12. Arrivarono da lontano
“Color che Cristo cercano
Al ciel lo sguardo volgano:
Ivi vedranno splendere
Il segno della gloria”
Lit. Epifania, Vespri
Quando la santa Famiglia
ebbe compiuto ogni cosa secondo la Legge del
Signore, tornò di nuovo a Betlem dove
provvisoriamente aveva fissato il domicilio. Qui i giorni passavano
sereni, e come in attesa.
Dall’evangelista San Matteo siamo informati
dettagliatamente sulla visita eccezionale che la santa Famiglia ricevette in questo periodo.
A ben riflettere ci accorgiamo che segno
caratteristico della nascita di
Gesù al mondo fu la luce. La luce
Lo annunziò a Nazareth, la luce (Maria) Lo condusse ad Ain Karìm e Lo circondò a Betlem, e la luce condusse a Lui i puri di cuore: prima i pastori e poi i Magi d’Oriente.
Chi erano costoro, detti Magi?
Erano dei Savi o Saggi che vivevano nel paganesimo.
Si occupavano delle scienze più svariate.
Una sicura tradizione
popolare parla di tre Magi e, interpretando il salmo 71, attribuisce loro la regia dignità. I loro nomi sono:
Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, e le loro ossa sono, da tempo immemorabile,
venerate nella cattedrale di Colonia e dal 1903 anche in S. Eustorgio a Milano.
Indubbiamente erano studiosi
dall’intel1igenza umile e dagli occhi aperti,
dei veri Magi,
ossia sapienti o asceti di prima grandezza. Praticando un profondo ascetismo non ebbero bisogno di ponderose opere di scienza
per giungere a credere. Non possiamo
affermare con certezza se conobbero o meno le Sacre Scritture degli Ebrei. Certamente
però usarono il bellissimo libro dell’universo
e vi seppero leggere il nome di Dio. Guardando soprattutto l’immensità
del firmamento col moto degli
astri cominciarono a capire l’immensità del Creatore e la sua potenza. E quando sotto
l’azzurro cielo cominciò a brillare una nuova
stella più bella e
luminosa e mobile delle altre essi ebbero nel cuore un’ispirazione che presto fu certezza: quella stella annunziava
la nascita al mondo del Salvatore e Re dei re.
Tra tanti milioni di uomini, essi soltanto, prestarono attenzione all’invito
della straordinaria stella.
Essi furono gli unici. Non badarono ai rischi e ai sacrifici del viaggio e partirono fiduciosi per
cercare la vera Luce, per conoscere e adorare
il
Bambino Divino.
Partiti soli, chi coi
cavalli e chi con il cammello, si trovarono — oh
meraviglia divina! — in tre in uno stesso punto, néi pressi di Gerusalemme dove regnava il re Erode, ambizioso e crudele. Siamo
nel 748 c. di Roma.
Grande fu la loro sorpresa
nell’incontrarsi, e capire che uno e identico era il fine del loro viaggio. Oh gioia! Tutti d’accordo decisero di
informarsi dal re per conoscere il luogo preciso dove Gesù
era nato.
Chiesero: “Dov’è il nato
Re dei Giudei? Abbiamo visto sorgere la sua stella in Oriente
e siamo venuti per adorarLo”(Mt 2,2).
Alle sorprendenti parole dei Magi, il re Erode, invece di rallegrarsi fu preso da
turbamento e con lui tutta Gerusalemme. Radunato urgentemente il sinedrio (cioè
i capi delle ventiquattro famiglie sacerdotali, insieme ai dottori della
legge) lo consultò circa il luogo dove doveva nascere il Messia.
Dissero che le profezie e
le visioni, da Giacobbe in poi, indicavano Betlem di Giuda
(a due ore di cammino a sud di Gerusalemme), così descritta dal profeta Michea: “E tu Betlem, terra
di Giuda, non sei davvero
il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio
popolo Israele” (5,2). E ancora: “una
stella nascerà da Giacobbe” (Nm 24,
17).
Il perfido Erode — per timore di essere sbalzato dal trono — ha già concepito un disegno crudele,
ma cerca di dissimularlo e non destar sospetti.
Perciò chiama segretamente
i Magi e si informa minutamente in quale tempo
sia loro apparsa la stella. E inviandoli a Betlem li esorta: “Andate e
informatevi accuratamente del Bambino
e, quando L’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga a adorarLo”
(Mt 2,8).
Udite le parole del re, i
Magi partirono fidenti alla volta di Betlem di Giudea. Ed ecco: la stella, veduta in Oriente,
ricomparve ancora a premiare la loro fede e
pazienza. Una grandissima gioia ricolmò i loro cuori puri e anelanti alla
verità. Seguirono lo
sfavillio della stella che andava loro innanzi, finché giunta sopra il luogo dove si trovava il Bambino
si fermò (cf Mt 2,9).
