? Esclamammo all'unisono: - No, non lo sappiamo! - Portava un messaggio che io vi darò perché voi, il 18 ottobre, lo comunichiate a tutti. Ce lo disse ed è il seguente:

«È NECESSARIO FARE MOLTI SACRIFICI, MOLTE PENITENZE, VISITARE IL SANTISSIMO, MA PRIMA DI TUTTO QUESTO DOBBIAMO ES­SERE MOLTO BUONI E SE NON LO FACCIAMO RICEVEREMO UN CASTIGO. IL CALICE È QUA­SI RICOLMO E SE NON CAMBIAMO, ARRIVERA’ UN CASTIGO MOLTO GRANDE».

 Ecco ciò che significava quel cartello dell'Angelo e il messaggio del 18 ottobre. Dopo avercelo comuni­cato, se ne andò. L'apparizione iniziò alle sei e venti­cinque minuti e terminò alle sette. La Vergine ci disse tutto questo il primo giorno ma io non compresi nul­la. Il giorno seguente ci disse che Lei stessa ce lo avrebbe spiegato in seguito. Infatti ci spiegò che cosa voleva dire il Messaggio e come avremmo dovuto co­municarlo. Ci spiegò che dovevamo dirlo nell'andro­ne della chiesa e che il 18 ottobre dovevamo comu­nicarlo a don Valentin affinché lo ripetesse lui stesso, ai Pini, alle dieci e mezzo di sera. Questo ci disse la Vergine affinché così facessimo. Ma poiché la Commissione aveva detto che, siccome c'era tanta gente, pioveva molto e le persone non si po­tevano riparare in luogo alcuno, sarebbe stato meglio comunicare il Messaggio alle 9 o alle 8 e mezzo. Tutto questo lo disse la Commissione e così abbiamo fatto. Mese di ottobre. Salimmo ai Pini noi quattro con le persone che erano con noi alle 10 meno 5. Quando siamo arri­vati ai Pini, vi si trovava già don Valentin. Lesse il messaggio soltanto per sé e in seguito lo diede a noi affinché lo leggessimo per tutti. Lo abbiamo letto tut­te e quattro insieme. Ma poiché non ci ascoltavano bene, lo lesse un signore. Dopo averlo letto, scendemmo verso il paese, quando, proprio nel luogo chiamato il «Cuadro», ci apparve la Vergine. Lei mi disse: - Adesso sta dubitando don Ramon Maria Andreu. Poiché io mostrai di essere molto meravigliata, la Vergine mi disse in quale momento don Ramon aveva iniziato a dubitare, e tutto quello che il sacer­dote aveva pensato. Agosto. Due mesi prima del Messaggio, un sacerdote di nome don Luis mi condusse a Santander. La vigilia del giorno in cui dovevo andare a San­tander c'erano molte persone e fra queste un sacer­dote con un abito bianco e io ero molto stupita del fatto che venisse con un abito di quel colore, perché non ne avevo mai visti. Quel giorno la mia mamma mi aveva detto di do­mandare alla Madonna se mi lasciava andare a San­tander e io le dissi che Glielo avrei chiesto. Alle sei di sera tutte e quattro avevamo già sentito due chiamate. In quel momento un sacerdote ci diede un pacchetto di caramelle che aveva portato per noi. Si chiama don Alfonso Cobiàn; le aveva proprio por­tate per noi quattro, ma quando ce le stavamo divi­dendo, sentimmo la terza chiamata. Abbiamo lasciato le caramelle sulla strada (con la voglia che avevamo di mangiarle!) perché vogliamo molto, ma molto di più vedere la Vergine! Inoltre la terza chiamata è qualcosa che ci conduce e non sappiamo neppure in che modo andiamo al luogo chiamato il «Cuadro». La Vergine non ci diede il tempo di arrivare, poi­ché ci apparve un po' prima. Siccome avevamo tanto desiderio di sapere chi fosse quel sacerdote con l'abito bianco, lo chiedem­mo alla Madonna, ma Lei non ci diceva niente, si li­mitava a sorridere. Noi abbiamo insistito nuovamen­te e dopo un po' ci disse: - E’ un Domenicano. Allora io dissi: - Un Domenicano? E Lei mi rispose: - Sì. Quello stesso giorno chiesi alla Vergine se mi la­sciava andare a Santander e Lei non mi disse di no. L'apparizione quel giorno è durata esattamente un ora, ma a noi parve un minutino. La stessa Vergi­ne ci disse che era stata con noi un ora. Volevano portarmi a Santander perché dicevano che ero io a influenzare le altre ragazze. Allora mi portarono via per mettermi alla prova. Il primo giorno che andai, ebbi un'apparizione vi­cino alla chiesa chiamata della Consolazione. C'era molta gente e dovette intervenire la polizia armata a motivo della grande quantità di persone che si trova­vano lì quel giorno. Mi sottoposero a diverse prove. Alla fine dell'apparizione, mi condussero in un ufficio con un sacerdote e un medico per doman­darmi tante cose. Il sacerdote si chiama don Franci­sco de Odriozola e il dottore, Pinal. Mi dicevano: - Come mai fai cose come queste? Sei forse paz­za? Come puoi ingannare il mondo in questo modo? Poi il dottore mi disse: - Stai diritta e guarda il mio naso, perché sto per ipnotizzarti. Quando lui mi diceva di guardargli il na­so, mi mettevo a ridere e allora lui soggiungeva: - Non ridere, che non è cosa da ridere! Questo è stato tutto per quel giorno; non mi fece­ro altre domande. Il giorno seguente mi portarono da alcuni medici per vedere se fossi malata; siamo andati da un dottore che si chiama Morales e da altri anco­ra. Tutti dicevano lo stesso: che io stavo bene e che il fatto delle apparizioni era un sogno. Che mi lascias­sero a Santander affinché mi distraessi e dimenticassi tutte le cose che mi erano successe, e in questo modo non avrei più visto apparizioni. Allora, poiché la mia mamma era convinta che ciò che mi succedeva non fosse niente, fece quanto le ave­vano detto, cioè mi lasciò e se ne andò a Garabandal. Alcune nipoti e una sorella di don Odriozola ve­nivano a prendermi a casa tutti i giorni, per andare insieme al mare e alle fiere che io, sino a quel mo­mento, non avevo mai visto. Siccome io andavo tutti i giorni al mare, la Vergi­ne non mi appariva. Otto giorni dopo intervenne un signore affinché mi venissero a prendere. La mamma venne a cercar­mi. Il nome di questo signore è Emilio del Valle Egocheaga. Questo nome lo ricorderò per tutta la vita! Il giorno che mi portarono qui, andai dal dottor Pinal per dirgli che me ne sarei andata, ma lui si ar­rabbiò molto e mi disse molte cose affinché io non me ne andassi. Allora io gli dissi che non avevo visto la Madonna, ma che mi sembrava che le altre ragazze sì l'avessero vista e che il fatto del Messaggio era ve­ro. A questo punto mi chiese di firmare quanto gli avevo detto. Io firmai. Poi mi disse che andassi a rac­contarlo a Mons. Vescovo Doroteo. E così feci. In fondo, tutti si erano comportati molto bene con me. Quando arrivai in paese, di ritorno da Santander, diversi sacerdoti e molta gente mi vennero incontro, perché dicevano che Loli e Jacinta nella loro visione avevano detto che io stavo tornando e che mi trovavo lungo la strada, come era in effetti. Le ragazze erano in chiesa e lì la Vergine lo aveva detto loro. Mari Cruz, quella stessa sera, stava aspet­tando la Vergine dalla sua finestra e con lei c'era mol­ta gente. Il giorno seguente, quando scendevo dal prato, la mamma e io incontrammo la mia madrina Maximina Gonzàlez la quale, agitatissima, ci disse: - Sapete che si é sentita la voce della Madonna at­traverso il magnetofono? E io le domandai: - Che cosa diceva? La mia madrina rispose: - Loli e Jacinta le dicevano: «Parla! Su, parla! » Allora, registrate sul nastro, si udirono queste pa­role: «No, non parlo». La gente - raccontava la mia madrina - iniziò a piangere emozionata per aver udito la voce della Ver­gine. Improvvisamente caddero di nuovo in estasi; una di esse rima­se con il microfono in mano. Rivolgendosi alla Visione in un momento di questa estasi, diceva: «E’ venuto un uomo con una cosa che registra tutto. Perché non parli tu affinché ti ascoltino?... Non per noi, ma per loro, affinché credano. Par­la, dì qualcosa perché credano...». Finita l'estasi accesero di nuovo il registratore per far sì che le ragazze ascoltassero ciò che avevano detto alla Visione. Giunto il momento in cui esse dicevano le parole poco anzi citate, cioé: parla, dì qualcosa perché credano...» il nastro magnetico finì. Durante i giorni che io trascorsi a Santander, si tro­vavano nel paese due sacerdoti gesuiti: Ramon Maria Andreu e Luis Maria Andreu, i quali venivano come molti, senza credere minimamente alle apparizioni. Un giorno in cui erano presenti questi sacerdoti, Loli e Jacinta ebbero un'apparizione ai Pini. Questo avvenne durante il giorno. I due sacerdoti si trovava­no lì e, vedendo le ragazzine in estasi, credettero. Do­po un momento, ed essendo entrambe in estasi, don Ramon Maria pensò: «Se tutto questo è vero, che ri­torni in sé soltanto una delle ragazzine». Immediatamente Loli smise di avere la visione. Pochi minuti dopo la Vergine le apparve di nuovo. I sacerdoti considerarono questo fatto come una prova. Un giorno in cui tutte e quattro abbiamo avuto una visione, Loli, Jacinta, Mari Cruz e io, erano pre­senti molte persone, fra le quali don Luis Maria An­dreu, un seminarista, Andrés Pardo e il domenicano Royo Marin. Era di sera quando ci apparve la Vergi­ne. Alla fine della recita del rosario, entrammo tutte e quattro in estasi e iniziammo a camminare verso i Pi­ni. Arrivando a questo luogo, don Luis Marfa esclamò: «Miracolo, miracolo!» e rimase a guardare il cielo. Noi lo vedevamo bene, invece durante le no­stre estasi non vedevamo mai nessuno all'infuori del­la Santissima Vergine. In quell'occasione abbiamo visto don Luis e la Madonna ci disse che anche lui La vedeva, e che inoltre vedeva il miracolo che sarebbe avvenuto. La gente ci disse che ai Pini avevamo recitato un Credo (quella fu la prima volta che la Madonna ci in­segnò a pregare) e che in seguito eravamo discese verso il paese nel medesimo stato. Quando arrivam­mo alla chiesa, la Vergine se ne andò per tre di noi, ma Mari Cruz, alla quale da diversi giorni la Vergine non appariva, continuò nello stato di estasi. Entrò in chiesa e si mise vicino all'altare della Madonna del Rosario e di San Michele, iniziando a recitare il Cre­do, molto lentamente, con la Santissima Vergine. La stessa Mari Cruz raccontò che la Madonna pregava per prima, per insegnarle a pregare lentamente, mol­to bene. Dopo il Credo, Mari Cruz recitò la Salve e fece il Segno della Croce lentamente e molto bene. Parlando con la Santissima Vergine esclamava: - Che bello che sia venuto Gesù Bambino! Da quanto tempo non veniva! Perché hai tardato tanto a venire da me, e invece dalle altre tre vieni con mag­gior frequenza? Queste parole le