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venerdì 1 maggio 2020

« Monstra Te esse Matrem »

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GIOVANNI XXIII
UDIENZA GENERALE
Basilica di San Pietro
Mercoledì, 1° maggio 1963

Venerabili Fratelli,
diletti figli e figlie.

Lo spettacolo che sì offre al Nostro sguardo è, come sempre, edificante e lietissimo; non solo per la varietà di provenienza dei numerosi gruppi e dei singoli pellegrini, radunati in questa basilica di S. Pietro, ma soprattutto per l'unità della comune fede, segnata sulla fronte e nel cuore di ciascuno con lo splendore del volto di Cristo, e col sigillo dello Spirito Santo.
L'udienza odierna costituisce un bell'inizio del mese di maggio in questo anno del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo.
Lo scorso 25 aprile, nella festa dell'evangelista S. Marco, con lettera al Nostro Cardinal Vicario, abbiamo chiamato a raccolta i diletti figli di Roma e di tutte le diocesi del mondo, clero e fedeli, affinché durante tutto il mese moltiplichino le invocazioni alla Vergine Santissima, Madre di Gesù e nostra. Per intercessione di Maria, infatti più copiosa deve scendere la grazia dello Spirito Santo sui lavori del Concilio, e sulla attività dei Padri Conciliari, che nella preghiera e nello studio si preparano alla seconda sessione delle assise ecumeniche (cfr. « L'Osservatore Romano », 26 aprile 1963).

TRIPLICE LUCE
DI IRRADIANTE FULGORE

Rinnoviamo ora l'invito a voi qui presenti, che animate questa Udienza di un tocco di speciale fervore. L'invito Nostro nasce dalle considerazioni, che questo giorno suggerisce, avvolto com'è in una triplice luce di irradiante fulgore : Maria - Giuseppe - la Chiesa. Sono pensieri ed affetti che urgono nella Nostra mente e nel cuore, e chiedono una parola di incoraggiamento.

« Monstra Te esse Matrem »

1. Maria Santissima. La glorificazione di Maria, quale brilla di luce soave nelle celebrazioni di questo mese, non è che il richiamo della sua missione, di tutto il disegno che Dio ebbe su di lei.

Missione di misericordia e di salvezza, che si incentra nell'altissimo privilegio della maternità divina; disegno di perdono di riconciliazione, poiché il Padre Celeste, inviando il Figlio suo per la Redenzione del mondo, scelse Maria come prima collaboratrice della sua volontà salvifica. In lei il cielo si unisce alla terra; e per mezzo suo è offerto all'umanità il Divin Salvatore.

Quali armonie di pietà e di commozione suscita il canto della Salve Regina, antifona tra le più antiche e care, che celebra nel confidente sospiro questa materna missione di Maria! Dall'avviarsi della preghiera: Salve, o Regina, Madre di misericordia, al suo svolgersi è tutto il poema della umanità sconvolta dal peccato, soggetta al pianto, al dolore e alla morte, che, nonostante tutto, guarda a Lei, vita, dolcezza, speranza nostra, e l'invoca nel supremo anelito, che è palpito di fede invitta e luminosa: et Iesum, benedictum fructum ventris tui nobis post hoc exilium ostende: mostraci Gesù, il frutto benedetto del tuo seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.

Tutto converge a Gesù: la storia dei secoli e le vicende dei cuori; tutto deve portare a Gesù. L'intercessione di Maria per il Concilio rivela al mondo più splendido il volto del Redentore, lo rivela a chi lo conosce solo imperfettamente, e a chi non lo conosce ancora. È questa la missione della Vergine Madre, di recare al mondo la luce, come canta Sant'Efrem Siro, con voce di ispirato poeta:

« Nel suo grembo dimora il Fuoco, - sul suo petto un prodigio grande! » (Inno IV, 3).
E lasciateCi fare una ulteriore considerazione, diletti figli. È l'ideale missionario che si impone, ancora una volta e muovendosi dal Cenacolo percorre le ampie vie del mondo. Ed è sempre Maria a mostrare Gesù, come a Betlem, attirando le anime a Lui. Per questo continueremo a pregarla perchè Essa avvalori le preghiere del Successore di Pietro e dei Vescovi, e di tutto il popolo cristiano, perseverantes unanimiter in oratione cum... Maria Matre Iesu (Act. I, 14). Così si rinnoverà il prodigio come di una novella Pentecoste.

