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lunedì 11 novembre 2019

Avvenimento del tutto unico e straordinario

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SULL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo
Venerdì, 15 agosto 200
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Cari fratelli e sorelle,
torna ogni anno, nel cuore dell’estate, la Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, la più antica festa mariana. È un’occasione per ascendere con Maria alle altezze dello spirito, dove si respira l’aria pura della vita soprannaturale e si contempla la bellezza più autentica, quella della santità. Il clima della celebrazione odierna è tutto pervaso di gioia pasquale. "Oggi – così canta l’antifona del Magnificat – Maria è salita al cielo: rallegratevi, con Cristo regna per sempre. Alleluia". 

Questo annuncio ci parla di un avvenimento del tutto unico e straordinario, ma che è destinato a colmare di speranza e di felicità il cuore di ogni essere umano. Maria è infatti la primizia dell’umanità nuova, la creatura nella quale il mistero di Cristo – incarnazione, morte, risurrezione, ascensione al Cielo – ha già avuto pieno effetto, riscattandola dalla morte e trasferendola in anima e corpo nel regno della vita immortale. 
Per questo la Vergine Maria, come ricorda il Concilio Vaticano II, costituisce per noi un segno di sicura speranza e di consolazione (cfr Lumen gentium68). L’odierna festa ci spinge a sollevare lo sguardo verso il Cielo. Non un cielo fatto di idee astratte, nemmeno un cielo immaginario creato dall’arte, ma il cielo della vera realtà, che è Dio stesso: Dio è il cielo. E Lui è la nostra meta, la meta e la dimora eterna, da cui proveniamo e alla quale tendiamo.

San Germano, Vescovo di Costantinopoli nel secolo VIII, in un discorso tenuto nella festa dell’Assunta, rivolgendosi alla celeste Madre di Dio, così si esprimeva: "Tu sei Colei, che per mezzo della tua carne immacolata ricongiungesti a Cristo il popolo cristiano… Come ogni assetato corre alla fonte, così ogni anima corre a Te, fonte di amore, e come ogni uomo aspira a vivere, a vedere la luce che non tramonta, così ogni cristiano sospira ad entrare nella luce della Santissima Trinità, dove Tu sei già entrata". 
Sono questi stessi sentimenti ad animarci quest’oggi mentre contempliamo Maria nella gloria di Dio. Quando Lei si è addormentata a questo mondo per risvegliarsi in cielo, in effetti ha semplicemente seguito per l’ultima volta il Figlio Gesù nel suo viaggio più lungo e decisivo, nel suo passaggio "da questo mondo al Padre" (cfr Gv 13,1).

Come Lui, insieme con Lui, è partita da questo mondo per tornare "alla casa del Padre"(cfr Gv 14-2). E tutto questo non è lontano da noi, come potrebbe forse apparire in un primo momento, perché tutti noi siamo figli del Padre, Dio, tutti noi siamo fratelli di Gesù e tutti noi siamo anche figli di Maria, Madre nostra. 

E tutti siamo protesi verso la felicità. E la felicità alla quale tutti noi tendiamo è Dio, così tutti noi siamo in cammino verso questa felicità, che chiamiamo Cielo, che in realtà è Dio. E Maria ci aiuti, ci incoraggi a far sì che ogni momento della nostra esistenza sia un passo in questo esodo, in questo cammino verso Dio. 
Ci aiuti a rendere così presente anche la realtà del cielo, la grandezza di Dio, nella vita del nostro mondo. Non è in fondo questo il dinamismo pasquale dell’uomo, di ogni uomo, che vuol diventare celeste, totalmente felice, in forza della Risurrezione di Cristo? E non è forse, questo, l’inizio e l’anticipo di un movimento che riguarda ogni essere umano e il cosmo intero? 

Colei da cui Dio aveva preso la sua carne e la cui anima era stata trafitta da una spada sul Calvario si è trovata associata per prima e in modo singolare al mistero di questa trasformazione, alla quale tendiamo tutti, trafitti spesso anche noi dalla spada della sofferenza in questo mondo.

La nuova Eva ha seguito il nuovo Adamo nella sofferenza, nella Passione, e così anche nella gioia definitiva. Cristo è la primizia, ma la sua carne risorta è inseparabile da quella della sua Madre terrena, Maria, e in Lei tutta l’umanità è coinvolta nell’Assunzione verso Dio, e con Lei tutta la creazione, i cui gemiti, le cui sofferenze, sono – come ci dice San Paolo – il travaglio del parto dell’umanità nuova. Nascono così i nuovi cieli e la terra nuova, in cui non vi sarà più né pianto, né lamento, perché non vi sarà più la morte (cfr Ap 21,1-4).

