CAPO PRIMO
VIRTU’ E RAPPORTI DI PAOLO VERSO DIO
Prima dote e virtù
Singolare elezione e vocazione di Dio; sua umilissima conoscenza;
ringraziamento ed ammirazione.
I Profeti atterriscono, gli Apostoli persuadono
l. I. Paolo, per grazia singolare di Dio, fu predestinato fin dall’eternità,
non solo alla fede ed alla santità, ma anche all’apostolato, e ad un
apostolato esimio, affinché, a differenza degli altri Apostoli, diventasse un
ammirabile predicatore del Vangelo, e dottore delle genti di qualsiasi
paese.
Così egli, parlando della predestinazione di Cristo instauratore di ogni
cosa, dice (Efesini l, 11 s.): «Nel quale siamo stati anche noi chiamati a
sorte secondo il piano di colui che tutto fa secondo il consiglio del suo
volere, affinché riusciamo a sua lode e gloria, noi che da principio
abbiamo sperato in Cristo». E, Dio dice ad Anania di Paolo: «Egli è un
Vaso di elezione da me eletto (eletto da tutta l’eternità, e segregato fra tanti
milioni di uomini) per portare il mio nome davanti ai Gentili, ai re ed ai
figli d’Israele» (Atti 9, 15). Qui si avvera quel detto: «Non dipende da chi
vuole, né da chi corre, ma da Dio che ha misericordia» (Romani 9; 16).
Gli Apostoli scossero il mondo con l’amore, i Profeti invece col terrore. I
PROFETI ATTERRISCONO, GLI APOSTOLI PERSUADONO. «Dio
infatti usa ora la verga, ora il flagello: la verga per correggere; il flagello
per persuadere. Ora direttamente, ora indirettamente arriva il comando che
flagella, come lenta sferzata, la coscienza del peccatore. Altri sono i terrori
profetici, altre le apostoliche persuasioni: in ambedue però vi è la
disciplina di una parola sola», scrive sant’Ambrogio (22). Lo stesso Santo
dice (23): «Li mandò a seminare la fede, non perché facessero violenza,
ma perché insegnassero; né perché esercitassero la forza del comando, ma
perché innalzassero la dottrina dell’umiltà».
Duplice vocazione di Paolo
2. II. Paolo, per la stessa grazia di Dio, venne da lui chiamato nel tempo
alla grazia ed all’apostolato, nel medesimo istante. Questa grazia fu
esimia, sia di per sé, sia per il fatto che venne chiamato mentre era
nell’ardore della persecuzione; mentre appunto era spirante minacce e
stragi contro i cristiani. Allora in un baleno, circonfuso di luce divina, da
lupo venne cambiato in agnello, da Saulo venne mutato in Paolo, da
persecutore in predicatore (24). Anzi, appena convertito, subito dopo
l’uccisione e la lapidazione di Stefano, gli successe nella predicazione:
«Quando tacque la voce di Stefano, suonò la tromba di Paolo», dice San G.
Crisostomo (25). Questa fu la sua antecedente vocazione all’apostolato e,
diciamo così, in atto primo; la vocazione conseguente e quasi in atto
secondo l’ebbe quando, ad Antiochia, fu consacrato vescovo e subito fu
inviato ad evangelizzare i gentili, dietro il comando dello Spirito Santo
(Atti 13, 2): «Segregatemi Saulo e Barnaba per l’opera alla quale li ho
assunti». Aggiungasi che Paolo ricevette più abbondante grazia degli altri
Apostoli, perché Dio volle dimostrare che ciò che dà è suo, non dell’uomo;
come un medico dimostra l’eccellenza della sua arte in un malato
disperato, dice sant’Agostino (26). Così che gli altri Apostoli Cristo li
chiamò con parole, dice ancora sant’Agostino (27), Paolo invece lo sforzò
a credere atterrandolo ed accecandolo.
Carattere fiero di Paolo
3. III. Paolo a questa chiamata di Dio obbedì all’istante, apertamente e
pienamente, dicendo: «Signore, che vuoi ch’io faccia?» (Atti 9, 6). E dopo
battezzato: «subito si mise a predicare Gesù nelle sinagoghe, affermando
che Egli è Figlio di Dio» (Atti 9, 20). «Ma quando a Colui che mi segregò
fin dal seno di mia madre, e mi chiamò per sua grazia, piacque di rivelare
in me il suo Figliolo... io subito, senza dar retta alla carne e al sangue,
ecc.» (Galati l, 15 s.).