abbiamo ascoltate tutte le perso­ne che eravamo vicine a lei, fra le quali don Luis Maria Andreu, un seminarista e don Royo Marin. Il giorno seguente siamo andate tutte e quattro a pulire la chiesa; mentre stavamo scopando, arrivò la mamma di Jacinta molto spaventata e ci disse: - E’ morto don Luis Maria Andreu! Noi non riuscivamo a credere alle sue parole, poi­ché lo avevamo visto il giorno prima. Allora, senza fi­nire ciò che stavamo facendo in chiesa, ce ne andam­mo per sapere come fosse successo. Ci dissero che, poco prima di morire, le sue ultime parole furono: - Oggi è il giorno più felice della mia vita! Quan­to è buona la Madre che abbiamo in cielo! Pronunciate queste parole, morì. Tutto questo era successo lungo la strada che conduce a Reinosa67. Mentre il sacerdote lasciava San Sebastian de Garabandai, nella stessa macchina in cui egli viaggiava, c'erano Carmen Fontaneda e suo marito Faito Fontaneda, così come alcune altre per­sone. La mamma di don Luis Maria Andreu entrò nel convento di clausura per farsi suora, 48 ore dopo la morte di suo figlio. Erano passati alcuni giorni dalla morte del reve­rendo Luis Maria, quando la Santissima Vergine ci disse che avremmo parlato con 1ui. Il 15 agosto, festa di Nostra Signora, vi furono molte gite e la gente veniva per divertirsi e faceva chiasso. Era il giorno in cui la Madonna ci aveva det­to che avremmo parlato con don Luis Maria Andreu, tuttavia, essendoci tanto chiasso, la Vergine non si presentò sino alle 4 del mattino del giorno successivo, alla medesima ora della morte del sacerdote. In quel momento mi apparve la Madonna mentre mi trovavo nella cucina di casa mia e mi disse: - Il sacerdote non verrà oggi, bensì domani. Il giorno seguente, fra le 8 e le 9 di sera, la Vergi­ne ci apparve con un bel sorriso, come di consueto, e disse a noi quattro: - «Ora don Luis verrà a parlarvi». Poco dopo il sacerdote venne e ci chiamò una per una. Noi non lo vedevamo, sentivamo soltanto la sua voce, esattamente la stessa di quand'era sulla terra e ci dava dei consigli. Ci diede alcuni messaggi per suo fratello, don Ramon Maria Andreu. Ci insegnò parole francesi e persino a pregare in greco. Ci insegnò anche parole inglesi e tedesche. Poco dopo non udivamo più la sua voce. Allora ci apparve la Vergine, la quale stette con noi ancora un momento e poi se ne andò. Quel giorno la Madonna ci disse: - Domani sentirete una voce; non vi spaventate e seguitela. Alla stessa ora del giorno prima, la Vergine appar­ve a noi quattro e ci sorrise per qualche istante, in si­lenzio. Dopo pochi minuti ci trovammo nel buio e udimmo una voce che ci chiamava. Allora Mari Cruz esclamò: - Dicci chi sei... altrimenti ce ne torniamo a casa! La voce si fece udire ancora; e finché la udivamo, eravamo nel buio e non vedevamo la Vergine; non appena la voce cessò, la Madonna tornò e tutto ridivenne luminoso. Ella ci disse: -        Non abbiate paura. E ci parlò per qualche istante. Fu proprio quella la sera in cui ci baciò per la prima volta, l'una dopo l'altra, poi partì. Il giorno seguente, quasi alla mede­sima ora, ci apparve nuovamente la Santissima Vergi­ne e per prima cosa ci disse di recitare il rosario. Noi non avevamo mai diretto la recita del rosario; allora la Madonna ci disse: -         Io lo dirigerò e voi lo seguirete. Lei pregava assai lentamente, dicendo: - Santa Maria. E noi ripetevamo: - Santa Maria  Poi pregavamo: - Ave Maria, come si fa normalmente quando si recita il rosario, ma tutto con molta lentezza. Quando siamo arrivati alla Salve Regina, ci or­dinò di cantarla e noi la cantammo. Quando finimmo di recitare il rosario, Lei ci baciò e prima di andarse­ne ci disse: - Tornerò domani. Il giorno dopo, come aveva annunciato venne e giorno ci ordinò come il giorno precedente: - Recitate il rosario. E così lo recitammo quella sera. Andammo nei luoghi in cui all'inizio ci era ap­parsa la Santissima Vergine. La gente ci disse in se­guito che durante l'estasi eravamo salite sino ai Pini e che andavamo da un pino all'altro pregando in gi­nocchio. Fino a quel momento, nelle estasi eravamo state sempre insieme tutte e quattro: Jacinta, Loli, Mari Cruz e io. In seguito abbiamo iniziato ad avere le estasi separatamente nelle nostre case. La Santissima Vergine ci chiamava anche quando non eravamo in­sieme. Sempre in estasi, La vedevamo. Avendo già avuto Mari Cruz l'apparizione prima di noi, se n'era andata a dormire; allora noi abbiamo chiesto alla Madonna che ci insegnasse alcune canzo­ni per cantarle a Mari Cruz. Noi mettevamo qualche parola e Lei ci aiutava con le altre parole, così: Alzati Mari Cruz, ché viene la Vergine buona con un cestino di fiori per la bambina piccina. Mari Cruz, Mari Cruz che pena abbiamo per te Prega molto la Vergine affinché guardi verso di te. Mari Cruz, Mari Cruz Non senti un profumo di gigli? Te li porta la Madonna perché tu sia buona.  Quella sera la Santissima Vergine è stata con noi dalle 9 sino alle 7 del mattino. Abbiamo giocato agli zii con Lei. Due di noi ci nascondevamo e le altre due ci trovavano. In una delle apparizioni scendemmo Loli e io dai Pini insieme con molta gente e vedemmo qualcosa come di fuoco nelle nuvole; questo fenomeno lo vide anche la gente che era con noi e tutti quelli che si tro­vavano lì. Quando questo fatto accadde, ci apparve la Madonna e noi le domandammo che fenomeno fosse quello. Lei ci rispose: - In quel fuoco sono venuta. Un altro giorno (proprio il giorno della Vergine della Colonna), quando Loli e io stavamo guardando la Vergine, si vide una stella e una scia molto grande sotto i piedi della Madonna. Questa stella fu vista da diverse persone. Domandammo alla Vergine cosa si­gnificasse, ma Lei non ci rispose. Talvolta volevamo stare tutte e tre insieme, ma i nostri genitori non ci lasciavano stare di notte fuori di casa; così, finito il rosario e avendo sentito già le due chiamate, qualche volta facevamo finta di vedere la Vergine e guardavamo verso il cielo per poter rimanere insieme. Allora ci seguivano i nostri genitori e la gente. Poi arrivava la Vergine. Ma non abbiamo mai finto estasi complete. Quando camminavamo insieme e una di noi per­deva le scarpe, la Madonna diceva all'altra: - Mettiti le scarpe! E ce le mettevamo a vicenda. Quando camminavamo da sole, se ci levavamo le scarpe e seguivamo l'apparizione scalze, alla fine la Vergine ci domandava dove fossero le nostre scarpe. In queste apparizioni chiedevamo alla Vergine di fare un miracolo. Lei non ci diceva niente; ci sorride­va. Ma noi la supplicavamo: - Fallo affinché la gente creda, perché non ci vo­gliono credere... Ma Lei continuava a sorridere. San Michele Arcangelo, all'inizio delle apparizio­ni, ci dava ostie non consacrate. Noi avevamo già mangiato, tuttavia Lui ce le dava lo stesso poiché non erano consacrate e voleva insegnarci a fare bene la Comunione. Un giorno ci ordinò che andassimo presto ai Pini, a digiuno, e che ci accompagnasse una bambina. Noi la portammo e obbedimmo l'Angelo in tutto quello che ci aveva detto di fare. Arrivate ai Pini, ci apparve l'Angelo con una coppa che sembrava d'oro e ci disse: - Vi darò la Comunione: questa volta le ostie so­no consacrate. Recitate il Confiteor. Noi lo recitammo. In seguito ci diede la Comu­nione, dicendo di ringraziare Dio. Dopo aver reso grazie, ci disse di pregare con Lui «Anima di Cristo». Noi pregammo. Terminata questa preghiera, ci disse: - Verrò domani a darvi la Comunione. E se ne andò. Quando raccontavamo queste cose, alcune perso­ne non ci credevano, specialmente i sacerdoti perché dicevano che l'Angelo non può consacrare. Quando vedemmo nuovamente l'Angelo, gli co­municammo ciò che diceva la gente ed egli ci rispose che le ostie consacrate le prendeva dai Tabernacoli della terra. Questo ripetemmo alla gente, ma alcuni conti­nuavano a dubitare. Lui ci diede la Comunione per molto tempo. La Santissima Vergine ordinò a tutte e quattro, Loli, Jacinta, Mari Cruz e io, che andassimo a recita­re il rosario al «Cuadro». Alcuni giorni andavamo al-le 6 e altri più tardi. Jacinta e Mari Cruz andavano al­le 7 del mattino e Loli non aveva un'ora fissa. Sicco­me Mari Cruz aveva qualche difficoltà ad alzarsi così presto, decise di andarvi alle 8. Jacinta andava alle 6 accompagnata da sua madre e da altre persone del paese che solevano venire con noi. In occasione della Settimana Santa la Vergine mi ordinò che andassi al­le 5 del mattino, come feci in effetti (poiché Lei vole­va che sempre facessimo penitenza). Vedendo che insistevamo tanto affinché la Santis­sima Vergine e l'Angelo facessero un miracolo, il 22 giugno, quando stavo per ricevere la Santa Comunio­ne dalle mani dell'Angelo, egli mi disse: - Farò un miracolo, ma non io, bensì Dio per in­tercessione mia e tua. E io domandai: - In che cosa consisterà? Lui mi rispose: - Quando io ti darò la Santa Comunione, sulla tua lingua si vedrà la Sacra Forma. Io rimasi un momento pensierosa, poi gli chiesi: - Ma come, quando riceviamo la Comunione non si vede la Sacra Forma sulla lingua? Lui mi disse che «la gente non vedeva la Sacra Forma, ma che il giorno del miracolo, allora sì l'avrebbero vista». Allora replicai: - Ma allora il miracolo sarà piccolo! Lui sorrise. Dopo avermi detto quelle parole, se ne andò. Il giorno seguente, poiché non si celebrava la Messa, andai al «Cuadro» a recitare il rosario. Più tardi andai a pregare una «Estacion» in chiesa, ma prima di arrivarvi, mi apparve l'Angelo e, come sem­pre, mi disse molto sorridente: - Recita il «Confiteor» e pensa che stai per riceve­re Dio. Poi mi diede la Comunione e mi disse di pregare "Anima di Cristo" con Lui. E così feci. Resi grazie al Signore e poi domandai all'Angelo: - Quando avverrà il miracolo? Lui mi rispose: - Te lo dirà la Vergine, a suo tempo. E se ne andò. Questa apparizione avvenne il 19 giugno. Avendomi detto l'Angelo che sarebbe avve­nuto un miracolo, io lo raccontai alle altre tre ragaz­zine: Loli, Jacinta e Mari Cruz, spiegando loro che quel miracolo l'avrebbe fatto l'Angelo per noi. La sera di quello stesso giorno, venne la Vergine sorridente, come sempre. Io le dissi: - Mi ha detto l'Angelo San Michele che per sua e mia intercessione, Dio Nostro