mercoledì 2 ottobre 2019

Fuggite... adesso! Poi sarà tardi, molto tardi.

 

1Cor 6, 15-20      

15 Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! 

16  O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo. 

17 Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. 

18 Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. 

19 O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? 

20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
   (Testo CEI 74)




CATECHISMO della CHIESA CATTOLICA
I SETTE VIZI CAPITALI
SUPERBIA, AVARIZIA, LUSSURIA, IRA, GOLA, INVIDIA, ACCIDIA ossia PIGRIZIA
(per momorizzare: saligia)

Parte Terza: La Vita in Cristo

SEZIONE PRIMA: LA VOCAZIONE DELL'UOMO:
LA VITA NELLO SPIRITO


Capitolo Primo: La dignità della persona umana


Articolo 8
IL PECCATO

I. La misericordia e il peccato

1846 Il Vangelo è la rivelazione, in Gesù Cristo, della misericordia di Dio verso i peccatori [Cf  Lc 15 ]. L'angelo lo annunzia a Giuseppe: “Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (  Mt 1,21 ). La stessa cosa si può dire dell'Eucaristia, sacramento della Redenzione: “Questo è il mio sangue dell'Alleanza, versato per molti in remissione dei peccati” (  Mt 26,28 ).

1847 “Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi” [Sant'Agostino, Sermones, 169, 11, 13: PL 38, 923].
L'accoglienza della sua misericordia esige da parte nostra il riconoscimento delle nostre colpe. “Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa” (  1Gv 1,8-9 ).

1848 Come afferma san Paolo: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”. La grazia però, per compiere la sua opera, deve svelare il peccato per convertire il nostro cuore e accordarci “la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore” (  Rm 5,20-21 ). Come un medico che esamina la piaga prima di medicarla, Dio, con la sua Parola e il suo Spirito, getta una viva luce sul peccato:

La conversione richiede la convinzione del peccato, contiene in sé il giudizio interiore della coscienza, e questo, essendo una verificadell'azione dell'azione dello Spirito di verità nell'intimo dell'uomo, diventa nello stesso tempo il nuovo inizio dell'elargizione della grazia e dell'amore: “Ricevete lo Spirito Santo”. Così in questo “convincere quanto al peccato” scopriamo una duplice elargizione: il dono della verità della coscienza e il dono della certezza della redenzione. Lo Spirito di verità è il Consolatore [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et Vivificantem, 31].


II. La definizione di peccato

1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. E' stato definito “una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna” [Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 71, 6].


1850 Il peccato è un'offesa a Dio: “Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto” (  Sal 51,6 ). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da esso i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare “come Dio” (  Gen 3,5 ), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è “amore di sé fino al disprezzo di Dio” [Sant'Agostino, De civitate Dei, 14, 28]. Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza [Cf  Fil 2,6-9] 

1851 E' proprio nella Passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità: incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo, vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia, proprio nell'ora delle tenebre e del Principe di questo mondo, [Cf  Gv 14,30 ] il sacrificio di Cristo diventa segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei nostri peccati.



III. La diversità dei peccati

1852 La varietà dei peccati è grande. La Scrittura ne dà parecchi elenchi. La Lettera ai Galati contrappone le opere della carne al frutto dello Spirito: “Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio” (  Gal 5,19-21 ) [Cf  Rm 1,28-32;  1Cor 6,9-10;  Ef 5,3-5; 1852  Col 3,5-8;  1Tm 1,9-10;  2Tm 3,2-5 ].


1853 I peccati possono essere distinti secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto umano, oppure secondo le virtù alle quali si oppongono, per eccesso o per difetto, oppure secondo i comandamenti cui si oppongono. Si possono anche suddividere secondo che riguardano Dio, il prossimo o se stessi; si possono distinguere in peccati spirituali e carnali, o ancora in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissio ne. La radice del peccato è nel cuore dell'uomo, nella sua libera volontà, secondo quel che insegna il Signore: “Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo” (  Mt 15,19-20 ). Il cuore è anche la sede della carità, principio delle opere buone e pure, che il peccato ferisce.



IV. La gravità del peccato: peccato mortale e veniale

1854 E' opportuno valutare i peccati in base alla loro gravità. La distinzione tra peccato mortale e peccato veniale, già adombrata nella Scrittura, [Cf  1Gv 5,16-17 ] si è imposta nella Tradizione della Chiesa. L'esperienza degli uomini la convalida.

