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mercoledì 27 maggio 2020

LO SPLENDORE DELL'ARTE PITTORICA

Le notti del Correggio. Il sorprendente ritrovamento di un capolavoro allegriano

 Che cosa rende le notti del Correggio dei dipinti tanto speciali? Ce ne parla il professor Adani in questo articolo che dà anche conto del ritrovamento di un capolavoro dell'artista.
Possiamo chiederci: le Notti del Correggio hanno qualcosa in comune con Le Notti di Cabiria? Non sussultate genti! L’eroina di Fellini (che tanto trasmette del suo autore) è vividamente pervasa da una gioia umanissima, da una irradiante espressione di felicità effervescente, cercata per sé e per gli altri, ma latamente sopravvelata da un misterioso afflato di fallimento e di morte. Non cercheremo qui di decrittarla, seppure invitati da quel finale infido, ma vorremmo cautamente richiamare il lettore a un quasi un analogo dualismo presente nel carattere dell’arte del Correggio, osservato lungo la sua carriera.
Antonio Allegri, pittore della letizia, ha folgorato da sempre (dal Vasari in poi) tutta la critica per lo splendore della sua pittura, per la solarità beatificante dei suoi dipinti, per la pervasione di luce delle sue pale, dei suoi affreschi immersi nello splendore. Del Correggio fu detto: “ecco il meriggio dell’arte”. Per chi abbia esperienza della pianura padana il meriggio dell’alta stagione è un estuo di calore, un bagno totale e pressoché insostenibile di luminosità della volta del cielo. Sì, colui che si firmò più volte “laetus” traspose nelle sue composizioni la luce come elemento dominante, e come primo elemento della stesura cromatica. Sui ponteggi di restauro della cupola del Duomo di Parma il Renato Pasqui ci mostrava il “principio dalla luce” del procedimento correggesco: un avvio che non era soltanto tecnico, ma sicuramente intellettuale e sensitivo. Una scelta di fondo che avrebbe intriso l’opera intera, conservandosi sempre.
Ma perché “le Notti”? Curiosamente possiamo annotare che le due pale più famose del Nostro sono state chiamate dal popolo “Il Giorno” e “La Notte”. Ecco dunque l’altro versante, che in realtà rende il Pittor delle Grazie come un maestro straordinario, capace di cavar dalla tavolozza ardimenti luministici inesperiti, e preventivamente giudicabili come impossibili (indipingibili direbbe Eugenio Riccomini). Ci riferiamo esplicitamente alle composizioni collocate nelle ore notturne, e private così da ogni fonte di chiarore naturale. Per questo, e per la riscoperta di un capolavoro, ci è sovvenuto qui di indagare nel corpus generale allegriano tali eccezioni, che si dislocano in alcuni momenti creativi abbastanza lontani fra loro. Teniamo presente, peraltro, che la fortissima personalità del pittore si presenta già formata sin dalla progrediente giovinezza, e ricca di strumenti sempre pronti ad adeguarsi alle ispirazioni.
Ed ecco quel legame misterioso con la ballata amara della fragile gioia felliniana: in tutte le “Notti” del Correggio è incombente la morte, o immediata o in latitudine tremula, ma presente. Ed è una morte sacrale.
Correggio, Il Giorno (Madonna del San Girolamo) (olio su tavola, 205 x 141 cm; Parma, Galleria Nazionale)
Correggio, Il Giorno (Madonna del San Girolamo) (olio su tavola, 205 x 141 cm; Parma, Galleria Nazionale)