Il Patrono del Concilio Ecumenico

2. Accanto alla Madonna, ecco S. Giuseppe, il Patrono del Concilio Ecumenico.
In questa basilica Vaticana, nel transetto dei santi apostoli Simone e Taddeo abbiamo voluto che l'altare centrale fosse dedicato a lui. Oggi, primo maggio, celebriamo la sua festa sotto il titolo di S. Giuseppe lavoratore, sposo castissimo di Maria, protettore dell'immensa schiera degli artigiani e operai, e dei lavoratori tutti — e ciascuno di noi è lavoratore — perchè anch'Egli ha conosciuto la gioia umile e sommessa del dovere compiuto, gli stenti, le prove della quotidiana fatica.

Ma S. Giuseppe è il patrono della Chiesa universale; è il patrono delle famiglie cristiane; lo è, inoltre, dei morenti che si affidano a Lui per superare la lotta estrema; patrono ancora di innumerevoli Congregazioni e istituzioni religiose di pietà, di educazione, di carità, nelle quali egli continua il suo validissimo patrocinio di Custode della Sacra Famiglia.
Potete ben immaginare, diletti figli, con quanto trasporto dell'animo, Noi l'abbiamo proclamato Patrono del Concilio. E a giusto titolo.

Dicevamo il 15 marzo del 1961: « se un protettore celeste è indicato a impetrare dall'alto... quella virtus divina per cui il Concilio sembra destinato a segnare un'epoca nella storia della Chiesa contemporanea, a nessuno dei celesti meglio può essere affidato che a S. Giuseppe, capo augusto della famiglia di Nazareth, e protettore della santa Chiesa... O S. Giuseppe, qui, qui è il tuo posto di protector universalis Ecclesiae » (cfr. « L'Osservatore Romano » 16 marzo 1961; cfr. Lettera Apostolica Le Voci, 19 marzo 1961).

Il Concilio è l'opera di Dio. E quest'opera esige raccoglimento e preghiera, docilità e spirito soprannaturale. Sono le virtù, di cui silenziosamente S. Giuseppe diede esempio preclarissimo, meritando la dignità e responsabilità uniche di Padre di Gesù secondo la legge, irradiante sull'umile volto un riflesso dell'autorità stessa del Padre Celeste.

Scelto a custode nascosto della più alta opera di Dio, l'Incarnazione del Verbo, S. Giuseppe continua la sua potente intercessione nella Chiesa, che, riunita a Concilio nei suoi sacri Pastori, vuole estendere la luce del Verbo nel mondo, e il suo impero soave in tutti i cuori.

La realtà della Chiesa a servizio degli uomini

3. La Chiesa, infine, diletti figli e figlie. È la realtà che sfolgora in quest'ora di letizia e di grazia per tutta l'umanità.
La Chiesa è Gesù che vive nei secoli. Ancorata con la mistica barca di Pietro in questo centro della cattolica unità e dell'universale magistero, essa si esprime in un principato di mitezza, di amore e di carità.

Grazie a Dio, lo spirito polemico di altri tempi si è attenuato; e la realtà della Chiesa, a servizio degli uomini ex omni tribu et natione, quae sub caelo est, viene universalmente riconosciuta. Da molte parti se ne invoca la parola, la presenza benefica e stimolatrice.
Inoltre — e questo conta anzitutto — i suoi figli sono più compatti che mai, e, pur differenziandosi nelle manifestazioni della civiltà e nei metodi organizzativi della vita sociale, sentono di essere chiamati dalla sacra Gerarchia a dare testimonianza di fedeltà al patrimonio della divina Rivelazione e delle millenarie e preziosissime esperienze pastorali, da cui viene speditezza di metodo e di linguaggio, che i tempi esigono : e che le folle immense dei popoli di tutto il mondo reclamano a giusto diritto.