1855 Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell'uomo a causa di una violazione grave della legge di Dio; distoglie l'uomo da Dio, che è il suo fine ultimo e la sua beatitudine, preferendo a lui un bene inferiore.
Il peccato veniale lascia sussistere la carità, quantunque la offenda e la ferisca.

1856 Il peccato mortale, in quanto colpisce in noi il principio vitale che è la carità, richiede una nuova iniziativa della misericordia di Dio e una conversione del cuore, che normalmente si realizza nel sacramento della Riconciliazione:

Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale... tanto se è contro l'amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro ecc., quanto se è contro l'amore del prossimo, come l'omicidio, l'adulterio, ecc... Invece, quando la volontà del peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va contro l'amore di Dio e del prossimo, è il caso di parole oziose, di riso inopportuno, ecc., tali peccati sono veniali [San Tommaso d'Aquino, Summa Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 88, 2].

1857 Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: “E' peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 17].


1858 La materia grave è precisata dai Dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre” (  Mc 10,19 ). La gravità dei peccati è più o meno grande: un omicidio è più grave di un furto. Si deve tener conto anche della qualità delle persone lese: la violenza esercitata contro i genitori è di per sé più grave di quella fatta ad un estraneo.

1859 Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e totale consenso. Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell'atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L'ignoranza simulata e la durezza del cuore [Cf  Mc 3,5-6;  Lc 16,19-31 ] non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono.


1860 L' ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l'imputabilità di una colpa grave. Si presume però che nessuno ignori i principi della legge morale che sono iscritti nella coscienza di ogni uomo. Gli impulsi della sensibilità, le passioni possono ugualmente attenuare il carattere volontario e libero della colpa; come pure le pressioni esterne o le turbe patologiche. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.


1861 Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione dal Regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili. Tuttavia, anche se noi possiamo giudicare che un atto è in sé una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio.


1862 Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza e senza totale consenso.


1863 Il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell'anima nell'esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene temporali. Il peccato veniale deliberato e che sia rimasto senza pentimento, ci dispone poco a poco a commettere il peccato mortale. Tuttavia il peccato veniale non rompe l'Alleanza con Dio. E' umanamente riparabile con la grazia di Dio. “Non priva della grazia santificante, dell'amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 17].

L'uomo non può non avere almeno peccati lievi, fin quando resta nel corpo. Tuttavia non devi dar poco peso a questi peccati, che si definiscono lievi. Tu li tieni in poco conto quando li soppesi, ma che spavento quando li numeri! Molte cose leggere, messe insieme, ne formano una pesante: molte gocce riempiono un fiume e così molti granelli fanno un mucchio. Quale speranza resta allora? Si faccia anzitutto la confessione. . [Sant'Agostino, In epistulam Johannis ad Parthos tractatus, 1, 6].

1864 “Qualunque peccato o bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata” ( Mt 12,31). La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et Vivificantem, 46]. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.



V. La proliferazione del peccato

1865 Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice.

1866 I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l'esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano e san Gregorio Magno [San Gregorio Magno, Moralia in Job, 31, 45: PL 76, 621A]. Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l'avarizia, l'invidia, l'ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia.

1867 La tradizione catechistica ricorda pure che esistono “ peccati che gridano verso il cielo ”. Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; [Cf  Gen 4,10 ] il peccato dei Sodomiti; [Cf  Gen 18,20; 1867  Gen 19,13 ] il lamento del popolo oppresso in Egitto; [Cf  Es 3,7-10 ] il lamento del forestiero, della vedova e dell'orfano; [Cf  Es 22,20-22 ] l'ingiustizia verso il salariato [Cf  Dt 24,14-15;  Gc 5,4 ].

1868 Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo:

- prendendovi parte direttamente e volontariamente;

- comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;

- non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;

- proteggendo coloro che commettono il male.


1869 Così il peccato rende gli uomini complici gli uni degli altri e fa regnare tra di loro la concupiscenza, la violenza e l'ingiustizia. I peccati sono all'origine di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla Bontà divina. Le “strutture di peccato” sono l'espressione e l'effetto dei peccati personali. Inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male. In un senso analogico esse costituiscono un “peccato sociale” [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16].



IN SINTESI

1870 “Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia” (  Rm 11,32 ).

1871 Il peccato è “una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna” [Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22: PL 42, 418; San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, 71, 6]. E' un'offesa a Dio. Si erge contro Dio in una disobbedienza contraria all'obbedienza di Cristo.