Perciò, subito, si espose per Cristo al pericolo della vita, opponendosi anzi
con l’evangelizzazione, ai giudei che digrignavano contro di lui i denti,
come se fosse un apostata.
Paolo fu di forte ingegno, di indole ardente, di natura bruciante come
appare dagli Atti degli Apostoli (Atti 9, l). In seguito, venendo la grazia di
Dio ad informare la natura, divenne lo strumento eletto di Dio, efficace ed
esimio; tanto che san Bernardo (28) dice: «Paolo, convertito, divenne
ministro di conversione per tutto il mondo, ecc.; e neppure ora ha cessato
di convertire gli uomini: intendo dire col suo esempio, con la sua
preghiera, con la sua dottrina».
4. IV. Paolo dappertutto ammira la grazia di Dio in sé, e con ammirevole
umiltà, la esalta e la predica con gratitudine e con gioia. Quasi sempre
inizia le sue lettere così: «Paolo, eletto Apostolo non dagli uomini, né per
mezzo di uomo, ma da Gesù Cristo» (Galati l, 1). E: «A me, dice, il minimo
di tutti i santi, è stata concessa questa grazia di evangelizzare tra i Gentili
le investigabili ricchezze di Cristo, e di illuminare tutti riguardo
all’attuazione del mistero ascoso da secoli in Dio, il quale ha creato ogni
cosa» (Efesini 3, 8 s.).
Se Paolo non avesse predicato, avrebbe gravemente peccato
5. V. Paolo comprendendo che con tale divina vocazione gli veniva
affidata la predicazione del Vangelo, si stimò a ciò obbligato; tanto da
credere di commettere un grave peccato nel caso che l’avesse omessa. E
ciò lo dice (I Corinti 9, 16): «Infatti l’annunziare il Vangelo non è per me
una gloria, perché ne pesa su me l’obbligo, e guai a me se non avrò
evangelizzato». E: «Dio ha messo in noi la parola della riconciliazione. E’
dunque per Cristo che noi facciamo le veci di ambasciatori, come se Dio
esortasse per mezzo nostro. Per amor di Cristo vi scongiuriamo:
riconciliatevi con Dio» (2 Corinti 5, 19 s.).
Imitino Paolo coloro che si sentono chiamati da Dio allo stato apostolico,
di modo che obbediscano alacremente e strenuamente cooperino a Dio che
li chiama. Infatti, dice san Basilio (29): «Se non persevereremo sul
fondamento degli Apostoli, edificando cose preziose e degne di onore,
precipiteremo come se fossimo senza appoggio di fondamento, e la nostra
rovina non sarà lieve».
Seconda dote e virtù
La legittima missione
6. l. Paolo venne istruito immediatamente da Cristo per rivelazione, ed
imparò così il Vangelo, come lui stesso espressamente asserisce (Galati l,
12). Da ciò, alcuni gnostici presero lo spunto per insegnare che, di tutti gli
Apostoli, solo Paolo conobbe la verità, perché per rivelazione, a lui venne
manifestato il mistero: asserzione confutata da Ireneo (30).
Rapimento al terzo cielo; quando avvenne?
7. Il. Paolo, in procinto di partire per evangelizzare i gentili, venne rapito
al terzo cielo, nell’anno 44 di Cristo, nono dalla sua conversione. Quivi udì
arcane parole, che non è lecito all’uomo pronunziare (2 Corinti 12, 2).
Sembra un novello Mosè mandato da Dio, ed un dottore celeste delle genti
uscito dal cielo.
S. Bernardo (31): «Tommaso, dice, nel costato, Giovanni sul petto, Pietro
nel seno del Padre, Paolo al terzo cielo, ottennero la grazia di questo
segreto. Tommaso nella sodezza della fede, Giovanni nell’ampiezza della
carità, Paolo nell’intimo della sapienza, Pietro nella luce della verità».
E sant’Ambrogio (32) scrive: «Osserva che Paolo mentre perseguitava la
Chiesa di Dio era il versante del settentrione (latus Aquilonis). Osserva
che, quando adesso è letto nella Chiesa, è il monte d’osservazione (Sion),
dal quale conosciamo e vediamo la gloria di Cristo».