È uno dei paradigmi di solare pienezza pittorica, lodato nei secoli.
Circa nell’anno 1510, dopo l’apprendistato presso il Mantegna, Antonio Allegri (1489 - 1534) si era dedicato a molti viaggi e a uno studio diffuso sui maestri di varie regioni; certamente fu colpito dalle sperimentazioni nordiche degli effetti di luci artificiali e volle provarsi prestamente su questo carattere nuovo che pareva ignorato in Italia. Così la piccola tavola che ora è il vanto del Musée des Beaux-Arts di Strasburgo divenne per lui un esercizio appassionato su un tema che il pittore tenne fortemente ristretto: l’uccisione di Oloferne da parte di Giuditta. L’episodio, tratto dal libro di Giuditta (Gdt 13,18) è quello dell’uccisione del feroce generale di Nabucodonosor che stava per distruggere gli Israeliti, ma che, sedotto dall’ardimentosa donna al fine di salvare il suo popolo, la accoglie nella sua tenda di notte e poi viene da lei decapitato durante il sonno. L’eroina ebrea, accompagnata dalla sua ancella, mise la testa del nemico in un sacco e fuggì. L’evento determinò la biblica salvezza di Israele. Dunque la notte e la morte!
È importante sottolineare come sin da questo dipinto, eseguito soprattutto per sé, il Correggio si leghi esattamente al momento del fatto (ossia il buio entro la tenda) senza cercare le evasioni che chiameremmo atmosferiche di altri pittori dell’epoca. Tutto è estremamente concentrato, come vediamo, e l’unica fonte di luce è quella reale della torcia che delinea l’aristocratico adergersi e il profilo elegantissimo di Giuditta insieme all’urlo deforme dell’ancella e al macabro capo che s’immerge nel sacco. Questo è probabilmente il primo vero notturno dell’arte italiana, con accese precise cromie lampeggianti, pregno di turbamento e di pathos.
Correggio, Assunzione di Maria, particolare (affresco della cupola del Duomo di Parma)
Correggio, Assunzione di Maria, particolare (affresco della cupola del Duomo di Parma)

Squarciando il cielo in una abbacinante luce superna il Cristo discende verso la Madre.


Correggio, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne (olio su tavola 27 x 20 cm; Strasburgo, Musée del Beaux-Arts)
Correggio, Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne (olio su tavola 27 x 20 cm; Strasburgo, Musée del Beaux-Arts)

È la prima prova della pittura italiana in notturno assoluto. Un raggiungimento precoce del pittore desideroso di sperimentare ogni possibilità di linguaggio e di aderenza alla verità storica.
Il Correggio predilesse poi diverse opere estremamente elaborate, anche “a mezzo lume”, che lo fecero definire il più grande pittore del chiaroscuro, ma tornò ad una immersione notturna tra il 1516 e il 1517 quando dipinse la famosa “Zingarella”. Un’altra piccola tavola il cui soggetto nasce dal pensiero intimo di una scena amata, da una scelta che può essere discesa soltanto dalla meditazione personale sul tema della Fuga in Egitto e che vuole concentrare la contemplazione esclusivamente sopra la maternità di Maria. Una maternità consapevole della divinità del Figlio, e trepidante sul suo destino umano, tanto che questa Mamma si raccoglie tutta a nido e difesa del pargolo, con una intensità d’amore che poi colpì ogni riguardante. Una composizione singolarissima e toccante nell’invaso arborale totalmente ombroso dopo il tramonto, ove soltanto uno spirito angelico testimonia silente le due presenze del momento evangelico, mentre il coniglio innocente le ammira.
La fortuna di questa icona è stata immensa e le copie vennero immediatamente realizzate e diffuse. Colpisce infatti la profonda spiritualità che ne emana; sin da principio la si riconobbe come un preludio alla futura Pietà, giacché veramente si percepisce in essa il preconio della passione e del sacrificio del Figlio. Caravaggio, infrenato ammiratore del Correggio, la traspose direttamente nel suo Riposo durante la Fuga in Egitto della Galleria Doria Pamphili.
Correggio, La Zingarella (olio su tela, 46,5 x 37,5 cm; Proprietà privata, Monaco di Baviera)
Correggio, La Zingarella (olio su tela, 46,5 x 37,5 cm; Monaco di Baviera, collezione privata)

In questo esemplare rimangono tutti gli elementi originali. Dopo il tramonto Maria racchiude il suo Bimbo per la notte che scende.