Oggi, festa dei lavoratori, torna dunque attuale il saluto che ponemmo sulla fronte della Lettera Enciclica del 15 maggio 1961, pubblicata nel settantesimo anniversario della Rerum Novarum di Leone XIII: Mater et Magistra! La Chiesa, come ai tempi degli Apostoli, è sempre madre e maestra di verità e di giustizia, di libertà e di pace. Madre e maestra di cui si cerca la voce benefica, di cui si attendono gli interventi pacificatori degli interessi contingenti dei vari particolarismi nazionali, economici, sociali. Nel dominio della vita pubblica, nell'equilibrio e nel contributo delle varie forze della produzione e ridistribuzione dei beni, nella composizione armoniosa dei rapporti per la pace sociale si avverte sempre più la presenza dell'insegnamento sociale cristiano, che discende dal Vangelo di Gesù, ed è proclamato con instancabili applicazioni del Magistero della Chiesa. Questa presenza vigile, sensibile, attenta in tutti i settori, è realtà provvidenziale che dà gioia e accende speranza.

APOSTOLI CONVINTI
DI VERITÀ E BONTÀ
Diletti figli e figlie,
In quest'opera la Chiesa fa affidamento su di voi : vi chiede di essere apostoli convinti di verità e di bontà, pronti al servizio dei fratelli, apportatori di tranquillo ordine, affinché la vita della Grazia germini sempre di più in ciascuno di voi, e porti frutti duraturi per il bene delle varie comunità.
Noi siamo con voi, con affetto paterno, con preghiera universale, che abbraccia tutte le umane genti, e invochiamo dal Signore doni eletti di celeste compiacenza. E da questo centro della cattolica unità si diffonde ora, per voi e per le vostre famiglie, in particolare per i lavoratori cristiani e per le loro organizzazioni, la Benedizione Apostolica, che vi fortifichi nei propositi di vita santa, porti consolazione nelle vostre case, specie ove maggiori sono le necessità e le ansietà, e vi confermi nella pace di Cristo « che supera ogni intendimento » (Phil. 4, 7).

Chers Fils et chères Filles,
Gomme à chaque audience, le spectacle qui s'offre à Nos yeux est source de joie et d'édification: venus de toutes les parties du monde, vous portez sur vos fronts et dans vos coeurs l'unité de la foi. Quel beau début pour ce mois de mai de l'année du Concile Œcuménique!
En la fête de Saint Marc, Nous avons invité les fidèles de Rome et du monde à multiplier leurs prières à la Vierge Marie, durant le mois de mai, en faveur du Concile. Cet appel, Nous vous le faisons à nouveau, en contemplant successivement la Très Sainte Vierge, Saint Joseph et l'Eglise.

1. Marie toute sainte. En elle, le ciel s'unit à la terre. C'est elle qui nous donne notre divin Sauveur, première collaboratrice du plan salvifique de Dieu. Toute notre piété monte vers elle à travers le chant du Salve Regina. Et Yesum nobis post hoc exilium ostende: Montrez-nous Jésus, O douce, O clémente, O bonne Vierge Marie. Tout converge en Jésus; tout doit conduire à Jésus. L'intercession de Marie pour le Concile révèle le visage du Rédempteur dans toute sa splendeur à qui ne le connaît encore qu'imparfaitement et à qui ne le connaît pas du tout. Telle est la mission de la Vierge Mère, d'apporter la lumière à qui ne la possède pas. A tous, elle montre Jésus.

2. Aux côtés de Marie se tient Joseph. Nous célébrons aujourd'hui sa féte. Il est le protecteur non seulement de la Sainte Famille, mais de l'Eglise, du Concile, et aussi de tous les travailleurs, de nombreuses familles religieuses et de tous ceux qui meurent. Choisi par Dieu pour étre le gardien de l'Incarnation, Saint Joseph continue dans l'Eglise sa puissante intercession, et l'applique au Concile par lequel les Pères cherchent à étendre davantage sur le monde la lumière du Verbe.

3. Enfin l'Eglise. C'est Jésus qui vit à travers les siècles. Fixée avec la barque de Pierre en ce point du monde, l'Eglise s'exprime par un pouvoir plein de douceur, d'amour et de charité. Comme aux temps des Apótres, l'Eglise est toujours mère et éducatrice de vérité, de justice, de liberté et de paix: on cherche le bienfait de sa voix, on attend ses interventions de paix au sein des rivalités humaines, on porte attention à la doctrine sociale qu'elle enseigne.