1872 Il peccato è un atto contrario alla ragione. Ferisce la natura dell'uomo ed attenta alla solidarietà umana.

1873 La radice di tutti i peccati è nel cuore dell'uomo. Le loro specie e la loro gravità si misurano principalmente in base al loro oggetto.

1874 Scegliere deliberatamente, cioè sapendolo e volendolo, una cosa gravemente contraria alla legge divina e al fine ultimo dell'uomo, è commettere un peccato mortale. Esso distrugge in noi la carità, senza la quale la beatitudine eterna è impossibile. Se non ci si pente, conduce alla morte eterna.

1875 Il peccato veniale rappresenta un disordine morale riparabile per mezzo della carità che tale peccato lascia sussistere in noi.

1876 La ripetizione dei peccati, anche veniali, genera i vizi, tra i quali si distinguono i peccati capitali.



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VOCABOLARIO TRECCANI: Lussuria e Gola

lussùria s. f. [dal lat. luxuria «rigoglio, eccesso, lascivia, sfrenatezza», der. di luxus -us «lusso»]. – 1. Abbandono ai piaceri del sesso; desiderio ossessivo e smodato di soddisfare tali piaceri: essere dominato dalla lussuria. - Nella teologia cattolica è uno dei sette vizi capitali, opposto alla virtù della temperanza. Propriamente è un desiderio violento abituale e ossessivo, dei piaceri del sesso=(lett.) concupiscenza, cupidigia, lascivia, libidine, licenziosità,  ↑ depravazione. ↔ castità, (lett.) pudicizia, pudore.

gola:ghiottoneria, ingordigia, golosità, considerata dalla morale cattolica uno dei sette vizî capitali: il vizio della g.; Per la dannosa colpa de la golaCome tu vedia la pioggia mi fiacco (Dante); La ge ’l sonno e l’oziose piume Hanno del mondo ogni vertù sbandita (Petrarca); fare un peccato di g., mangiare un alimento non consentito (per motivi dietetici o sim.); ne ammazza più la gche la spada, prov. che allude ai dannosi effetti dell’intemperanza; aver gdi una cosa, sentirne goloso desiderio, esserne avido; come chi bee non per setema per gdel vino (Boccaccio); fare gola, eccitare la brama di sé, detto di cibo o bevanda, e fig. d’altre cose: mi faceva gquella fetta di torta


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 Nel Cristianesimo, il desiderio sessuale non è malvagio di per sé poiché rientra nell'Ordine divino, tuttavia quando tale desiderio viene separato dall'amore di Dio e unito soltanto all'amore di sé, diventa lussuria, peccato e vizio.  La lussuria è il disordinato desiderio del piacere sessuale. Nella lussuria infatti la propria soddisfazione carnale viene perseguita come unico fine, indipendentemente dall'amore per il prossimo, l'unione nell'amore e la procreazione.  La persona lussuriosa ha un egoistico amore di sé che la porta all'indifferenza, se non alla negazione, dell'amore altrui: ella persegue infatti il piacere sessuale a ogni costo, indifferentemente dal male recato agli altri.   Il peccato di lussuria induce un accecamento della mente e un turbamento della volontà. Il peccatore e la peccatrice infatti si lasciano volontariamente dominare dai sensi perdendo la capacità di controllare le proprie passioni.  Essi diventano quindi schiavi delle proprie pulsioni giustificando a sé stessi ogni ricerca e modo di soddisfare i piaceri della carne.
Più in generale, la lussuria svaluta l'eterna attrazione tra uomo e donna, riducendo la persona a un mero oggetto per la propria gratificazione carnale e a strumento per alimentare la propria superbia.

 settevizicapitali.it

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La lussuria rientra tra i peccati mortali e viene indicato come vizio capitale, cioè d’origine, dal quale difficilmente si viene fuori, se non mediante un’opera di purificazione e conversione personale, nella quale deve necessariamente entrare le dimensione spirituale della persona. La lussuria è causa di svariati effetti negativi, alcuni dei quali aventi una preminenza in ambito religioso, ed altri intervenendo più specificatamente sul libero arbitrio: grave turbamento della ragione e della volontà; accecamento della mente; incostanza ed incoerenza (rispetto ai valori proposti); egoistico amore di sé (egoismo, egotismo, negazione dell'amore per il prossimo); incapacità di controllare le proprie passioni. La lussuria è frutto della concupiscenza della carne (al pari del peccato di gola e dell'accidia) ed infrange sia il Sesto Comandamento che vieta di commettere atti impuri sia il Nono che riguarda il desiderare la donna d'altri. Fra questi atti impuri la Chiesa indica tanto le azioni concrete materialmente compiute in materia di sessualità non finalizzata alla procreazione e all'unione in seno al matrimonio, quanto il solo desiderio e l'immaginazione. Il Catechismo della Chiesa Cattolica così sintetizza: “Tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali” (CCC n. 2396)…”L'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio” (CCC n. 2400). Alcuni insegnamenti morali di San Paolo Apostolo ci fanno capire esattamente che danno costituisca la lussuria per un credente, ma anche per un essere umano, che si definisce tale: “Né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio…Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi.