Un viaggio tanto lungo e
faticoso segnò profondamente i Magi, ma Betlem
cancellò ogni dolore.
La fiduciosa speranza non
era stata delusa e la fede perseverante li aveva portati a
Cristo, che senza mai aver visto già amavano. Ebbero la speranza e la fede: le due virtù che creano in ogni uomo quel necessario spirito di abbandono tra le braccia
di Dio per arrivare al Cielo.
Fu questo — possiamo giustamente dire con il Landucci — il primo atto di culto ufficiale e solenne a Gesù e a
Maria. I Magi prostrandosi davanti al Divino
Re si trovarono anche ai piedi dell’Immacolata Madre e Regina.
“Poi aprirono i loro
scrigni e Gli offrirono in dono oro,
incenso e mirra” (Mt
2, 11). Ai doni dei pastori ebrei, poveri ma pur sempre ricchi d’amore,
seguirono i tesori
ricchissimi di Gàspare,
Melchiorre e Baldassarre, offerti in contenitori d’oro con estrema cordialità, solennità
e fastosità orientale.
Essi restano colpiti dalla
dolcezza e candore che si respira in quella casetta. Contemplano il Bambino e L’adorano riconoscendo in Lui la Suprema Regalità
ed eccellenza del Creatore; e Gli
manifestano tutta la loro sudditanza, ammirazione e lode.
Adorando Gesù compirono il
primo di molti doveri, il primo atto logico di
qualunque intelligenza e coscienza che si apre alla vita.
Gesù Bambino gradì quei doni e li accolse attraverso le mani della Vergine Madre che vedeva e incontrava nei tre, il primo drappello dei moltissimi
potenti che, con le loro genti, nei secoli, avrebbero fatta la
stessa strada (mistico cammino) per adorare
il suo Bimbo in silenzio.
Cominciò a palesarsi la
profezia mariana di Tobia: “Come luce splendida brillerai
(o Maria) sino ai confini della terra; nazioni numerose verranno a Te da lontano; gli abitanti di tutti i confini
della terra verranno verso la dimora del tuo
santo nome portando in mano i doni per il re del cielo.
Generazioni e generazioni esprimeranno in Te l’esultanza. .. Tutti presso di Te si raduneranno e benediranno il Signore dei secoli . . .” (Tb 13, 10-17).
Così alla fede dei Magi
corrispose — in una misura proporzionatamente tanto più alta — la fede gaudiosa di Maria; il suo affetto dovette
maternamente dilatarsi in un palpito
di universale carità che abbraccia le anime di tutti i tempi in marcia verso la Luce, il Re, il Salvatore.
I doni dei santi Magi
furono “simboli profetici di segreta grandezza, che svelano alle genti una triplice gloria”: oro e incenso
proclamano il Re e Dio immortale; la mirra annuncia l’Uomo deposto dalla croce.
Furono cioè un omaggio alla Regale Divina
Vittima pronta per il sacrificio del Calvario, oltre ad essere omaggio alla Madre Immacolata e Corredentrice che
trasforma la Terra in Paradiso.
I Tre sono felici ed emozionati. Non si stancano di contemplare e ringraziare
il Dio vero con Maria, “la Madre dell’Astro perenne, aurora di mistico giorno, guida di scienza ai credenti, gioia di tutte le genti”. Non sanno più staccarsi da quella presenza celeste, ma è giocoforza farlo. È l’ora del tramonto. I Tre, carichi di benedizione celeste, partono per Gerusalemme, la gran capitale che col suo re tesse i suoi disegni.
Effettivamente Erode non
voleva informazioni per adorare Gesù, il vero Re dei Giudei, ma solo per ucciderLo. Per fortuna i Re Magi,
nella sosta notturna poco dopo aver lasciato Betlem, ebbero un presentimento.
La Bibbia dice: “Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2, 12).
Bastò un sogno a infrangere
i piani del potente Erode “lo stolto”; mentre i Magi, diventati banditori di Dio, andarono per libere strade
annunciando la nuova epoca apertasi
con l’Incarnazione di Dio.
Questi uomini nei quali si
compendiò il sapere del loro tempo, diventano il modello di
ogni uomo che cerca la verità, ed il modello di quegli uomini che sono gli operatori preziosi e
indispensabili del rinnovamento mondiale, cioè: i missionari.
Essi vanno per il mondo per indicare a tutti la via dell’eterna salvezza, cioè i princìpi
della vita in spirito e verità, e per introdurre i fratelli nel mistero della
Chiesa, comunità di salvezza, dove ognuno trovi il suo posto e la sua vocazione.