martedì 14 maggio 2024

SANTO ROSARIO CON I 20 MISTERI

 

Misteri Gaudiosi

Lunedì Sabato

L'Annunciazione
L'Annunciazione.
Chiediamo umiltà.
La Visitazione
La Visitazione.
Chiediamo la carità verso il prossimo.
La nascita di Gesù
La nascita di Gesù.
Lo spirito di povertà.
Presentazione di Gesù al Tempio
Presentazione di Gesù al Tempio.
Chiediamo purezza.
Il ritrovamento di Gesù nel Tempio
Il ritrovamento di Gesù nel Tempio.
Lo spirito di obbedienza.

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Misteri Luminosi

GIOVEDÌ

Il Battesimo di Gesù
Il Battesimo di Gesù.
Chiediamo per tutti la grazia del battesimo.
Nozze di Cana
1° miracolo alle nozze di Cana.
L'intercessione di Maria.
L'annuncio del Regno
L'annuncio del Regno.
Lo stato di grazia.
Trasfigurazione
La Trasfigurazione.
Chiediamo la pace dell'anima.
La Santa Eucaristia
La Santa Eucaristia.
Unione perfetta con Gesù.
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Misteri Dolorosi

Martedì Venerdì

Agonia
Agonia.
Contrizione per i nostri peccati.
Fustigazione
Fustigazione.
La mortificazione dei nostri sensi.
Incoronazione di spine
La Coronazione di spine.
Disprezzo per la gloria del mondo.
Gesù porta la sua croce
Gesù porta la sua Croce.
Pazienza nelle nostre prove.
La Crocifissione
La Crocifissione.
La conversione dei peccatori.
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Misteri Gloriosi

Mercoledì e Domenica

La resurrezione
La resurrezione.
Chiediamo la Fede.
L'Ascensione di Nostro Signore
L'Ascensione di Nostro Signore.
Chiediamo Speranza
Pentecoste
Pentecoste.
La discesa dello Spirito Santo nelle nostre anime.
L'Assunzione di Maria
L'Assunzione di Maria.
Devozione a una madre così buona.
Incoronazione di Maria
Incoronazione di Maria.
Chiediamo la grazia di andare in Paradiso.
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domenica 12 maggio 2024

Mensajes De Dios Al Mundo: 5 DE AGOSTO CUMPLEAÑOS DE LA VIRGEN MARIA - CON...

Mensajes De Dios Al Mundo: 5 DE AGOSTO CUMPLEAÑOS DE LA VIRGEN MARIA - CON...:   *"CONCEDERÉ TODAS LAS GRACIAS QUE ME PIDAN LAS PERSONAS QUE ME HONREN EN MI INFANCIA, PUES ES UNA DEVOCIÓN MUY OLVIDADA&quot...

L'Angoscia di una assenza - Meditazione sul Sabato Santo - di P.P. Benedetto XVI

 


L’ANGOSCIA DI UNA ASSENZA … MEDITAZIONE SUL SABATO SANTO DI PAPA BENEDETTO XVI…

Con sempre maggior insistenza si sente parlare nel nostro tempo della morte di Dio. Per la prima volta, in Jean Paul, si tratta solo di un sogno da incubo: Gesù morto annuncia ai morti, dal tetto del mondo, che nel suo viaggio nell’aldilà non ha trovato nulla, né cielo, né Dio misericordioso, ma solo il nulla infinito, il silenzio del vuoto spalancato. Si tratta ancora di un sogno orribile che viene messo da parte, gemendo nel risveglio, come un sogno appunto, anche se non si riuscirà mai a cancellare l’angoscia subita, che stava sempre in agguato, cupa, nel fondo dell’anima.

Un secolo dopo, in Nietzsche, è una serietà mortale che si esprime in un grido stridulo di terrore: «Dio è morto! Dio rimane morto! E noi lo abbiamo ucciso!».
Cinquant’anni dopo, se ne parla con distacco accademico e ci si prepara a una “teologia dopo la morte di Dio”, ci si guarda intorno per vedere come poter continuare e si incoraggiano gli uomini a prepararsi a prendere il posto di Dio.
Il mistero terribile del Sabato santo, il suo abisso di silenzio, ha acquistato quindi nel nostro tempo una realtà schiacciante. Giacché questo è il Sabato santo: giorno del nascondimento di Dio, giorno di quel paradosso inaudito che noi esprimiamo nel Credo con le parole «disceso agli inferi», disceso dentro il mistero della morte.