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AMDG et DVM


Festa dei SANTI ANGELI CUSTODI - - - Tendete dunque tutti a divenire cittadini del Regno.

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"Ecco, Io mando dinnanzi a voi il mio angelo a preparare la tua via dinnanzi a Te".
(Esodo 23, 20-23)
E voi, che avete visto in Giovanni quando siete andati a vederlo? Un profeta? Un santo? Io ve lo dico: Egli è da più di un profeta. Egli è da più di molti santi, da più dei santi perché è colui del quale sta scritto[65]: "Ecco, Io mando dinnanzi a voi il mio angelo a preparare la tua via dinnanzi a Te". (Esodo 23, 20-23)
11 Angelo. Considerate. Voi sapete che gli angeli sono spiriti puri, creati da Dio a sua somiglianza spirituale, messi a congiunzione fra l'uomo: perfezione del creato visibile e materiale, e Dio: Perfezione del Cielo e della Terra, Creatore del regno spirituale e del regno animale. Nell'uomo anche più santo vi è sempre la carne e il sangue a porre un abisso fra lui e Dio. E l'abisso si sprofonda per il peccato che appesantisce anche ciò che è spirituale nell'uomo.  Ecco allora Dio creare gli angeli, creature che toccano il vertice della scala creativa così come i minerali ne segnano la base; i minerali, la polvere che compone la terra, le materie inorganiche in genere. Specchi tersi del Pensiero di Dio, fiamme volonterose operanti per amore, pronti a comprendere, solleciti ad operare, liberi nel volere come noi, ma di un volere tutto santo che ignora le ribellioni e i fomiti del peccato. Questo sono gli angeli adoratori di Dio, suoi messaggeri presso gli uomini, protettori nostri, datori a noi della Luce che li investe e del Fuoco che essi raccolgono adorando.
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  Giovanni è detto "angelo" dalla parola profetica. Ebbene Io vi dico: "Tra i nati di donna non ne è mai sorto uno più grande di Giovanni Battista". Eppure, il più piccolo del Regno dei Cieli sarà più grande di lui-uomo. Perché uno del Regno dei Cieli è figlio di Dio e non figlio di donna. Tendete dunque tutti a divenire cittadini del Regno.
12 Che vi chiedete l'un l'altro?».
  «Dicevamo: "Ma Giovanni sarà nel Regno? E come vi sarà?"».
  «Egli nel suo spirito è già del Regno e vi sarà dopo la morte come uno dei soli più splendidi dell'eterna Gerusalemme. E ciò per la Grazia che è senza incrinatura in lui e per la sua volontà propria. Perché egli fu ed è violento anche con se stesso per fine santo. Dal Battista in poi, il Regno dei Cieli è di coloro che sanno conquistarselo con la forza opposta al Male, e se lo acquistano i violenti. Perché ora sono note le cose da farsi e tutto è dato per questa conquista. Non è più il tempo che parlavano solo la Legge ed i Profeti. Questi hanno parlato sino a Giovanni. Ora parla la Parola di Dio e non nasconde un iota di quanto è da sapersi per questa conquista. Se credete in Me, dovete perciò vedere Giovanni come quell'Elia che deve venire[66]. Chi ha orecchi da intendere intenda. Ma a chi paragonerò questa generazione? È simile a quella che descrivono quei ragazzi, che seduti sulla piazza gridano ai loro compagni: "Abbiamo suonato e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto". Difatti è venuto Giovanni che non mangia e non beve, e questa generazione dice: "Può fare così perché ha il demonio che lo aiuta". È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e dicono: "Ecco un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori". Così alla Sapienza viene resa giustizia dai suoi figli! 
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13 In verità vi dico che solo i pargoli sanno riconoscere la verità, perché in essi non è malizia».
  «Bene hai detto, Maestro», dice il sinagogo. «Ecco perché mia figlia, ancor senza malizia, ti vede quale noi non giungiamo a vederti. Eppure questa città e quelle vicine traboccano della tua potenza, sapienza e bontà e, devo confessarlo, non procedono che in cattiveria verso di Te. Non si ravvedono. E il bene, che Tu dai loro, fermenta in odio verso di Te».
  «Come parli, Giairo? Tu ci calunni! Noi siamo qui perché fedeli al Cristo», dice uno di Betsaida.
  «Sì. Noi. Ma quanti siamo? Meno di cento su tre città che dovrebbero essere ai piedi di Gesù. Fra quelli che mancano, e parlo degli uomini, la metà è nemica, un quarto indifferente, l'altra voglio mettere non possa venire. Non è questo colpa agli occhi di Dio? E non sarà punito tutto questo livore e questa pertinacia nel male? Parla Tu, Maestro che sai, e che se taci è per la tua bontà, non già perché Tu ignori. Longanime sei, e ciò è preso per ignoranza e debolezza. Parla dunque e possa il tuo parlare scuotere almeno gli indifferenti, posto che i malvagi non si convertono ma sempre più malvagi divengono».
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  «Sì. È colpa e sarà punita. Perché il dono di Dio non va mai sprezzato o usato per fare del male. Guai a te, Corozim, guai a te, Betsaida, che fate mal'uso dei doni di Dio. Se in Tiro e in Sidone fossero già avvenuti i miracoli avvenuti in mezzo a voi, già da gran tempo, vestiti di cilizio e aspersi di cenere, avrebbero fatto penitenza e sarebbero venuti a Me. E perciò vi dico che a Tiro e a Sidone sarà usata maggiore clemenza che a voi nel giorno del Giudizio. E tu, Cafarnao, credi che per avermi ospitato soltanto sarai esaltata sino al Cielo? Tu scenderai fino all'inferno. Perché, se in Sodoma fossero stati fatti i miracoli che Io ti ho dati, essa ancora sarebbe fiorente, perché in Me avrebbe creduto e si sarebbe convertita. Perciò sarà usata maggior clemenza a Sodoma nell'ultimo Giudizio, perché essa non ha conosciuto il Salvatore e la sua Parola, e perciò è meno grande la sua colpa di quanto non ne verrà usata a te, che hai conosciuto il Messia e udita la sua parola e non ti sei ravveduta. Però, siccome Dio è giusto, a quelli di Cafarnao, Betsaida e Corozim che hanno creduto e che si santificano ubbidendo alla mia parola, sarà usata misericordia grande. Perché non è giusto che i giusti siano coinvolti nella rovina dei peccatori. 
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14 Riguardo a tua figlia, Giairo, e alla tua, Simone, e al tuo bambino, Zaccaria, e ai tuoi nipoti, Beniamino, Io vi dico che essi, essendo senza malizia, già vedono Dio. E voi lo vedete come la loro fede è pura e operosa in essi, unita a sapienza celeste, a aneliti di carità quali gli adulti non hanno».
E Gesù, alzando gli occhi al cielo che incupisce nella sera, esclama: «Io ti ringrazio, o Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Così, o Padre, perché così ti è piaciuto. Tutto è stato affidato a Me dal Padre mio, e nessuno lo conosce tranne il Figlio e coloro ai quali il Figlio avrà voluto rivelarlo. Ed Io l'ho rivelato ai piccoli, agli umili, ai puri, perché Dio si comunica ad essi, e la verità scende come seme nei terreni liberi, e su essa il Padre fa piovere le sue luci perché getti radice e faccia pianta. Anzi, che in verità il Padre prepara questi spiriti di pargoli per età o pargoli di volere, perché essi conoscano la Verità ed Io abbia gioia dalla loro fede»…
AVE MARIA PURISSIMA!

martedì 1 ottobre 2019

Le tre invocazioni più care al Suo Cuore di Madre





“Mater Amabilis
Mater Admirabilis
Virgo Fidelis”
(I  tre titoli di onore più graditi al Suo Cuore di Madre di Dio e Madre nostra -
come riporta il Rev. P. Poiré nel IV Trattato della Triplice Corona, cap 9, 9)

AVE MARIA PURISSIMA!

Calatelo dal tetto

Confessiamoci

LXIV. Il paralitico guarito a Cafarnao.

   novembre 1944
 1 Lo stesso giorno 9 novembre, subito dopo.