Quale grande mistero d’amore viene oggi riproposto alla nostra contemplazione! Cristo ha vinto la morte con l’onnipotenza del suo amore. Solo l’amore è onnipotente. Questo amore ha spinto Cristo a morire per noi e così a vincere la morte. Sì, solo l’amore fa entrare nel regno della vita! E Maria vi è entrata dietro il Figlio, associata alla sua gloria, dopo essere stata associata alla sua passione. Vi è entrata con un impeto incontenibile, mantenendo aperta dopo di sé la via per tutti noi. E per questo oggi la invochiamo: "Porta del cielo", "Regina degli angeli" e "Rifugio dei peccatori". 
     Non sono certo i ragionamenti a farci capire queste realtà così sublimi, ma la fede semplice, schietta, ed il silenzio della preghiera che ci mette in contatto col Mistero che infinitamente ci supera. La preghiera ci aiuta a parlare con Dio e a sentire come il Signore parla al nostro cuore.

Chiediamo a Maria di farci quest’oggi dono della sua fede, quella fede che ci fa vivere già in questa dimensione tra finito e infinito, quella fede che trasforma anche il sentimento del tempo e del trascorrere della nostra esistenza, quella fede nella quale sentiamo intimamente che la nostra vita non è risucchiata dal passato, ma attratta verso il futuro, verso Dio, là dove Cristo ci ha preceduto e dietro a Lui, Maria.

Guardando l’Assunta in cielo comprendiamo meglio che la nostra vita di ogni giorno, pur segnata da prove e difficoltà, scorre come un fiume verso l’oceano divino, verso la pienezza della gioia e della pace. Comprendiamo che il nostro morire non è la fine, ma l’ingresso nella vita che non conosce la morte. Il nostro tramontare all’orizzonte di questo mondo è un risorgere all’aurora del mondo nuovo, del giorno eterno.
"Maria, mentre ci accompagni nella fatica del nostro vivere e morire quotidiano, mantienici costantemente orientati verso la vera patria della beatitudine. Aiutaci a fare come tu hai fatto".

Cari fratelli e sorelle, cari amici che questa mattina prendete parte a questa celebrazione, facciamo insieme questa preghiera a Maria. Davanti al triste spettacolo di tanta falsa gioia e contemporaneamente di tanto angosciato dolore che dilaga nel mondo, dobbiamo imparare da Lei a diventare noi segni di speranza e di consolazione, dobbiamo annunciare con la vita nostra la risurrezione di Cristo.
"Aiutaci tu, Madre, fulgida Porta del cielo, Madre della Misericordia, sorgente attraverso la quale è scaturita la nostra vita e la nostra gioia, Gesù Cristo. Amen".
  
© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

giovedì 15 agosto 2019

L'ASSUNZIONE DELLA VERGINE MARIA SS.ma - DOGMA da Dio rivelato.

Assunzione
Sermone di san Giovanni Damasceno
Discorso 2 sulla Dormizione della B. V. Maria, dopo il principio



Oggi l'arca santa e animata del Dio vivente, che concepì nel suo seno il Creatore, riposa nel tempio del Signore che non fu costruito da mano alcuna. E David, suo avolo, ne esulta, e con lui gli Angeli cantano inni, gli Arcangeli la celebrano, le Virtù la glorificano, i Principati esultano, le Potestà si rallegrano, le Dominazioni gioiscono, i Troni le fanno festa, i Cherubini la lodano, i Serafini predican la sua gloria. Oggi l'Eden celeste riceve il paradiso animato del nuovo Adamo, in cui fu revocata la nostra condanna, in cui fu piantato l'albero della vita, in cui fu coperta la nostra nudità.


Oggi la Vergine immacolata, estranea a tutti gli affetti terreni e abituata ai pensieri del cielo, non è ritornata alla terra; ma, essendo un cielo vivente, è stata collocata nei celesti tabernacoli. Come mai infatti poteva conoscere la morte lei da cui n'è venuta a tutti la vera vita? Pure soggiacque alla legge promulgata da colui ch'ella ha generato; e, qual figlia del vecchio Adamo, subì l'antica sentenza (giacché neppure il suo Figlio, ch'è la vita per essenza, la evitò); ma siccome Madre del Dio vivente, ella giustamente è assunta fin presso di lui.


