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mercoledì 27 novembre 2013

Badiamo con ogni premura a non attenuare alcuna dimensione o esigenza dell’Eucaristia. Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero! (S. GiovanniPaoloII)


L’inopportunità di ricevere l’Eucaristia nella mano


Comunione sulla mano o in bocca? Numerose testimonianze dei primi secoli mostrano come l’Eucaristia sia stata sempre amministrata in bocca, per rispetto al Divino Sacramento. Diverse anche le ammonizioni e i divieti di ricevere l’Ostia sacra in mano a laici, uomini e donne.


«Dobbiamo badare con ogni premura a non attenuare alcuna dimensione o esigenza dell’Eucaristia. Così ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono [...]. Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero!» (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 61).


Facciamo un gran parlare della necessità di seguire i cosiddetti “segni dei tempi”, così insistiamo spesso e giustamente che il Cristianesimo non debba essere un’astrazione ma un’attenzione al concreto. E poi... e poi, quando meno te lo aspetti, ti ritrovi dinanzi alle più bieche astrazioni, che farebbero invidia a quella famosa affermazione di quell’altrettanto famoso teorico del socialismo sovietico: «Se i fatti non ci daranno ragione, peggio per i fatti!».



Considerazioni che mi sono venute spontanee allorquando sono anch’io venuto a contatto, nella mia recente villeggiatura in montagna, con uno di quei sacerdoti fissati per la Comunione nella mano e che fanno di tutto per invogliare i fedeli a ricevere in tal modo l’Eucaristia. 



Ora, verrebbe facilmente da chiedere: oggi come oggi il problema è che si crede troppo nella Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia o che se ne crede poco? Ovviamente non do risposta perché è scontata. 



Ebbene, invitare, quasi costringere, i fedeli a ricevere l’Eucaristia nella mano spinge a fortificare o indebolire il mistero del Santissimo Sacramento e quindi la Presenza Reale in Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Cristo nelle Sacre Specie? Una domanda, questa, a cui potrebbe facilmente rispondere un bambino: se il pane quotidiano si prende con le mani, è giusto prendere diversamente il pane celeste... Ma, si sa (fu proprio Gesù a dirlo), tra le cose più difficili vi è proprio quella di conservare la semplicità e la sapienza dei bambini. 
Detto questo, vengo al dunque. 



Un edificante episodio... e ciò che insegna san Francesco



Si era nel 1871, in Francia. I Prussiani stavano per occupare il villaggio di Delors. Gli abitanti, buoni cristiani, si preoccuparono che all’arrivo dei nemici l’Eucaristia avrebbe rischiato di essere profanata. Avevano già sentito di casi simili operati dai Prussiani, ma non avevano però il sacerdote per poterla rimuovere dal tabernacolo. 

Allora pensarono di affidare ad un venerando anziano il compito di prendere le Sacre Specie e di nasconderle. Ma l’anziano prescelto si rifiutò categoricamente: «Io non sono degno!»; poi lui stesso consigliò di servirsi di un bambino che era lì ed aveva appena quattro anni. Fu accettata la proposta. Si chiamò quel fanciullo innocente e ci si recò in chiesa. Il vecchio aprì il tabernacolo e il fanciullo prese nelle mani la Pisside con le Ostie e la portò, seguito dai fedeli, in un luogo sicuro. 
Un pio scrittore che riferisce questo episodio ha commentato: «Quei buoni abitanti mostrarono in qualche modo quale deve essere la purezza di chi riceve la Comunione! Poiché, se tanta deve essere l’innocenza e la purezza in colui che ha da portare semplicemente fra le sue mani Gesù Eucaristico, quanto dovrà essere maggiore l’innocenza e la purezza di chi deve riceverlo nel santuario del proprio cuore?» .


San Francesco d’Assisi vedeva nella Vergine Immacolata il modello della purezza con la quale i cristiani, e in particolare i sacerdoti, dovrebbero accostarsi al Corpo santissimo del Signore. Egli scrive in una sua lettera: «Ascoltate, fratelli miei, se è tanto onorata la Vergine Maria, come è giusto, perché portò Gesù nel suo seno santissimo, quanto non deve essere santo e giusto e degno di Lui chi lo può toccare con le sue mani, prendere nel cuore e nella bocca, o offrirlo agli altri perché lo ricevano?» .



Sono davvero credibili gli argomenti a favore dell’Eucaristia da ricevere in mano?

Veniamo adesso ad elencare alcuni argomenti che solitamente sostengono coloro che sono favorevoli a ricevere l’Eucaristia nella mano.
Il primo argomento è relativo a ciò che racconta il Vangelo, il secondo è di carattere storico. 

Argomento evangelico

Si dice: Gesù nell’Ultima Cena non diede agli Apostoli l’Eucaristia direttamente in bocca ma in mano.
Prima di tutto va detto che non è affatto scontata una cosa del genere. Anzi, è possibile supporre che Gesù abbia dato il pane direttamente in bocca a ciascun Apostolo. In Medio Oriente, usanza del tempo di Gesù e che perdura tuttora, il padre di casa nutre i suoi ospiti con la propria mano, mettendo un pezzo simbolico di cibo nella bocca degli ospiti .
Ma, ammesso e non concesso che sia andata davvero così, cioè che Gesù abbia dato l’Eucaristia nelle mani degli Apostoli, va fatta una precisazione importante: in quel momento gli Apostoli già erano stati ordinati sacerdoti, addirittura sacerdoti in pienezza, quindi vescovi. [Poi dicendo: Prendete e mangiate, sarebbe come dire: Ricevetemi, Accoglietemi nel vostro cuore...]

Argomento storico

Il secondo argomento è di carattere storico ed è più complesso del primo, pertanto merita una risposta molto più lunga. Si dice: i primi cristiani non ricevevano la Comunione direttamente in bocca ma tra le mani. Vediamo se realmente fu così.



Prima di tutto va fatta una premessa. 