Chers Fils et chères Filles, l'Eglise vous demande aujourd'hui de poursuivre son oeuvre. Soyez des apótres pleins de bonté, préts au service de vos frères. Dans cette confiance, Nous embrassons dans une méme et vaste Bénédiction vous mêmes, vos familles, les travailleurs et les organisations ouvrières du monde.

AMDG et DVM

domenica 29 ottobre 2017

Negli individui, nelle famiglie e nella società occorre rinnovare lo splendore del volto di Gesù.

ES IT ]

SOLENNITÀ DI CRISTO RE
GIOVANNI XXIII
ANGELUS
Domenica, 28 ottobre 1962

Cari figliuoli!

La voce del Padre ama diffondere soavità e fiducia; e la sua parola ha vibrazioni più alte e penetranti quando gli occhi contemplano, come ora mi accade, la varietà e bellezza di una festosa corona di figli.

Son quattro anni oggi, da quando alla bontà del Signore piacque di confidarmi la successione dell'Apostolo Pietro; e accendere più vivo nel mio animo l'amore per tutta la famiglia umana.

Sono stati quattro anni di preghiera e di servizio, di incontri e di colloqui, di letizia e anche di qualche sofferenza; ma ogni giorno è trascorso nella pronta disposizione a fare la divina volontà e nella sicurezza che tutto coopera alla generale edificazione.

Nell'odierna festa di Cristo Re, io sento qualcosa di toccante che conduce il mio spirito alla serenità. La parola del Vangelo infatti non è muta : ma essa risuona da un capo all'altro del mondo, e trova la via dei cuori.

Pericoli e dolori, umane prudenze e saggezze, tutto deve dissolversi in un cantico di amore; in un rinnovato supplice invito rivolto a tutti gli uomini a desiderare e a volere l'instaurarsi del regno di Cristo :
— regno di verità e di vita;
— regno di santità e di grazia;
— regno di giustizia, di amore e di pace » (cfr. Pref. della Festa di Cristo Re).
In tutto il mondo c'è fervore di opere per costruire e risanare : e far risplendere più vivida sull'uomo la luce superna.

Ne son prova i consessi e congressi internazionali di varia intonazione ed ampiezza che offrono spettacolo di uno spirito nuovo che va penetrando l'animo dei politici ed economisti, degli scienziati e dei letterati.

Diletti figli! Sia pertanto esemplare l'applicazione di ciascuno di voi, di tutti noi, per far penetrare e rinnovare negli individui, nelle famiglie e nella società lo splendore del volto di Gesù.

Nostro Signore Gesù Cristo, offrendosi vittima immacolata e pacifica sull'altare della croce, ha riportato l'uomo all'amplesso del Padre celeste ed ha aperto le vie del vero progresso, che eleva e santifica le civiltà umane.

Con questi sentimenti di fiducia, chiedendo a Dio di disperdere dagli orizzonti della convivenza internazionale le nubi nefaste, si effonde sopra questo convegno domenicale dell'Angelus e sulle persone care a ciascuno di voi, l'Apostolica Benedizione: pegno di grazia, conforto nelle pene e difficoltà della vita, augurio di grande letizia.



© Copyright - Libreria Editrice Vaticana

AMDG et BVM

giovedì 14 settembre 2017

Poche cose... ma che servono a chiarire


Alcune testate:

"Giovanni XXIII patrono dell'esercito". Ma scoppia [la giusta] polemica: "È il Papa della pace, non delle armi"


L’annuncio. [San] beato Giovanni XXIII patrono dell’Esercito tra tanti dubbi


Papa Giovanni patrono dell’Esercito
«Esempio di conforto e aiuto ai militari»
MA
quanti ma e quanti però...
"Aprite gli occhi... aprite il cuore...
il Concilio non è tutta opera mia.  ... " 8.3.2004
Per dare un giudizio sensato è  opportuno conoscere 
da vicino chi è papa Giovanni XXIII
allora
vi rimando alle pag. 8-9 del  link
del nostro beato Papa Giovanni XXIII
se ne parla anche Qui



venerdì 4 agosto 2017

Il cavallo di Troia e la "nuova Pentecoste"


IL DIVORZIO FU L'OCCASIONE PERDUTA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno X n° 8 - Agosto 2017

Non c'è niente da fare, nessuno ci toglierà dalla testa che il cambiamento della Messa, operato dalla Chiesa con un autoritarismo senza precedenti a fine anni '60, fu il “cavallo di Troia” con il quale entrarono tutte le più devastanti derive nel mondo cattolico.