Dagli Atti del papa Pio XII


Poiché la Chiesa universale nel corso dei secoli ha manifestato la fede nell'Assunzione corporea della beata vergine Maria, e i vescovi del mondo cattolico con quasi unanime consenso chiesero che questa verità, fondata sulla sacra Scrittura, insita profondamente nell'animo dei fedeli e sommamente consona con le altre verità rivelate, fosse definita come dogma di fede divina e cattolica, il sommo pontefice Pio XII, annuendo ai voti di tutta la Chiesa, stabilì di proclamare solennemente questo privilegio della beata vergine Maria. 

Perciò il primo novembre 1950, anno del massimo giubileo, a Roma, nella piazza della basilica di san Pietro, alla presenza di moltissimi cardinali e vescovi di santa romana Chiesa giunti anche dalle più remote regioni, dinanzi ad un'ingente moltitudine di fedeli, col plauso dell'universo mondo cattolico, con infallibile oracolo proclamò in questi termini l'assunzione corporea in cielo della beata vergine Maria: 


«Dopo aver innalzato ancora a Dio supplici istanze, ed aver invocato la luce dello Spirito di verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria la sua speciale benevolenza, ad onore del suo Figlio, re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre ed a gioia ed esultanza di tutta la Chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo esser dogma da Dio rivelato che l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

Preghiamo
O Dio onnipotente ed eterno, che hai assunto in corpo ed anima alla gloria celeste l'Immacolata Vergine Maria, Madre del tuo Figlio concedi a noi che ricercando sempre le cose del cielo, diventiamo partecipi della sua gloria. 
Per il medesimo nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.


http://divinumofficium.com/cgi-bin/horas/officium.pl


http://www.diocesi.trieste.it/2015/08/28/solennita-di-maria-assunta-in-cielo/

Assunzione di Maria Santissima


SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ
DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
OMELIA DEL 
SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Parrocchia Pontificia San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo
Mercoledì, 15 agosto 201
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Cari fratelli e sorelle,
il 1° novembre 1950, il Venerabile Papa Pio XII proclamava come dogma che la Vergine Maria «terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Questa verità di fede era conosciuta dalla Tradizione, affermata dai Padri della Chiesa, ed era soprattutto un aspetto rilevante del culto reso alla Madre di Cristo. Proprio l’elemento cultuale costituì, per così dire, la forza motrice che determinò la formulazione di questo dogma: il dogma appare un atto di lode e di esaltazione nei confronti della Vergine Santa. Questo emerge anche dal testo stesso della Costituzione apostolica, dove si afferma che il dogma è proclamato «ad onore del Figlio, a glorificazione della Madre ed a gioia di tutta la Chiesa». Venne espresso così nella forma dogmatica ciò che era stato già celebrato nel culto e nella devozione del Popolo di Dio come la più alta e stabile glorificazione di Maria: l’atto di proclamazione dell’Assunta si presentò quasi come una liturgia della fede. E nel Vangelo che abbiamo ascoltato ora, Maria stessa pronuncia profeticamente alcune parole che orientano in questa prospettiva. Dice: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). E’ una profezia per tutta la storia della Chiesa. Questa espressione del Magnificat, riferita da san Luca, indica che la lode alla Vergine Santa, Madre di Dio, intimamente unita a Cristo suo figlio, riguarda la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E l’annotazione di queste parole da parte dell’Evangelista presuppone che la glorificazione di Maria fosse già presente al periodo di san Luca ed egli la ritenesse un dovere e un impegno della comunità cristiana per tutte le generazioni. Le parole di Maria dicono che è un dovere della Chiesa ricordare la grandezza della Madonna per la fede. Questa solennità è un invito quindi a lodare Dio, e a guardare alla grandezza della Madonna, perché chi è Dio lo conosciamo nel volto dei suoi.

Ma perché Maria viene glorificata con l’assunzione al Cielo? San Luca, come abbiamo ascoltato, vede la radice dell’esaltazione e della lode a Maria nell’espressione di Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). 
E il Magnificat, questo canto al Dio vivo e operante nella storia è un inno di fede e di amore, che sgorga dal cuore della Vergine. Ella ha vissuto con fedeltà esemplare e ha custodito nel più intimo del suo cuore le parole di Dio al suo popolo, le promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, facendone il contenuto della sua preghiera: la Parola di Dio era nel Magnificat diventata la parola di Maria, lampada del suo cammino, così da renderla disponibile ad accogliere anche nel suo grembo il Verbo di Dio fatto carne. 