Non è detto che ciò che vi era nell’antichità è sempre migliore di ciò che si è approfondito e si è istituzionalizzato in seguito. Liturgicamente, come è sbagliato il progressismo, per cui ciò che viene dopo sarebbe sempre migliore di ciò che è venuto prima; è altrettanto sbagliato l’archeologismo, ciò che è venuto prima sarebbe sempre migliore di ciò che viene dopo. A riguardo il Venerabile Papa Pio XII è molto chiaro nella sua Mediator Dei (n. 51): «[...] non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia (1786), e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime e che la Chiesa, vigilante custode del “Depositum Fidei” affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò».


Altra premessa importante. 
Nei primi secoli del Cristianesimo si facevano forti penitenze per l’Eucaristia, per esempio ci si asteneva da qualsiasi cibo e bevanda dalla vigilia fino al momento della Comunione. Ora, se valesse il principio archeologista, bisognerebbe chiedere a tanti sostenitori della Comunione nella mano: ma perché non si recuperano anche le rigide penitenze dei primi secoli? Se è giusto riprendere ciò che vi era all’inizio, allora si riprendano anche le dure penitenze dell’inizio... mi sa che molti si tirerebbero indietro.


Ma veniamo ai fatti. Davvero nei primi tempi della Chiesa l’Eucaristia si riceveva nella mano? È falso.   
      Ci sono testimonianze certe che attestano come sin dall’inizio era diffusa la consuetudine di deporre le Sacre Specie sulle labbra dei comunicandi e anche della proibizione ai laici di toccare l’Eucaristia con le mani. Solo in caso di necessità e in tempo di persecuzione, assicura per esempio san Basilio, si poteva derogare da questa norma e quindi era concesso anche ai laici di comunicarsi con le proprie mani .



Papa Sisto I fu sesto successore di Pietro e settimo papa, dal 115 al 125. Questi, per impedire gli abusi che già a quei tempi si verificavano, proibì ai laici di toccare i vasi sacri, per cui è ampiamente fondato supporre che vietasse agli stessi di toccare le Sacre Specie eucaristiche: «Statutum est ut sacra vasa non aliis quam a sacratis Dominoque dicatis contractentur hominibus» .



 Sant’Eutichiano, papa dal 275 al 283, affinché non toccassero l’Eucaristia con le mani, proibì ai laici di portare le Sacre Specie agli ammalati: «Nessuno osi consegnare la comunione a un laico o ad una donna per portarla ad un infermo» .



Il Concilio di Saragozza, nel 380, emanò la scomunica contro coloro che si fossero permessi di trattare la Santissima Eucaristia come in tempo di persecuzione, tempo nel quale – come abbiamo già detto – anche i laici potevano trovarsi nella necessità di toccarla con le proprie mani .



Sant’Innocenzo I, dal 404, impose il rito della Comunione solo sulla lingua . Papa sant’Innocenzo I (401-417), nel 416, nella Lettera a Decenzio, vescovo di Gubbio, che gli chiedeva direttive riguardo alla Liturgia romana che intendeva adottare, rispose affermando per tutti l’obbligo di rispettare al riguardo la Tradizione della Chiesa di Roma, perché essa discende dallo stesso Pietro, primo Papa. Ebbene, lo stesso sant’Innocenzo – come abbiamo detto prima – dal 404 aveva imposto il rito della Comunione solo sulla lingua . 



San Leone Magno (440-461) scrisse nel Sermo V, De jeunio, decimi mensi: “Hoc ore sumitur”, ovvero: «Questo Cibo si riceve con la bocca» .



San Gregorio Magno narra che sant’Agapito, papa dal 535 al 536, durante i pochi mesi del suo Pontificato, recatosi a Costantinopoli, guarì un sordomuto all’atto in cui «gli metteva in bocca il Corpo del Signore» , dunque l’Eucaristia si dava direttamente in bocca.



Il Concilio di Rouen, verso il 650, proibì al ministro dell’Eucaristia di deporre le Sacre Specie sulla mano del comunicando laico: «[Il sacerdote] badi a comunicarli [i fedeli] di propria mano, non ponga l’Eucaristia in mano a nessun laico o donna, ma la deponga solo sulle labbra con queste parole: “Il Corpo e il Sangue del Signore, ti giovi in remissione dei peccati e per la vita eterna”. Se qualcuno trasgredirà queste norme, sia rimosso dall’altare, perché disprezza Dio Onnipotente e per quanto sta in lui lo disonora» .



Sulla medesima linea il Concilio Costantinopolitano III (680-681), sotto i Pontefici Agatone e Leone II, vietò ai fedeli di comunicarsi con le proprie mani e minacciò la scomunica a chi avesse avuto la temerarietà di farlo.



Il Sinodo di Cordoba dell’anno 839 condannò la setta dei “casiani” a causa del loro rifiuto di ricevere la Sacra Comunione direttamente in bocca .



In Occidente, il gesto di prostrarsi e inginocchiarsi prima di ricevere il Corpo del Signore si osservava negli ambienti monastici già a partire dal VI secolo (per esempio nei monasteri di san Colombano) . Più tardi nei secoli X e XI questo gesto si diffuse ancora di più .



       Quando san Tommaso d’Aquino espose i motivi che vietavano ai laici di toccare le Sacre Specie, non parlò di un rito di recente invenzione, ma di consuetudine liturgica antica come la Chiesa .



Ecco perché il Concilio di Trento poté affermare che non solo nella Chiesa di Dio fu una consuetudine costante che i laici ricevessero la Comunione dai sacerdoti, mentre i sacerdoti si comunicassero da sé, ma anche che tale consuetudine è di origine apostolica: «Nell’assunzione di questo Sacramento (l’Eucaristia) fu sempre costume nella Chiesa di Dio che i laici ricevessero la comunione dai Sacerdoti e i Sacerdoti celebranti invece comunicassero se stessi, costume che con ogni ragione deve ritenersi come proveniente dalla Tradizione apostolica» .