Il Venerdì santo potevamo ancora guardare il trafitto. Il Sabato santo è vuoto, la pesante pietra del sepolcro nuovo copre il defunto, tutto è passato, la fede sembra essere definitivamente smascherata come fanatismo. Nessun Dio ha salvato questo Gesù che si atteggiava a Figlio suo. Si può essere tranquilli: i prudenti che prima avevano un po’ titubato nel loro intimo se forse potesse essere diverso, hanno avuto invece ragione.
Sabato santo: giorno della sepoltura di Dio; non è questo in maniera impressionante il nostro giorno? Non comincia il nostro secolo a essere un grande Sabato santo, giorno dell’assenza di Dio, nel quale anche i discepoli hanno un vuoto agghiacciante nel cuore che si allarga sempre di più, e per questo motivo si preparano pieni di vergogna e angoscia al ritorno a casa e si avviano cupi e distrutti nella loro disperazione verso Emmaus, non accorgendosi affatto che colui che era creduto morto è in mezzo a loro?

Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso: ci siamo propriamente accorti che questa frase è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana e che noi spesso nelle nostre viae crucis abbiamo ripetuto qualcosa di simile senza accorgerci della gravità tremenda di quanto dicevamo? Noi lo abbiamo ucciso, rinchiudendolo nel guscio stantio dei pensieri abitudinari, esiliandolo in una forma di pietà senza contenuto di realtà e perduta nel giro di frasi fatte o di preziosità archeologiche; noi lo abbiamo ucciso attraverso l’ambiguità della nostra vita che ha steso un velo di oscurità anche su di lui: infatti che cosa avrebbe potuto rendere più problematico in questo mondo Dio se non la problematicità della fede e dell’amore dei suoi credenti? L’oscurità divina di questo giorno, di questo secolo che diventa in misura sempre maggiore un Sabato santo, parla alla nostra coscienza. Anche noi abbiamo a che fare con essa. Ma nonostante tutto essa ha in sé qualcosa di consolante.

La morte di Dio in Gesù Cristo è nello stesso tempo espressione della sua radicale solidarietà con noi. Il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più chiaro di una speranza che non ha confini. E ancora una cosa: solo attraverso il fallimento del Venerdì santo, solo attraverso il silenzio di morte del Sabato santo, i discepoli poterono essere portati alla comprensione di ciò che era veramente Gesù e di ciò che il suo messaggio stava a significare in realtà. Dio doveva morire per essi perché potesse realmente vivere in essi. L’immagine che si erano formata di Dio, nella quale avevano tentato di costringerlo, doveva essere distrutta perché essi attraverso le macerie della casa diroccata potessero vedere il cielo, lui stesso, che rimane sempre l’infinitamente più grande. Noi abbiamo bisogno del silenzio di Dio per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e l’abisso del nostro nulla che verrebbe a spalancarsi se non ci fosse lui.
C’è una scena nel Vangelo che anticipa in maniera straordinaria il silenzio del Sabato santo e appare quindi ancora una volta come il ritratto del nostro momento storico. Cristo dorme in una barca che, sbattuta dalla tempesta, sta per affondare.
Il profeta Elia aveva una volta irriso i preti di Baal [III Reg. 18, 21-46], che inutilmente invocavano a gran voce il loro dio perché volesse far discendere il fuoco sul sacrificio, esortandoli a gridare più forte, caso mai il loro dio stesse a dormire. Ma Dio non dorme realmente? Lo scherno del profeta non tocca alla fin fine anche i credenti del Dio di Israele che viaggiano con lui in una barca che sta per affondare? Dio sta a dormire mentre le sue cose stanno per affondare, non è questa l’esperienza della nostra vita?

La Chiesa, la fede, non assomigliano a una piccola barca che sta per affondare, che lotta inutilmente contro le onde e il vento, mentre Dio è assente? I discepoli gridano nella disperazione estrema e scuotono il Signore per svegliarlo, ma egli si mostra meravigliato e rimprovera la loro poca fede.
Ma è diversamente per noi? Quando la tempesta sarà passata, ci accorgeremo di quanto la nostra poca fede fosse carica di stoltezza. *E tuttavia, o Signore, non possiamo fare a meno di scuotere te, Dio che stai in silenzio e dormi, e gridarti: svegliati, non vedi che affondiamo? Destati, non lasciar durare in eterno l’oscurità del Sabato santo, lascia cadere un raggio di Pasqua anche sui nostri giorni, accompàgnati a noi quando ci avviamo disperati verso Emmaus perché il nostro cuore possa accendersi alla tua vicinanza. Tu che hai guidato in maniera nascosta le vie di Israele per essere finalmente uomo con gli uomini, non ci lasciare nel buio, non permettere che la tua parola si perda nel gran sciupio di parole di questi tempi.
Signore, dacci il tuo aiuto, perché senza di te affonderemo.*

Amen.

martedì 7 maggio 2024

SAN STANISLAO martire

 


SAN STANISLAO, martire

Stanislao nacque a Cracovia da nobile famiglia. 
    I pii genitori, per trent'anni senza figli, lo ottennero da Dio con la preghiera, ed egli, fin dai primi anni di vita, diede chiari segni della futura santità. 
Ancora adolescente, si dedicò con molto profitto allo studio dei sacri canoni e della teologia. Morti i genitori, per desiderio di vita monastica distribuì ai poveri l'ampio patrimonio.

