Quanto veder si può per quello ospizio,
Dove sponesti il tuo port’ato
santo!”
Dante, Purg. 20, 19-22
È notte.
Il Sole del Verbo Eterno si
dispone a spuntare in mezzo al mondo e a porre
definitivamente fine alla notte dei millenni e millenni con il suo splendore incomparabile.
C’è silenzio profondo. Le poche luci di
Betlemme tremolano e poi si spengono. È' notte rigida. Giuseppe non dispera.
Almeno qualche spelonca adibita a
stalla ha la speranza di trovarla. Quella regione montuosa e
argillosa abbonda di grotte naturali che sono riparo di fortuna per gli
animali e per gli uomini. Difatti Giuseppe
non lungi dalla città ne trova una e ne ringrazia il Cielo.
“Ora, mentre si trovavano
in quel luogo, si compirono per Lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo Figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia, perché non
c’era posto per loro nell’albergo (locanda)” (Lc 2, 6-7).
Dalle parole evangeliche
traspare il verginale parto di Maria Santissima. Come senza umano concorso verginalmente aveva concepito, così
ora senza estranei testimoni verginalmente partorisce il Figlio divino in un'estasi d'Amore.
Tutto compì da sé, senza che alcuno L’aiutasse, perché non ci fu bisogno
di aiuto.
Come ben riferisce il Roschini, la Vergine dal suo castissimo seno se lo vide il
Figlio in un attimo tra le braccia. Come un raggio
di sole passa attraverso un vetro istoriato senza infrangerlo, ma
irradiandoLo, così Gesù passò attraverso Maria,
senza minimamente lederLa, anzi irradiandoLa di luce divina. Fu Lei che Lo fasciò, Lo depose nella mangiatoia e — come sentenzia San Girolamo — “Ella stessa fu Madre e
levatrice”.
Maria, “l’Aurora”, rapita nella luminosità del
“Sole che non conosce tramonto”, accolse il piccolo Gesù! Indicibile, perché infinita, fu la gioia che Maria
provò quando Gesù uscì alla luce e cominciò a vagire,
quando L’accolse tra le braccia, Lo strinse forte a sé e Gli diede il
primo tenerissimo bacio di Madre.
Un vero mare di luce e d’amore inonda il Cuore Immacolato di Maria. Ella
estasiata porge il piccolo allo sposo Giuseppe: il mistero si è compiuto!
Dio tra
le
nostre braccia!
Pensare
ai sublimi misteri che
avvolgono la nascita di Dio è cosa ardita. Il
Verbo è venuto sulla terra a
compiere la Volontà del Padre, a redimere l’uomo dai
peccati. Nelle scritture Gesù è detto il
“Primogenito” di Maria. (È bene tener presente che con il termine giuridico primogenito si indicava il primo nato, sia che fosse seguito da altri, sia che non lo fosse).
Anche noi in Gesù siamo nati da Lei.
Maria
gioisce. Sente che il suo piccolo Bambino è il Messia preannunziato
dai Profeti. Ora la terra ha il Salvatore: Gesù! L’uomo non sarà più schiavo del
demonio ma acquisterà il Paradiso. È questa la terza
grande gioia, la seconda grande estasi della sua vita.
Al grande Mistero apparso
in terra il Cielo non restò muto; ed infatti “un angelo del
Signore si presentò ad alcuni pastori e la gloria del
Signore li avvolse di luce. Furono
presi da gran spavento, ma l’Angelo disse loro: “Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il
popolo: oggi vi è nato nella città di David un Salvatore, che è il Cristo
Signore. Questo per voi il segno: troverete un
Bambino avvolto in fasce,
che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 9-12).
La Luce era venuta al mondo e dalla grotta di Betlem invadeva la campagna tutt’attorno spargendosi ai quattro punti cardinali. Questa luce pacata, gradatamente crescente, avvolse i pastori.
Allora subito, tutto il creato
vuol cantare le sue lodi al Signore
umanato (cf Sal 148). Sono gli Angeli a farsene interpreti. Al primo
Angelo si unisce la moltitudine della milizia celeste, e lodano Dio
cantando: “GLORIA A DIO NEL PIU’ ALTO DEI CIELI E PACE IN TERRA
AGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’
!” (Lc 2, 14).