Signore farà per noi un miracolo. Poiché Lei non mi diceva niente, le domandai: - Quando avverrà il miracolo? - Venerdì 22 udrai una voce che te lo dirà. Allora le chiesi: - E di chi sarà quella voce? Ma la Vergine non mi rispose. La prima persona alla quale raccontai ciò che l'Angelo mi aveva annunciato circa il miracolo che sarebbe avvenuto, fu don José Ramon Garcia de la Riva. Quello stesso giorno comunicai la notizia anche a Loli, Mari Cruz e Jacinta. Arrivò il venerdì e proprio come mi aveva annun­ciato la Santissima Vergine, mentre mi trovavo ai Pi­ni, udii la voce che mi diceva: - Il miracolo, o «miracoletto» come tu dici, av­verrà il 18 luglio. Dopo aver saputo la data, andai a comunicarla al­la mamma e a mia zia Maximina. Dissi loro che l'Angelo avrebbe fatto un «miracoletto» e in che cosa sa­rebbe consistito. Loro replicarono: - Se realmente avviene il miracolo, allora tutti crederanno... Premetto che fino a quel momento non avevo comunicato il fatto a nessun altro, oltre alle persone cui ho già accennato. Ungiorno in cui l'Angelo mi portò la Comunio­ne, approfittai per chiedergli: - Quando potrò comunicare alla gente l'avveni­mento del miracolo e in che cosa consisterà? - Quindici giorni prima - mi rispose. Terminata questa apparizione, la gente del paese mi domandava se l'Angelo mi aveva dato qualche informazione circa il miracolo (poiché avevo già det­to a tutti nel villaggio che l'Angelo avrebbe fatto un miracolo), ma non lo credevano. Giunto il giorno in cui dovevo annunciare la data del miracolo, lo dissi alla gente del paese e scrissi del­le lettere. Don Valentin, che dubitava al riguardo del miracolo, mi ordinò di non scrivere altre lettere: - Forse non avviene... - mi disse. Nel paese c'era un signore chiamato Eustaquio Cuenca che mi diceva le stesse cose di Don Valentin: che non scrivessi altre lettere. Io risposi loro che la Vergine e l'Angelo mi avevano ordinato di annuncia­re il miracolo ma che, ciò nonostante, la gente del paese non credeva. Giunto il 18 luglio, il villaggio si riempì di gente. Tutti volevano vedere il miracolo. Era la festa del paese. Vicino a casa mia si svolgeva il ballo. Tuttavia in due case delle vicinanze si notava che gruppi di persone stavano recitando il rosario. Intanto altre persone tentavano di far smettere il ballo poiché commentavano che se continuavano a ballare non ci sarebbe stato miracolo alcuno. Allora un signore fra quelli che volevano far cessare il ballo, Ignacio Rubio, mi chiese se io volevo che il ballo venisse soppresso. E io risposi: -        Con il ballo o senza di esso, il miracolo av­verrà... Non si discusse più su questo punto. Arrivata la sera di quello stesso giorno, la gente era nervosa perché si stava facendo tardi. Io, invece, poiché la Madonna e l'Angelo mi avevano detto che il miracolo sarebbe avvenuto, non avevo timore, per­ché non mi avevano mai detto una cosa che non ve­nisse compiuta puntualmente. Alle 22 io aveva già sentito una chiamata. Alle 24, l'altra. In seguito, alle 2 del mattino mi apparve l'An­gelo a casa mia, quando si trovavano con me la mia mamma Aniceta, mio fratello Aniceto, mio zio Elias e mia cugina Luciuca e inoltre una giovane di Aguilar del Campo, Maria del Carmen Fontaneda. L'Angelo s'intrattenne poco tempo con me. E come in altre oc­casioni mi disse: - Recita il «Confiteor» e pensa Chi stai per rice­vere. Così feci. Poi mi diede la Comunione, raccoman­dandomi che recitassi «Anima di Cristo» e che ren­dessi grazie tenendo la lingua fuori dalla bocca con la Sacra Forma fino al momento in cui Lui si fosse riti­rato e fosse arrivata la Madonna. Così feci. la Vergine arrivò, mi disse: - Ancora non credono tutti! Dopo mi ordinò di recitare il rosario e io obbedii. Ebbene, questo miracolo che Dio, Nostro Signo­re, fece per intercessione dell'Angelo San Michele, fu visto da alcune persone, mentre altre videro soltanto la Forma sulla lingua. In quel momento credettero fermamente sia coloro che lo avevano visto come co­loro che, senza vederlo, avevano creduto attraverso le informazioni ricevute dalle persone che lo videro. Trascorso qualche giorno, la gente iniziò a dubita­re, poiché tutti dicevano che ero stata io a porre la Forma sulla mia lingua, e si facevano molti commenti - al riguardo. Un francescano, Padre Justo, vide il miracolo ma non credette e diceva alla gente di non averlo visto e che si trattava di una bugia. Che ero io ad aver fatto tutto. Due o tre giorni dopo, mi arrivò una lettera del medesimo Padre chiedendomi perdono per aver pen­sato così male. Mi diceva di essere stato tentato a far­lo dal demonio. Qualche giorno dopo l'arrivo di quella lettera, giunsero tre Padri inviati dal Padre Justo, il quale aveva spiegato loro i fatti accaduti qui riguardanti la Santissima Vergine. Questi sacerdoti mi racconta­rono che il suddetto Padre francescano aveva tra­scorso molti giorni e molte notti senza dormire, pensando alla Sacra Forma, ma alla fine aveva rea­gito bene e aveva accettato i fatti, credendo a quan­to era avvenuto. La Vergine Santissima mi ha annunciato un mira­colo che Dio, Nostro Signore, farà per sua interces­sione. Essendo il castigo molto, molto grande, come noi meritiamo, il miracolo è anche immensamente gran­de, così come il mondo ha bisogno. La Vergine mi ha detto la data del miracolo e in che cosa consisterà. Devo comunicarlo otto giorni prima alla gente, affinché vengano in molti. Il Papa lo vedrà dal luogo in cui si trova, e lo vedrà anche Padre Pio. Gli ammalati che assistono a questo avve­nimento, guariranno e i peccatori si convertiranno. Coloro che vedranno questo grande miracolo che farà Dio, Nostro Signore, per intercessione della San­tissima Vergine, non dubiteranno. E adesso tutti aspettano il grande giorno del miracolo, nella speran­za che il mondo cambi e che il castigo non venga. A noi quattro: Loli, Jacinta, Mari Cruz e io, sin dall'inizio la Santissima Vergine aveva detto che ci sa­remmo contraddette a vicenda, che i nostri genitori non avrebbero reagito bene e che saremmo arrivate persino a negare di aver visto la Vergine e l'Angelo. Tutto questo ci sorprendeva molto. Certamente! Che ci dicesse tutte queste cose... Tuttavia nel mese di gennaio del 1963, tutto ciò che la Santissima Vergine ci aveva detto sin dall'ini­zio, si avverò. In effetti, siamo arrivate a contraddir­ci vicendevolmente e abbiamo persino negato di aver visto la Vergine. Un giorno siamo andate a confessarci. Ma nel no­stro cuore eravamo certe che l'Angelo e la Santissima Vergine ci erano apparsi e che Lei aveva portato alle nostre anime una pace e una gioia molto profonde e un desiderio immenso di amarla di più. Il suo modo di parlare e il suo sorriso hanno fatto sì che noi vo­gliamo bene e amiamo di più la Vergine e che voglia­mo donarci per intero a Lei. Dunque, noi andammo a confessarci, tuttavia senza pensare né credere che ciò fosse peccato. Se siamo andate a confessarci, è stato perché il Parroco ci ha suggerito di farlo. Noi abbiamo dubitato un po', ma si tratta di un tipo di dubbio in cui sembra piuttosto che fosse il de­monio a volere che negassimo di aver visto la Vergine. Lo stesso abbiamo fatto dinanzi ai nostri genitori, ai quali abbiamo detto che non avevamo visto la Ma­donna, ma che le chiamate e il miracolo della Sacra Forma sì erano fatti veri. Io mi meravigliavo interiormente di dire tali cose, quando in realtà la mia coscienza era completamente certa del fatto che io avevo visto la Santissima Vergine. Il Parroco, don Valentin Marichalar, ci diede co­me penitenza dieci rosari e cinque Padre Nostro. Giorni dopo ci apparve nuovamente la Vergine. È stato allora che il papà di Loli, Ceferino, fece venire una commissione di medici i cui nomi sono: Alejandro Gasca, Félix Gallego e Celestino Ortiz. La sera stessa in cui arrivarono, questa commissione interrogò Mari Cruz, Jacinta, Loli e i loro genitori, circa il motivo per il quale esse dicevano di non aver visto la Vergine. Non so che cosa avranno creduto quei medici, ma so che dicevano che tutto ciò che si riferiva al miracolo dell'Ostia lo avevo fatto io, e lo spiegavano a modo loro. Certamente: sono quei mo­menti in cui non si sa quello che si dice ed essi si la­sciarono dominare un po' dal demonio. Le mie compagne, da quel giorno, non videro più le apparizioni; io sì, ne vidi una quella stessa sera e continuai a vederle sino al 20 gennaio, data dopo la quale non ne vidi più. Adesso Loli e anche Jacinta sono ritornate alla realtà e credono di aver visto la Santissima Vergine: certamente, perché non lo dovrebbero credere? Mari Cruz, tuttavia, continua a dire di no, che lei non ha visto la Santissima Vergine. Io ho dubitato un po' che il ryiiracolo avvenga. Un giorno, mentre mi trovavo nella mia stanza, udii una voce che mi diceva: - Conchita, non dubitare che mio Figlio faccia il miracolo. Questa voce la sentii interiormente, ma con tanta chiarezza come se la stessi ascoltando, ancor meglio che se si esprimesse con parole. Mi lasciò una pace e una gioia molto profonde, maggiori di quando vede­vo la Vergine. La persona alla quale ho raccontato per prima tut­to questo è Placido. In seguito lui l'ha comunicato ad altri. Le chiamano «locuzioni». Questo fatto si può anche chiamare voce di gioia, voce di felicità, vo­ce di pace. Da quel momento non ho più dubitato. Trascorsero i giorni senza che io udissi più quella voce; questo mi rattristò molto, tuttavia capivo che Dio non mi poteva dare tanta felicità e con tanta fre­quenza, senza meritarla. Le locuzioni mi hanno fatto molto bene. È come se la Santissima Vergine fosse dentro di me. Che felicità! Un mese dopo, udii nuovamente quella voce di felicità interiore, senza parole, in chiesa. Preferisco quelle locuzioni alle apparizioni, per­ché nelle locuzioni ho la Vergine dentro di me. Ah, che felicità avere la Vergine Santissima den­tro di me e che vergogna essere così cattiva in questo mondo! Mi piace sentire Gesù con maggior intensità den­tro di me. Gesù vuole darmi la Croce per purificar­mi. Speriamo che con più croci, io possa fare qualco­sa per il mondo. Con l'aiuto di Dio, perché io sola sono un nulla. Una preghiera che rivolgo a Gesù è questa: «Ah, Ge­sù mio!».