Conferisce sulla sua dottrina con san Pietro
8. III. Ciò non ostante, per una mozione di Dio, conferì sul suo Vangelo e
sulla sua dottrina con san Pietro e cogli altri Apostoli, affinché
l’approvassero e gli concedessero una testimonianza della verità di fronte
ai fedeli: «Conferii, scrisse, con loro sul Vangelo che io predico tra i
Gentili, ecc.; per non rischiare di correre o di aver corso invano» (Galati
2, 2). Ed ancora: «Riconosciuta la grazia a me conceduta, Giacomo, Cefa
e Giovanni, che sono riputati le colonne, porsero a me... le destre in segno
di società, perché andassimo tra i Gentili, mentre essi restavano tra i
circoncisi» (Galati 2, 9).
9. IV. Paolo, sebbene fosse stato eletto Apostolo da Dio, tuttavia ricevette
l’autorità, dalla Chiesa. E’ per comando dello Spirito Santo che venne
consacrato Vescovo dai maggiorenti della Chiesa, e da essi mandato a
predicare ai Gentili (Cfr.: Atti 13, 2). L’ordine gerarchico, istituito da Dio,
esige che gli uomini inferiori siano retti e mandati dagli uomini superiori,
onde non possa subentrare frode o dolo. Così i falsi profeti e gli eretici
mentono, quando asseriscono di essere mandati da Dio, essendo invece
mandati dal demonio. Per tanto rigettano ogni missione e direzione dei
Pontefici della Chiesa; e di essi giustamente si lamenta il Signore per
bocca di Geremia (Geremia 23, 21), dicendo: «Io non mandavo questi
profeti ed essi correvano; io non parlavo loro, ed essi profetavano».
Consulta gli Apostoli
10. V. Paolo, nei dubbi e nelle controversie delle prescrizioni legali, va da
san Pietro e dagli Apostoli, e seguendo la loro sentenza, la propose a tutta
la Chiesa antiochena, affinché l’accettassero e l’osservassero (Cfr. Atti 15).
Così san Girolamo (33), sebbene fosse dottore della Chiesa, scrive a
Damaso Pontefice, per chiedergli la decisione della questione: «Se in Dio
vi siano tre ipostasi, od una sola». «Dal pastore, disse, chiedo, io pecorella,
con istanza, la tutela. Parlo col successore del pescatore e col discepolo
della croce. Io, non seguendo nessuno prima di te, se non Cristo, mi unisco
in comunione alla beatitudine tua, ossia alla cattedra di Pietro. So che la
Chiesa è edificata su tale pietra, ecc. Chiunque non raccoglie teco,
disperde; ossia chi non è di Cristo, è dell’Anticristo».
Terza dote e virtù
Fede eccellente e potente, anche per operare miracoli
11. 1. Paolo eccellente nella fede. Infatti, come dottore la predicò
ovunque, e la difese contro i giudei, i filosofi, gli Oratori, i maghi, i re, i
tiranni. Ottimamente san G. Crisostomo (34), spiegando il detto: «Quelli
però gridavano sempre più forte», scrive: «Tale è la natura della fede, che
più si vuol reprimere, più divampa. La virtù della fede è sicura tra i
pericoli, nella sicurezza pericolo. Che cosa infatti rilassa il vigore della
fede più di una prolungata tranquillità?».
Lo stesso Santo (35) soggiunge: «Lampada è la fede; come la lampada
illumina la casa, così la fede l’anima». E, spiegando quell’articolo del
Credo: Credo in Dio (36): «La fede, dice, è lume dell’anima, porta della
vita, fondamento dell’eterna salvezza».
La fede vede ed è vista
12. II. Paolo, rapito al terzo cielo, vide quei misteri che crediamo per fede
(Cfr. 2Corinti 12, 2). Anzi sant’Agostino (37) insegna che la nostra fede, a
suo modo, vede ed è vista, cioè nelle sue opere ed effetti. Così nuovamente
Paolo, dimostrò a tutto il mondo la cospicua ed ingente sua fede, con delle
opere eroiche.