Il Concilio Vaticano II, pastorale per espressa volontà dei Papi Giovanni XXIII prima e Paolo VI poi, si era ormai concluso. I testi, nella loro prolissità e stile discorsivo, avevano confermato tutti nella propria opinione: i Conservatori erano convinti che nulla fosse cambiato nella sostanza della Tradizione Cattolica; i Progressisti invece, rumorosi ma in fondo minoranza all'epoca, avevano salutato l'avvento di un'era totalmente nuova. Ognuno cercava nei testi la conferma delle proprie opinioni e attitudini. Chi è vissuto in quegli anni può confermare tutto questo, testimoniando della storia della propria parrocchia.

Intervenne, a quattro anni dalla chiusura del Concilio, la nuova messa e tutto poteva diventare chiaro.

Con la nuova messa, valida in sé ma non buona come tentiamo di dire da sempre (cfr. editoriale “Radicati nella fede”, anno V, marzo 2012, n° 3), non sarebbe stato possibile interpretare il Concilio in continuità con il passato della Chiesa Cattolica. La nuova messa diede la chiave ermeneutica secondo cui il Concilio Vaticano II è una “nuova Pentecoste”, il punto sorgivo di un Cristianesimo liberatosi dalla zavorra del suo passato, capace di scelte più pure che il mondo moderno avrebbe presto accolto con commovente entusiasmo.

I cosiddetti Conservatori, a volte molto moderati, si illusero ancora che la rivoluzione progressista si sarebbe presto spenta, come ogni giovanile entusiasmo. Quante volte sentimmo, e sentiamo ancora, che basterebbe celebrare con rispetto e devozione la nuova messa per arginare il disastro. A questa corrisponde un'altra illusione, che sia possibile intendere i documenti del Concilio in senso moderato-conservatore, in totale continuità con la Tradizione della Chiesa Cattolica Romana.

Lasciamo ad altri le analisi dettagliate al riguardo, non farebbero il caso in un semplice editoriale di due pagine. A noi tocca ricordare che basterebbero i fatti susseguitisi nella società italiana, oltre che nella Chiesa, per dar prova che la nuova Messa innescò la rivoluzione con la sua ermeneutica di rottura.

E i fatti che accadono, anche quelli di portata cattiva, se guardati con intelligenza di fede, sono sempre provvidenziali, perché sono avvisi di Dio.

La nuova messa del popolo e per il popolo era stata da poco introdotta a forza, che la stessa Chiesa italiana si trovò difronte ai drammatici giorni del Referendum sul Divorzio, era il 1974. La campagna referendaria fu il terreno di scontro tra le due anime, conservatrice e progressista, della chiesa italiana. La campagna referendaria fu il terreno di scontro delle due ermeneutiche del Concilio: una si illudeva di poter riaffermare il valore di un cattolicesimo anche di Stato, l'altra abbandonata al più puro laicismo affermava che ogni individuo deve essere tutelato, nella propria libertà assoluta, dallo Stato agnostico.

 Lunedì 14 Maggio i risultati referendari furono di una tristezza agghiacciante per i buoni parroci del tempo: nell'Italia, che si pensava ancora cattolica, aveva vinto il divorzio con il 59,26%. E quel 59% a favore del mantenimento del divorzio era tristemente in gran parte voto di cattolici.

Sarebbe bastato questo per far aprire gli occhi a tutti, pastori e fedeli. Sarebbe bastato quel 59% per reagire alla deriva modernista e rivoluzionaria della Chiesa.

 Ma così non fu... i buoni, preti e fedeli, si dissero ancora che la nuova messa non centrava, che era il problema dei tempi e della politica.

 Arrivò poi il 1981 e fu il tempo dell'aborto, del terribile aborto, e fu l'ecatombe dei numeri: l'aborto vinse con l'88,42%: si era ormai consumata la scristianizzazione dell'Italia.