           LUIS GUIZAR BARRAGAN Vescovo di Saltillo Bravo Sur 812 Saltillo, Coam. Egregio Padre, dopo aver ascoltato le sue spiegazioni riguardanti i fenomeni avvenuti in Garabandal, Spagna, ho il pia­cere di comunicarle, secondo suo desiderio, i seguen­ti apprezzamenti: nell'esposizione dei fatti, lei si è posta nell'indi­spensabile posizione di non precedere il giudizio dell'Autorità competente circa il carattere sopranna­turale di tali eventi. La dottrina che lei espone o che si deduce dagli avvenimenti che presenta, è completamente concor­de con gli insegnamenti della Chiesa: promuove la pratica della preghiera, della penitenza, la venerazio­ne alla Santissima Eucarestia, la filiale devozione alla Santissima Vergine e, in genere, è uno stimolo per la vita cristiana. Considero quindi assai lodevole e benefico il suo lavoro e mi sarà cosa gradita che lei continui a svol­gerlo nel territorio di questa Diocesi. Saltillo, addì 3 setttembre 1966. Rev.mo Padre Gustavo Morales + Luis Guszar B. Vescovo di Saltillo Messico.

PARTE SECONDA
PUNTI PRINCIPALI DELLA STORIA DI GARABANDAL DAL 1963 AL 1966
LOCUZIONE DEL 20 LUGLIO 1963. Il 20 luglio 1963 Conchita ebbe una impressio­nante locuzione di Nostro Signore. Riportiamo il te­sto esatto dal libro del signor Francisco Sànchez­ Ventura y Pascual: Garabandal (pag. 226). Quando Conchita uscì dalla chiesa dicendo di avere avuto una locuzione interiore, un sacerdote le chiese che, per cortesia, gli narrasse le circostanze per iscritto. La bambina prese allora carta e matita e scrisse spontaneamente e con molta  «Io ringraziavo il Signore, gli chiedevo alcune co­se ed Egli mi rispondeva. Gli chiedevo che mi desse una Croce, poiché io sto vivendo senz'altra sofferen­za se non quella di non aver nessuna Croce; e Gesù, mentre io gli facevo questa petizione, mi rispose: - Sì, ti darò la Croce. E io, molto emozionata, gli domandavo altre cose e gli dicevo: - Per quale motivo avverrà il miracolo? Per con­vertire molte persone? Ed Egli mi rispose: - Per convertire il mondo intero. - La Russia si convertirà? - Anche la Russia si convertirà e così tutti ame­ranno i Nostri Cuori. - E dopo verrà il castigo? Ma Gesù non mi rispose. - Perché vieni nel mio povero cuore senza che io lo meriti? - Ma Io non vengo per te, bensì per tutti. - Il miracolo avverrà in modo che soltanto io ve­drò la Madonna? Ed Egli mi rispose: - Per i tuoi sacrifici, la tua sopportazione, ti permetto di essere colei che intercede affinché il miraco­lo avvenga. E io gli dissi: - Non sarebbe meglio che ci fossimo tutte o, altri­menti, che Tu non dia questo incarico a nessuna di noi? Ed Egli mi rispose: -No. -  Io andrò in Paradiso? E Lui mi rispose: - Amerai molto e pregherai i Nostri Cuori. -Quando mi darai la Croce?   Ma Lui non mi rispose. - Cosa diverrò nel futuro?  Gesù non mi diede risposta. Mi disse soltanto che in qualunque luogo e in qualsiasi condizione dovrò soffrire molto. Io gli domandai: - Morirò presto? E la sua risposta fu: - Dovrai permanere sulla terra per aiutare il mon­do. Io replicai: - Io valgo poco. Non potrò essere di aiuto. E Gesù mi assicurò: - Con le tue preghiere e le tue sofferenze, aiuterai il mondo. - Quando si va in Paradiso, si va da morti? E Lui mi disse: - Non si muore mai. (Io credevo che non si andasse in Paradiso prima  di risorgere). Gli domandai se S. Pietro si trovava sulla porta per riceverci. Gesù mi disse di no. Nel momento in cui mi trovavo in preghiera o in dialogo con Dio, mi sentivo fuori da questa terra. Gesù mi ha anche detto che adesso un maggior numero di persone amano il Suo Cuore. Circa i sa­cerdoti mi ha detto che devo pregare molto per loro, affinché siano santi, adempiano bene i loro doveri e facciano sì che altre persone siano migliori. "Che mi facciano conoscere da chi non mi conosce, e facciano sì che mi amino coloro che mi conoscono e non mi amano». Firmato: Conchita Gonzàlez