Sapientemente san Bernardo (38) dice: «La morte della fede è la
separazione della carità. Credi in Cristo? Fa le opere di Cristo, perché viva
la tua fede. L’amore animi la tua fede, l’azione la provi, Nessun’opera
terrena incurvi colui che la fede delle cose divine innalzò». E
sant’Ambrogio (39): «La fede cristiana, dice, a somiglianza del granello di
senapa, sembra a prima vista cosa piccola, vile, tenue, non ostentante la
sua potenza; quando poi diverse tentazioni hanno cominciato a colpirla,
allora manifesta il suo vigore ed esterna la sua forza, spira fervida
credenza nel Signore, ed è agitata da tanto ardore di fuoco divino, da
ardere essa stessa, e da costringere ad ardere ciò che ha con essa
attinenza».
13. III. Paolo ricorda qua e là la fede sua, quella degli Apostoli e dei
Profeti (Cfr.: Ebrei c. 11). «La fede, scrive, è sostanza di cose da sperare,
e convinzione di cose che non si vedono» (Ebrei 11, 1). Si leggano pure le
altre cose che seguono.
Forza della fede in Paolo e nei Martiri
14. IV. Paolo costantemente sopportò per la fede enormi fatiche, viaggi,
pericoli, battiture, carceri, ed infine la morte ed il martirio. Sant’Agostino
(40) esalta la fede del buon ladrone, poiché confessò, dalla croce, Cristo:
«Solamente è testimonio della maestà, dice, chi è riconosciuto compagno
di dolore».
Maggiore fu la fede di Paolo, il quale non solamente soffrì con Cristo, ma
per Cristo tanti e così grandi dolori patì. Egregiamente scrive san Cipriano
(41): «La fede ed il timor di Dio ti devono disporre a qualsiasi cosa. Venga
pure la perdita delle cose familiari, venga pure l’assidua e cruenta
vessazione delle membra per opera di malattie infestanti, la triste
separazione dalla moglie e dai figli: non ti debbono tali cose essere di
scandalo, ma occasione di lotta; non debbono queste sventure indebolire
od abbattere la fede del cristiano, ma piuttosto devono farne risaltare, nella
lotta, la virtù; ogni ingiuria dei mali presenti si deve disprezzare, per la
speranza nei beni futuri. Se non precede la lotta non vi può essere la
vittoria; quando, sopportata la lotta, segue la vittoria, allora si concede ai
vincitori la corona. Il pilota dà prova di sé nelle tempeste, il soldato, nella
battaglia. L’albero di profonde radici non viene smosso ancorché i venti lo
investano. Così l’apostolo Paolo, dopo i naufragi; dopo le flagellazioni,
dopo molti e gravi tormenti della carne e del corpo, dice di non essere
abbattuto, ma di essere migliorato dalle avversità: poiché quanto più
gravemente è tormentato, altrettanto è più veracemente provato».
Lo stesso Santo (42) scrive: «Il Signore volle che noi godessimo ed
esultassimo nelle persecuzioni, poiché, quando vi sono persecuzioni, si
danno corone alla fede, si riconoscono i militi di Dio, allora si aprono i
cieli ai martiri». E, più avanti (43), continua: «La forza della virtù e della
fede consiste nel credere e sapere che Dio può liberarci dalla morte
presente, e tuttavia non temere la morte, né cedere, onde la fede possa
avere una prova più forte». Ed ancora (44): «La forza della fede deve, o
fratello carissimo, rimanere presso di noi, immobile; ed una virtù stabile ed
inconcussa, contro ogni attacco ed ogni impeto dei rumorosi flutti, deve
resistere come scoglio che oppone la sua mole e la sua forza».
15. V. Paolo ebbe la fede dei miracoli, che operò numerosissimi sulle
forze della natura, su ogni forza creata degli angeli e dei demoni, e
risuscitò i morti, come scrive Luca (Atti 19, 12): «Si portava ai malati i
fazzoletti ed i grembiuli stati sul corpo di lui, e da essi partivano le
malattie ed uscivano gli spiriti maligni».
Sant’Agostino (45) insegna che gli Apostoli ricevettero in tre maniere lo
Spirito Santo. La prima, come fedeli, per la grazia santificante; la seconda,
come Vescovi, Per conferire ad altri lo Spirito Santo nel Sacramento della
Confermazione e dell’Ordine; la terza come taumaturghi «per fare segni e
miracoli, ad incremento della fede. I miracoli, difatti, operati dagli
Apostoli, sono semi di fede».