Caravaggio, Riposo durante la Fuga in Egitto (olio su tela, 135,5 x 166,5 cm; Roma, Collezione Doria Pamphilj)
Caravaggio, Riposo durante la Fuga in Egitto (olio su tela, 135,5 x 166,5 cm; Roma, Collezione Doria Pamphilj)

Caravaggio riprende la mistica poesia della Zingarella ed indica nel Correggio una sua fonte ammirata.
Al termine della gigantesca e geniale impresa degli affreschi in San Giovanni Evangelista, a Parma, tra il 1524 e il 1525 Antonio Allegri si dedicò ad alcuni passaggi delle ultime vicende della vita di Cristo. È appena il caso di ricordare la profonda formazione cristiana di questo pittore emiliano, ed anche la sua indipendenza nella scelta delle proprie opere: quasi sempre si prova infatti la sensazione che egli abbia preceduto la committenza e, per così dire, prevalso su di essa: egli parlava e dimostrava con grande autorità! Parliamo allora di due temi assai rari che il Correggio predispose in quella fase della sua vita operosa che potremmo chiamare della “compassio Christi”. Siamo tra il 1524 e il 1525 e alcune scene particolari della Passione di Gesù appaiono fittamente nel suo catalogo, toccando passaggi evangelici ben poco frequentati prima di lui.
Nell’ordine vediamo la Orazione nell’Orto: altri pittori, seguendo alla lettera i testi di Matteo e di Luca, hanno posto il Cristo più lontano e i tre apostoli addormentati più vicini, oppure hanno cercato soluzioni un poco più allineate, ma il lancinante dialogo del Nazzareno col Padre “passi da me questo calice se è possibile...” e il triplice richiamo inutile ai discepoli assonnati, e infine la discesa dell’angelo a confortarlo dal cielo, richiedevano una vicinanza assoluta in quest’ultimo momento quando Gesù accetta apertamente tutto l’immane sacrificio e la morte, che Egli ben già conosceva. Ed è qui che il Correggio, dopo la massima angoscia del Dio incarnato, pone l’imminenza dell’Angelo sospeso che nella notte irradia prodigiosamente il suo Signore e lo conforta nella sua sublime accettazione. La difficilissima e geniale composizione ci offre quasi la frontalità dei due protagonisti, ma è nella forza luminosa squarciante la notte che si regge tutto questo impressionante capolavoro, che ci afferra l’anima.
Nell’orto del Getsemani, subito dopo l’Orazione, si susseguono i fatti della terribile notte e il Correggio ne coglie uno minore, con estrema attenzione, dipingendo un soggetto mai toccato direttamente da altri pittori, ovvero Il giovane che sfugge alla cattura di Cristo. La tela, non grande ma nota e ammirata attraverso copie sin dal XVI secolo, è stata ritrovata recentemente in ottimo stato, tanto che questo recupero si deve annotare come un evento clamoroso nel contesto della cultura artistica internazionale.
Un gioiello che, con forte appello, occorre conservare all’Italia!
Correggio, L'Orazione di Gesù nell'orto (olio su tavola, 37 x 40 cm; Londra, Hapsley House)
Correggio, L’Orazione di Gesù nell’orto (olio su tavola, 37 x 40 cm; Londra, Hapsley House)

Un notturno pieno, risolto dall’angelo come irradiatore di luce. L’incontro mostra la padronanza geniale dei corpi nella sfericità dello spazio da parte del Correggio, che il Vasari lodò sommamente.


Correggio, Giovane che sfugge alla cattura di Cristo (olio su tela, 56 x 46 cm; Proprietà privata)
Correggio, Giovane che sfugge alla cattura di Cristo (olio su tela, 56 x 46 cm; Proprietà privata)