Abbiamo iniziato con Papa Giovanni Paolo II, concludiamo con lui. Sempre nella Ecclesia de Eucharistia, al n. 49, scrive: «Sull’onda dell’elevato senso del mistero si comprende come la fede della Chiesa nel mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l’istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne».  


(di Corrado Gnerre)

1  Cf. S. M. Manelli, La grande promessa dei SS. Cuori, Casa Mariana Editrice, Frigento (Avellino), pp. 67-69.
2 Francesco d’Assisi, Lettera II, cit. in Rita M. Rossi, I santi e la Madonna, vol. I, Casa Mariana Editrice, Frigento (Avellino), pp. 30-31.
3 Cf. A. Schneider, Dominus est, “Cum amore ac timore”. Alcune osservazioni storico-liturgiche sulla Sacra Comunione, in Il Settimanale di Padre Pio, anno VIII, n. 9, 08.03.2009, p. 14.
4 PG XXXII, coll. 483-486.
5 Mansi, vol. I, col. 653.
6 PL V, coll. 163-168.
7 Saenz de Aguire, Notitia Conciliorum Hispanae, Salamanca, 1686, p. 495.
8 Mansi X, 1205.
9 Ibidem.
10 PL 54, 1385.
11 Dialoghi III, 3.
12 Mansi, vol. X, coll.1099-1100.
13 Cf. J. A. Jungmann, Missarum solemnia. Eine genetische Erklarung der romischen Messe, Wein 1948, II, p. 436, n. 52; da: A. Schneider, op. cit., p. 14.
14 Cf. Regula coenobialis, da: A. Schneider, op. cit., p. 14.
15 Cf. J. A. Jungmann, op. cit., pp. 456-457; p. 458, n. 25; da: A. Schneider, op. cit., p. 14.
16 Cf. Summa Theologiæ III, 9, 82, a. 3.
17 Concilio di Trento, Decreto sull’Eucaristia, sessione XIII, Denzinger 881.

lunedì 28 ottobre 2013

Divina Eucaristia,




Promesse di Gesù 
a chi non riceve la Santa Comunione in mano
bensì sulla lingua


Introduzione:


Raccolta in profonda preghiera un'anima privilegiata ricevette dal Signore le seguenti promesse valide per quanti non ricevono il suo Sacratissimo Corpo nella mano. Prudenza vuole che l’identità di questa persona per ora rimanga nascosta.

Nota preliminare:
Queste rivelazioni, per la loro novità, non sono state ancora approvate ufficialmente dalla gerarchia ecclesiastica. E quindi non é obbligatorio dar loro conto. Semplicemente si dà atto di una realtà, ed in tutto ci si rifà al giudizio e ai dettami della nostra santa madre Chiesa Cattolica, in conformità al decreto di Papa Urbano viii.


/ Il testo riflette quanto il Signore Gesù ha rivelato ad alcune anime e in molti luoghi in questi tempi di purificazione. Per es. cose simili ha detto il Signore a Giuliana Grescio nel libro La Parola, vol. VIII, dove si legge ch'Egli non desidera essere accolto nelle nostre mani, perché è un alimento per l'anima, e non per il nostro corpo, visto che le nostre mani non sono consacrate, non siamo degni di toccarlo, solo i sacerdoti possono per via dell'Ordine Sacro che ricevono... /



Avviso:

S'intenda bene che le promesse saranno  invalide per quanti si comunicassero in peccato mortale. Nessuno può burlarsi del Signore; perché se uno coscientemente facesse ciò commetterebbe un sacrilegio.



Promesse di nostro signore Gesù Cristo:


1) A chi si astiene dall’usare le mani quando riceve l'Ostia: ossia il mio Corpo, il mio Sangue, la mia Anima e la mia Divinità, prometto elargirgli maggiori benedizioni sia nelle mani, che nel cuore, nell'anima e in tutto il suo essere.

2) Prometto moltissime grazie ancora nel suo peregrinare in questo mondo, con maggiori garanzie di salvezza e con aumento di gloria essenziale e accidentale, per tutto il suo vivere eterno con me in Paradiso.

3) Mi sentirà nella Comunione in tutto il suo essere, e con una pienezza così completa, che non avrà più il desiderio naturale di toccarmi.

4) Quanti opereranno così, con perseveranza, riceveranno grandi grazie mie personali e grandi benefici per tutta la sua casa.

5) Prometto anche, a chi fedelmente farà quello che più desidero, speciali poteri nelle sue mani contro i nemici dell'anima; e a molti darò doni di cura o guarigione.

6) Io prometto che, se così si comporteranno con perseveranza, continuità e costanza, giungeranno in  tutto e con maggior intensità a cercare solo la mia gloria ed il mio onore; ed  Io li glorificherò in modo speciale per tutta l’eternità. 

7) Concederò altresì a chi per amore compie tutti i miei disegni divini e non riceve l'Ostia nelle mani, per una maggiore adorazione, umiltà e santo rispetto, il dono del discernimento dello Spirito, con intensità maggiore.

8 ) I loro nomi  staranno scritti nel mio  Cuore se per darmi maggior letizia, fanno fedelmente la Santa Comunione sulla lingua e non sulla  mano.

9) Prometto anche che aumenterò loro tutte le virtù, come ricompensa a questa maggiore umiltà che implica il non presumere mai avere mani pulite per toccarMi. 


10) Prometto inoltre che evangelizzeranno fedelmente la mia dottrina, e che vinceranno con più facilità ogni tipo di tentazione.


11) Non allontaneranno mai da Me nessun’anima  coloro che mi ricevono sulla lingua e non nelle mani, facendolo con la dovuta riverenza e vivendo così ciascun giorno della loro vita.

12) Prometto anche che non troveranno chiuse le porte del mio amore, quanti per riguardo verso di me, mi consoleranno ricevendomi fedelmente sulla lingua e mai nelle loro mani.

13) Se così persevereranno, per più compiacermi,  comunicandosi sempre sulla lingua, giungeranno ad agire e vivere solo per il mio Cuore, con il mio Cuore, nel mio Cuore, e per il mio Divin Cuore.