L’odierna pagina evangelica richiama questa presenza di Dio nella storia e nello stesso svolgersi degli eventi; in particolare vi è un riferimento al Secondo libro di Samuele nel capitolo sesto (6,1-15), in cui Davide trasporta l’Arca Santa dell’Alleanza. Il parallelo che fa l’Evangelista è chiaro: Maria in attesa della nascita del Figlio Gesù è l’Arca Santa che porta in sé la presenza di Dio, una presenza che è fonte di consolazione, di gioia piena. Giovanni, infatti, danza nel grembo di Elisabetta, esattamente come Davide danzava davanti all’Arca. 
Maria è la «visita» di Dio che crea gioia. Zaccaria, nel suo canto di lode lo dirà esplicitamente: «Benedetto il Signore, Dio di Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68). La casa di Zaccaria ha sperimentato la visita di Dio con la nascita inattesa di Giovanni Battista, ma soprattutto con la presenza di Maria, che porta nel suo grembo il Figlio di Dio.

Ma adesso ci domandiamo: che cosa dona al nostro cammino, alla nostra vita, l’Assunzione di Maria?

La prima risposta è: nell’Assunzione vediamo che in Dio c’è spazio per l’uomo, Dio stesso è la casa dai tanti appartamenti della quale parla Gesù (cfr Gv14,2); Dio è la casa dell’uomo, in Dio c’è spazio di Dio. E Maria, unendosi, unita a Dio, non si allontana da noi, non va su una galassia sconosciuta, ma chi va a Dio si avvicina, perché Dio è vicino a tutti noi, e Maria, unita a Dio, partecipa della presenza di Dio, è vicinissima a noi, ad ognuno di noi. 
    C’è una bella parola di San Gregorio Magno su San Benedetto che possiamo applicare ancora anche a Maria: San Gregorio Magno dice che il cuore di San Benedetto è divenuto così grande che tutto il creato poteva entrare in questo cuore. Questo vale ancora più per Maria: Maria, unita totalmente a Dio, ha un cuore così grande che tutta la creazione può entrare in questo cuore, e gli ex-voto in tutte le parti della terra lo dimostrano. Maria è vicina, può ascoltare, può aiutare, è vicina a tutti noi. In Dio c’è spazio per l’uomo, e Dio è vicino, e Maria, unita a Dio, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio.

Ma c’è anche l’altro aspetto: non solo in Dio c’è spazio per l’uomo; nell’uomo c’è spazio per Dio. Anche questo vediamo in Maria, l’Arca Santa che porta la presenza di Dio. In noi c’è spazio per Dio e questa presenza di Dio in noi, così importante per illuminare il mondo nella sua tristezza, nei suoi problemi, questa presenza si realizza nella fede: nella fede apriamo le porte del nostro essere così che Dio entri in noi, così che Dio può essere la forza che dà vita e cammino al nostro essere. In noi c’è spazio, apriamoci come Maria si è aperta, dicendo: «Sia realizzata la Tua volontà, io sono serva del Signore». Aprendoci a Dio, non perdiamo niente. Al contrario: la nostra vita diventa ricca e grande.

E così, fede e speranza e amore si combinano. Ci sono oggi molte parole su un mondo migliore da aspettarsi: sarebbe la nostra speranza. Se e quando questo mondo migliore viene, non sappiamo, non so. Sicuro è che un mondo che si allontana da Dio non diventa migliore, ma peggiore. Solo la presenza di Dio può garantire anche un mondo buono. Ma lasciamo questo.

Una cosa, una speranza è sicura: Dio ci aspetta, ci attende, non andiamo nel vuoto, siamo aspettati. Dio ci aspetta e troviamo, andando all’altro mondo, la bontà della Madre, troviamo i nostri, troviamo l’Amore eterno. Dio ci aspetta: questa è la nostra grande gioia e la grande speranza che nasce proprio da questa festa. Maria ci visita, ed è la gioia della nostra vita e la gioia è speranza.

Cosa dire quindi? Cuore grande, presenza di Dio nel mondo, spazio di Dio in noi e spazio di Dio per noi, speranza, essere aspettati: questa è la sinfonia di questa festa, l’indicazione che la meditazione di questa Solennità ci dona. Maria è aurora e splendore della Chiesa trionfante; lei è la consolazione e la speranza per il popolo ancora in cammino, dice il Prefazio di oggi. Affidiamoci alla sua materna intercessione, affinché ci ottenga dal Signore di rafforzare la nostra fede nella vita eterna; ci aiuti a vivere bene il tempo che Dio ci offre con speranza. Una speranza cristiana, che non è soltanto nostalgia del Cielo, ma vivo e operoso desiderio di Dio qui nel mondo, desiderio di Dio che ci rende pellegrini infaticabili, alimentando in noi il coraggio e la forza della fede, che nello stesso tempo è coraggio e forza dell'amore. Amen.


© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

martedì 13 agosto 2019

Il felicissimo e glorioso transito di Maria santissi­ma, secondo Maria de Agreda, e MARIA VALTORTA


CAPITOLO 19

Si narra il felicissimo e glorioso transito di Maria santissi­ma, e come gli apostoli e i discepoli arrivarono a Gerusa­lemme prima che avvenisse e vi furono presenti.

732. Già si avvicinava il giorno stabilito perché la viva e vera arca dell'alleanza fosse collocata nel tempio della celeste Gerusalemme, con maggior splendore e giubilo di quello con cui la sua figura era stata fatta introdurre da Salomone nel santuario, sotto le ali dei cherubini. Tre gior­ni prima del felicissimo transito, gli apostoli e i discepoli si trovarono riuniti nella casa del cenacolo. Arrivò innan­zitutto Pietro, trasportato da un angelo che gli era appar­so a Roma e, annunciandogli che era ormai imminente la dipartita di Maria beatissima, gli aveva comandato da par­te del Salvatore di esservi presente. La sovrana del mondo stava ritirata nel suo oratorio, con le energie corporali al­quanto abbandonate a quelle dell'amore dell'Altissimo, poi­ché, essendo tanto prossima all'ultimo fine, partecipava con più efficacia delle sue qualità.


733. Ella gli andò incontro sulla porta della propria stanza e, postasi ai suoi piedi, gli domandò la benedizio­ne e proclamò: «Ringrazio e lodo l'Onnipotente per aver­mi condotto qui il mio Santo Padre, affinché mi assista nell'ora della morte». Entrò poi Paolo, e anch'egli ebbe la medesima dimostrazione di rispetto e del piacere che ave­va di vederlo. La salutarono come Madre di Dio, loro re­gina e signora di ogni realtà creata, con non meno soffe­renza che venerazione, sapendo di essere accorsi al suo fortunato trapasso. Fecero lo stesso gli altri, che giunsero dopo di loro e furono accolti con profonda sottomissione, riverenza e dolcezza. Per ordine di lei, Giovanni e Giaco­mo il Minore provvidero ad alloggiarli tutti comodamente.


734. Alcuni di essi, che erano stati accompagnati dai ministri superni ed informati del motivo della loro venu­ta, si infervorarono con immensa tenerezza considerando che sarebbero stati privati della loro unica difesa e conso­lazione, e sparsero abbondanti lacrime. Altri, invece, erano all'oscuro di tutto, giacché non avevano ricevuto un av­viso esteriore, ma solo ispirazioni interiori con un soave e forte impulso, grazie al quale avevano conosciuto che era volontà divina che si recassero immediatamente là; subito interrogarono il capo della Chiesa per essere rischiarati su quanto stava accadendo, perché giudicavano concorde­mente che se non ci fosse stata una novità non avrebbero avvertito una simile spinta, ed egli li radunò e parlò: «Miei figli e fratelli, sua Maestà ci ha chiamato e raccolto da luo­ghi così remoti per una causa grande e di nostro sommo dolore. Intende portare senza più indugio al trono della sua gloria colei che è nostra guida, nostra protezione e no­stro conforto, e ha determinato che le stiamo accanto in questo momento. Quando ascese alla destra dell'Eterno, pur restando orfani della sua adorabile vicinanza, ci fu la­sciata la Vergine come nostro rifugio e ristoro nell'esisten­za terrena; ma adesso che la nostra luce si allontana, che cosa faremo? Quale sollievo avremo? E quale speranza, che ci rincuori nel nostro pellegrinaggio? Non ne scopro altra se non quella che certamente un giorno la raggiungeremo».

735. Non riuscì a continuare, impedito dai gemiti e dai singhiozzi che non fu in grado di trattenere, e nessuno poté aprir bocca per un buono spazio di tempo, durante il qua­le tutti piansero copiosamente. Appena si fu fatto animo per riprendere il discorso, soggiunse: «Affrettiamoci ad en­trare al suo cospetto: stiamo con lei nel breve tratto di cammino che le rimane e chiediamole di concederci la sua benedizione». Lo seguirono dalla loro Maestra, che era in ginocchio su una piccola predella che teneva per reclinar­si allorché riposava un po', e la scorsero bellissima, piena di fulgore e scortata dai mille custodi.