   Vedo le rive del lago di Genezaret. E vedo le barche dei pescatori tratte a riva; sulla riva e addossati ad esse sono Pietro e Andrea, intenti a rassettare le reti, che i garzoni portano loro stillanti dopo averle sciacquate nel lago dai detriti rimasti impigliati in esse. A una distanza di un dieci metri Giovanni e Giacomo, curvi sulla barca loro, sono intenti a mettere ordine nella stessa, aiutati da un garzone e da un uomo sui cinquanta o cinquantacinque anni, che penso esser Zebedeo, perché il garzone lo chiama «padrone» e perché è somigliantissimo a Giacomo
   Pietro e Andrea, con le spalle alla barca, lavorano silenziosi a riannodare fili e i sugheri di segnale. Solo ogni tanto scambiano qualche parola circa il loro lavoro che, a quel che capisco, è stato infruttuoso.
   Pietro se ne rammarica non per la borsa vuota né per la fatica inutile, ma dice: «Mi spiace perché... come faremo a dare un cibo a quei poverelli? A noi non vengono che rade offerte, e quei dieci denari e sette dramme che abbiamo raccolto in questi quattro giorni io non le tocco. Solo il Maestro mi deve indicare a chi e come vanno date quelle monete. E fino a sabato Egli non torna! Se avevo fatto buona pesca!... Il pesce più minuto me lo cucinavo e lo davo a quei poveri... e se c’era chi brontolava in casa non me ne faceva niente. I sani possono andare a cercarlo. Ma i malati!...».
   «Quel paralitico, poi!... Hanno già fatto tanta strada per portarlo qui...» dice Andrea.
   «Senti, fratello. Io penso... che non si può stare divisi e non so perché il Maestro non ci voglia sempre con Lui. Almeno... non vedrei più questi poverini che non posso soccorrere, e quando li vedessi potrei dire loro: "Egli è qui".».
 2 «Qui sono!». Gesù si è avvicinato camminando piano sulla rena molle.
Pietro e Andrea fanno un balzo. Hanno un grido: «Oh! Maestro!» e chiamano: «Giacomo! Giovanni! Il Maestro! Venite!».
   I due accorrono. E tutti si stringono a Gesù. Chi gli bacia la veste e chi le mani, e Giovanni osa passargli un braccio intorno alla vita e posargli il capo sul petto. Gesù lo bacia sui capelli.
   «Di che parlavate?».
   «Maestro... dicevamo che ti avremmo voluto».
   «Perché, amici?».
   «Per vederti e amarti vedendoti, e poi per dei poveri e malati. Ti attendono da due e più giorni... Io ho fatto quel che potevo. Li ho messi là, vedi quel capanno in quel campo incolto? Là gli artieri della barca lavorano alle riparazioni. Vi ho messi in ricovero un paralitico, un che ha grande febbre e un bambino che muore sul seno della madre. Non potevo mandarli alla tua ricerca».
   «Hai fatto bene. Ma come hai potuto soccorrere loro e chi li ha condotti? Mi hai detto che sono poveri!».
   «Certo, Maestro. I ricchi hanno carri e cavalli. I poveri, le gambe solo. Non possono venirti dietro solleciti. Ho fatto come ho potuto. Guarda: questo è l'obolo che ho avuto. Ma non ne ho toccato un solo picciolo. Tu lo farai».
   «Pietro, tu potevi farlo lo stesso. Certo... Pietro mio, mi spiace che per Me tu abbia rimproveri e fatiche».
   «No, Signore. Non devi spiacerti di questo. Io non ne ho dolore. Solo di non aver potuto avere maggior carità mi spiace. Ma credi, ho fatto, tutti abbiamo fatto quanto abbiamo potuto. »
   «Lo so. So che hai lavorato e senza scopo. Ma se non c'è cibo, la carità tua resta: viva, attiva, santa agli occhi di Dio».
 3 Dei bambini sono accorsi gridando: «C'è il Maestro! C'è il Maestro! Ecco Gesù, ecco Gesù!» e si stringono a Lui, che li carezza pur parlando coi discepoli.
   «Simone, entro nella tua casa. Tu e voi andate a dire che Io sono venuto e poi portatemi i malati».
   I discepoli vanno rapidi in direzioni diverse. Ma che Gesù sia giunto tutta Cafarnao lo sa, per merito dei piccini che paiono api sciamanti dall'alveare ai diversi fiori: le case, in questo caso, le vie, le piazze. Vanno, vengono festosi, portando l'annuncio alle mamme, ai passeggeri, ai vecchi seduti al sole, e poi tornano a farsi accarezzare ancora da Colui che li ama, e uno, audace, dice: «Parla a noi, per noi, Gesù, oggi. Ti vogliamo bene, sai, e siamo meglio degli uomini».
   Gesù sorride al piccolo psicologo e promette: «Parlerò proprio per voi». E seguito dai piccoli va alla casa ed entra salutando col suo saluto di pace: «La pace sia a questa casa».