14) Prometto ugualmente a quanti mi onorino in questo modo, che il mio Sacro Cuore li esaudirà sempre con la gioia più intensa e profonda.


15) Se in una cosa così importante per Me saranno docili, il mio amore li aiuterà a seguire sempre le mie divine mozioni, e Io li trasfigurerò (RECREARé) in modo speciale, come prova del mio compiacimento per la costante fedeltà nel riceverMi sulla lingua e non sulle mani.


16) Questi tali faranno sempre un gran bene alle anime. In cambio quanti insistono nel desiderio di osare toccarmi con le mani  rimarranno come induriti in molte cose verso la mia Volontà. E non comprenderanno bene i miei propri gusti, la mia predicazione e lo stesso mio magistero.



17) Tutto l'opposto avverrà a coloro che tremebondi non osando toccare la mia forma consacrata con le mani,  si prepareranno attentamente in tutto il loro essere, mentalmente e fisicamente, e al momento della Comunione, mi chiederanno uno spirito di abbandono totale alla mia azione; bene, ad essi prometto la grazia d'arrivare in breve ad un'altissima perfezione cristiana, cercando il mio Volto con più grande amore, dimenticando più facilmente sé stessi: così con questo gesto terranno sempre consolato il mio Cuore, riceveranno maggiori luci celestiali insieme a una più grande felicità dal mio Cuore per i secoli dei secoli.


           Promesse a chi diffonde questi messaggi:


1) Prometto il dono della conoscenza dei cuori, a quelli che divulgano queste promesse.
2) Raggiungeranno un’eccelsa gloria in Cielo.
3) Avranno in pochi anni una lunga copiosa vita spirituale, anche se non sempre anche materiale, come se avessero vissuto moltissimi anni di santità.
4) Colmerò di grandi benedizioni i loro familiari.
5) Prometto ancora che più diffonderanno queste promesse e  più io mi infonderò in loro.
6) Avranno una ineffabile percezione di Me, in una pienezza crescente.
7) Non permetterò che intraprendano imprese, se non sono di mio gradimento.
8 ) Metterò sul loro cammino abbondantissima luce, perché sorretti dalla mia divina assistenza, evitino il male e facciano non solo il bene, ma sopratutto ciò che più mi piace.
9) E darò loro maggiori grazie, innumerevoli, se le diffondono con fervore. Considerate una grande omissione non dare a conoscere le mie promesse.






giovedì 25 luglio 2013

* E SIATE CATTOLICI!



<<E SIATE CATTOLICI!>>

(Serafico Padre San Francesco) 

GRAZIE DI CUORE al Padre Fr. Budani per la sua esposizione chiara e serena su un tema poco capito oggi, sembra, anche dalla maggior parte dei Pastori.


La possibile caduta di una sacra Ostia o di qualche suo frammento potrebbe essere una profanazione.

di P. Francesco M. Budani





Il 25 marzo 2004 la Congregazione del Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha promulgato l’istruzione Redemptionis Sacramentum, riguardo alcune cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia. Il suo alto valore normativo risulta con una certa evidenza dal tono globale ed è esplicitato dalle parole conclusive:
Questa Istruzione, redatta, per disposizione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata approvata dallo stesso Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità di san Giuseppe, il quale ne ha disposto la pubblicazione e l’immediata osservanza da parte di tutti coloro a cui spetta.

Premura del beato Giovanni Paolo II che ne dispose la redazione, era evidentemente di correggere prassi non pienamente accettabili e di porre argine a veri e propri abusi circa la Santissima Eucaristia , e ciò spiegando i modi corretti da adottare in relazione ad Essa. È un’istruzione ricca che merita di essere letta e studiata interamente, ma al momento un tale studio esula dalle finalità e dalle capacità di chi scrive. 

Pertanto ci soffermeremo brevemente su due punti in particolare, la prassi della Comunione sulla mano e la purificazione dei vasi sacri.
A riguardo della prassi della Comunione sulla mano afferma:

[92.] "Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli."

E immediatamente dopo, aggiunge:

[93.] "È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento cada."


Da quanto affermato nei due punti consecutivi (92 e 93) sembra che si possa affermare con una certa sicurezza che:
Vi è un diritto del fedele a ricevere la comunione in bocca.
Vi è un permesso di riceverla in mano. Si tratta quindi di una facoltà concessa, una grazia[è: un indulto = non potremmo ma fatelo. ndr]  che per natura sua è  lontana dal costituire un diritto e che, in quanto tale, può essere limitata o addirittura revocata dall’autorità competente senza detrimento alcuno per la giustizia. Infatti, a comprova di ciò, il documento subito impone delle limitazioni, come ad esempio quella di badare con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro.

Inoltre, questa licenza data ai fedeli è soggetta al giudizio ultimo del Sacerdote che si trova a distribuire il Sacramento. Infatti, il documento aggiunge che “se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli”.


A questo punto ci si potrebbe domandare cosa voglia dire il documento con l’espressione “pericolo di profanazione”. Andando al senso proprio delle parole, il vocabolario Treccani offre del termine  profanazione due definizioni affini entrambe attinenti al caso:
1. Azione con cui si compromette, si offende o si annulla il carattere sacro di una cosa, un luogo, una persona: la p. del tempio, degli altari, di una sacra immagine; la p. di una Vestale.  2. In senso estens. e fig., mancanza di rispetto verso chi o verso ciò che merita riguardo, venerazione.
Torniamo ora a quanto affermato dall’istruzione: subito dopo aver ammonito di non distribuire la santa Comunione in mano in caso di pericolo di profanazione, essa aggiunge che è necessario l’uso del piattino per evitare che la sacra Ostia o qualche suo frammento cada. 