736. Dall'età di trentatré anni non aveva subito cambia­menti nel suo corpo e nel suo volto, sacri e castissimi, né aveva sentito gli effetti della vecchiaia, né aveva avuto mai rughe, né era divenuta più debole, né era dimagrita, come suole avvenire agli altri discendenti di Adamo, che perdono vigore e si sfigurano rispetto a come erano nella gioventù o nella maturità. Questa immutabilità fu un suo privilegio sin­golare, sia perché corrispondeva alla stabilità della sua pu­rissima anima, sia perché derivò dalla sua immunità dal pec­cato originale, le cui conseguenze non arrivarono a sfiorar­la. Tutti si posero con ordine presso di lei, e Pietro e Gio­vanni si misero al capezzale. Maria, osservandoli con la sua consueta modestia e deferenza, si rivolse loro così: «Caris­simi, date licenza alla vostra ancella di manifestarvi i suoi desideri». Il principe del collegio apostolico affermò che le avrebbero prestato ogni attenzione e avrebbero adempiuto ogni suo comando, ma la invitava a sedersi; gli pareva, in­fatti, che dovesse essere assai affaticata per essere stata tan­to a lungo in tale posizione, che, se era opportuna per pre­gare, non lo era per conversare con loro.


737. Ella, che era Regina dell'umiltà e dell'obbedienza, decisa a praticare queste virtù fino alla morte e anche in quell'ora, asserì che li avrebbe ascoltati in quanto le do­mandavano e li implorò di benedirla. Con il consenso del vicario di Cristo, si genuflesse davanti a lui e dichiarò: «Si­gnore, in qualità di pastore universale, vi supplico di im­partirmi la benedizione a nome vostro e della Chiesa e di perdonarmi se vi ho poco servito nella mia vita, affinché salga a quella imperitura. Qualora sia di vostro gradimen­to, permettete che Giovanni disponga delle mie vesti, che consistono in due tuniche, donandole a delle donne pove­re che mi hanno costantemente legato a sé con la loro bontà». Quindi, prona ai suoi piedi, li baciò con fiumi di lacrime e con non minore meraviglia che commozione di tutti. Passò al prediletto e, stando abbassata, gli disse: «Scu­satemi se non ho esercitato come avrei dovuto l'incarico che il mio Unigenito mi affidò quando dalla croce nominò voi mio figlio e me vostra madre. Con ossequio e gratitu­dine vi rendo grazie per la pietà con la quale mi avete as-
sistito. Beneditemi per la mia partenza verso colui che mi ha creata, per gioire perennemente della sua compagnia».


738. Si accomiatò allo stesso modo da ciascuno degli apostoli e da alcuni discepoli, e successivamente dai nu­merosi circostanti insieme. Terminato ciò, si alzò e pro­clamò: «Siete stati ininterrotamente incisi nel mio intimo e vi ho voluto teneramente bene con l'ardore comunicato­mi dal mio Gesù, che ho sempre visto in voi come in suoi eletti e amici. Per suo beneplacito vado alle dimore cele­sti, dove vi prometto di avervi presenti nel nitidissimo chia­rore dell'Onnipotente, la cui contemplazione bramo ed at­tendo con sicurezza. Vi raccomando la comunità ecclesia­le, l'esaltazione dell'Altissimo, la propagazione del Vange­lo, la stima e l'apprezzamento degli insegnamenti del Re­dentore, la memoria delle sue opere e della sua passione e l'attuazione dei suoi precetti. Amate la Chiesa e amatevi gli uni gli altri con quel vincolo di carità e di pace che ave­te appreso dal vostro Maestro. E nelle vostre mani, o pon­tefice, rimetto Giovanni e gli altri».

739. Tacque e le sue espressioni, come dardi di fuoco di­vino, penetrarono nei cuori liquefacendoli; tutti, prorom­pendo in dimostrazioni di incontenibile dolore, si prostra­rono al suolo e con i loro singhiozzi toccarono profonda­mente la dolcissima Vergine. Anch'ella pianse, non impo­nendosi di resistere a così amari e appropriati gemiti, e poi li esortò a raccogliersi silenziosamente in orazione con lei e per lei. In tale placida quiete venne il Verbo incarnato su un trono d'ineffabile splendore, scortato da tutti i santi di natura umana e da tantissimi angeli di ogni coro, riem­piendo di luce la casa del cenacolo. L'innocentissima so­vrana delle altezze lo adorò, gli baciò i piedi e, stesa al suo cospetto, compì l'estremo atto di riconoscenza e di umiliazione della sua esistenza terrena, annientandosi e piegan­dosi sino alla polvere più quanto non abbiano mai fatto né faranno mai tutti gli uomini dopo aver peccato. Egli la be­nedisse e le parlò: «Mia carissima, che ho scelto come mia abitazione, è giunta per voi l'ora di essere introdotta nella gloria del Padre e mia, dove è preparata alla mia destra la sede di cui godrete per l'eternità. Poiché come Madre mia vi feci entrare nel mondo libera ed esente dalla colpa, nep­pure adesso che ne uscite la morte ha diritti su di voi: se non volete passare per essa, venite con me a prendere pos­sesso di quello che avete largamente meritato».