MESSAGGIO DEL 18 GIUGNO 1965. Sei mesi prima, cioè alla fine del 1964, Conchita aveva annunciato, da parte della Visione, che il 18 giugno 1965 avrebbe visto un'apparizione di San Mi­chele Arcangelo. Questa lunga attesa rese possibile che numerosi stranieri venissero a conoscenza dell'annuncio profe­tico e potessero accorrere all'appuntamento di Gara­bandal. In effetti, vi assistettero francesi, belgi, tede­schi, molti nordamericani e, naturalmente, numerosi spagnoli. Verso le 23,30 Conchita, protetta da alcuni giova­ni del paese e da un imponente gruppo della Guardia Civile, si diresse verso il Viottolo. Passando attraver­so la folla, giunse al «Cuadro» e cadde in ginocchio. Questa estasi durò una ventina di minuti: la televisio­ne italiana e il N.O.D.O. (Notiziario Spagnolo) pote­rono riprenderla. Conchita ricevette un messaggio da trasmettere al mondo intero, il cui testo esatto è il seguente: «Ecco il messaggio che la Santissima Vergine ha dato al mondo per intercessione dell'Angelo San Mi­chele, l'Angelo ha detto: - Siccome non si è com­piuto e non si è diffuso sufficientemente il mio mes­saggio del 18 ottobre, voglio dirvi che questo è l'ulti­mo. Prima la coppa si stava colmando, ora trabocca. Molti Sacerdoti camminano sulla via della perdi­zione e trascinano con loro moltissime anime. All'Eucarestia si dà sempre minore importanza. Dobbiamo evitare, con i nostri sforzi, la collera del buon Dio che pesa su di noi. Se Gli chiederete perdono con animo contrito, Egli vi perdonerà. Io, vostra Madre, per mediazione di San Michele, voglio esortarvi alla conversione. Questi sono gli ulti­mi avvertimenti. Vi amo molto e non voglio la vostra condanna. Pregate sinceramente e Noi vi esaudiremo. Dovete fare sacrifici maggiori. Meditate sulla Pas­sione di Gesù». Firmato: Conchita Gonzalez 18 giugno 1965.

APPARIZIONE DEL 13 NOVEMBRE 1965. Come introduzione riproduciamo innanzitutto te­stualmente una lettera di Conchita diretta al Padre Mba, s.j., di Barcellona, corredata da talune note esplicative: AVE MARIA! Cari tutti, da questi due ragazzi, che sono arrivati nel nostro gruppo, ho saputo che non siete potuti venire sin qui, pur essendo vostro desiderio. Io vi mando il mio saluto più affettuoso, promettendovi le mie piccole preghiere dinanzi al tabernacolo e alla Vergine. Sia il vostro desiderio, ogni giorno di più, amare Dio e sua Madre (che è anche la nostra), e vincere i difetti. Io chiedo per me e per le mie amiche le vostre preghiere, poiché ne abbiamo tanto bisogno per esse­re molto umili e per saper dare a Gesù ciò vuole da noi, e perché un giorno arriviamo a farci suore, per essere soltanto al servizio di Dio e per aiutare gli uo­mini che ne hanno bisogno: è questo il nostro deside­rio; tuttavia siamo molto deboli e abbiamo bisogno di essere aiutate. Il 1 gennaio 1965, la Madonna mi ha detto che noi Cristiani Cattolici non pensiamo all'aldilà, al cielo e all'inferno, e che invece dobbiamo pensarci e in questo modo la nostra vita sarà più unita a Cristo, e dobbiamo meditare maggiormente sulla Passione di Gesù. Dobbiamo farlo, ma non soltanto noi, bensì invitare altri a farlo. Allora ci sentiremo più prossimi alle porte della felicità di Dio, e accetteremo le nostre Croci con gioia e con amore di Dio. Con molto affetto per tutti. E in unione di pre­ghiera. Firmato: Conchita Gonzàlez.
PS. (Questo lo dico io)3: a nulla serve credere alle apparizioni se non adempiamo il messaggio, ossia se non adempiamo ciò che ci comanda la Santa Madre Chiesa. Come tutti sappiamo, la Madonna ha detto qui le stesse cose da Lei comunicate a Lourdes e a Fatima; non ha fatto nulla di nuovo. E il miracolo av­verrà affinché noi adempiamo il messaggio, non im­porta credere (alle apparizioni); è una grazia che Dio ci fa. E’ una grazia che ci dà Lui stesso (Dio Nostro Signore). Dobbiamo pregare molto per i fratelli che ancora non conoscono Dio: credo che questo sia un desiderio della Madonna. E anche per coloro che ri­cevono grazie da Dio e dalla Madonna, e non Li rin­graziano. Firmato: Conchita Gonzàlez.

Qui appresso riproduciamo una lettera di Con­chita al rev. Gustavo Morelos (Messico), in cui gli an­nuncia di aver avuto una locuzione (8 novembre 65); gli comunicherà che vi sarà un'apparizione ai Pini (il sabato 13) e che darà alla Santissima Vergine un og­getto affinché lo baci, dicendole che è destinato a don Morelos.

+  AVE MARIA! S.S. Garabandal, 8 novembre 1965. Rev.do e caro don Morelos, Come Lei vede, senza ricevere una sua risposta, le scrivo nuovamente per dirle che ho avuto una locu­zione della Madonna, la quale mi ha detto: "Sabato vieni ai Pini e là mi vedrai. Portami molti oggetti religiosi e io li bacerò tutti perché tu li distri­buisca e mio Figlio, attraverso di essi, realizzi prodi­gi". Io Le darò uno di questi oggetti baciati dalla Ma­donna. Quando consegnerò alla Madonna quello che è destinato a Lei, Le dirò che è per don Morelos. Ho già finito il mio diario, ma in seguito ne ini­zierò un altro. Preghi tanto per me, affinché possa entrare pre­sto in convento e sia buona. IN UNIONE DI PRE­GHIERA. Firmato:         Conchita Gonzàlez.