Ora, forti del senso proprio del termine profanazione sopra esposto, notiamo che la perentorietà dell’avviso di cui al n.93, e il luogo dove è posto, lascia intendere che se non si evita la possibile caduta di una sacra Ostia o di qualche suo frammento possa in certe circostanze essere una profanazione. Infatti, un’incuria o anche un semplice disinteresse della sorte dei suoi piccoli frammenti non sarebbe come offendere il carattere sacro di essi? Di fatto un vecchio detto popolare recita che l’indifferenza è il maggior disprezzo. Ciò non sarebbe una mancanza di rispetto verso Gesù CRISTO realmente presente anche nel più piccolo frammento?

Per fare un esempio pratico, adatto al nostro caso, può succedere che il sacerdote si trovi a dover distribuire particole friabili, ossia ricche di frammenti: in tali casi, secondo la diretta esperienza dello scrivente, è davvero molto elevato il pericolo che un frammento rimanga sulla mano del comunicando senza che questi se ne accorga, oppure che voli via nel breve tragitto che l’Ostia santa percorre dalla pisside alla mano o dalla mano del comunicante alla bocca. Questo non solo perché l’uso del piattino, pur essendo necessario, realisticamente non sempre è possibile [??? ndr.] ma anche perché, quando c’è, resta comunque particolarmente difficoltoso usarlo in modo appropriato con coloro che ricevono la santa Comunione in mano, essendo le mani poste più in basso del mento e ben più ingombranti e rimanendo comunque congiunte a due lunghe braccia protese. Non di rado il piattino viene infatti urtato o il ministrante rinuncia semplicemente di sottoporlo.

Da quanto esposto, (dunque, sembrerebbe che per quanto riguarda il caso suddetto delle ostie poco compatte e ricche di frammenti, ci si possa trovare nel reale pericolo di una profanazione di ciò che di più santo e adorabile abbiamo: la santa Eucaristia, che anche nella più piccola parte contiene Cristo tutto e integro, in corpo, sangue, anima e divinità.) [affermo che comunque  c'è sempre reale pericolo di una profanazione di ciò che di più santo e adorabile abbiamo: la santa Eucaristia.  ndr.]

(Tuttavia) [Allora, ndr.], al di là dei casi specifici che si possano verificare, si deve notare che il giudizio ultimo pratico sulla possibilità di distribuire la comunione sulla mano, secondo quanto si evince dalla istruzione, compete alla coscienza del singolo sacerdote, il quale è tenuto a valutare di volta in volta i singoli casi concreti. Qualsiasi ingerenza o imposizione in merito, (potrebbe dunque sembrare ed essere recepita come) [sarebbe, ndr.] un’illegittima violazione del foro interno. 

D’altronde nessun fedele potrebbe pretendere di ricevere la comunione in mano, in quanto nessuno può reclamare un diritto che di fatto non esiste, e nessun superiore può imporre questa prassi in modo indistinto, chiedendo quasi una sospensione del giudizio, poiché nessuno può violare il sacrario della coscienza di un uomo, che appartiene solo al Signore.

AVE MARIA!

AMDG et B.V.M.

lunedì 8 luglio 2013

ARCHEOLOGITE LITURGICA - SACRILEGIO DILAGANTE

  


ARCHEOLOGITE  LITURGICA - SACRILEGIO DILAGANTE 
(6/96)
San Cirillo di Gerusalemme e la Comunione sulla mano
[A proposito della questione relativa alla cosiddetta "Comunione sulla mano",
riproduciamo un articolo del R. P. Giuseppe Pace, S. B. D.]



La ghianda è una quercia in potenza; la quercia è una ghianda divenuta perfetta. Il ritornare ghianda per una quercia, posto che lo potesse senza morire, sarebbe un regredire. Per questo nella Mediator Dei (n. 51) Pio XII condannava l'archeologismo liturgico come antiliturgico con queste parole: «… non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l'eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall'illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del Depositum Fidei affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò».

Di una tale ossessione morbosa - di archeologite - sono preda quei pseudoliturgisti che stanno desolando la Chiesa in nome del Concilio Vaticano II; pseudoliturgisti che talora giungono al punto di spingere con l'esortazione e con l'esempio i loro sudditi a violare quelle poche leggi sane che ancora sopravvivono, e da loro stessi formalmente promulgate o confermate.

Sintomatico a questo riguardo è il caso del rito della Santa Comunione. Qualche vescovo infatti, dopo aver proclamato che il rito tradizionale, di collocare le sacre Specie sulle labbra del comunicando, è tuttora in vigore, permette tuttavia che si distribuisca la santa Comunione in cestelli che si passano i fedeli dalla mano dell'uno a quella dell'altro; o lui stesso depone le sacre Specie nelle mani nude - e sempre pulite? - del comunicando. 

Se si vuole convincere i fedeli che la santissima Eucarestia non è che del pane comune, magari anche benedetto, per una refezioncella simbolica, certo si è imbroccata la via piú diretta: quella del sacrilegio.

I fautori della Comunione in mano fanno appello a quell'archeologismo pseduoliturgico condannato apertis verbis da Pio XII. Dicono infatti e ripetono che in tal modo la si deve ricevere, perché in tal modo si è fatto in tutta la Chiesa, sia in Oriente che in Occidente dalle origini in poi per mille anni.


È vero e certo che dalle origini in poi per quasi duemila anni i comunicandi dovevano astenersi da qualsiasi cibo e bevanda, dalla vigilia fino al momento della santa Comunione, in preparazione alla medesima. Perché quelli dell'archeologite non restaurano un tale digiuno eucaristico? che certamente contribuirebbe non poco a mantenere vivo nella mente dei comunicandi il pensiero della santa Comunione imminente, e a disporveli meglio.


È invece certamente falso che dalle origini in poi per mille anni ci sia stata in tutta la Chiesa, in Oriente e in Occidente, la consuetudine di deporre le sacre Specie nelle mani del fedele.