740. Con volto lieto gli rispose: «Mio Signore, vi scon­giuro che la vostra ancella acceda alla vita beata attraver­sando la porta comune della morte come gli altri discen­denti di Adamo. Voi che siete mio vero Dio la soffriste sen­za esservi obbligato ed è giusto che, come ho cercato di seguirvi nella vita, vi segua anche nella morte». Il Salva­tore approvò il suo sacrificio e affermò che si sarebbe adempiuto ciò che desiderava. Subito i ministri superni co­minciarono a intonare con sublime armonia qualche ver­setto del Cantico dei cantici e altri nuovi. Sia gli Undici e i discepoli sia molti devoti li percepirono con i sensi, ben­ché soltanto alcuni apostoli, tra i quali Giovanni, fossero illuminati in maniera singolare sulla presenza di Cristo, mentre gli altri avvertivano dentro di sé straordinari ed ef­ficaci effetti. Si diffuse una fragranza inebriante, che as­sieme alla musica si sentiva fin dalla strada; inoltre, tutti videro il mirabile fulgore che avvolgeva quel luogo e sua Maestà dispose che, affinché fosse testimone di una simi­le meraviglia, accorresse tanta gente da occupare le vie.

741. Quando udì la melodia, Maria si reclinò sulla sua predella, con la tunica come unita alla sua persona, con le mani giunte e lo sguardo fisso su suo Figlio, e completa­mente accesa nel suo fervore. Alle parole “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata”, ella pronunciò quelle del suo Unigenito sul duro legno: «Padre, nelle tue mani con­segno il mio spirito». Quindi, chiuse i suoi purissimi oc­chi e spirò. La malattia che le fu fatale fu l'amore, senza indisposizioni o malesseri, e il suo transito avvenne allor­ché il potere del Creatore sospese l'intervento miracoloso con cui conservava le sue forze in modo che non fossero dissolte dalle fiamme provocate dal suo ardore, permet­tendo a queste di consumare la linfa del cuore.

742. La sua candida anima lasciò il castissimo corpo e in un istante fu collocata con immenso onore accanto a Gesù. Immediatamente, le note celesti iniziarono ad al­lontanarsi nell'aria, perché quella solenne processione si avviò verso l'empireo. Il sacro corpo, che era stato tempio e tabernacolo del Dio vivente, restò pieno di radiosità e profumava al punto che coloro che lo attorniavano erano colmati di soavità interiore ed esteriore. I mille custodi del­ la Regina si fermarono a proteggere tale inestimabile te­soro, mentre i fedeli, tra lacrime di afflizione e di giubilo per i prodigi che contemplavano, rimasero per un po' di tempo come assorti e poi elevarono numerosi inni e salmi in suo ossequio. Ciò accadde di venerdì, alle tre del po­meriggio, alla stessa ora in cui aveva esalato l'ultimo re­spiro il nostro Redentore. Era il tredici agosto ed ella ave­va settant'anni, meno i ventisei giorni che intercorrono tra questa data e l'otto settembre. Dopo la crocifissione del no­stro Maestro si trattenne quaggiù ventuno anni, quattro mesi e diciannove giorni, e mori cinquantacinque anni do­po il suo parto verginale. Il calcolo si fa facilmente così: aveva quindici anni, tre mesi e diciassette giorni alla na­scita del Signore, che fu ucciso a trentatré anni e tre mesi, cioè quando ella aveva quarantotto anni, sei mesi e di­ciassette giorni; se a questi si aggiungono altri ventuno an­ni, quattro mesi e diciannove giorni, si hanno i settant'anni meno venticinque o ventisei giorni.