Se gode l’eccelsa schiera degli Angeli perché
la salvezza eterna s’è manifestata agli uomini, quanto più dobbiamo goderne
noi uomini che siamo umilissime creature, custodite e servite dagli stessi Angeli? (cf 1 Pt 1,
12)
Il canto del “Gloria in
excelsis Deo”, che riempirà il mondo e risuonerà nei millenni,
oltre a contenere la prima chiara nota dell’universalità della salvezza messianica, è una conferma alÌe profezie che annunziavano
l’avvento del Principe della Pace e del suo Regno in Terra come in Cielo, una vera era di Pace senza fine per la Terra e l'Universo (cf Is 9, 5-6).
Appena gli angeli si furono
allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: “Andiamo sino a Betlemme, vediamo un po’ cosa è accaduto secondo l’annuncio fattoci
dal Signore” (Lc 2, 15).
E senza discutere, tutti, grandi e piccoli, preso quanto di meglio avevano per offrire al Signore, si avviarono in fretta a Betlemme e trovarono nella grotta, conservataci da due millenni, Maria, Giuseppe e il Bambino avvolto in fasce e coricato nella cuna della mangiatoia (Cf Luca 2, 16), così come l’Angelo aveva detto loro.
I pastori credettero alla
parola ascoltata: in quel piccolo Bimbo, umanamente tanto
più povero di loro, essi vedono il Re dell’Universo, e Lo adorano e contemplano
estasiati. Poi venerabondi offrono alla santa Famiglia i loro umili doni.
A ben riflettere sono stati
i pastori di Be’t1emme i primi
adoratori del Corpo di Dio, i precursori del culto eucaristieo, vere anime
eucaristiche, ricche di fede sicura, generosità ardente, umiltà profonda e grandissimo amore.
Quindi non è difficile comprendere 1’intima connessione fra il Natale, l’Eucaristia ed il culto alla Madre di Dio. “Non disperare — dice San Girolamo — per il fatto che una sola volta Egli è nato da Maria: ogni giorno nasce in noi . . . anche noi possiamo generare Cristo, se lo vogliamo” (Tract. In Ps 84). “Ogni anima che crede, anch’essa concepisce e genera il Verbo di Dio. . .” (S. Ambrogio vescovo).
La vita continua
...
San Luca dice che i pastori
“se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano
udito e visto, com’era stato detto loro” (2, 20). Glorificavano Dio per la sua
Maestà e con gratitudine Lo lodavano per la sua bontà. A questa gioia invitavano tutti quelli che incontravano.
È sempre così: il vero
incontro con Gesù è trasformante e inebriante. Infonde nel cuore una gioia incontenibile
che non si può riservare solo per se stessi ma
che bisogna
trasmettere all’altro testimoniandogli Gesù, come seppero fare i pastori Betlemmiti per tutta la vita
a cominciare da quella notte santa.
Beati pastori! Dio li aveva resi testimoni oculari della prima
grande manifestazione di Gesù al mondo.
Ora Gesti, Maria e Giuseppe
non erano più degli sconosciuti, come prima; e finalmente la generosità
dei Betlemmiti si fece sensibile.
La santa Famiglia poté vivere alcuni giorni sereni. Ma
l’ottavo giorno dopo la nascita quel Bimbo subì il suo primo acerbissimo dolore:
la circoncisione.
Essa
è un rito che fu comandato da Dio al patriarca Abramo e a tutta la sua progenie (Gn 17, 10-12). Divenne il
più importante “segno del patto” fra Dio e Israele, e naturalmente doveva essere
accompagnato dall’osservanza di tutti i precetti (cf At 2, 25).
Il Figlio di Maria, che è il vero Agnello, vittima santa e senza difetti, come tale era già consacrato in Cielo a Dio Padre, fin da quando — dall’eternità — a Lui si offrì come Riparatore e Redentore. Perciò non aveva bisogno di altri segni o consacrazioni speciali. Ma tale era la Legge mosaica, ed anche per questo maschio essa fu osservata con scrupolosa esattezza.