Il cavallo di battaglia di quei pesudoliturgisti è il seguente brano delle Catechesi mistagogiche attribuite a san Cirillo di Gerusalemme:
«Adiens igitur, ne expansis manuum volis, neque disiunctis digitis accede; sed sinistram velut thronum subiiciens, utpote Regem suscepturæ: et concava manu suscipe corpus Christi, respondens Amen». (Andando quindi [alla Comunione] accostati non con le palme delle mani aperte, né con le dita disgiunte; ma tenendo la sinistra a guisa di trono sotto a quella che sta per accogliere il Re; e con la destra concava ricevi il corpo del Cristo, rispondendo Amen).
Giunti a questo Amen, si fermano; ma le Catechesi mistagogichenon si fermano lí, ed aggiungono:
«Postquam autem caute oculos tuos sancti corporis contactu santificaveris, illud percipe… Tum vero post communionem corporis Christi, accede et ad sanguinis poculum: non extendens manus; sed pronus [in greco: 'allà kùpton, che il Bellarmino traduce genu flexo], et adorationis ac venerationis in modum, dicens Amen, sancticeris, ex sanguine Christi quoque sumens. Et cum adhuc labiis tuis adbaeret ex eo mador, manibus attingens, et oculos et frontem et reliquos sensus sanctifica… A communione ne vos abscindite; neque propter peccatorum inquinamentum sacris istis et spiritualibus defraudate mysteriis». (Dopo che tu con cautela abbia santificato i tuoi occhi mettendoli a contatto con il corpo del Cristo, accostati anche al calice del sangue: non tenendo le mani distese; ma prono e in modo da esprimere sensi di adorazione e venerazione, dicendo Amen, ti santificherai, prendendo anche del sangue del Cristo. E mentre hai ancora le labbra inumidite da quello, toccati le mani, e poi con esse santifica i tuoi occhi, la fronte e tutti gli altri sensi… Dalla comunione non staccatevi; né privatevi di questi sacri e spirituali misteri neppure se inquinati dai peccati). (P. G. XXXIII, coll. 1123-1126).

Chi potrà sostenere che un tale rito fosse sia pure un po' meno che per mille anni consueto nella Chiesa universale? E come conciliare un tale rito, secondo il quale è ammesso alla santa Comunione anche chi è inquinato di peccati, con la consuetudine certamente universale sin dalle origini che proibiva la santa Comunione a chi non era santo?: «Itaque quicumque manducaverit panem hunc, vel biberit calicem Domini indigne, reus erit corporis et sanguinis Domini. Probet autem seipsum homo: et sic de pane illo edat, et de calice bibat. Qui enim manducat et bibit indigne, indicum, sibi manducat et bibit non diiudicans corpus Domini». (Perciò chiunque abbia mangiato di questo pane e bevuto del calice del Signore indegnamente, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Si esamini dunque ognuno: e cosí [trovatosi senza peccati gravi] di quel pane si cibi e di quel calice beva. Colui infatti che ne mangia e ne beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non discernendo il corpo del Signore ). (I Corinti, 11, 27-29).
Un tal stravangante rito della Santa Comunione, la cui descrizione si conchiude con l'esortazione di fare la santa Comunione anche se inquinati di peccati, non fu certo predicato da San Cirillo nella Chiesa di Gerusalemme, né poté essere lecito in qualsivoglia altra Chiesa. Si tratta infatti di un rito dovuto alla fantasia, oscillante tra il fanatismo e il sacrilego, dell'autore delle Costituzioni Apostoliche: un anonimo Siriano, divoratore di libri, scrittore instancabile, che riversa nei suoi scritti, indigerite e contaminate dai parti della sua fantasia, gran parte di quelle sue stesse letture; che al libro VIII di dette Costituzioni apostoliche, aggiunge, attribuendo a san Clemente Papa, 85 Canoni degli Apostoli; canoni che Papa Gelasio I, nel Concilio di Roma del 494, dichiarò apocrifi: «Liber qui appellatur Canones Apostolorum, apocryfus (P. L., LIX, col. 163).
La descrizione di quel rito stravagante, se non necessariamente sempre sacrilego, entrò nelle Catechesi mistagogiche per opera di un successore di san Cirillo, che i piú ritengono sia il vescovo Giovanni, cripto-ariano, origeniano e pelagiano; e perciò contestato da sant'Epifanio, da san Gerolamo e sant'Agostino.


Come può il Leclercq affermare che: «… nous devons y voir [in detto rito stravagante] une exacte représentation de l'usage des grandes Eglises de Syrie»? Non lo può affermare che contraddicendosi, dato che poco prima afferma trattarsi di: «… une liturgie de fantasie. Elle ne procède et elle n'est destinée qu'à distraire son auteur; ce n'est pas une liturgie normale, officielle, appartenant à une Eglise déterminée» (Dictionaire de Archeologie chretienne et de Liturgie, vol. III, parte II, col. 2749-2750).


Abbiamo invece delle testimonianze certe della consuetudine contraria, e cioè della consuetudine di deporre le sacre Specie sulle labbra del comunicando, e della proibizione ai laici di toccare dette sacre Specie con le proprie mani. Solo in caso di necessità e in tempo di persecuzione, ci assicura san Basilio, si poteva derogare da detta norma, ed era concesso ai laici di comunicarsi con le proprie mani (P. G., XXXII, coll. 483-486).

Non intendiamo, è chiaro, passare in rassegna tutte le testimonianze invocate a dimostrare che nell'antichità vigeva la consuetudine di deporre le sacre Specie sulle labbra del comunicando laico; ne indichiamo solo alcune sintomatiche, e peraltro sufficienti a smentire quanti affermano che per mille anni nella Chiesa universale, sia d'Oriente che d'Occidente, fu consuetudine deporre le sacre Specie nelle mani dei laici. 


Sant'Eutichiano, Papa dal 275 al 283, a che non abbiano a toccarle con le mani, proibisce ai laici di portare le sacre Specie agli ammalati: «Nullus præsumat tradere communionem laico vel femminæ ad deferendum infirmo» (Nessuno osi consegnare la comunione ad un laico o ad una donna per portarla ad un infermo) (P. L., V, coll. 163-168). 