743. In quell'occasione si verificarono grandi portenti. Il sole si eclissò e nascose la sua luce in segno di lutto per alcune ore; parecchi uccelli di diverse specie volarono al­la casa e resero alla Principessa il loro omaggio funebre con canti di lamento e con gemiti, che suscitavano il pian­to in chiunque li ascoltava; si commosse l'intera Gerusa­lemme e molti arrivavano stupiti, confessando ad alta vo­ce la potenza dell'Eterno e la magnificenza delle sue ope­re; altri apparivano attoniti e come fuori di sé, e i credenti si struggevano tra singhiozzi e sospiri; vennero anche tan­ti infermi e furono guariti; uscirono dal purgatorio quan­ti vi si trovavano. L'evento più eccezionale riguardò un uo­mo e due donne che abitavano vicino al cenacolo, che tra­passarono insieme alla nostra sovrana in stato di peccato e senza penitenza: stavano andando alla dannazione, ma, allorché la loro causa giunse al giudizio di Cristo, la dol­cissima Madre domandò misericordia, furono restituiti al­la vita e successivamente si ravvidero e si salvarono. Que­sto dono non si estese a tutti coloro che decedettero in ta­le giorno nel mondo, bensì solo a costoro, che si spense­ro al medesimo orario nella città santa. Parlerò in un al­tro capitolo della festa che ci fu in paradiso, per non me­scolarla con il nostro cordoglio.



Insegnamento della Regina del cielo
744. Mia diletta, oltre a quello che hai scritto sul mio glorioso transito, intendo rivelarti ancora un privilegio che mi fu concesso. Hai già dichiarato che sua Maestà rimise alla mia elezione se morire o salire senza questa sofferenza alla visione beatifica. Qualora avessi ricusato la morte, indubbiamente ciò mi sarebbe stato accordato poiché, come in me non ebbe parte la colpa, non ne avrebbe avuta nep­pure essa, che ne fu la pena. Sarebbe successo lo stesso a mio Figlio, e a maggior ragione, se non si fosse addossato il pagare per tutti alla giustizia divina per mezzo della sua passione. Io stabilii spontaneamente di morire perché aspi­ravo ad imitarlo in questo come avevo fatto nel voler pro­vare i suoi dolori; perché, avendolo osservato spirare, traen­domi indietro non avrei soddisfatto all'amore che gli dove­vo, e avrei lasciato un considerevole vuoto nella somiglian­za e conformità che desideravo avere con lui e che egli bra­mava che io avessi con la sua umanità; perché altrimenti, non avendo più modo di compensare una simile mancanza, non avrei avuto la pienezza di godimento che posseggo.

745. Perciò la mia decisione gli fu tanto gradita e la sua benignità si compiacque tanto della mia assennatezza e del mio ardore che mi premiò subito con un favore singolare per i fedeli: tutti i miei devoti che mi avessero invocato nell'agonia, interponendomi come loro avvocata per esse­re soccorsi in memoria della mia felice dipartita e della mia scelta di ricalcare le sue orme, sarebbero stati sotto la mia speciale protezione, affinché li difendessi dal demo­nio, li assistessi e quindi li presentassi al tribunale della sua clemenza e intercedessi per loro. Ebbi allora nuova po­testà e delega, e mi fu promesso che chi in precedenza si fosse rivolto a me, venerando il mistero che stai trattando, avrebbe avuto notevoli aiuti della grazia sia per morire be­ne sia per vivere con più purezza. Dunque, da oggi ricor­dalo continuamente con intimo fervore, e benedici, celebra e loda colui che compì in me prodigi così mirabili a be­neficio mio e di tutti. Con tale zelo impegnerai il Reden­tore e me a preservarti nell'ultima lotta.

746. Giacché la morte segue la vita, e questa e quella ge­neralmente si corrispondono, la garanzia più sicura della buona morte è la buona vita, e il distaccarsi nel corso del­l'esistenza dagli affetti terreni, che alla fine affliggono e op­primono l'anima, diventando per essa come forti catene che le impediscono di avere completa libertà e di sollevarsi al di sopra di ciò che ha sempre avuto caro. Gli uomini ca­piscono differentemente questa verità e operano al contra­rio! Il Signore dà loro la vita perché si svincolino dalle con­seguenze del peccato originale e non le sentano al momento della morte, e gli ignoranti e miseri discendenti di Adamo la spendono interamente nel caricarsi di ostacoli e legami per perire schiavi delle loro passioni e tiranneggiati dal ne­mico. L'antica caduta non mi toccò, né i suoi cattivi effet­ti avevano alcun diritto sulle mie facoltà; eppure, fui co­stantemente ordinatissima, povera, virtuosa, perfetta e pri­va di affezioni a realtà del mondo, e poi sperimentai que­sta suprema libertà. Tieni fissa l'attenzione sul mio model­lo e sgombra il tuo cuore ogni giorno di più, affinché con l'avanzare degli anni tu possa trovarti più sciolta, spedita e distante dalle cose materiali per quando lo sposo ti chia­merà alle nozze, e non ti sia necessario andare a cercare inutilmente in quel frangente la libertà e la prudenza.

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