Ma ancora una volta non si andò a vedere dove tutto si era innescato: la nuova messa aveva liberalizzato, nella sua ambiguità e fluidità, tutte le peggiori interpretazioni per un nuovo cristianesimo senza dogmi e obblighi morali. I cristiani cosiddetti “adulti” avrebbero ormai seguito la loro coscienza reinterpretando di volta in volta il vangelo secondo i propri gusti, puntualmente obbedienti peraltro al potere omicida di questo mondo.

 E la storia potrebbe continuare fino ai nostri tristissimi giorni. C'è qualcosa di immorale che non trovi cattolici benedicenti? Abbiamo ammesso tutto, tutto e di più, “asfaltando” in nome della libertà individuale tutta la Sacra Scrittura e duemila anni di Cristianesimo. Abbiamo ammesso tutto, benedetto tutto, fingendo di non parlarne troppo.

 E se fosse vero che tutto è potentemente iniziato con lo smantellamento della Messa di sempre? E se la questione del rito non fosse solo un problema secondario? O continueremo ad illuderci che questo non centra come i buoni preti e fedeli degli anni '60 e '70?

 Speriamo che qualche intelligente dal cuore semplice si desti dal sonno.
“Ave Virgo Maria Mater Dei
nunc et semper memento mei”
AMDG et BVM

domenica 30 luglio 2017

Pellegrino - a Loreto -per affidare alla Madre di Dio due importanti iniziative ecclesiali: ..

...l’Anno della fedee l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, da me convocata nel mese di ottobre sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana»

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SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Piazza della Madonna di Loreto
Giovedì, 4 ottobre 2012

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle!

Il 4 ottobre del 1962, il Beato Giovanni XXIII venne in pellegrinaggio a questo Santuario per affidare alla Vergine Maria il Concilio Ecumenico Vaticano II, che si sarebbe inaugurato una settimana dopo. In quella occasione, egli, che nutriva una filiale e profonda devozione alla Madonna, si rivolse a lei con queste parole: «Oggi, ancora una volta, ed in nome di tutto l’episcopato, a Voi, dolcissima Madre, che siete salutata Auxilium Episcoporum, chiediamo per Noi, Vescovo di Roma e per tutti i Vescovi dell’universo di ottenerci la grazia di entrare nell’aula conciliare della Basilica di San Pietro come entrarono nel Cenacolo gli Apostoli e i primi discepoli di Gesù: un cuor solo, un palpito solo di amore a Cristo e alle anime, un proposito solo di vivere e di immolarci per la salvezza dei singoli e dei popoli. Così, per la vostra materna intercessione, negli anni e nei secoli futuri, si possa dire che la grazia di Dio ha prevenuto, accompagnato e coronato il ventunesimo Concilio Ecumenico, infondendo nei figli tutti della Santa Chiesa nuovo fervore, slancio di generosità, fermezza di propositi» (AAS 54 [1962], 727).

A distanza di cinquant’anni, dopo essere stato chiamato dalla divina Provvidenza a succedere sulla cattedra di Pietro a quel Papa indimenticabile, anch’io sono venuto qui pellegrino per affidare alla Madre di Dio due importanti iniziative ecclesiali: l’Anno della fede, che avrà inizio tra una settimana, l’11 ottobre, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, da me convocata nel mese di ottobre sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Cari amici! A voi tutti porgo il mio più cordiale saluto. Ringrazio l’Arcivescovo di Loreto, Mons. Giovanni Tonucci, per le calorose espressioni di benvenuto. Saluto gli altri Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Padri Cappuccini, ai quali è affidata la cura pastorale del santuario, e le Religiose. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, Dott. Paolo Niccoletti, che pure ringrazio per le sue cortesi parole, al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari presenti. E la mia riconoscenza va a tutti coloro che hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la realizzazione di questo mio Pellegrinaggio.

Come ricordavo nella Lettera Apostolica di indizione, attraverso l’Anno della fede «intendo invitare i Confratelli Vescovi di tutto l’orbe perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede» (Porta fidei, 8). E proprio qui a Loreto abbiamo l’opportunità di metterci alla scuola di Maria, di lei che è stata proclamata «beata» perché «ha creduto» (Lc 1,45). 