San Gregorio Magno narra che sant'Agapito, Papa dal 535 al 536, durante i pochi mesi del suo pontificato, recatosi a Costantinopoli, guarí un sordomuto all'atto in cui «
ei dominicum Corpus in os mitteret» (gli metteva in bocca il Corpo del Signore) (Dialoghi, III, 3). 
Questo per l'Oriente; e per l'Occidente, si sa ed è indubitabile che lo stesso san Gregorio Magno amministrava in tal modo la santa Comunione ai laici.


Già prima il Concilio di Saragozza, nel 380, aveva lanciato la scomunica contro coloro che si fossero permessi di trattare la santissima Eucarestia come se si fosse in tempo di persecuzione, tempo nel quale anche i laici potevano trovarsi nella necessità di toccarla con le proprie mani (SAENZ DE AGUIRRE, Notitia Conciliorum Hispaniæ, Salamanca, 1686, pag. 495).


Innovatori indisciplinati non mancavano certo neppure anticamente. Il che indusse l'autorità ecclesiastica a richiamarli all'ordine. Cosí fece il Concilio di Rouen, verso il 650, proibendo al ministro dell'Eucarestia di deporre le sacre Specie sulla mano del comunicando laico: «[Presbyter] illud etiam attendat ut eos[fideles] propria manu communicet, nulli autem laico aut fœminæ Eucharistiam in manibus ponat, sed tantum in os eius cum his verbis ponat: "Corpus Domini et sanguis prosit tibi in remissionem peccatorum et ad vitam æternam". Si quis hæc transgressus fuerit, quia Deum omnipotentem comtemnit, et quantum in ipso est inhonorat, ab altari removeatur» ([Il presbitero] baderà anche a questo: a comunicare [i fedeli] di propria mano; a nessun laico o donna deponga l'Eucarestia nelle mani, ma solo sulle labbra, con queste parole: "Il corpo e il sangue del Signore ti giovino per la remissione dei peccati e per la vita eterna". Chiunque avrà trasgredito tali norme, disprezzato quindi Iddio onnipotente e per quanto sta in lui lo avrà disonorato, venga rimosso dall'altare). (Mansi, vol. X, coll. 1099-1100).


Per contro gli Ariani, per dimostrare che non credevano nella divinità di Gesú, e che ritenevano l'Eucarestia come pane puramente simbolico, si comunicavano stando in piedi e toccando con le proprie mani le sacre Specie. Non per nulla sant'Atanasio poté parlare dell'apostasia ariana (P. G., vol. XXIV, col. 9 ss.).

Non si nega che sia stato permesso ai laici di toccare talora le sacre Specie, in certi casi particolari, o anche in alcune Chiese particolari, per qualche tempo. Ma si nega che tale sia stata la consuetudine della Chiesa sia in Oriente che in Occidente per mille anni; e piú falso ancor affermare che si dovrebbe fare cosí tuttora. Anche nel culto dovuto alla santissima Eucarestia è avvenuto un sapiente progresso, analogo a quello avvenuto nel campo dogmatico (con il quale non ha nulla a che fare la teologia modernista della morte di Dio).
Detto progresso liturgico rese universale l'uso di inginocchiarsi in atto di adorazione, e quindi l'uso dell'inginocchiatoio; l'uso di coprire la balaustra di candida tovaglia, l'uso della patena, talora anche di una torcia accesa; e poi la pratica di fare almeno un quarto d'ora di ringraziamento personale. Abolire tutto ciò non è incrementare il culto dovuto a Dio nella santissima Eucarestia, e la fede e la santificazione dei fedeli, ma è servire il demonio.

Quando san Tommaso (Summa Theologica, III, q. 82, a 3) espone i motivi che vietano ai laici di toccare le sacre Specie, non parla di un rito di recente invenzione, ma di una consuetudine liturgica antica come la Chiesa. Ben a ragione il Concilio di Trento non solo poté affermare che nella Chiesa di Dio fu consuetudine costante che i laici ricevevano la Comunione dai sacerdoti, mentre i sacerdoti si comunicavano da sé; ma addirittura che tale consuetudine è di origine apostolica (Denzinger, 881). Ecco perché la troviamo prescritta nel Catechismo di san Pio X (Questioni 642-645). Ora tale norma non è stata abrogata: nel Nuovo Messale Romano, all'articolo 117, si legge che il comunicando tenens patenam sub oresacramentum accipit (tenendo la patena sotto la bocca, prenda il sacramento).

Dopo di che non si riesce a capire come mai gli stessi promulgatori di tanto sapiente norma, ne vadano dispensando le diocesi una dopo l'altra. Il semplice fedele di fronte a tanta incoerenza, non può che concepire una grande indifferenza nei riguardi delle leggi ecclesiastiche liturgiche e non liturgiche.



Kyrie eleison!

sabato 27 aprile 2013

Fragmenta / Frammenti! / NON MITTENDUS CANIBUS


NON MITTENDUS CANIBUS

A proposito delle considerazioni di padre Francesco Maria Budani, dei Francescani dell'Immacolata, sulle modalità di amministrazione e ricezione della Santa Comunione. 


<<Rimaniamo ancora sconcertati, nonostante le manifeste e ripetute dimostrazioni di incoerenza date dai Sacri Pastori negli ultimi decenni, per la promulgazione di norme palesemente contraddittorie. Pare infatti che, ogni volta che la Sede Apostolica emana un documento disciplinare, esso dia disposizioni su una materia specifica e al tempo stesso deroghi, nello stesso documento, alla ratio della norma che intende fissare.

Leggiamo su Una Fides un interessante e lodevolissimo articolo di padre Budani, nel quale egli sostiene che l'amministrazione della Santa Comunione sulla lingua del fedele è un diritto, mentre è unaconcessione l'amministrazione della stessa nelle mani. 

L'articolo cui fa riferimento il pio Francescano è l'IstruzioneRedemptionis Sacramentum, emanata il 25 Marzo 2004 dalla Congregazione per il Culto Divino su ordine del Santo Padre. 

Nell'Istruzione si precisa:

[92.] Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli.