Scena unica nel contesto dell’arte italiana, impaginata stupendamente nel movimento su molti piani. Pur nelle sue dimensioni vi si condensano l’estrema maestria e la pungente spontaneità dell’autore.
Riprendendo il racconto diciamo che dopo l’episodio dell’ardente preghiera giungono ben presto le guardie condotte da Giuda per arrestare il Cristo, che si consegna liberamente ottenendo che i suoi discepoli siano lasciati andare. Il drappello si avvia allora verso la casa di Caifa, mentre gli apostoli si disperdono, ma il vangelo di Marco annota un episodio rapido: un ragazzo segue da vicino il gruppo di Gesù, allora le guardie cercano di afferrarlo ma egli, che era rivestito soltanto da un mantello, lascia il suo drappo nelle loro mani e “fuggì via nudo” (Marco 14, 50-52). Non sappiamo chi fosse quel giovane, ma certamente egli sentiva un legame fortissimo con il Signore: questa verità colpì in modo particolare il Correggio che dipinse lo sfuggire dell’adolescente mentre sullo sfondo Gesù riceve il bacio di Giuda e riattacca a Malco quell’orecchio che Pietro gli aveva mozzato. Episodio notturno, in piena oscurità, come ben si coglie dalle faci portate dalle guardie, e preludio alla morte divina supremamente accettata. Qui il Correggio crea una scalena composizione in movimento, embricata di chiasmi, e si obbliga ad offrire direttamente un lampo mistico che tutto irrora il giovinetto ignudo, scoprendo poi l’armigero con le sue guarnizioni, e che si perde lontano: ed è il lampo della fede. Ecco la dialettica con il buio del male.
Nel 1530 Antonio Allegri consegna alla Cappella della Famiglia Pratonieri, nella chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, quella che possiamo chiamare “la Notte delle Notti”. La “Notte” per antonomasia, che l’aveva impegnato sin dal 1522 con prove e soste, con approfondimenti e pensieri: ed è la “Notte Santa”, l’attimo della nascita di Gesù! Il tema aveva avvolto l’anima del pittore e ne aveva condotto l’immedesimazione sino alla verità sublime del Dio che si fa uomo, del Redentore che scende a portare la Grazia nel mondo, dell’immensità di questo atto su tutta la creazione, e di questo dono infinito che impegnava la Trinità attraverso Maria. Conoscendo la formazione del Correggio, la sua pratica monastica, il suo entusiasmo cristiano che continuamente si traduceva nelle visioni preimmaginate, nelle forme, nei suoi colori, si può credere che questa tavola (poi definita da molti come il più bel dipinto del mondo) sia stata frutto di una grazia speciale.
Ed è una “Notte” che entra nel nostro tema poiché l’Incarnazione del Verbo è finalizzata all’offerta suprema della morte di Croce. Ma tutto qui è splendore, tutto è luce che nasce dal Bimbo, da un corpo umano, come mai nessuno aveva pensato e fatto nella pittura: un prodigio del maestro dei cieli; una epifania della luce da Colui che avrebbe dichiarato “Io sono la luce del mondo” (Giov. 8, 12). Ed è l’animo stesso del Correggio che esulta, che accende.
Sì, questa è una nascita! ed è una nascita per morire! Ma allora quel tripudio infrenato degli angeli nel cielo che cosa significa? Significa la gloria di Colui che sarà il Risorto ! Notte e luce si fondono così in morte salvifica e resurrezione.
Le Notti del Correggio ebbero un seguace padano di ineguagliabile forza: Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio.
Ora, per chiudere ancora in modernità, potremmo ripescare il richiamo di un rocker nato proprio a Correggio, Luciano Ligabue, che con la sua chitarra ci sollecita nella vita a non ristare, a cercare sempre, a raggiungere e capire le cose: “Certe notti la strada non conta, e quello che conta è sentire che vai”.
Correggio, La Notte (Adorazione dei pastori) (olio su tavola, 256,5 x 188 cm; Dresda, Gemäldegalerie)
Correggio, La Notte (Adorazione dei pastori) (olio su tavola, 256,5 x 188 cm; Dresda, Gemäldegalerie)

Capolavoro assoluto di tutti i tempi ove sboccia al massimo grado la felicità dell’Allegri con la “inventio” incredibile di un corpo infantile che genera la luce nel mondo e nei cieli.


Correggio, La Notte, particolare del corpo irradiante.
Correggio, La Notte, particolare del corpo irradiante.

Il Vasari, colpito profondamente, cita la realtà della luce dallo schermirsi degli occhi della giovane pastora, accorsa alla mangiatoia di Betlemme.


Correggio, La Notte, gli angeli.
Correggio, La Notte, gli angeli.

Persino gli angeli vengono illuminati dal tenero Infante divino. Questa totalità rende davvero sovrumana l’Incarnazione del Verbo, così come la vede in estasi il Correggio.

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