Riproduciamo la lettera di Conchita al Rev.do Morelos in cui gli racconta come si svolse l'apparizione: "La Vergine mi aveva annunciato in una locuzio­ne, che ricevetti in chiesa, che il giorno sabato 13 no­vembre l'avrei vista ai Pini, in un'apparizione specia­le nella quale avrebbe baciato oggetti religiosi per es­sere distribuiti in seguito, perché sono molto impor­tanti. Io desideravo tanto che quel giorno arrivasse, per vedere nuovamente Colei che ha seminato in me la felicità di Dio: la Vergine con Gesù Bambino fra le braccia. Pioveva, ma a me non importava. Salii ai Pini portando con me molti rosari che mi avevano regala­to, poco tempo prima, per distribuirli; come mi ave­va detto la Madonna, io li portavo affinché Lei li ba­ciasse. Mentre salivo tutta sola ai Pini, pentita dei miei difetti, mi ripromettevo di non cadere più in essi, poiché ero imbarazzata a presentarmi così davanti al­la Madre di Dio senza vincerli. Giunta ai Pini, tirai fuori gli oggetti religiosi che portavo con me. Sentii allora una voce molto dolce, quella della Vergine (si distingue molto bene da tutte le altre!) che mi chiamava per nome. Io le risposi: «Eccomi...». In quel momento vidi la Madonna con Gesù Bambino in braccio. Veniva vestita come sem­pre e con un gran sorriso. Le dissi: «Sono venuta a portarti i rosari perché Tu li baci.» Lei rispose: Lo vedo. Avevo un chewing­gum in bocca e lo stavo masticando, ma quando La vidi, smisi di masticarlo e lo lasciai appiccicato a un dente. La Madonna, che lo aveva notato, mi disse:Conchita, perché non sputi quel chewing-gum e non offri questo come sacrjficio alla gloria di mio Figlio? Io, piena di vergogna, lo tolsi dalla bocca e lo buttai per terra. E continuò: Ricordi quello che ti ho detto il giorno del tuo compleanno, che tu soffrirai molto sulla ter­ra?. . Ebbene te lo confermo nuovamente. Tu abbi fi­ducia in Noi e offri le tue sofferenze ai nostri Cuori, per il bene dei tuoi fratelli, così Ci sentirai sempre ac­canto a te. Io le dissi: «Come sono indegna, oh Madre, di tante grazie che mi accordate! E venite ancora verso di me oggi, per alleviare la pena della piccola croce che sto portando in questo momento». E lei mi disse: Conchita, io non vengo solo per te bensì per tutti i miei frgli, con il desiderio di attrarli tutti verso i nostri Cuori. E poi soggiunse: E ora dam­mi da baciare tutto quello che hai portato.Così feci. Io avevo una croce; la Madonna la ba­ciò e poi mi disse: Passala sulle mani di Gesù Bambi­no. Obbedii e Lui non parlò. Dissi: «Porterò con me questa croce in convento». La Vergine taceva. Dopo aver baciato gli oggetti, mi disse: Mio Figlio, attraver­so tutti i baci che ho dato a questi oggetti, si servirà di essi per fare prodigi. Distribuiscili agli altri... «Certamente, così farò». In seguito mi ha detto di presentarle le petizioni delle persone che me le avevano confidate, e io gliele presentai. Mi disse allora: Parlami, Conchita, parlami dei miei figli! Li proteggo tutti sotto il mio manto. Io replicai: «Ma questo manto è troppo piccolo; non ci stiamo tutti sotto». Lei sorrise. Sai, Conchita, perché non sono venuta il 18 giugno a recarti il messaggio da rivelare al mondo...? Perché mi addolorava dirvi quelle cose io stessa. Tuttavia voi dovevate saperle per il vostro bene e se osserverete il contenuto del messaggio, sarà a gloria di Dio. Io vi amo molto e desidero vivamente la vostra salvezza, per riunirvi qui in Cielo, attorno al Padre al Figlio e allo Spirito Santo! E’ vero, Conchita, che posso contare su di te? Io le risposi: «Se Ti vedessi sempre, allora sì, ma altrimenti... non so, perché sono molto cattiva...». Fa' da parte tua tutto quello che puoi e Noi ti aiu­teremo, come aiuteremo anche le mie frglie Loli, Jacin­ta e Mari Cruz. È stata poco tempo con me. Mi disse inoltre: Que­sta è l'ultima volta che mi vedi qui, ma io sarò sempre con te e con tutti i miei frgli. Poi soggiunse: Conchita, perché non vai a visitare più spesso mio Figlio nel Ta­bernacolo! Perché non gli fai visita, e ti lasci prendere dalla pigrizia, mentre Lui vi aspetta giorno e notte? Come ho detto precedentemente, pioveva molto, ma la Madonna e il Bambino non si bagnavano affat­to, e neanch'io finché restai in loro presenza; non mi accorgevo neppure che piovesse, ma non appena fu­rono scomparsi, sentii le gocce che mi bagnavano. Io le dissi: «Ah, come sono felice quando Ti ve­do! Perché non mi porti con Te adesso?» E Lei mi rispose: Ricorda ciò che ti dissi il giorno del tuo onomastico... presentandoti davanti a Dio, do­vrai mostrarGli le tue mani piene delle tue opere fatte in favore dei tuoi fratelli e per la gloria di Dio... Ora sono ancora vuote. E null'altro. Così è passato quel momento felice in cui sono stata con la mia Mamma del Cielo, la mia migliore Amica, e con Gesù Bambino. Non li ho più visti, ma non ho smesso di sentirli. Hanno seminato nella mia anima pace e gioia e grandi desideri di vincere i miei difetti per poter amare, con tutte le mie forze, i Cuori di Gesù e di Maria, che tanto ci amano. Precedentemente la Madonna mi aveva detto che Gesù non inviava il castigo per mortificarci, ben­sì per redarguirci perché non gli facciamo caso, e per aiutarci. E ci manda l'avvertimento per purificarci, per farci vedere il miracolo con il quale ci dimostra il Suo amore per noi e, quindi, il Suo desiderio che noi compiamo il messaggio. L' "avvertimento", che giungerà dovunque e sarà ascoltato da ogni persona, è come un castigo. Si ve­drà ciò che abbiamo causato con i nostri peccati. Io credo che ci gioverà assai; lo dico affinché nessuno si disperi, poiché sarà per la nostra santificazione. Per don Morelos. Ho ricevuto la sua lettera e le rispondo oggi. Non le ho inviato prima questo scritto perché non mi è stato possibile. Spero che Lei preghi per me, perché ne ho veramente bisogno. Tanti saluti dalla mia mamma e da Serafin. In unione di preghiera. Firmato: Conchita Gonzàlez.


Don Gustavo Morelos, nel mese di settembre del 1965si era trasferito in Spagna al fine di fare degli Esercizi Spirituali e in seguito dedicarsi a studiare le «Apparizioni» della Santissima Vergine a San Seba­stiàn de Garabandal (Santander), Spagna. Questa no­tizia era appena arrivata in Messico. Egli ritornò il 7 novembre al proprio paese e con sua grande sorpresa trovò una lettera di Conchita del giorno 8 dello stesso mese, in cui gli annunciava che vi sarebbe stata una visita della Madonna ai Pini (vedere il documento riprodotto nelle pagine precedenti). Ciò che di quella lettera interessò maggiormente il sacerdote, fu la promessa che gli faceva Conchita, cioè che quando avrebbe visto la Madonna, le avreb­be dato da baciare un oggetto, dicendoLe «che quell'oggetto sarebbe stato per don Morelos». Il sacerdote attese con ansia il racconto dell'in­contro di Conchita con la nostra dolce Madre. Finalmente, in un giorno molto significativo, il 25 dicembre, don Morelos ebbe nelle sue mani la se­guente lettera che riproduciamo testualmente:

+ AVE MARIA S.S. de Garabandal, 29 dicembre 1965.  Rev.do Gustavo Morelos, ho ricevuto la sua lettera e anche la mia mamma. Mi dispiace tanto non poterla compiacere in ciò che Lei mi chiede, perché si tratta di un ricordo molto bello per me: pensi che un cieco guarirà il giorno del miracolo, lo ha dato a P. Pio affinché lo benedica per me, e la Madonna lo ha baciato e Gesù Bambino l'ha toccato con le sue mani. E’ veramente una reli­quia molto importante e la porterò con me in con­vento, poiché ne avrò molto bisogno. Quando mo­rirò, lo lascerò a Lei. D'accordo? Però le darò un rosario di quelli che ho dato da baciare alla Vergine, dicendoLe che era per lei, e la Vergine ha sorriso! Per ora, nient'altro. Credo che andrò a Pamplona verso la metà di gennaio. Preghi molto per me; ne ho proprio tanto biso­gno. La mia mamma e i miei fratelli La ricordano. (...) Prego molto per quanto mi ha detto. In che mo­do credono al messaggio e come lo adempiono? Ho già finito il diario. (...) Bene, nient'altro. Mi piace tanto leggere le sue lettere. Saluti ai messicani. (...) In unione di preghiera. Conchita Gonzàlez.
Spero che Lei trascorra felici feste natalizie.


Il 4 luglio 1966, Conchita scrive un'altra lettera a don Morelos per dargli due notizie: la prima, che ri­tornava al suo paese; la seconda, che il Crocefisso che gli aveva promesso, (essendo stato lui il primo a chie­derglielo), per distrazione lo aveva dato a don Andreu. 

+ AVE MARIA S.S. de Garabandal 4 luglio 1966. Rev.do Gustavo Morelos da qualche giorno sono ritornata in paese. I miei de­sideri non erano quindi molto grandi, sebbene alcuni si lo fossero. Ho ricevuto le sue lettere, ma in collegio non pos­so scrivere. La voglia non mi mancava. Per questo le scrivo ora. Non so se le darò un piccolo dispiacere, ma l'ho fatto senza volere. Quando arrivai al collegio, mi ac­compagnò don Andreu e mi chiese di regalargli qual­che oggetto baciato dalla Madonna. Io non avevo al­tro che il Cristo e senza pensarci su due volte, lo ti­rai fuori dalla valigia e glielo diedi. Non mi sono ricordata di Lei, né di nessuno... Ero così emozionata  di entrare in convento che l'unica cosa che mi importava era servire Dio, tutta­via... Non si dimentichi di pregare per me; io non mi dimentico di Lei e della sua grande opera. Tanti saluti dalla mia famiglia. La ricordo sempre e in unione di preghiera. Conchita. P.S. Pochi giorni fa è morto mio nonno.
LOCUZIONE DI CONCHITA CON NOSTRO SIGNORE A PAMPLONA IL 13 FEBBRAIO 1966 E VIAGGIO A ROMA. 
Riproduzione di un brano della lettera di Conchi­ta al Rev.do Gustavo Morelos, in cui narra questo av­venimento:

+ AVE MARIA! Pamplona, 15 aprile 1966. Rev.do Gustavo Morelos. Stimato don Morelos, Le scrivo due righe dal col­legio affinché sappia che la ricordo, specialmente nelle mie preghiere per le sue intenzioni. Mia madre mi ha detto che lei è carmelitano: non può immaginare quanta gioia ho provato per questo! Non ho nessuna novità da comunicarle, ma voglio dirle che mi piace molto la vita in collegio. Reverendo, le comunico la triste notizia che ho ri­cevuto pochi giorni dopo essere arrivata in collegio (...) LCfr. in seguito la locuzione del 13 febbraio. NdT.]