   La gente si affolla nello stanzone posteriore adibito alle reti, canapi, ceste, remi, vele e provviste. Si vede che Pietro l'ha messo a disposizione di Gesù, ammucchiando tutto in un angolo per fare posto. Il lago non si vede da qui. Se ne ode solo il fiotto lento. E si vede invece solo il muretto verdastro dell'orto, dalla vecchia vite e dal fico fronzuto. Gente è persino nella strada, traboccando dalla stanza nell'orto e da questo alla via.   
 4 Gesù comincia a parlare. In prima fila - si sono fatti largo con prepotenza di gesto e in grazia del timore che la folla popolana ha di loro - sono cinque persone... altolocate. Paludamenti, ricchezza di vesti e superbia li denunciano per farisei e dottori. Gesù però vuole avere intorno i suoi piccoli. Una corona di visetti innocenti, di occhi luminosi, di sorrisi angelici, alzati a guardare Lui. Gesù parla, e nel parlare carezza di tanto in tanto la testolina ricciuta di un bambinello che gli si è seduto ai piedi e che gli tiene la testa appoggiata sulle ginocchia, sul braccino ripiegato. Gesù parla seduto su un gran mucchio di ceste e reti.
   «"Il mio diletto è disceso nel suo giardino, all'aiuola degli aromi, a pascersi tra i giardini e a cogliere gigli... egli che si pasce fra i gigli", dice Salomone di Davide da cui vengo, Io, Messia d'Israele.
   Il mio giardino! Quale giardino più bello e più degno di Dio, del Cielo dove sono fiori gli angeli creati dal Padre? Eppure no. Un altro giardino ha voluto il Figlio unigenito del Padre, il Figlio dell'uomo perché per l'uomo Io ho carne, senza la quale non potrei redimere le colpe della carne dell'uomo.Un giardino che avrebbe potuto esser di poco inferiore al celeste, se dal Paradiso terrestre si fossero effusi, come dolci api da un'arnia, i figli di Adamo, i figli di Dio, per popolare la terra di santità destinata tutta al Cielo. Ma triboli e spine ha seminato il Nemico nel cuore di Adamo, e triboli e spine da esso cuore sono traboccati sulla terra. Non più giardino, ma selva aspra e crudele in cui stagna la febbre e si annida il serpe.
   Ma pure il Diletto del Padre ha ancora un giardino in questa terra su cui impera Mammona. Il giardino in cui va a pascersi del suo cibo celeste: amore e purezza; l'aiuola da cui coglie i fiori a Lui cari, in cui non è macchia di senso, di cupidigia, di superbia. Questi. (Gesù carezza quanti più piccoli può, passando la sua mano sulla corona di testoline attente, un'unica carezza che li sfiora e fa sorridere di gioia). Ecco i miei gigli.
   Non ebbe Salomone, nella sua ricchezza, veste più bella del giglio che profuma la convalle, né diadema di più aerea e splendida grazia di quello che ha il giglio nel suo calice di perla. Eppure al mio cuore non vi è giglio che valga un di questi. Non vi è aiuola, non vi è giardino di ricchi, tutto a gigli coltivato, che mi valga quanto un sol di questi puri, innocenti, sinceri, semplici pargoli.
   O uomini, o donne d'Israele! O voi, grandi ed umili per censo e per carica, udite! Voi qui siete per volermi conoscere e amare. Or dunque sappiate la condizione prima per essere miei. Io non vi dico parole difficili. Non vi do esempi più difficili ancora. Vi dico: "Prendete questi ad esempio".
   Quale fra voi che non abbia un figlio, un nipote, un piccolo fratello nella puerizia, nella fanciullezza, per casa? Non è un riposo, un conforto, un legame fra sposi, fra parenti, fra amici, un di questi innocenti, la cui anima è pura come alba serena, il cui viso fuga le nubi e mette speranze, e le cui carezze asciugano le lacrime e infondono forza di vita? Perché in loro tanto potere? In loro: deboli, inermi, ignoranti ancora? Perché hanno in sé Dio, hanno la forza e la sapienza di Dio. La vera sapienza: sanno amare e credere. Sanno credere e volere. Sanno vivere in questo amore e in questa fede. Siate come essi: semplici, puri, amorosi, sinceri, credenti.
   Non vi è sapiente in Israele che sia maggiore al più piccolo di questi, la cui anima è di Dio e di essa è il suo Regno. Benedetti dal Padre, amati dal Figlio del Padre, fiori del mio giardino, la mia pace sia su voi e su coloro che vi imiteranno per mio amore».
   Gesù ha finito.