   Avendo, però Dio disposto altrimenti, divenne, nonostante la sua riluttanza, canonico di Cracovia e predicatore, per volontà del vescovo Lamperto, al quale poi succedette. 
   In questo ufficio si distinse in tutte le virtù spirituali e principalmente per la generosità verso i poveri. 

Scomunicò Boleslao, re di Polonia, più volte ripreso invano per la sua depravata condotta. Questi perciò, fuor di sé dalla rabbia, mandò in chiesa i suoi soldati per uccidere il santo vescovo. Ma poiché essi furono miracolosamente respinti, l'empio re uccise di sua mano il sacerdote di Dio mentre sull'altare offriva l'ostia immacolata. 

Dio, dopo la morte del suo servo, manifestò la santità di Stanislao con molti miracoli, e per essi Innocenzo IV l'annoverò fra i santi.
℣. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
℟. Grazie a Dio.

Preghiamo.
O Dio, per il cui onore il glorioso Vescovo Stanislao cadde sotto le spade degli empi: concedi, che tutti quelli che implorano il suo aiuto, conseguano l'effetto salutare della loro domanda.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
℟. Amen.

***   ***   ***

San Stanislao, vescovo, martire e patrono della Polonia. Szczepanów (Polonia), 1030 ca. – Cracovia (Polonia), 11/04/1079Proviene da una famiglia di umili origini. Completa a Liegi gli studi in teologia.

Avvenimenti

• Alessandro II lo nomina vescovo di Cracovia. Con il sostegno del re Boleslao II, si impegna nell evangelizzazione della diocesi, che visita annualmente; assiste i poveri e i bisognosi. I rapporti con il re divengono tesi: questo infatti, con la sua condotta immorale, rappresenta un pessimo esempio per i sudditi. Quando il re fa rapire la giovane moglie di uno del suo seguito, Stanislao lo scomunica.

• Poiché il re, in atto di sfida, continua a recarsi in chiesa, Stanislao ordina ai sacerdoti di interrompere le sacre celebrazioni al suo ingresso.

Aneddoti

• Viene accusato dal re Boleslao di aver fatto costruire una chiesa su un appezzamento di terreno di cui si è appropriato illegittimamente. Poiché Stanislao non ha documenti che attestino il regolare acquisto del terreno, promette di far comparire come testimone il venditore della proprietà, un certo Pietro, deceduto da tre anni. La sua affermazione suscita risa e ilarità generale. Stanislao trascorre tre giorni in digiuno e preghiera. Il giorno del processo, dopo aver celebrato la Messa, ordina a Pietro di uscire dal sepolcro e di seguirlo in tribunale. Il morto, obbedendo all’ordine del santo vescovo, lascia la tomba e lo segue: dopo aver dichiarato ai presenti, letteralmente terrorizzati, di aver ricevuto da Stanislao il denaro pattuito, entra nella pace eterna (questa volta per sempre).

• Boleslao fa gettare il corpo di Stanislao, col capo troncato e completamente dilaniato, nei campi; alcune aquile lo difendono dalle fiere. I canonici di Cracovia, guidati da un segno luminoso divino, raccolgono le membra sparse sul terreno. Il corpo viene rimesso insieme; miracolosamente si ricompone perfettamente, senza mostrare alcuna ferita.

Morte

Il re, una volta scomunicato, non riuscendo a controllare il suo furore contro Stanislao, lo fa trucidare durante la celebrazione della Messa nella chiesa di San Michele di Cracovia. Alcuni biografi sostengono che il turpe assassinio sia stato compiuto da Boleslao in persona, perché i sicari incaricati di farlo ne vengono impediti da una forza misteriosa. Morendo mentre sta celebrando la Messa, Stanislao può veramente unire il sacrificio della propria vita al sacrificio di Cristo.       Dopo l’omicidio del venerato vescovo, il popolo furente detronizza Boleslao; questo, pentitosi dell’assassinio, entra come laico nel monastero benedettino di Ossiach, in Carinzia. Nel 1253 Stanislao è canonizzato da papa Innocenzo IV nella basilica di San Francesco ad Assisi. La scena del suo martirio è ricordata in un affresco giottesco. Le sue spoglie sono venerate nella cattedrale di Wawel a Cracovia.

Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi

AMDG et D.V.MARIAE