COPIA DELLA LOCUZIONE DI CONCHITA DEL 13 FEBBRAIO 1966. La domenica 19 del mese di febbraio, nel mo­mento di ringraziare Dio dopo la Comunione, ho ri­cevuto al tempo stesso una grande gioia e una tristez­za ancora più grande: una delusione. Ho sentito la voce di Cristo che mi diceva così: «Conchita, tu sei venuta qui in collegio per prepararti a essere mia sposa, e dici di seguirmi. Tuttavia non mi dici di vo­ler adempiere la mia volontà, perché tu adesso vuoi compiere la tua e vuoi continuare così per tutta la vi­ta! Ti ho scelta nel mondo perché tu stia nel mondo, affrontando le numerose contrarietà che troverai a causa Mia. Io desidero tutto questo per la tua santifi­cazione e affinché tu lo offra per la salvezza del mon­do. Devi parlare al mondo di Maria. Ricorda che nel mese di giugno mi domandasti se ti saresti fatta suo­ra. Io ti dissi: in qualsiasi parte troverai la Croce, la sofferenza; te lo ripeto adesso. Conchita: hai forse sentito la Mia chiamata a essere Mia sposa? No, per­ché io non ti ho chiamato». Io Gli domandai: «E come si sente la Tua chiama­ta a farsi suore? E Lui mi disse: "Non ti preoccupare di questo: tu non la sentirai. Replicai: "Allora non mi vuoi bene, Gesù?"». Mi rispose: «Conchita, e tu mi domandi questo? Chi ti ha redento? Compi la mia volontà e troverai il mio amore. Esaminati bene. Pen­sa di più agli altri; non temere le tentazioni: se sarai fedele, vincerai le molte tentazioni. Sii accorta a ri­guardo di quanto ti ho detto, spiritualmente accorta. Non chiudere gli occhi dell'anima; non lasciarti in­gannare da nessuno. Ama l'umiltà, la semplicità; non pensare mai che sia troppo ciò che hai fatto. Pensa a ciò che hai ancora da fare e a ciò che devi fare, non per guadagnare il Paradiso, bensì per il mondo, affin­ché il mondo compia la mia volontà. Che ciascun'ani­ma si prepari. Chi avrà la propria anima disposta ad ascoltarmi, saprà qual è la mia volontà. Conchita, voglio dirti che prima del Miracolo sof­frirai molto, poiché saranno in pochi a crederti; an­che i tuoi famigliari penseranno che tu li abbia ingan­nati. Tutto questo Io lo voglio per la tua santificazio­ne (come ti ho già detto) e affinché il mondo adem­pia il Messaggio. Voglio avvertirti che il resto della tua vita sarà una sofferenza continua; non intimorirti, ché nella sofferenza ci sono Io e c'è Maria, tanto amata da te». Io gli domandai se a Roma non mi avrebbero più creduta e Gesù mi disse: «Non preoccuparti del fat­to che ti credano o no. Farò tutto io, tuttavia ti darò anche la sofferenza: Io sono con chi soffre per me».

 + AVE MARIA S.S. de Garabandal 5 febbraio 1966. Rev.do Gustavo Morelos ho ricevuto le sue lettere e anche la propaganda che si deve fare per il messaggio. Questa mi è piaciu­ta molto. Penso che Lei avrà ricevuto una cartolina che le ho inviato da Pamplona (dal mio collegio) e un'altra da Ro. Lunedì 7 febbraio me ne andrò al collegio di Pamplona, tuttavia la Madre Superiora mi ha detto che devo andarci nelle vacanze estive per provare la mia vocazione, e mi raccomanda di dire che vado in collegio e non in convento. Cosa mi racconta dei messicani? Ricevo molte let­tere in cui mi si parla di lei. La Madonna la aiuti e la ricompensi per tutto ciò che fa per promuovere la devozione mariana e per la salvezza del mondo. Non ho altro da dirle al riguardo. Il mio viaggio a Roma è stato molto felice e tutto è andato molto bene. Mi hanno ordinato di mantenere il segreto. Il mio nuovo indirizzo è il seguente: Conchita Gonzàlez - Collegio delle Carmelitane C. Missionarie, Avenida Pio XII, n 22 - Pamplona. Saluti dalla mia mamma e dai miei fratelli. In unione di preghiera. Conchita Gonzàlez Mi scriva presto a Pamplona.

CONTRADDIZIONI E RITRATTAZIONI. 
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Per concludere, riporteremo per intero uno scrit­to di un teologo spagnolo, il Reverendo Lucio Rodri­go circa le ritrattazioni e i dubbi delle bambine. Questa nota porta la data del 10 agosto 1966. Fu scritta quando Loli e Jacinta avevano raggiunto il momento maggiormente acuto dei loro dubbi. Quin­di, l'autore di questo scritto non poteva conoscere il momento culminante vissuto da Conchita, poiché si produsse un po' più avanti, verso il 15 agosto: «Tutti coloro che credono alla realtà soprannatu­rale e divina dei fatti di Garabandal, non devono per­mettere che la loro fede venga intaccata dal fatto che attualmente l'una o l'altra delle ragazzine dichiarino che tutti questi fenomeni non sono stati altro che una meravigliosa commedia, abilmente inscenata e prova­ta, oppure che esse sono state soltanto un giocattolo, preda di una dolce illusione causata dalla malattia del demonio. Il motivo è il seguente: se noi siamo arrivati alla conclusione che tali fenomeni hanno un carattere di­vino e ci abbiamo creduto, non è stato perché ci sia­mo basati su ciò che le ragazzine dicevano sulle loro Visioni in quei momenti, cioè nei momenti di estasi o in quelli successivi, bensì considerando l'insieme dei fenomeni ai quali abbiamo assistito noi stessi o che altre persone, pienamente degne di fiducia, afferma­no di aver visto. Noi abbiamo sottoposto questo in­sieme difatti a una severa analisi critica e siamo arri­vati alla conclusione che tali fenomeni non erano e non potevano essere inventati dalle ragazzine e nep­pure potevano essere il risultato di immaginazioni di origine patologica o demoniaca. Questo non esclude che qualche fatto occasionale o isolato sia stato frutto della loro immaginazione o di una illusione, oppure di entrambe al tempo stesso. Aggiungiamo che questo ragionamento sarà sem­pre valido, anche nel caso in cui Conchita arrivasse ad affermare, come fanno le altre tre bambine, che tutto ciò che è successo non è stato altro che una abi­le simulazione da parte loro, oppure che sono state vittime di una illusione. Quindi se le nostre conclusioni e la nostra cre­denza nel carattere soprannaturale dei fenomeni di Garabandal non si fondano su ciò che le giovani han­no detto all'epoca delle apparizioni, bensì su fatti concreti e reali verificati da me e da molti altri testi­moni, nessuno ha una ragione per distruggere queste apparizioni o per attenuare la loro importanza, sem­plicemente in vista di ciò che le ragazzine dicono og­gi o che potranno dire nel futuro. Le giovani potranno credere di aver vissuto una illusione, ma noi no. Comillas, 10 agosto 1966 Padre Lucio Rodrigo s.j.