Ecco ciò che ci sconcerta: nella stessa norma si afferma un principio giusto e corretto (l'amministrazione in bocca), si autorizza la deroga (l'amministrazione sulla mano) e poi si precisa che se c'è pericolo di profanazione non si debba dare la Comunione sulla mano. 

Qualsiasi sacerdote sa benissimo, come ricorda padre Francesco Maria, che il pericolo di profanazione c'è sempre, perché le particole, essendo di pane friabile, possono facilmente perdere delle particelle o delle briciole. In altri tempi - quando il solo sacerdote poteva toccare le Specie Eucaristiche - era uso setacciare le ostie e porle nella pisside prive di frammenti: in alcune sacristie si trova ancora il vaglio con cui il Sacrista svolgeva questa operazione che incuriosiva i chierichetti.

Ovviamente il postconcilio ha abituato i sacerdoti a disinteressarsi completamente di questi vieti comportamenti intrisi di rubricismo postridentino. Così non solo non si setacciano le ostie prima della loro consacrazione, ma spesso accade che lo stesso celebrante, per purificare la patena e la pisside (o quella orribile ciotola che dovrebbe svolgere le funzioni di entrambe) usi il purificatoio e non le dita, che dovrebbe poi astergere nel calice prima di purificare anche quello. I frammenti possono rimanere attaccati al purificatoio, che a differenza del corporale non è custodito nella borsa (peraltro ormai caduta in disuso e non prescritta dalle rubriche del nuovo rito). Non parliamo di far lavare i sacri lini da un chierico e poi di gettare l'acqua nel sacrario...

Nessuno si perita di passare la patena sul corporale per raccogliere eventuali frammenti, e non di rado la purificazione dei vasi sacri è affidata ai ministranti, alla credenza, mentre la Presenza Reale nelle Sacre Specie (che permane anche nelle particelle dell'ostia) imporrebbe di farlo all'altare e sul corporale. 

Noi stessi, in occasione di un pellegrinaggio a Lourdes, abbiamo visto coi nostri occhi - e con gravissimo scandalo - un sagrestano laico prendere l'Ostia magna dal tabernacolo e, appoggiandosi sul banco della sacristia, tagliarla con le forbici per adattarla alla lunetta dell'ostensorio. Se non fossimo stati presenti a redarguire l'empio sforbiciatore, non vogliamo immaginare quale sarebbe stata la sorte dei ritagli...

Non si può pensare che dei chierici abituati a trattare in questo modo la Ss.ma Eucaristia possano avere una qualche sensibilità per il pericolo di sacrilegio: nessuno glielo insegna in Seminario, ed anzi è ormai abitudine invalsa dire ai futuri sacerdoti che fragmenta non sunt sacramenta (sic!), come noi stessi abbiamo sentito dire da un confratello del Seminario Romano.

Torniamo alla Istruzione Redemptionis Sacramentum e traduciamo quelle norme usando una similitudine:

La norma è che ad un incrocio si passi con il semaforo verde e ci si fermi con il rosso. Tuttavia, in certi casi, è possibile passare con il rosso. Ma se vi è rischio di incidenti passando col rosso, allora si passi solo col verde.

O anche:

In un deposito di combustibile è fatto divieto usare fiamme libere. Tuttavia, in certi casi, è possibile accendere dei fuochi. Ma se vi è rischio di incendio, allora non si usino fiamme libere.
E ancora:

Il vostro parlare sia sì sì, no no: tutto il resto viene dal Maligno. Tuttavia, in certi casi, potete dire anche sì no e no sì. Ma se vi è rischio che non vi si capisca, allora dite sì sì, no no.

Ecco: siccome c'è sempre rischio di profanazione, non si capisce come la Sede Apostolica possa autorizzare le Conferenze Episcopali, e come le Conferenze Episcopali possano concedere ai loro fedeli di ricevere la Comunione sulla mano, con l'ipocrita postilla di evitare la profanazione. 

Se c'è anche il remoto rischio di profanazione, basta imporre tout court che la Comunione si dia in bocca. In nessun caso, a meno di non essere dotati di poteri di preveggenza, un sacerdote può sapere se quella particola che prende dalla pisside è perfettamente integra e priva di frammenti; quindi, se nel deporla sulla mano del fedele quei frammenti dovessero perdersi, con o senza piattello (che in questo caso non ha alcuna utilità), ecco concretizzato il rischio di profanazione.Ergo: niente Comunione in mano, mai. 


Prima Comunione secondo il rito neocatecumenale

Ancora una volta abbiamo sotto gli occhi delle contraddizioni talmente evidenti, da far quasi ritenere che il legislatore si diverta a prenderci in giro. Da una parte ribadisce un principio sacrosanto, poi concede una deroga che ex se contraddice quel principio, e poi ci ricorda che se da quella deroga derivasse una contraddizione al principio, essa non può essere praticata.

Ci sia permesso di osservare che questo modo di procedere ripugna al ruolo dei Sacri Pastori, i quali non sono costituiti in autorità per cimentarsi in grotteschi calembours da legulei, ma per indicare chiaramente ciò che è bene da ciò che è male. 

Il Signore chiederà contro degli innumerevoli sacrilegi compiuti da milioni di fedeli, migliaia di sacerdoti, centinaia di Vescovi, decine di Cardinali e forse anche da qualche Papa.>>

NB. Senza minimamente voler offendere nessuno io penso che se uno -sull'altare-  vuol  essere   uguale a una ... mazza di scopa continui pure a dar la Comunione sulle mani. Meriterebbe l'apostrofe di Nostro Signore che dice "O stulti et tardi corde ad credendum.." (Luca 24,25). Mi chiedo: Non ha forse il Concilio raccomandato -e per ben due volte- la Summa di san Tommaso? Bene. In essa chiaramente e concretamente si insegna la riverenza al sacramento ([51180] - III q. 83 a. 5 ad 5).  Generalmente il fedele porge le mani per ignoranza. Per gli altri che ... non si credono ignoranti basterebbe dire "Amico: in questa Messa ricevila così la santa Comunione, altrove fa' come credi". Funziona. (pMM).