 5 «Maestro» grida Pietro di fra la calca «qui vi sono i malati. Due possono attendere che Tu esca, ma questo è pigiato fra la folla e poi... non può più stare. E passare non possiamo. Lo rimando?».
   «No. Calatelo dal tetto».
   «Dici bene. Lo facciamo subito».
   Si sente scalpicciare sul tetto basso dello stanzone che, non essendo vera parte della casa, non ha sopra la terrazza cementata, ma solo un tettuccio di fascine coperte da scaglie simili a lavagna. Non so che pietra fosse. Si forma un'apertura, e a mezzo di corde viene calata la barellina su cui è l'infermo. Viene proprio calata davanti a Gesù. La gente si aggruppa più ancora per vedere.
   «Hai avuto gran fede e con te chi ti ha portato!».
   «Oh! Signore! Come non averla in Te?».
   «Orbene, Io ti dico: figlio (l'uomo è molto giovane), ti sono rimessi tutti i tuoi peccati».
   L'uomo lo guarda piangendo... Forse resta un poco male perché sperava guarire nel corpo. 
   I farisei e dottori bisbigliano fra loro arricciando naso, fronte e bocca con sdegno.
   «Perché mormorate, più ancor nel cuore che sul labbro? Secondo voi è più facile dire al paralitico: "Ti sono rimessi i tuoi peccati", oppure: "Alzati, prendi il lettuccio e cammina "? Voi pensate che solo Dio può rimettere i peccati. Ma non sapete rispondere quale è la più grande cosa, perché costui, perduto in tutto il corpo, ha speso sostanze senza poter essere sanato. Non lo può se non da Dio. Or perché sappiate che tutto Io posso, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha potere sulla carne e sull'anima, sulla terra e nel Cielo, Io dico a costui: "Alzati. Prendi il tuo letto e cammina. Va' a casa tua e sii santo" ».
   L'uomo ha una scossa, un grido, si alza in piedi, si getta ai piedi di Gesù, li bacia e carezza, piange e ride e con lui i parenti e la folla, che poi si divide per farlo passare come in trionfo e lo segue festante. La folla, non i cinque astiosi che se ne vanno tronfi e duri come pioli.