TERZA PARTE - DOCUMENTI

TESTIMONIANZA DI PADRE RAMON MARIA ANDREU 
CIRCA LA SUA VISITA A GARABANDAL IL 18 OTTOBRE 1961

Domanda: Il 18 ottobre 1961 lei è stato a Gara­bandai. Ci potrebbe raccontare come si è svolta que­sta visita e le circostanze che l'anno accompagnata? R.M. Andreu:Con molto piacere. Arrivai a Gara­bandai il 17 ottobre. Quel giorno e specialmente il 18, vidi arrivare in paese una folla immensa. Ciò si­gnificava molto, considerando le difficoltà di accesso e il fatto che quel giorno era in atto un vero e proprio diluvio. La distanza da Cosio, che bisognava percor­rere a piedi, è di circa sei chilometri. Quel giorno io ero contento e tranquillo. Non avevo motivi per sentirmi altrimenti. Durante i mesi di agosto e settembre, e anche durante i giorni di ot­tobre già trascorsi, ero stato testimone di molti avve­nimenti in quel paesino di montagna. Serbavo di questo periodo molti ricordi felici. Tutto mi sembra­va buono. Domanda: Come erano i suoi rapporti con il Ve­scovo di Santander? R.M. Andreu: I miei rapporti con l'autorità dioce­sana erano eccellenti. Don Doroteo Fernàndez, Am­ministratore Apostolico della Diocesi, mi aveva auto­rizzato a salire a Garabandal, a celebrarvi la S. Messa, a predicare e confessare. Ebbi l'opportunità di far vi­sita al Vescovo diverse volte. In queste visite mi fu possibile esporre le mie opinioni personali. Lo stesso rapporto c'era con D. Eugenio Beitia Mdazabal, sia per quanto riguarda me, come i miei fratelli, i sacer­doti Mejandro e Marcelino. Domanda: Quale fu il motivo immediato della sua visita a Garabandal il 18 ottobre 1961? R.M. Andreu: E’ risaputo che le bambine avevano annunciato per quel giorno la proclamazione del Messaggio. Io supponevo che questo potesse essere importante. Lo stesso dovettero pensare in molti, perché le difficoltà di quel giorno in cui pioveva tan­to, si riunirono nel paese circa cinquemila persone. Domanda: Conchita nel suo diario dice che che questa folla immensa salì ai Pini verso le 22 per ascol­tare il Messaggio. Anche lei sali? R. M. Andreu: Sì, io salii fra gli ultimi, seguendo la gente in quella difficile ascesa. Era necessario per­correre 500 metri in salita, in quella giornata di acqua e fango. A momenti vi era tanta oscurità come nella bocca di un lupo. Alcune pile tascabili si vedevano brillare lungo tutto il fianco del monte. L'acqua scor­reva dal monte in tutte le direzioni. Durante questa salita, scivolavo continuamente. Sono anche caduto diverse volte. Questo succedeva a quasi tutti. Avevo percorso la metà della strada, quando all'improvviso, e in modo brutale, sentii una intensa amarezza interiore. Era un insieme di sentimenti tri­sti, difficile da definire. In quel momento mi sembra­va che per me tutto stesse crollando. Provai una profonda sensazione di intensa solitudine. Le quattro ragazzine erano soltanto delle ammalate. Io mi chie­devo: perché mi trovo qui? Mio fratello era morto: questo era tutto ciò che potevo concludere. Il mio doloroso stato interiore diveniva sempre più intenso. Posso dire, in verità, che mai nella vita ho provato una desolazione così intensa. Pensai di abbandonare ciò che non era altro che un triste spettacolo di paese.Stetti quieto un momento. A volte guardavo il cielo. So che in quel momento mi sarebbe piaciuto che si realizzasse un miracolo, un miracolo che le ra­gazzine non avevano annunciato. La mia delusione fu assoluta. Mi spostai e rimasi nuovamente per un po', non so dire per quanto tempo, in solitudine, sentendo passare nell'oscurità le persone che erano salite ai Pi­ni. Regnavano la notte e il silenzio. Non mi ero mai sentito così solo. All'improvviso una lanterna diresse la sua luce verso di me. Un amico che discendeva dai Pini, mi ri­conobbe e mi si avvicinò. «Tutto questo è meraviglioso ! » mi disse. Io glielo lasciai dire mentre dentro di me pensa­vo: «Domani capirai l'assurdità di tutto questo». Discesi con lui sino al paese senza lasciar trapela­re nulla di quanto succedeva dentro di me. Entram­mo in una casa in cui ci stavano aspettando. Poco do­po arrivò Ameliuca, la sorella di Loli. Rivolgendosi a me e ad altre due persone, disse: «Loli dice che andiate tu, tu e tu». Io la udii, tuttavia non pensavo di andare. Infine dissi a me stesso: «Farò un'opera di misericordia: vi­sitare gli ammalati». E così decisi di dare un addio definitivo a tutto questo. Domanda: E lei andò a casa di Loli? R.M Andreu: Sì. Salii sino alla soffitta della casa di Ceferino. Vi era un numero di persone che potreb­bero essere state dodici o quattordici, e fra queste si trovava Loli. La ragazza sembrava contenta, direi che era proprio felice. Io stavo pensando all'incoscienza di quella ragazzina e delle altre, quando Loli mi disse sorridendo: «Si sieda». Non c'era nessuna sedia, bensì una specie di branda posta in un angolo. Automaticamente mi se­detti sul bordo di essa e Loli vicino a me. Lei aveva 12 anni, tuttavia avrebbe diretto la conversazione, il cui ricordo sarebbe durato in me per sempre. «Fra voi tre, ce n'è uno che non crede, mi disse. Lei sa chi è?»«Sì», le risposi. «E tu?» «Io sì, lo so, mi rispose. La Madonna me lo ha detto.» «Quando? » «Adesso, nel discendere dai Pini.» «Dimmi chi è», insistetti. «Non oso», fu la sua risposta. «Se si trattasse di uno degli altri due...» «Sì, sono io. Non ci credo affatto». Nello sguardo infantile di Loli apparve un sorriso complice e soggiunse: «La Madonna ci ha detto: il Reverendo sta dubitan­do di tutto e soffre molto. Chiamatelo e ditegli di non dubitare, che è proprio vero: sono Io, la Madonna che vi appare. E affinché vi credano, direte: quando salivi, salivi contento; quando scendevi, scendevi triste». Io rimasi stupito, guardando Loli, senza sapere che cosa dire. Lei soggiunse: «La Madonna ha parlato molto di lei a Conchita». Allora mi alzai e compresi, sebbene in modo confuso, che il momento dell'addio definitivo non era ar­rivato. Presi con me due amici, i quali, guardandomi fis­samente, mi domandarono: «Che cosa le ha detto? Cosa le succede?» Senza rispondere, li sospinsi dicendo: «Andiamo a casa di Conchita». Aniceta aprì la porta. Il mio saluto fu questa do­manda: «Posso vedere Conchita?» «E già a letto», mi rispose, «Ma Lei può salire». Non c'erano porte da aprire. Feci pochi scalini e arrivai alla camera, chiamiamola così, dove Conchita si trovava a letto con sua cugina Luciuca. Conchita aveva 12 anni e sua cugina 11. Appena mi vide, disse sorridente, prima che io aprissi bocca: «Reverendo, Lei è contento o è ancora triste?» «Non lo so», le risposi. «Loli mi ha detto che la Madonna ti ha parlato molto di me» «Per lo meno per un quarto d'ora», fu la sua ri­sposta. «In questo modo, so tanto quanto prima», com­mentai ad alta voce. Conchita mi disse sorridendo: «C'è una cosa che le posso dire: "Quando saliva, sali­va contento; quando scendeva, scendeva triste", e, così via, la Madonna mi ha detto tutto ciò che lei sta­va pensando, e dove si trovava mentre aveva tali pen­sieri. Lei, padre, pensava: "Adesso me ne vado in America. Oppure da un'altra parte"; "Non voglio più saper niente di questa o di quell'altra persona". E mi disse che lei stava soffrendo molto. Inoltre mi ha chiesto di dirglielo e che lo avverta che tutto questo è successo affinché, d'ora in poi, ricordandolo, lei non abbia più a dubitare». Rimasi senza parola. Il giorno seguente Conchita mi indicò, con il dito su una fotografia, esattamente il posto sul monte in cui io avevo avuto ognuno di quei pensieri. C'era una cosa importante per me. Tutto ciò che Conchita mi aveva detto era vero. Da parte della Madonna mi aveva comunicato: "Tutto questo le è successo, affinché d'ora in poi, ricordandolo, non abbia più a dubitare". Io passai attraverso altri momenti di dubbio, seb­bene mai così angosciosi come quel 18 ottobre. Con frequenza ricevevo la notizia, anche con le apparenze di una conclusione ufficiale, che tutto era finito. Ma ho visto che ogni volta rimaneva aperto il medesimo interrogativo. L'esperienza di quel 18 ottobre 1961 mi è servita in molti casi per chiedere a me stesso come avessero potuto sapere le ragazzine, specialmente Conchita, con tanti particolari, una mia esperienza interiore e come abbiano potuto ripetermela con tanta chiarezza e sicurezza.
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BRANI DEL TESTO ORIGINALE DI ALCUNI SCRITTI DI CONCHITA.
«Ti parlerei per tutto il giorno... ma forse Ti an­noio. Nell'oscurità di questa notte così silenziosa, guardando il cielo azzurro vedo la creazione Tua, le stelle, la luna... tutte le cose che Tu hai fatto per il no­stro bene. Guardando il cielo, mi sento molto unita a Te... Vorrei che tutti coloro che non Ti ricordano e che sono separati da Te, accettino le mie preghiere e che Tu accettassi le mie preghiere di questa sera e i miei assai miseri e timidi sacrifici... per il bene di quelle anime, affinché si avvicinino a Te, Gesù, a Ma­ria Madre della Chiesa, e specialmente per coloro che ancora non vi conoscono». «Perché hai scelto me, sapendo ciò che sono, per comunicare messaggi tristi. E’ una grazia molto gran­de, ma credimi, Gesù mio, mi sto accorgendo della responsabilità che questo comporta. Come adempio ai tuoi ordini, Gesù? Non posso mettere dentro di loro il messaggio e far sì che lo adempiano; inoltre, alcuni credono che siano invenzioni mie! Perché lo permetti? Lo sai bene, Gesù: in questo modo, dubi­tando del messaggio, non possono adempierlo. O Gesù mio, aiutaci a meditare sulle tue cinque piaghe affinché possiamo offrire volentieri i nostri sacrifici. Perdonaci, Signore, perché per causa nostra oggi Tu sei inchiodato sulla Croce...». «Vorrei visitarti con maggior frequenza. Vorrei essere la tua piccola lampada e che la mia piccola fiamma Ti illuminasse con una luce sempre crescente e che illuminasse le anime che vogliono avvicinarsi a Te. Vorrei anche essere la parte interna della porta del Tabernacolo per esserti più vicina. Vorrei essere tanto, eppure sono un nulla, niente di niente. Tutta­via siccome sono figlia di Maria, la Madre di Dio, e sono stata redenta con il Sangue di Cristo Crocefisso, per questo sono qualcosa».


UNA PREGHIERA DI CONCHITA 1° GENNAIO 1967

Madre, io ti prego per questo nuovo anno: di non avere vanità. Ti chiedo inoltre la sincerità, il saper essere grata e l'Amore per Te. Signore, ecco ciò che ti chiedo per tutto l'anno: dammi spirito di sacrificio e di preghiera. Concedimi di ricevere la Comunione con maggior fervore, di visitare con maggior frequenza il Santissimo. Perdonami, Signore. Grazie per tutti i benefici che ci hai dato. Grazie per tutti i benefici che hai dato alla mia fa­miglia e perdonaci per non averti corrisposto. Grazie, Signore, per questo nuovo anno e perdo­nami per l'anno trascorso. Signore, ti prego per tutti coloro che si sono affi­dati alla mia preghiera, specialmente per quelli che ne hanno più bisogno. Signore, ti prego anche per le anime del Purgatorio. Ti prego per tutti gli ammalati, per quelli che diffondono il messaggio e per coloro che non ne vogliono sapere. Ti prego per tutti. Ti prego inoltre per coloro che mi adesso e per tutti quelli che mi scrivono confidano le loro necessità. Signore, io le racconto a Te, sebbene non possa dirtele tutte; Signore, Tu le conosci. Madre, ascolta tutti, parla di tutti a tuo Figlio, soccorrili e concedi loro ciò che Vi chiedono, se questo contribuisce alla Vostra maggior gloria e al bene delle nostre anime. Signore, ti chiedo perdono per coloro che si affi­dano alle mie preghiere. Ti chiedo, Signore, che il Tuo messaggio si diffon­da sempre di più e che tutti quelli che diffondano il messaggio lo facciano per Te. Signore, grazie per essi. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Ave, Maria Purissima, concepita senza peccato. Amen.