Questo Bambino, Autore
della Legge, venuto al mondo per rendere superflua la Circoncisione “nella carne” (Cf At 3,3) e per radicare quella
dei cuori e delle menti, si sottomise alla Legge; non si
ribellò, ma condivise in tutto — fuorché nell’accondiscendere al peccato — la nostra condizione umana.
“Sia benedetto Jahvè, il Signore! Egli ha
santificato il suo diletto
sin dal seno della madre,
e ha
scritto la legge
nella nostra carne.
Egli imprime sui figli il
segno de1l’al1eanza per comunicare ad
essi le benedizioni di Abramo nostro padre”.
“Viva colui che tu hai scelto per figlio!”
rispondevano gli astanti.
Intanto il piccolo aveva già cominciato a singhiozzare e piangere, la
Vergine e San Giuseppe si sentivano strappare il cuore per il dolore.
Fu il primo pianto
dell’Innocente sul seno di Maria “La Madre”. L’Agnello cominciava
ad essere immolato spargendo — sigillo di
fratellanza tra Dio e l’umanità — le prime stille di Sangue
purissimo. Un giorno ne sarebbe rimasto privo per averlo
versato tutto per riscattare l’uomo dal peccato.
Nella stessa Circoncisione Gli fu imposto il Nome indicato dall’angelo prima che il bambino fosse concepito: il nome G E S U’: IESUS.
Chi ci dirà l’emozione di
Maria e Giuseppe nel pronunciare questo Santissimo Nome, che Dio scelse per Cristo ed è compendio e perfezione della Carità divina?
Il nome Gesù deriva
direttamente dal greco Iesous, trascrizione dell’ebraico YESUACH , ovvero YAHVÈ è SALVEZZA, oppure: dà Salvezza. Ma è
nome noto a Dio solo nel suo significato più profondo: perché ci indica
l’incomprensibile e 1’inaccessibile.
In ogni sua lettera possiamo
vedervi i principali attributi di Dio: Gesù uguale Grandezza
— Eternità — Santità — Unità. Perciò invocando Gesù proclamiamo le lodi di Dio.
Nome più grande, venerabile e
potente del nome di Gesù
non esiste. Dinanzi a questo nome il
Paradiso splende di più beatifica Luce, l’abisso trema e le forze della Terra e dell’Universo si inchinano
in adorazione santa e soave.
Sant’Antonio non cessava di ripetere: “Gesù, Gesù, nome dolce, nome piacevole, nome che conforta il peccatore e gli dà la beata speranza. Tu sei giubilo nel cuore, melodia all’orecchio, miele alla bocca . . . Questo Nome di Gesù sorpassa in eccellenza ogni nome dato agli angeli o agli uomini, perché in questo Nome ogni creatura piega il ginocchio. Se tu lo predichi, intenerisce i cuori duri; se lo invochi, spegne le tentazioni più violente; se lo leggi, riempie le menti”.
E San Bernardino aggiunge: “. . . il nome di Gesù, breve ma facile e soave a pronunciarsi, è ripieno di altissimi significati, trabocca e sovrabbonda di ineffabili misteri. Il nome di Gesù racchiude tutto ciò che Dio dispose per la salute della decaduta umanità. . .”.
Solo Dio poteva darci il
suo Nome per segno di Salvezza. Beati quanti lo porteranno
in fronte! E guai a coloro che rinnegano quel Nome, offendendolo o dimenticandolo.
“Salve, o Gesù nostra
salvezza! In Te, Signore diletto, è posta ogni speranza! Nel tuo nome ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che sei
il Signore a gloria di Dio Padre”
(cf Fil 2, 10-12).
Non ci resta che invocare
sempre il SS. Nome di Gesù con fede e amore:
nella tentazione,
nel riposo, nel lavoro, nella tristezza, nella gioia, alla sera e al mattino. La
prima parola sia Gesù, l’ultima
parola pure Gesù, sempre
GESU’!