 6 Così può entrare la madre col piccino: un bambino ancora lattante, scheletrito. Lo tende, dice solo: «Gesù, Tu li ami questi. Lo hai detto. Per questo amore e per tua Madre!... e piange.
   Gesù prende il poppante, proprio moribondo, se lo pone contro il cuore, se lo tiene un momento col visuccio cereo dalle labbruzze violacee e le palpebre già calate, contro la bocca. Un momento lo tiene così... e quando lo stacca dalla sua barba bionda, il visetto è roseo, la bocchina fa un incerto sorriso d'infante, gli occhietti guardano intorno vispi e curiosi, le manine, prima serrate e abbandonate, annaspano fra i capelli e la barba di Gesù, che ride.
   «Oh! figlio mio!» grida la mamma beata.
   «Prendi, donna. Sii felice e buona».
   E la donna prende il rinato e se lo stringe al seno, e il piccolo reclama subito i suoi diritti di cibo, fruga, apre, trova e poppa, poppa, poppa, avido e felice.
Gesù benedice e passa. Va sulla soglia dove è il malato di gran febbre.
   «Maestro! Sii buono!».
   «E tu pure. Usa la salute nella giustizia». Lo carezza ed esce.

 7 Torna sulla riva, seguito, preceduto, benedetto da molti che supplicano: «Noi non ti abbiamo udito. Non potevamo entrare. Parla a noi pure».
   Gesù fa cenno di si e, siccome la folla lo stringe sino a soffocarlo, monta sulla barca di Pietro. Non basta. L'assedio è incalzante. «Metti la barca in mare e scostati alquanto».
   La visione cessa qui.