Questo Santuario, costruito attorno alla sua casa terrena, custodisce la memoria del momento in cui l’Angelo del Signore venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, ed ella diede la sua risposta. Questa umile abitazione è una testimonianza concreta e tangibile dell’avvenimento più grande della nostra storia: l’Incarnazione; il Verbo si è fatto carne, e Maria, la serva del Signore, è il canale privilegiato attraverso il quale Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). 

Maria ha offerto la propria carne, ha messo tutta se stessa a disposizione della volontà di Dio, diventando «luogo» della sua presenza, «luogo» in cui dimora il Figlio di Dio. Qui possiamo richiamare le parole del Salmo con le quali, secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita terrena dicendo al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”» (10,5.7). 

Maria dice parole simili di fronte all’Angelo che le rivela il piano di Dio su di lei: «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). La volontà di Maria coincide con la volontà del Figlio nell’unico progetto di amore del Padre e in lei si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa «casa vivente» del Signore, tempio dove abita l’Altissimo. 

Il Beato Giovanni XXIII cinquant’anni fa, qui a Loreto, invitava a contemplare questo mistero, a «riflettere su quel congiungimento del cielo con la terra, che è lo scopo dell’Incarnazione e della Redenzione», e continuava affermando che lo stesso Concilio aveva come scopo di estendere sempre più il raggio benefico dell’Incarnazione e Redenzione di Cristo in tutte le forme della vita sociale (cfr AAS 54 [1962], 724). E’ un invito che risuona oggi con particolare forza. 

Nella crisi attuale che interessa non solo l’economia, ma vari settori della società, l’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice quanto l’uomo sia importante per Dio e Dio per l’uomo. Senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. 

Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni ad essere uomo. 

Con Dio anche nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna.
Ma il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo «a casa»; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del suo Figlio. 
È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fratelli e sorelle. 
Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi vogliamo essere aperti al Signore, se vogliamo offrire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà, e se vogliamo riservarci una parte della nostra vita, in modo che possa appartenere solo a noi. 
Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione.

La fede ci fa abitare, dimorare, ma ci fa anche camminare nella via della vita. 
Anche a questo proposito, la Santa Casa di Loreto conserva un insegnamento importante. Come sappiamo, essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, la casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. 

Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta (cfr Ap 21,3).

C’è ancora un punto importante del racconto evangelico dell’Annunciazione che vorrei sottolineare, un aspetto che non finisce mai di stupirci: Dio domanda il «sì» dell’uomo, ha creato un interlocutore libero, chiede che la sua creatura Gli risponda con piena libertà. 
San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «L’angelo attende la tua risposta, perché è ormai tempo di ritornare a colui che lo ha inviato… O Signora, da’ quella risposta, che la terra, che gli inferi, anzi, che i cieli attendono. Come il Re e Signore di tutti desiderava vedere la tua bellezza, così egli desidera ardentemente la tua risposta affermativa… Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» (In laudibus Virginis MatrisHom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, p. 53s). Dio chiede la libera adesione di Maria per diventare uomo. Certo, il «sì» della Vergine è frutto della Grazia divina. Ma la grazia non elimina la libertà, al contrario, la crea e la sostiene. La fede non toglie nulla alla creatura umana, ma ne permette la piena e definitiva realizzazione.

Cari fratelli e sorelle, in questo pellegrinaggio che ripercorre quello del Beato Giovanni XXIII - e che avviene, provvidenzialmente, nel giorno in cui si fa memoria di san Francesco di Assisi, vero «Vangelo vivente» - vorrei affidare alla Santissima Madre di Dio tutte le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca di serenità e di pace, i problemi di tante famiglie che guardano al futuro con preoccupazione, i desideri dei giovani che si aprono alla vita, le sofferenze di chi attende gesti e scelte di solidarietà e di amore. Vorrei affidare alla Madre di Dio anche questo speciale tempo di grazia per la Chiesa, che si apre davanti a noi. Tu, Madre del «sì», che hai ascoltato Gesù, parlaci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo sulla via della fede, aiutaci ad annunciarlo perché ogni uomo possa accoglierlo e diventare dimora di Dio. Amen!

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

AMDG et BVM